Le Sezioni unite erano state chiamate a risolvere due questioni sul rapporto tra applicazione della pena su richiesta delle parti e poteri del giudice in ordine alla concessione della sospensione condizionale della pena.
Il primo quesito chiedeva di chiarire se, nell’applicare la pena su richiesta delle parti, il giudice possa subordinare d’ufficio il beneficio della sospensione condizionale della pena ad uno degli obblighi previsti dall’art. 165, primo comma, c.p. e, in particolare, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività, pur in mancanza di esplicito consenso dell’imputato.
Il secondo chiedeva di chiarire se il computo della durata della prestazione di attività non retribuita a favore della collettività debba essere effettuato con riferimento solo al criterio dettato dall’art. 165, primo comma, c.p., di non superamento della durata della pena sospesa, ovvero anche con riferimento al criterio di cui al combinato disposto degli artt. 18 bis disp. coord. c.p. e 54, comma 2, del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, della durata massima di sei mesi.
L’informazione provvisoria diffusa al termine dell’udienza riferisce che sono stati enunciati i seguenti principi di diritto.
Con riferimento alla prima questione, la Suprema Corte ha affermato che nel procedimento speciale di cui all’art. 444 c.p.p., l’accordo delle parti sulla applicazione di una pena detentiva, con efficacia subordinata alla concessione della sospensione condizionale della pena stessa, deve estendersi anche agli obblighi ulteriori eventualmente connessi ex lege alla concessione del beneficio, indicandone, quando previsto, la durata, con la conseguenza che, in mancanza di pattuizione pure su tali elementi, la richiesta deve essere integralmente rigettata (fattispecie relativa a richiesta di patteggiamento di pena subordinata alla sospensione condizionale, da parte di persona che ne aveva già usufruito – in quanto tale, sottoposta, ex art. 165, secondo comma cod. pen., agli obblighi previsti dal primo comma – ed alla quale il giudice ha applicato la prestazione di attività non retribuita a favore della collettività).
Con riferimento alla seconda questione, la Suprema Corte ha affermato che la durata della prestazione di attività non retribuita a favore della collettività soggiace a due limiti massimi cumulativi: quello di sei mesi, previsto dal combinato disposto degli artt. 18 bis disp. coord. c.p. e 54, comma 2, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, e, se inferiore, quello stabilito dall’art. 165, primo comma, c.p. (non superamento della durata della pena sospesa).