Cass. Sez. V, 5 gennaio 2022 n. 116 (data ud. 8.10.2021)
La Suprema Corte di Cassazione, V Sezione penale, in una recente pronuncia ha affermato la natura soggettiva della circostanza attenuante ex art. 62, comma 1, n. 6 cp, ponendo l’accento, ai fini della sua eventuale concessione, sul versante della personalità dell’imputato piuttosto che sull’aspetto meramente satisfattivo del risarcimento, ciò anche qualora la “riparazione” oggetto della condotta prevista dal citato articolo, non comprenda ambedue gli aspetti costituenti l’accezione di “danno”: quello materiale e quello morale.
Com’è noto, ai sensi di quanto disposto dall’art. 62, comma 1, n. 6 cp, “attenua il reato” la circostanza dell’avere, prima del giudizio,
“riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; o l’essersi, prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell’ultimo capoverso dell’articolo 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato”.
Nella specie, la questione trae origine dalla negata concessione della circostanza attenuante in commento, sulla base della decisione assunta dal Tribunale di Trento – in seguito confermata dalla Corte d’Appello territoriale – con la quale, affermandosi la penale responsabilità dell’imputato, si riteneva non satisfattivo l’intervenuto risarcimento offerto dall’imputato poiché non costituente una “integrale riparazione” del danno (“…materiale e non…”).
Invero, il risarcimento operato dall’imputato era, secondo la Corte territoriale, circoscritto al solo danno materiale cagionato (si trattava del danneggiamento di una autovettura dovuto al degenerare di una lite per ragioni di circolazione stradale) e dunque insufficiente, nonostante la presenza di una quietanza integralmente liberatoria nonché la mancata costituzione di parte civile della persona offesa.
In primo luogo, la V Sezione penale precisa come, “ai fini del diniego dell’attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 6, cod. pen.”, il soggetto decidente sia libero di “disattendere ogni atto negoziale pur ritenuto satisfattivo dalla persona offesa” ma che tuttavia lo stesso debbaadeguatamente motivare tale scelta.
Inoltre, secondo la citata giurisprudenza di legittimità, la ragione “giustificatrice” alla base della concessione dell’attenuante de qua, non è da rinvenirsi “nel soddisfacimento degli interessi economici della persona offesa” ma, piuttosto, “nel rilievo che il risarcimento del danno prima del giudizio, seppur non integrale, rappresenta comunque una prova tangibile dell’avvenuto ravvedimento del reo e, dunque, della sua minore pericolosità sociale”.
Ebbene, tale orientamento rappresenta una vera e propria inversione di tendenza nel più recente panorama giurisprudenziale in tema di riconoscimento dell’attenuante “per aver risarcito il danno”, soprattutto in ragione del deciso distacco operato dalla lettera della norma. Quest’ultima, com’è agevole riscontrare dal dato testuale, esige che il risarcimento in questione sia “integrale”, lasciando di fatto poche incertezze sulla condotta necessaria alla sua concessione.
In questo senso, resta tuttavia marcata la non unanimità sulla questione, soprattutto alla luce di una pronuncia di poco antecedente a quella in commento la quale si esprime in senso opposto (Cass., II Sez., 21.12.2021 n. 46758).
Di fatti, da ultimo, la Seconda Sezione della Suprema Corte – di soli quindici giorni antecedenti il deposito della Sentenza in esame -, negava recisamente la concessione dell’attenuante di cui si tratta e, conseguentemente, della diminuente prevista dall’art. 62 cp, in mancanza di una integrale riparazione economica del danno.
Così motivava nella succitata pronuncia la Seconda Sezione penale, la cui massima si riporta testualmente:
“L’attenuante del risarcimento del danno di cui all’art. 62 c.p., comma 1, n. 6, prima parte, esige esclusivamente che la riparazione del danno – mediante le restituzioni o il risarcimento – sia integrale”.
Prosegue, “è’ stato precisato che per l’applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6 è necessario che il colpevole prima del giudizio abbia provveduto alla riparazione del danno mediante il risarcimento totale ed effettivo, non potendo ad esso supplire un ristoro soltanto parziale” (Cass., II Sez., 21.12.2021 n. 46758).
In conclusione, nonostante la recente inversione di tendenza rilevata, non si può ancora non fare i conti con la perdurante sussistenza di orientamenti diametralmente opposti e, dunque, con l’incertezza interpretativa che ne consegue, sperando in una evoluzione giurisprudenziale ed interpretativa sul punto che ulteriormente chiarisca se a prevalere debba essere l’interpretazione più aderente al mero dettato letterale della norma, oppure se essa debba o possa essere letta tenendo conto della personalità e del comportamento dell’imputato.