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Ispezioni della terribilità. Leonardo Sciascia e la giustizia

Il volume è nato dal ciclo itinerante di incontri per il centenario della nascita, organizzato dall’Associazione amici di Leonardo Sciascia e dall’Unione delle Camere Penali.
Il primo effetto di questo libro è quello di indurre a cercare Sciascia nella libreria per rileggerlo o in libreria per leggerlo sotto una nuova luce. Ciascuno degli autori illumina un diverso aspetto -storico, giuridico, politico – che dimostra la poliedricità di un autore le cui contraddizioni della contemporaneità non sono ancora schiacciate dalla prospettiva storica.
Alcuni degli incontri si sono svolti nel pieno della pandemia , Nicolò Zanon attualizza la sua lettura dell’autore siciliano sottolineando che: ‹‹lo Stato di diritto, questo Sciascia lo avrebbe certamente detto -perché lo disse davvero in altri contesti – non può essere sospeso. E, in verità, il virus forse più terribile è stato un altro: quello che, contagiando la stragrande maggioranza, ha provocato la perdita collettiva della capacità razionale di valutare le situazioni, di rispondere ad esse in modo equilibrato e proporzionato››
Dialogano nel libro costituzionalisti, magistrati, professori e avvocati, ma anche letterati, filosofi e storici; conversazioni che sembrano non su Sciascia ma quasi a lui rivolte. Esplicito o sottinteso è frequente il rimpianto di un intellettuale ‹‹incredulo››, della sua lucida denuncia e di quella capacità di visione che lo rendono quasi profetico, sicuramente attuale.
Tra i più citati il romanzo Porte Aperte (che ha anche ispirato il regista Gianni Amelio) l’unico libro in cui il personaggio positivo è un giudice. È la storia di un processo che si svolge in Sicilia in epoca fascista, contro un uomo accusato di tre omicidi che un ‘piccolo giudice’ contrario alla pena di morte, sottrae all’esito più scontato. Il racconto offre lo spunto per interessanti riflessioni sulla natura del processo che da taluni e in molte epoche è stato inteso come mero strumento che serve ad uno scopo ‘esterno’ anziché solo al giudizio e alla formazione del giudizio (Zanon), sulla coincidenza fra violenza e legittimità che induce Sciascia a vedere nella giustizia l’espressione emblematica del potere (Negri), sull’autonomia e indipendenza del giudice che non deve farsi condizionare né dal contesto politico, né dall’opinione pubblica, nella consapevolezza che questo è il compito che il sistema, tutti i sistemi, devono garantire (Spangher)
I capitoli affrontano temi controversi e attuali come il pentitismo, la pena di morte (e la pena perpetua), il potere di giudicare, l’umanità del giudizio penale e disumanità del potere, il ruolo del giudice, il populismo giudiziario. Una delle riflessioni che emerge è quasi dissacrante del nome solenne “Giustizia”, poiché l’astratto concetto sembra, in fondo, celare un sistema fragile e variabile, frutto dei rapporti di forza in un dato momento storico, non solo ai tempi del ‹‹piccolo giudice››.
L’analisi profana di Sciascia della Giustizia risuona massimamente in coloro che in quel mondo, a vario titolo, operano professionalmente, ma la riflessione corale travalica il tema ed offre spunti più ampi sulla ‘terribilità’. L’avvocato Scuto descrive un potere odioso. Odioso perché il potere dell’uomo sull’uomo capace di rovinare la vita delle persone; e dunque un potere che per quanto ridotto rimane pur sempre un potere dell’uomo sull’uomo e può essere limitato solo da un rigoroso sistema di garanzie. Con una preziosa sintesi, lo storico Pietro Costa scrive: il fascismo è in qualche modo ‘eterno’ è una recente (ma certo non ultima) manifestazione di un potere feroce e intramontabile, che opera per piegare chiunque tenti (o si illuda) di resistere agendo sul corpo del ribelle con la tortura e con la pena capitale. Al potere Sciascia contrappone la ‘resistenza’ e, conclude Costa, la resistenza non è inevitabilmente condannata allo scacco.
Il filo rosso che il libro dipana svela la ‹‹terribilità›› della Giustizia, eterna arena dello scontro tra la violenza del potere e la libertà e la dignità dell’Uomo, ma della ‹‹ossessione›› di Sciascia gli autori non tralasciano la disincantata speranza nella ragione che, forse, li accomuna.
Le pagine sono arricchite da una raccolta di tavole, articolata in tre lemmi -Giudici, Inquisitori e Inquisiti e da ‹‹cinque (preziose) variazioni›› di Massimo Borodin, articoli che rimandano dell’Autore una voce viva.

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