NODI DA SCIOGLIERE IN MATERIA DI SOSPENSIONE DELLA PRESCRIZIONE PREVISTA DALLA LEGISLAZIONE ANTI COVID 19 ANCHE ALLA LUCE DELLE PRIME Q.L.C. SOLLEVATE DAL TRIBUNALE DI SIENA
Trib. Siena, prima ordinanza 21 maggio 2020
Trib. Siena, seconda ordinanza 21 maggio 2020
Trib. Spoleto, ordinanza 21 maggio 2020
1.La disciplina progressivamente introdotta al fine di regolare il funzionamento dei procedimenti penali durante l’emergenza Covid 19 contempla, altresì, ipotesi di sospensione del corso della prescrizione, assimilabili, quanto ad effetti, a quelle enucleate nell’art. 159 c.p. In ragione dell’intervento di tali “nuove” cause sospensive, dunque, i termini necessari all’estinzione dei reati, oggetto dei procedimenti interessati dalle disposizioni che si sono avvicendate nella contingenza, sono tutti andati incontro a un incremento corrispondente alla durata del congelamento del decorso del tempo ivi sancita.
In questo quadro, emergono alcuni nodi problematici da sciogliere.
In primo luogo, bisogna accertare la compatibilità costituzionale, in particolare col principio di irretroattività di una norma di sfavore, enucleato nell’art. 25, co. 2, Cost., dell’applicazione dei novelli termini di prescrizione in ordine a fatti commessi prima dell’introduzione delle modifiche legislative.
Al riguardo, occorre subito segnalare come, con due distinte ordinanze del 21 maggio 2020 di contenuto analogo ( già pubblicate su questa Rivista, 26 maggio 2020), il Tribunale di Siena ( seguito, peraltro, a breve distanza, dal Tribunale di Spoleto[1]), in composizione monocratica, in persona del medesimo Giudice ( Dr. Simone Spina), abbia sollevato, con argomenti sui quali torneremo infra ( cfr. § 2), q.l.c. della disposizione sospettata di confliggere con la guarentigia costituzionale, ovvero l’art. 83, quarto comma, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.
Nei casi sottoposti al sindacato del Giudicante si è infatti integrato anche l’altro requisito di ammissibilità della questioni.
La rilevanza delle questioni si apprezza osservando invero che, quando il Giudice a quo si è pronunciato, nell’ambito di un giudizio ( quello contrassegno dal n. 704/ 2019 R.G. Dibattimento), uno solo degli illeciti edilizi oggetto delle imputazioni risultava già estinto per intervenuta prescrizione, se il termine massimo non fosse slittato in avanti per effetto della causa sospensiva oggi prevista dall’art. 83, co. 4, d.l. 18/ 2020, conv. dalla l.n. 27 del 2020; nell’ambito dell’altro giudizio ( contrassegnato dal n. 1034/ 2018 R.G. Dibattimento), il decorso del tempo sufficiente per il maturare della prescrizione aveva riguardato addirittura entrambe le imputazioni.
La seconda questione oggetto delle presenti note afferisce, in particolare, la dilatazione delle tempistiche di perenzione dei reati connesse al rinvio di procedimenti in fase dibattimentale, al cui interno erano state fissate udienze poi ricadute nel periodo di stallo dell’attività giudiziaria. In siffatto contesto, occorre operare dei distinguo da cui discende l’esistenza di un doppio regime di sospensione della prescrizione in materia.
Poiché, infine, la durata delle misure introdotte per fare fronte all’emergenza, con i connessi “ effetti collaterali” in malam partem, è stata progressivamente spostata in là nel tempo, occorre accertare i riverberi di tale tecnica legislativa sul versante della successione di leggi penali.
L’excursus della decretazione d’urgenza è iniziato il 9 marzo 2020 (data in cui sono entrate in funzione le prescrizioni formulate nel decreto- legge 8 marzo 2020, n. 11), per proseguire il 17 marzo 2020 ( data in cui ha acquistata efficacia il d.l. 17 marzo 2020, n. 18, c.d. “ Cura Italia”, convertito, senza modifiche nelle parti oggetto di queste note, dalla l. 24 aprile 2020, n. 27), per andare ancora avanti il 9 aprile 2020 (data di entrata in vigore dell’ultimo decreto in materia, il decreto- legge 8 aprile 2020, n. 23), concludendosi il primo maggio 2020 ( con l’entrata in vigore del decreto- legge 30 aprile 2020, n. 28).
- Come ha rilevato anche il Tribunale di Siena in veste di Giudice a quo, la Corte costituzionale è orma consolidata nel sostenere la natura sostanziale della prescrizione. In particolare, con la sentenza n. 393 del 2006[2], e poi, più di recente, non mutando linea esegetica, mediante le due pronunce che hanno scandito la c.d. “ saga Taricco” – ord. n. 24 del 2017 e sent. n. 115 del 2018[3]-, la Consulta ha escluso la matrice processuale dell’istituto, ascrivendolo, senza distinzioni di sorta, alla nozione di matièré pénale.
Non è stata riscontrata alcuna differenza tra il corredo genetico delle regole deputate a calibrare i termini ordinari di prescrizioni – racchiuse nell’art. 157 c.p.- e quelle preposte all’individuazione delle cause interruttive e sospensive – di cui agli artt. 159 c.p. e 160 c.p.-, ancorché l’ attenuazione o la neutralizzazione degli effetti del trascorrere del tempo sulla vita del reato dipendano inesorabilmente da accadimenti processuali.
La matrice processuale delle situazioni a cui si lega il dilatarsi dei termini di prescrizione non ha condotto ad assegnare una natura composita all’istituto, foriera di distinzioni tra le sfere di appartenenza- sostanziale o processuale- dei disposti che ne compongono la disciplina. Come ha opportunamente segnalato il Giudice senese, gli arresti in cui si è articolato l’ ”affaire Taricco” rappresentano un indice sintomatico decisivo di questa tendenza, poiché, nonostante si siano occupati proprio dei meccanismi interruttivi della prescrizione, non hanno posto in discussione la natura unitaria dell’istituto, non discernendo al suo interno aspetti sostanziali da profili processuali, suscettibili, in quanto tali, di seguire la regola del tempus regit actum in vece del dogma dell’irretroattività della legge penale di sfavore.
Rebus sic stantibus, la Consulta ha due alternative per dirimere la questione: i) mediante una sentenza interpretativa di rigetto, può reputare la sfavorevole disciplina dell’emergenza epidemiologica in tema di sospensione della prescrizione idonea a produrre i suoi effetti soltanto in relazione a fatti realizzati dopo il suo avvento; ii) con una sentenza di accoglimento della q.l.c., può espungere la stessa dal sistema in quanto affetta da incostituzionalità manifesta, perlomeno nella parte in cui investe anche condotte ad essa antecedenti.
La prima soluzione appare scarsamente praticabile in quanto, da un lato, sovvertirebbe la ratio istitutiva della legge, ispirata all’esigenza di evitare che la forzata paralisi della giustizia non si rifletta troppo sull’incedere della prescrizione; dall’altro, urterebbe contro la lettera della legge, poiché, come ha osservato anche il Giudice a quo, nel momento in cui si dispone la stasi dei termini di singoli segmenti in cui il procedimento si scinde, evidentemente si presuppone la ricorrenza di un’ipotesi di reato rispetto alla quale si è già mossa la macchina giudiziaria[4]. Peraltro, se la logica dell’“eccezione” dovesse reputarsi applicabile unicamente pro futuro, non si comprenderebbe a quali casi se ne estenderebbe l’efficacia, in modo particolare per quanto concerne la disciplina del rinvio delle udienze che, all’evidenza, sottintende un fatto astrattamente riconducibile ad una fattispecie incriminatrice già commesso, in relazione al quale è stata già esercitata l’azione penale.
Non si può neppure pensare che la novella sia stata allestita per la persecuzione di quei nuovi reati suscettibili di innescare procedimenti “contratti e a tappe forzate”, come il rito per direttissima, destinati a sfociare in un immediato esito processuale da procrastinare in avanti. Infatti, i procedimenti di convalida dell’arresto – fase preliminare dei giudizi per direttissima- sono tra quelli che rappresentano un’eccezione dell’eccezione, non essendo per essi operativo il regime di sospensione dei termini processuali, in ossequio all’art. 83, co. 3, lett. b), d.l. n. 18/ 2020.
Essendo, dunque, preclusi itinerari ermeneutici capaci di circoscrivere l’efficacia della legge solo ai fatti posteriori alla sua emanazione, sembra difficile sottrarre la normativa ad un giudizio di incostituzionalità per contrasto coll’art. 25, co. 2, Cost.
Non è il pacifico carattere eccezionale e temporaneo della disciplina dell’emergenza a poterne salvaguardare la permanenza nel sistema[5]: i) in quanto il co. 5 dell’art. 2 c.p. consente alle leggi temporanee ed eccezionali di derogare ai canoni della successione di norme penali del tempo, ad eccezione del principio di irretroattività in malam partem; ii) e questo è coerente con il rango primario del principio di legalità e dei suoi corollari, tra cui quello dell’irretroattività, i quali fanno parte – come ribadito dalla Consulta anche per sbarrare l’ingresso nel sistema alla “regola Taricco”- del catalogo dei precetti fondamentali, come tali invalicabili e insuscettibili di rientrare in operazioni di bilanciamento finalizzate a mitigarne o ad annullarne la portata in nome di interessi contrapposti[6].
Non appare neanche sostenibile – come messo in luce dal Tribunale di Siena- affermare che l’art. 159, co. 1, c.p. – laddove dispone: “ Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge”-, contemplerebbe un sorta di rinvio mobile, mediante il quale il legislatore avrebbe deciso di attribuire preventivo rilievo a qualunque causa sospensiva della prescrizione introdotta in futuro[7]. Tale risultato interpretativo provocherebbe un surrettizio aggiramento del principio di irretroattività in peius, non garantendo, dunque, alle disposizioni sopravvenute, una patente di immunità da censure di incostituzionalità, se concepite per colpire anche fatti commessi in epoca precedente[8].
Neppure da quella giurisprudenza che si è confrontata con atti legislativi che hanno sospeso eccezionalmente i termini di prescrizione in aree colpite da eventi sismici, è consentito cogliere spunti per affrontare la questione. In quei casi, infatti, la Suprema corte non si é proprio soffermata sul problema inerente la legittimità dell’applicazione retroattiva di quelle discipline, assumendo questo dato come un presupposto scontato e implicito delle sue decisioni[9].
Per schivare la scure dell’incostituzionalità, autorevole dottrina ha proposto di: “ rivalutare la correttezza della soluzione che inquadra la prescrizione del reato quale istituto soggetto al principio di irretroattività”, valorizzando le componenti processuali insite al suo interno e distinguendo i casi in cui l’estinzione dell’illecito sia già maturata, da quelli in cui non si sia ancora prodotta, al momento dell’introduzione della nuova causa sospensiva[10].
In particolare, secondo questo indirizzo, se – come nella fattispecie concreto poste a base delle ordinanze del Giudice a quo– il termine estintivo del reato non è ancora scaduto quando la prescrizione viene allungata, la nuova legge non renderebbe punibile un fatto non punibile, di talché la ratio istitutiva della garanzia prevista dall’art. 25, comma 2, Cost. non sarebbe vulnerata, non configurandosi un abuso del potere punitivo della Stato e un attacco alle esigenze di prevedibilità delle conseguenze della violazione della legge penale[11].
In simile ottica, nulla impedirebbe allo Stato di “ concedersi” più tempo, se fondate ragioni di emergenza ( da valutarsi secondo il parametro della ragionevolezza ai sensi dell’art. 3 Cost.) lo suggeriscono.
Pur essendo innegabile, come rammenta il fautore di questa soluzione, nell’intento di eludere il rischio che la forzata inattività giudiziaria si ripercuota sull’interesse dello Stato e delle vittime all’accertamento dei fatti, che l’applicazione tout court alla prescrizione del canone della irretroattività risulti non unanime nella letteratura penalistica, trattandosi di istituto in cui si confondono una dimensione sostanziale ( collegata allo scemare delle finalità general- special preventive connesse alla pretesa punitiva, che il senso di oblio del reato, dovuto al trascorrere del tempo, comporta) e una processuale ( collegata ai riverberi degli accadimenti processuali sulle tempistiche occorrenti all’estinzione dell’illecito)[12], tale approccio non sembra allo stato adottabile, attese le – sopra indicate- plurime e ormai consolidate prese di posizione della Consulta circa l’operatività, senza alcun distinguo, dell’intero coacervo dei corollari del principio di legalità in simile ambito.
In quest’ottica, anche al fine di scongiurare che “ (…) il costo temporale dell’incapacità dello Stato di svolgere regolarmente i processi nel periodo dell’emergenza”[13] si scarichi sull’imputato, risolvendosi in un pericoloso precedente idoneo a fornire la giustificazione per la rimozione di un istituto ( in realtà sostanzialmente già avvenuta con l’ “ abolizione” della prescrizione dopo il primo grado di giudizio ad opera della l.n. 3/ 2019) che serve, invece, proprio ad evitare che le croniche inefficienze dell’apparato giudiziario si riversino perniciosamente sui soggetti coinvolti nel processo, appare difficile e per niente auspicabile un revirement da parte della Corte costituzionale, basato su un ripensamento della natura esclusivamente sostanziale della prescrizione[14].
Invero, diversamente da quanto adombrato dall’orientamento di pensiero favorevole al “ salvataggio” dell’odierna causa sospensiva, l’approdo esegetico che ha definito il “ caso Taricco”, lungi dall’atteggiarsi ad una sorta di espediente per uscire da quell’impasse, come tale accantonabile alla bisogna, è frutto di una argomentata e convinta presa di posizione, allineata ad una stratificata tradizione giuridica, alimentata, come sottolineato dalla migliore dottrina, da contributi di studiosi altrettanto autorevoli di quelli citati per supportare l’orientamento contrapposto, che nel nostro paese tende ad attribuire essenza sostanziale alla prescrizione[15].
Infatti, se, come ha ribadito anche di recente lo stesso Giudice delle leggi ( come diremo infra § 4), il principio di irretroattività in malam partem persegue la finalità di assicurare al consociato la prevìa conoscenza di tutte le conseguenze delle sue condotte, allora sembra non contestabile che l’incremento “ in corsa” dei termini di prescrizione, provocando una dilatazione delle tempistiche al cui interno è possibile esercitare la pretesa punitiva, non esponga l’agente a un peggioramento non pronosticabile della disciplina esistente quando si è risolto a commettere il fatto, compromettendosi il senso di affidamento sull’assetto ordinamentale in base al quale ha effettuato le sue scelte.
Un conto, invero, è sapere che lo Stato è tenuto a punire in via definitiva una condotta in un determinato lasso di tempo, altro conto è sapere che tale accertamento deve avvenire in un diverso e più lungo arco temporale, con l’effetto che la creazione, post patratum crimen, di in un ulteriore fattore “ procedimentale” idoneo all’espansione dei tempi di prescrizione, è arduo sostenere che non infranga il presidio predisposto nell’art. 25, comma 2, Cost.
D’altronde, lo stallo della macchina giudiziaria provocato da un evento pandemico ( come da qualsiasi altra calamità), allontanando l’accertamento del fatto dalla sua consumazione, accentua quel senso dell’oblio che costituisce la ragione di fondo, al cui interno si condensano tutte le altre, della prescrizione, non traducendosi, dunque, in un valida giustificazione per la sua sospensione.
Se è così, non sembra neppure percorribile da parte della Consulta, onde cimentarsi in un’operazione di “ salvataggio” della norma, senza però smentire se stessa circa la natura sostanziale dell’istituto, l’impervio sentiero mirante a dimostrare la posizione paritetica, sul piano delle gerarchie costituzionali, tra il canone dell’irretroattività della legge penale e il bene salute, che l’art. 32 Cost. definisce alla stregua di “ fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” e che, in sintonia con tale assunto contenuto nella Carta, la Consulta reputa “ inviolabile”, ancorché suscettibile di ragionevoli bilanciamenti con altri diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, in un contesto di interazione e integrazione reciproca tra prerogative di base, che eviti la prevalenza assoluta di una sulle altre di rango analogo[16].
E tale sentiero non è percorribile neanche osservando: i) che la disposizione in materia di sospensione della prescrizione, essendo anch’essa funzionale a fronteggiare l’emergenza sanitaria in atto, concorre a concretizzare il diritto alla salute, realizzando, quindi, un bilanciamento ragionevole in quanto, da un lato, confacente a conciliare interessi di pari grado, dall’altro, proporzionato allo scopo e all’esigenza di evitare un’eccessiva compressione della ratio istitutiva del principio di irretroattività; ii) che, infatti, la disposizione censurata è volta a impedire l’acuirsi delle conseguenze di una già gravissima emergenza sanitaria in fieri, emergendo, dunque, la sua necessità e adeguatezza rispetto allo scopo di assicurare la salute individuale e collettiva. Non si tratta, insomma, di norme dirette a disinnescare gli effetti di una crisi passata, rispetto alla quale – nell’immaginato e non condiviso ( come diremo subito) percorso ermeneutico finalizzato a mantenere la norma nel sistema- si potrebbe discutere della necessità e adeguatezza di una deroga ad altri valori primari; iii) che tale disposizione, nella misura in cui sospende il corso della prescrizione per un periodo molto limitato di tempo, strettamente correlato alla durata pronosticata dello stato di allarme, risulta viepiù proporzionata e non eccessiva rispetto al suo scopo; iv) che, muovendosi nel solco delle tesi riduzionistiche formulate negli anni ‘ 90 nella scuola di Francoforte, dove si erano individuate aree del diritto penale non appartenenti al Kernstrafrecht, la prescrizione sarebbe un istituto periferico dello ius criminale, rispetto al quale le garanzie possono essere modulate e attenuate onde fare spazio ad altri interessi primari.
Tale assetto argomentativo, come accennato, non sarebbe persuasivo in quanto: i) il principio di irretroattività, come emerge in modo netto dall’elaborazione della giurisprudenza costituzionale – ( cfr. anche § 4)-, assume la veste di diritto “ tiranno” nei confronti di altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, nel senso che non tollera alcuna deroga idonea a minare la libertà di scelta dei consociati e ad aprire la strada ad arbitri legislativi; ii) nulla conforterebbe l’assunto secondo cui la prescrizione sarebbe un istituto periferico del diritto penale. Anzi, la Consulta, per esempio con la sentenza n. 393 del 2006, non ha operato alcun distinguo “ gerarchico” tra disposizioni concernenti in senso stretto la misura della pena e disposizioni che riguardano ulteriori e diversi profili, inerendo anch’esse al complessivo trattamento riservato al reo. Si cita espressamente, a tale proposito, proprio la prescrizione ( § 4 del Considerato in diritto); iii) al di là di questa presa di posizione della Corte costituzionale, sarebbe comunque arduo definire la prescrizione un istituto periferico del diritto penale, giacché essa è il crocevia di una serie di diritti e valori fondamentali, da quello di difesa a quello a una ragionevole durata del processo, passando per la funzione general/ special preventiva della pena; iv) la logica dell’emergenza non può legittimare la lesione di garanzie fondamentali, pena – come già accennato- l’apertura di varchi a strumentali provvedimenti “ liberticidi” protetti dall’alibi di “ contingenze specifiche”[17].
Si deve, infine, segnalare – come già notato in dottrina[18]– che analoghi sospetti di incostituzionalità riguardano la previsione inserita nella seconda parte del co. 3-bis dell’art. 83 del d.l. 18/2020, introdotta dalla legge di conversione n. 27/2020. Secondo tale disposto, “ nei procedimenti pendenti dinanzi alla Corte di cassazione e pervenuti alla cancelleria della Corte nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020 il decorso del termine di prescrizione è sospeso sino alla data dell’udienza fissata per la trattazione e, in ogni caso, non oltre il 31 dicembre 2020”.
Siamo al cospetto di una disposizione che deroga a quanto previsto dal co. 4 dello stesso art. 83 del d.l. 18/2020, stabilendo che la sospensione della prescrizione operi, per i procedimenti ivi indicati, sino alla data fissata per la trattazione del ricorso in Cassazione, con il limite massimo, comunque, del 31 dicembre 2020.
Di nuovo, come rilevato in dottrina, la norma, riguardando i procedimenti già pendenti dinanzi alla Corte di cassazione nonché quelli che perverranno alla cancelleria della stessa Corte sino al 31 luglio 202018, è chiaramente destinata ad applicarsi anche ai reati commessi prima della sua entrata in vigore (30 aprile 2020), con ciò provocando i noti dubbi di legittimità costituzionale[19].
3.Fingendo adesso che la disciplina possa avere legittimo e regolare ingresso nel sistema, merita di essere affrontata una problematica interpretativa di rilevante impatto pratico – visto il modo in cui ci si sta orientando nella pratica quotidiana, come si dirà- riguardante la sospensione della prescrizione correlata al rinvio delle udienze.
Il legislatore, con il Decreto c.d. “ Cura Italia”, ha suddiviso il periodo di riferimento in due fasi.
Una prima fase (art. 83, co. 1 e 2, d.l. n. 18/ 2020, conv., senza modifiche in parte qua, dalla l.n. 27/ 2020), dal 9 marzo al 15 aprile 2020 – termine poi spostato all’ 11 maggio ex art. 36, co. 1, d.l. n. 23/ 2020, provocando un ulteriore nodo problematico di ci si occuperà infra ( § 4)-, in cui l’attività giudiziaria, tranne tassative eccezioni, risulta sospesa tout court: in questo ambito ricadono quelli che chiameremo processi di c.d. “prima fascia”, dove le udienze subiscono un rinvio ex officio. Una seconda fase (art. 83, co. 6, d.l. n. 18/ 2020, conv., senza modifiche in parte qua, dalla l.n. 27/ 2020), dal 16 aprile – termine poi protratto al 12 maggio dall’art. 36, co. 1, d.l. n. 23/ 2020- al 30 giugno 2020, in cui l’attività giudiziaria – come sta faticosamente avvenendo- può lentamente ripartire, a condizione che i capi degli uffici giudiziari predispongano una serie di presidi di sicurezza confacenti al contrasto dell’emergenza epidemiologica: in questo ambito ricadono quelli che chiameremo processi di c.d. “ seconda fascia”, in cui il rinvio delle udienze diviene una scelta, da adottare ove giudicata funzionale al controllo della diffusione del virus.
Per quanto concerne i procedimenti di c.d. “prima fascia”, l’art. 83, co. 1 e 2, d.l. n. 18/ 2020, stabilisce che, dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020, le udienze sono rinviate – per l’appunto- d’ufficio a data successiva al 15 aprile 2020 e che, per lo stesso arco temporale, e’ sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto del procedimento. In altri termini, come è stato annotato anche dal Giudice a quo nelle due ordinanze commentate, il co. 2 ricomprende il co. 1, disponendo la sospensione dei termini, non solo per i giudizi oggetto di rinvio ai sensi del co. 1, ma per tutti i procedimenti[20]. Il co. 4 dell’art. 83 stabilisce che, nei procedimenti in cui opera la sospensione generalizzata dei termini ai sensi del co. 2, è altresì sospesa, per lo stesso periodo, la prescrizione.
Occupandosi, in particolare, del rinvio delle udienze – poiché, come accennato e come si metterà subito in luce, è questo il profilo oggetto di libere interpretazioni in malam partem nell’agone giudiziario-, il dato testuale appare inconfutabile nel prevedere che la sospensione della prescrizione, per quei processi fissati nel lasso cronologico 9 marzo- 15 aprile, non possa oltrepassare questa barriera temporale. Infatti, dal combinato disposto dei co. 1, 2 e 4 dell’art. 83, discende che le udienze collocate tra il 9 marzo e il 15 aprile sono tutte rinviate a data successiva al 15 aprile e che l’incedere della prescrizione resta bloccato soltanto sino a quel giorno, insieme a tutti i termini procedimentali[21].
La perdurante verità di questo assunto risulta suffragata, ex adverso, dalla differente disciplina approntata per i processi di c.d. “seconda fascia”, da trattare alla ripresa “controllata” dell’attività, in ossequio alle prescrizioni impartite dai capi degli uffici giudiziari (periodo 16 aprile, poi 12 maggio, 30 giugno). Il co. 9 dell’art. 83, allorché prevede, invero, che il cammino della prescrizione rimane “ sospes[o] per il tempo in cui il procedimento è rinviato ai sensi del comma 7, lettera g) e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno” stabilisce in via espressa che tale misura afferisce unicamente i processi ritardati “ facoltativamente”, in adempimento delle direttive imposte dai capi degli uffici. Infatti, il co. 7 dell’art. 83, alla lett. g), tra le precauzione che i dirigenti possono adottare per assicurare la ripresa “ in sicurezza”, individua la possibilità di rinviare le: “ udienze a data successiva al 30 giugno nei procedimenti civili e penali (…)”. In breve, la legge prescrive incontestabilmente che solo per i rinvii effettuati dopo il 15 aprile, in base alle indicazioni degli apicali, il flusso della prescrizione si arresti per l’intero periodo, con l’unico limite del 30 giugno.
Nella prassi applicativa, in cui chi scrive si è imbattute nello svolgimento dell’attività professionale, si osserva invece la consolidata tendenza degli organi giudicanti a sospendere sempre la prescrizione oltre la data del 15 aprile, sino al 30 giugno (se la prosecuzione dell’istruttoria dibattimentale è differita ad una data successiva), senza distinguere tra processi di “prima” e “seconda” fascia.
Non si sa se questa fosse la mens legislatoris, ma è fuori discussione che, se lo era, la stessa non si é tradotta nella mens legis, non essendosi trasfusa nel dettato normativo.
E allora, poiché in claris non fit interpretatio, la disciplina sulla sospensione della prescrizione non può essere manipolata contra reo, se è vero come è vero che l’attività ermeneutica, in omaggio al principio di legalità e al suo corollario della tassatività, non può condurre a colmare lacune o rimediare a carenze della tecnica di redazione normativa, sorvolando sul contenuto delle espressioni usate dal legislatore.
Concludendo sul punto, per i dibattimenti di “prima fascia” – 9 marzo/ 15 aprile-, la prescrizione può subire un blocco non oltre la fine di tale fase, al di là se la data di rinvio del processo cada in un frangente successivo; per i dibattimenti di “seconda fascia” – 16 aprile, poi 12 maggio/ 30 giugno-, la prescrizione resta ferma sino alla data della nuova udienza, con il limite invalicabile del 30 giugno.
A tale ultimo proposito, si deve sottolineare un altro possibile profilo di incostituzionalità della legge.
Infatti, per i giudizi di “ seconda fascia”, la legge affida una “ delega in bianco” ai capi degli uffici per l’individuazione dei criteri in base ai quali decidere se trattare o meno i processi; valutazione a cui si lega, come visto, anche la selezione dei processi rispetto ai quali opera la sospensione della prescrizione sino al 30 giugno.
Per tale via, al di là delle forme, di fatto non è più la legge a enucleare le fattispecie idonee a determinare la sospensione della prescrizione nella fase di ripresa dell’attività giudiziaria ( dal 12 maggio), essendo rimessa tale decisione alla totale discrezionalità dei capi degli uffici e dei giudici chiamati a implementare le direttive dei superiori.
Siffatto modus procedendi appare distonico con il principio di legalità e, in particolare, con i suoi corollari della riserva di legge e della precisione, giacché, come ha affermato la Corte costituzionale già nella primo arresto della “ saga Taricco”: “ Nell’ordinamento giuridico nazionale il regime legale della prescrizione è soggetto al principio di legalità in materia penale, espresso dall’art. 25, secondo comma, Cost., come questa Corte ha ripetutamente riconosciuto (da ultimo sentenza n. 143 del 2014). È perciò necessario che esso sia analiticamente descritto, al pari del reato e della pena, da una norma che vige al tempo di commissione del fatto” ( ord. 24/ 2017, § 4 del Considerato in fatto e in diritto).
Hanno poi aggiunto i Giudici, sempre riferendosi anche al regime della prescrizione, che le norme di diritto penale sostanziale: “ (…..) devono quindi essere formulate in termini chiari, precisi e stringenti, sia allo scopo di consentire alle persone di comprendere quali possono essere le conseguenze della propria condotta sul piano penale, sia allo scopo di impedire l’arbitrio applicativo del giudice” ( § 5 del Considerato in fatto e in diritto).
Con più specifico riferimento alla possibile violazione della riserva di legge, ancora nel § 5 del Considerato in fatto e in diritto, la Corte costituzionale ha osservato: “ (….) è necessario interrogarsi, sia sul rispetto della riserva di legge, sia sul grado di determinatezza (…), con riguardo al potere del giudice, al quale non possono spettare scelte basate su discrezionali valutazioni di politica criminale. In particolare il tempo necessario per la prescrizione di un reato e le operazioni giuridiche da compiersi per calcolarlo devono essere il frutto dell’applicazione, da parte del giudice penale, di regole legali sufficientemente determinate. In caso contrario, il contenuto di queste regole sarebbe deciso da un tribunale caso per caso, cosa che è senza dubbio vietata dal principio di separazione dei poteri di cui l’art. 25, secondo comma, Cost. declina una versione particolarmente rigida nella materia penale”.
Parole chiare e nette, che dimostrano come, nel caso di specie, l’art. 83, co. 9, d.l. 18/ 2020 confligga coll’art. 25 Cost., anche nella misura in cui affida al potere dei capi degli uffici e, di conserva, dei giudici, le scelte relative ai processi da rinviare; meccanismo a cui si lega la sospensione della prescrizione e che finisce, dunque, per rimettere alla discrezionalità giudiziaria la determinazione dei tempi necessari per l’estinzione dei reati.
4.Altri dilemmi da sciogliere – sempre immaginando inesistenti i profili di incostituzionalità della normativa evidenziati- si legano alle ricadute sulla disciplina della successione di leggi penali del tempo dipendenti dalla vorticosa introduzione di nuove disposizioni che hanno gradualmente modificato l’assetto della sospensione della prescrizione.
Il corpo normativo che, per primo, ha regolato la materia è stato il d.l. n. 11/ 2020. Per tutti i procedimenti di c.d. “ prima fascia”, all’art. 1, co. 1, si prevedeva il rinvio d’ufficio delle udienze a data successiva al 22 marzo 2020. Per quanto riguarda la prescrizione, il co. 3 dell’art. 1 rimandava al co. 4 dell’art. 2 del medesimo articolato che ne stabiliva la sospensione per tutto il tempo del rinvio, ma, in ogni caso, non oltre il 31 maggio. L’art. 2 enucleava la disciplina per i processi di c.d. “seconda fascia” ( quelli da celebrare secondo le prescrizioni presidenziali nel periodo 23 marzo- 31 maggio). Anche per questi procedimenti, il co. 4 dell’art. 2 sanciva la sospensione della prescrizione per l’intera durata del rinvio, sempre non oltre il 31 maggio.
Dopo, il Governo ha promulgato il d.l. n. 18/ 2020, c.d. “ Cura Italia”, che, come accennato, ha ( non si sa quanto consapevolmente) innestato significative modifiche in mitius per i dibattimenti di c.d. “prima fascia”.
Le novità di favore attengono, come notato, alla diversificazione del regime sospensivo della prescrizione tra processi di “prima” e “seconda” fascia. Sino alla sua promulgazione, per tutti i giudizi, senza distinzioni di sorta, la prescrizione rimaneva paralizzata per il tempo del rinvio, ancorché non oltre il 31 maggio; dopo la sua emanazione, per i processi di “prima fascia” ( 9 marzo- 15 aprile) la prescrizione, come sopra osservato, è diventata non più bloccabile oltre il limite che ha segnato l’avvio della ripresa graduale dell’attività in ottemperanza alle direttive dei capi degli uffici ( 15 aprile).
Il d.l. n. 11/ 2020 non è stato convertito in legge, perdendo efficacia ex tunc, di talché il primo quesito che adesso ci poniamo ha perso di significato pratico, tuttavia, per amore di completezza, conviene comunque affrontarlo. Nella vigenza del d.l. 11/ 2020, ci si chiedeva, invece, se i giudizi – tutti di “ prima fascia”- rinviati nell’arco temporale compreso tra il 9 marzo (data in cui hanno acquisito forza le misure innestate dal d.l. n. 11/ 2020) e il 16 marzo (il 17 marzo è entrato in vigore, secondo il suo art. 127, il d.l. n. 18/ 2020 che, inoltre, all’art. 83, co. 22, ha espressamente abrogato la disciplina previgente), dovessero sottostare alla normativa in voga in quel momento oppure potessero beneficiare della più favorevole previsione subentrata.[22].
La disciplina successiva (d.l. n. 18/ 2020) risultava, come detto, maggiormente conveniente in relazione ai processi di “prima fascia”, frapponendo un argine al corso della prescrizione, anziché per tutto il tempo del rinvio (con il limite del 30 giugno), non oltre il 15 aprile, mentre, in base al d.l. n. 11/ 2020, come più volte sottolineato, la data limite era stata fissata al 31 maggio.
Ebbene, l’operatività della novella anche al passato era suffragata dalla lettera dell’art. 83, co. 1 e 2, d.l. n. 18/ 2020, che stabilisce l’esplicita retrocessione dei suoi effetti al 9 marzo[23]. D’altronde, a prescindere da tale espressa dichiarazione d’intenti, che eliminava in radice qualsiasi incertezza, comunque, nel caso di specie, i risvolti favorevoli della normativa di nuovo conio avrebbero potuto acquisire efficacia retroattiva. Si trattava, infatti, ove il d.l. 11/ 2020 fosse stato convertito in legge, di successione di diposizioni eccezionali e temporanee convergenti sulla medesima situazione necessitante, con la conseguenza che, essendo accomunate da analoga logica emergenziale e finalità uniformi, si sarebbe dissolta la ragione fondante la deroga, enucleata nel c. 5 dell’art. 2 c.p., alle dinamiche generali della successione di leggi penali nel tempo[24].
Invero, di recente, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 63 del 2019[25], ha ribadito che, sebbene la garanzia della retroattività della lex mitior, al contrario del principio di irretroattività, sia soggetta a limitazioni sorrette da valide giustificazione sul piano del contemperante tra interessi di pari rango, laddove tali ragioni di deroga non ricorrano, come nel caso di specie, allora recupera slancio il diritto dell’agente ad essere giudicato e in caso punito: “ in base all’apprezzamento attuale dell’ordinamento relativo al disvalore del fatto da lui realizzato, anziché in base all’apprezzamento sotteso alla legge in vigore al momento della sua commissione” ( § 6. 1 del Considerato in diritto).
Sulla scorta di tale ragionamento, ai processi celebrati e differiti dal 9 marzo al 16 marzo, anche in caso di conversione del d.l. 11/ 2020, si sarebbe comunque dovuto estendere il d.l. n. 18/ 2020, con conseguente sospensione della prescrizione solo fino al 15 aprile.
Vi è, infine, un’ulteriore questione “spigolosa” legata al continuo avanzamento (da ultimo ad opera del d.l. n. 23/ 2020) dei termini di ripresa dell’attività giudiziaria e allo speculare ampliamento del periodo di sospensione della prescrizione, correlato alla pressoché totale paralisi della giustizia.
Il d.l. n. 18/ 2020 ha previsto il blocco completo dell’attività giudiziaria sino al 15 aprile. Il co. 4 dell’art. 83, come già detto, ha parallelamente introdotto la sospensione dei termini di prescrizione, sino al 15 aprile, per i processi ricadenti in questo arco temporale.
Il d.l. n. 23/ 2020, con l’art. 36, co. 1, ha provocato lo slittamento di tale termine all’ 11 maggio.
Nonostante la l.n. 27/ 2020, di conversione del d.l. n. 18/ 2020, sia entrata in vigore il 30 aprile 2020, ovvero dopo l’emanazione del d.l. 23/ 2020, bisogna comunque rapportare la sospensione della prescrizione al nuovo termine dell’ 11 maggio.
Infatti, il d.l. 18/ 2020, in parte qua, è stato convertito senza modificazioni, con la conseguenza, imposta, se non sbagliamo, dalle regole generali in tema di rapporti intertemporali tra atti normativi in questi casi ( art. 15, comma 5, l.n. 400 del 1988 che prevede: “ Le modifiche eventualmente apportate al decreto-legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest’ultima non disponga diversamente”), che le disposizioni in materia di sospensione dei termini di prescrizione, introdotte dall’Esecutivo e ratificate dal Parlamento, dispiegano i loro effetti sin dal giorno di entrata in vigore del provvedimento d’urgenza e la legge di conversione non da vita ad una relazione di successione di leggi nel tempo, non presentando un contenuto normativo autonomo[26].
Se è così, solo tra i due dd.ll. nn. 18 e 23 del 2020 si potrà configurare un avvicendamento normativo.
Ci si domanda, dunque, se la sospensione della prescrizione, nel contesto di processi di c.d. “ prima fascia”, trattati e differiti prima del 9 aprile (data di entrata in vigore del d.l. n. 23/ 2020), debba essere regolata in ottemperanza alle disposizioni contenute nel d.l. n. 18/ 2020 ( che limitava gli effetti dello stallo sulla prescrizione alla data del 15 aprile) o in ossequio alle più svantaggiose previsioni innestate dal d.l. n. 23/ 2020 (che ha procrastinato quella scadenza all’ 11 maggio).
Non pare che in questo caso sia invocabile il principio d’irretroattività in malam partem, non bypassabile neppure in periodi emergenziali. Infatti, questa guarentigia si fonda su una ratio diversa da quella su cui risiede la regola della retroattività della lex mitior. Mentre quest’ultima, in un’ottica riconducibile in senso lato alla tutela della ragionevolezza- uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., mira ad assicurare un trattamento penale omogeneo ai cittadini, corrispondente a quello più vantaggioso connesso all’applicazione di una nuova legge[27], il divieto di retroattività in peius, come ribadito di recente dalla Consulta ancora nella sentenza n. 63 del 2019 ( nello specifico nel § 6. 1 del Considerato in diritto), costituisce un valore assoluto, refrattario ad eccezioni, volto a preservare la libertà di autodeterminazione del soggetto, il quale, a tal fine, deve necessariamente essere preventivamente edotto e reso certo delle conseguenze del suo agire.
Il rinvio di un’udienza, ovvero un mero adempimento processuale, non è, evidentemente, un quid assimilabile ad una condotta umana che deve potersi realizzare con piena cognizione di causa. Di talché, nulla impedisce, questa volta, di applicare a tutti i giudizi di c.d. “ prima fascia” rinviati prima del 9 aprile, il più lungo periodo di sospensione della prescrizione previsto dal d.l. 23/ 2020. Infatti, se il legislatore, nel medesimo contesto di emergenza, ha inteso, con una norma sopravvenuta, regolare in via retroattiva la contingenza straordinaria, dilatando il termine di totale paralisi dell’attività giudiziaria e, con esso, quello di sospensione della prescrizione, deve prevalere, in assenza di diritti primari idonei a fungere da “ contro – limiti”, la legge successiva, evidentemente reputata più consona alle mutate circostanze della situazione di eccezionalità[28]. Se è così, non paiono residuare dubbi circa il fatto che, in ordine ai dibattimenti rimandati in data anteriore al 9 aprile, la prescrizione, lungi dal rimanere ibernata sino al 15 aprile, in linea con la disciplina vigente al momento del rinvio, si debba fermare sino all’11 maggio, come disposto coll’avvento del d.l. n. 23/ 2020[29].
Ovviamente, la questione appena analizzata, perderà di interesse ove il d.l. 23/ 2020 non venisse convertito in legge, perdendo di efficacia ex tunc.
D’altra parte, ove il d.l. 23/ 2020 non venisse tradotto in legge, il limite del 15 aprile di sospensione della prescrizione per i processi di “ prima fascia”del 15 aprile, rimarrebbe intatto anche a seguito dell’emanazione del d.l. 28/ 2020.
Invero, l’art. 3 di tale articolato ha totalmente trascurato la disciplina ( art. 83, commi 1, 2 e 4, d.l. 18/ 2020) relativa al periodo di pressoché assoluta paralisi giudiziaria ( 9 marzo/ 15 aprile), per concentrarsi unicamente, al comma 1 lett. c), sul periodo di ripresa graduale dell’attività ( art. 83, comma 6, d.l. 18/ 2020), che viene spostato – come già stabiliva l’art. 36, comma 1, seconda parte, d.l. 23/ 2020- al 12 maggio.
Insomma, in caso di mancata conversione del d.l. 23/ 2020 e ove il legislatore non corresse ai ripari, emendando la chiara svista normativa inficiante il provvedimento d’urgenza di “ ultimo conio”, il sistema non sarebbe coordinato e si creerebbe al suo interno una sorta di “ zona franca”, sguarnita di disciplina dell’emergenza, che potrebbe offrire il pretesto per libere interpretazioni in sede applicativa.
Infatti, le due normative in successione sarebbero soltanto il d.l. 18/ 2020, convertito nella l.n. 27/ 2020, e il d.l. 28/ 2020: in virtù del primo addentellato, il periodo di totale fermo dell’attività giudiziaria e di automatica sospensione della prescrizione andrebbe dal 9 marzo al 15 aprile; tra il 15 aprile e l’ 11 maggio si verrebbe a insinuare un vuoto regolamentare; solo dal 12 maggio, sulla scorta delle modifiche apportate dall’art. 3, comma 1, lett. b), al comma 6 dell’art. 83 d.l. 18/ 2020, si ritroverebbe una disciplina afferente la “ fase due” dell’emergenza.
[1] Anche il Tribunale Umbro ha sollevato q.l.c. dello stesso disposto con due diverse ordinanze del medesimo Giudice monocratico, di contenuto identico, pronunciate lo stesso giorno, Trib. Spoleto, 27 maggio 2020, Giud. Luca Cercola, la prima avente ad oggetto la contravvenzione di cui all’art. 658 c.p. ( Procurato allarme all’Autorità), la seconda il delitto di cui all’art. 341 bis c.p. ( Oltraggio a pubblico ufficiale). Le ordinanze sono consultabili in Giurisprudenzapenale web, 7 maggio 2020.
[2] Corte cost., sent. 29 novembre 2006, n. 393.
[3] Corte cost., ord. 6 febbraio 2017, n. 17; Corte cost., sent. 31 maggio 2018, n. 115.
[4] Al riguardo, G. Castiglia, Udienze e termini penali in regime di pandemia di Covid- 19, in Sistemapenale, 5, 2020, p. 338, ha notato come sia ovvio che, prevedendo l’art. 83 d.l. 17/ 2020 la sospensione della prescrizione a partire dal 9 marzo 2020, questo articolo detti una regola destinata a operare anche per reati commessi prima della sua entrata in vigore.
[5] Sul carattere eccezionale e temporaneo della normativa, F. Malagnino, Sospensione dei termini nel procedimento penale in pandemia da Covid- 19, in Giurisprudenzapenale Web, 18 aprile 2020, 27.
[6] In questi stessi termini si è già espresso, O. Mazza, Sospensioni di primavera: : prescrizione e custodia cautelare al tempo della pandemia, in Arch. pen. web, 1, 2020, 6 ss.
[7] Questa soluzione, con estremo scetticismo, è stata prospettata e poi scartata da F. Malagnino, Sospensione dei termini, cit., 29. Questa stessa possibilità è stata anche segnalata, senza prendere posizione, in modo neutrale, da G. L. Gatta, Sospensione della prescrizione ex art. 83, co. 4, d.l. n. 18/ 2020: sollevata questione di legittimità costituzionale, in www.sistemapenale.it, 27 maggio 2020.
[8] E’ giunto a questa conclusione anche, F. Malagnino, Sospensione dei termini, cit., 29.
[9] Tra le altre, Cass., VI, 13 ottobre 2014, n. 42557; Cass., Sez. VI, 24 aprile 2018, n. 18066.
[10] G.L. Gatta, “ Lockdown” della giustizia penale, sospensione della prescrizione del reato e principio di irretroattività: un cortocircuito, in www.sistemapenale.it, 4 maggio 2020, 11.
[11] G.L. Gatta, “ Lockdown” della giustizia, cit., 14.
[12] Sul punto, anche per i necessari riferimenti bibliografici, G. L. Gatta, “ Lockdown” della giustizia , cit., 11.
[13] Sono parole di O. Mazza, Sospensioni di primavera, cit., 8.
[14] Analoghe perplessità le hanno espresse, A. Gamberini- G. Insolera, Che la pandemia non diventi l’occasione per accelerare le soluzioni sulla prescrizione e sulle sue ragioni costituzionali, in www.sistemapenale.it, 24 maggio 2020.
[15] Così, nell’ambito di una pacata ma argomentata critica alla tesi favorevole a rivedere la natura giuridica dell’istituto così come enucleata dalla Consulta nel “ caso Taricco” , G. Flora, “ COVID REGIT ACTUM”. Emergenza sanitaria, norme eccezionali e deroghe ( “ ragionevoli”?) ai principi costituzionali, in questa Rivista, 12 maggio 2020. Critiche altrettanto eleganti le ha sviluppate, F.R. Dinacci, Psoriasi interpretative: la legge nel tempo in tema di prescrizione e termini di custodia nell’emergenza Covid. Alla ricerca di una “ legalità” perduta, in Arch. pen. web, 2, 2020, 5 ss.
[16] Corte cost., sent. 9 maggio 2013, n. 85; Corte cost., sent. 23 marzo 2018, n. 58.
[17] Nello stesso senso, A. Gamberini- G- Insolera, Che la pandemia, cit.
[18] C. Castiglia, Udienze e termini processuali penali in regime di pandemia da Covid 19, in Sistemapenale, 5, 2020, 338.
[19] C. Castiglia, Udienze e termini, cit., 338.
[20] In questi termini, G. Picaro, Il virus nel processo penale. Tutela della salute, garanzie processuali ed efficienza dell’attività giudiziaria nei d.l. n. 18 e n. 23 del 2020, in www.sistemapenale.it, 17 aprile 2020.
[21] Analogamente, G. Picaro, Il virus, cit.
[22] Così, F. Malagnino, Sospensione dei termini, cit., 26.
[23] La forza precettiva di questa sospensione postuma rispetto alle udienze celebrate dal 9 al 16 marzo è stat messa in dubbio da O. Mazza, Sospensioni di primavera, cit., 2.
[24]F. Malagnino, Sospensione dei termini, cit., 27. In giurisprudenza, Cass., Sez. I, 1 luglio 2008, n. 26316.
[25] Corte cost., sent. 21 marzo 2019, n. 63.
[26] Si è pronunciato nei medesimi termini, O. Mazza, Postilla di diritto intertemporale, in Arch. pen. web, 2, 2020, 1 ss. Ha invece ipotizzato, attraverso un sottile ragionamento, che la legge di conversione del d.l. 18/ 2020, ovvero la l.n. 27/ 2020, entrasse lei in successione con il d.l. 23/ 2020, A. Scalfati, La custodia cautelare durante l’emergenza: leggi confuse e illiberali, ivi, 2, 2020, 1 ss. La conseguenza di tale premessa è che, a partire dal 30 aprile 2020, la scadenza del termine di sospensione della prescrizione per le attività processuali risulterebbe retroattivamente fissata al 15 aprile 2020.
[27] In materia, M. Gambardella, voce Legge penale, cit., 652.
[28] F. Malagnino, Sospensione dei termini, cit., 27. Ma già, autorevolmente, in questi termini, R. Pannain, Manuale di diritto penale, Pt. gen., Roma, 1942, 108.
[29] Analogamente, O. Mazza, Sospensioni di primavera, cit., 3.
Nodi da sciogliere in materia di sospensione della prescrizione prevista dalla legislazione anti Covid 19
NODI DA SCIOGLIERE IN MATERIA DI SOSPENSIONE DELLA PRESCRIZIONE PREVISTA DALLA LEGISLAZIONE ANTI COVID 19 ANCHE ALLA LUCE DELLE PRIME Q.L.C. SOLLEVATE DAL TRIBUNALE DI SIENA
Trib. Siena, prima ordinanza 21 maggio 2020
Trib. Siena, seconda ordinanza 21 maggio 2020
Trib. Spoleto, ordinanza 21 maggio 2020
1.La disciplina progressivamente introdotta al fine di regolare il funzionamento dei procedimenti penali durante l’emergenza Covid 19 contempla, altresì, ipotesi di sospensione del corso della prescrizione, assimilabili, quanto ad effetti, a quelle enucleate nell’art. 159 c.p. In ragione dell’intervento di tali “nuove” cause sospensive, dunque, i termini necessari all’estinzione dei reati, oggetto dei procedimenti interessati dalle disposizioni che si sono avvicendate nella contingenza, sono tutti andati incontro a un incremento corrispondente alla durata del congelamento del decorso del tempo ivi sancita.
In questo quadro, emergono alcuni nodi problematici da sciogliere.
In primo luogo, bisogna accertare la compatibilità costituzionale, in particolare col principio di irretroattività di una norma di sfavore, enucleato nell’art. 25, co. 2, Cost., dell’applicazione dei novelli termini di prescrizione in ordine a fatti commessi prima dell’introduzione delle modifiche legislative.
Al riguardo, occorre subito segnalare come, con due distinte ordinanze del 21 maggio 2020 di contenuto analogo ( già pubblicate su questa Rivista, 26 maggio 2020), il Tribunale di Siena ( seguito, peraltro, a breve distanza, dal Tribunale di Spoleto[1]), in composizione monocratica, in persona del medesimo Giudice ( Dr. Simone Spina), abbia sollevato, con argomenti sui quali torneremo infra ( cfr. § 2), q.l.c. della disposizione sospettata di confliggere con la guarentigia costituzionale, ovvero l’art. 83, quarto comma, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.
Nei casi sottoposti al sindacato del Giudicante si è infatti integrato anche l’altro requisito di ammissibilità della questioni.
La rilevanza delle questioni si apprezza osservando invero che, quando il Giudice a quo si è pronunciato, nell’ambito di un giudizio ( quello contrassegno dal n. 704/ 2019 R.G. Dibattimento), uno solo degli illeciti edilizi oggetto delle imputazioni risultava già estinto per intervenuta prescrizione, se il termine massimo non fosse slittato in avanti per effetto della causa sospensiva oggi prevista dall’art. 83, co. 4, d.l. 18/ 2020, conv. dalla l.n. 27 del 2020; nell’ambito dell’altro giudizio ( contrassegnato dal n. 1034/ 2018 R.G. Dibattimento), il decorso del tempo sufficiente per il maturare della prescrizione aveva riguardato addirittura entrambe le imputazioni.
La seconda questione oggetto delle presenti note afferisce, in particolare, la dilatazione delle tempistiche di perenzione dei reati connesse al rinvio di procedimenti in fase dibattimentale, al cui interno erano state fissate udienze poi ricadute nel periodo di stallo dell’attività giudiziaria. In siffatto contesto, occorre operare dei distinguo da cui discende l’esistenza di un doppio regime di sospensione della prescrizione in materia.
Poiché, infine, la durata delle misure introdotte per fare fronte all’emergenza, con i connessi “ effetti collaterali” in malam partem, è stata progressivamente spostata in là nel tempo, occorre accertare i riverberi di tale tecnica legislativa sul versante della successione di leggi penali.
L’excursus della decretazione d’urgenza è iniziato il 9 marzo 2020 (data in cui sono entrate in funzione le prescrizioni formulate nel decreto- legge 8 marzo 2020, n. 11), per proseguire il 17 marzo 2020 ( data in cui ha acquistata efficacia il d.l. 17 marzo 2020, n. 18, c.d. “ Cura Italia”, convertito, senza modifiche nelle parti oggetto di queste note, dalla l. 24 aprile 2020, n. 27), per andare ancora avanti il 9 aprile 2020 (data di entrata in vigore dell’ultimo decreto in materia, il decreto- legge 8 aprile 2020, n. 23), concludendosi il primo maggio 2020 ( con l’entrata in vigore del decreto- legge 30 aprile 2020, n. 28).
Non è stata riscontrata alcuna differenza tra il corredo genetico delle regole deputate a calibrare i termini ordinari di prescrizioni – racchiuse nell’art. 157 c.p.- e quelle preposte all’individuazione delle cause interruttive e sospensive – di cui agli artt. 159 c.p. e 160 c.p.-, ancorché l’ attenuazione o la neutralizzazione degli effetti del trascorrere del tempo sulla vita del reato dipendano inesorabilmente da accadimenti processuali.
La matrice processuale delle situazioni a cui si lega il dilatarsi dei termini di prescrizione non ha condotto ad assegnare una natura composita all’istituto, foriera di distinzioni tra le sfere di appartenenza- sostanziale o processuale- dei disposti che ne compongono la disciplina. Come ha opportunamente segnalato il Giudice senese, gli arresti in cui si è articolato l’ ”affaire Taricco” rappresentano un indice sintomatico decisivo di questa tendenza, poiché, nonostante si siano occupati proprio dei meccanismi interruttivi della prescrizione, non hanno posto in discussione la natura unitaria dell’istituto, non discernendo al suo interno aspetti sostanziali da profili processuali, suscettibili, in quanto tali, di seguire la regola del tempus regit actum in vece del dogma dell’irretroattività della legge penale di sfavore.
Rebus sic stantibus, la Consulta ha due alternative per dirimere la questione: i) mediante una sentenza interpretativa di rigetto, può reputare la sfavorevole disciplina dell’emergenza epidemiologica in tema di sospensione della prescrizione idonea a produrre i suoi effetti soltanto in relazione a fatti realizzati dopo il suo avvento; ii) con una sentenza di accoglimento della q.l.c., può espungere la stessa dal sistema in quanto affetta da incostituzionalità manifesta, perlomeno nella parte in cui investe anche condotte ad essa antecedenti.
La prima soluzione appare scarsamente praticabile in quanto, da un lato, sovvertirebbe la ratio istitutiva della legge, ispirata all’esigenza di evitare che la forzata paralisi della giustizia non si rifletta troppo sull’incedere della prescrizione; dall’altro, urterebbe contro la lettera della legge, poiché, come ha osservato anche il Giudice a quo, nel momento in cui si dispone la stasi dei termini di singoli segmenti in cui il procedimento si scinde, evidentemente si presuppone la ricorrenza di un’ipotesi di reato rispetto alla quale si è già mossa la macchina giudiziaria[4]. Peraltro, se la logica dell’“eccezione” dovesse reputarsi applicabile unicamente pro futuro, non si comprenderebbe a quali casi se ne estenderebbe l’efficacia, in modo particolare per quanto concerne la disciplina del rinvio delle udienze che, all’evidenza, sottintende un fatto astrattamente riconducibile ad una fattispecie incriminatrice già commesso, in relazione al quale è stata già esercitata l’azione penale.
Non si può neppure pensare che la novella sia stata allestita per la persecuzione di quei nuovi reati suscettibili di innescare procedimenti “contratti e a tappe forzate”, come il rito per direttissima, destinati a sfociare in un immediato esito processuale da procrastinare in avanti. Infatti, i procedimenti di convalida dell’arresto – fase preliminare dei giudizi per direttissima- sono tra quelli che rappresentano un’eccezione dell’eccezione, non essendo per essi operativo il regime di sospensione dei termini processuali, in ossequio all’art. 83, co. 3, lett. b), d.l. n. 18/ 2020.
Essendo, dunque, preclusi itinerari ermeneutici capaci di circoscrivere l’efficacia della legge solo ai fatti posteriori alla sua emanazione, sembra difficile sottrarre la normativa ad un giudizio di incostituzionalità per contrasto coll’art. 25, co. 2, Cost.
Non è il pacifico carattere eccezionale e temporaneo della disciplina dell’emergenza a poterne salvaguardare la permanenza nel sistema[5]: i) in quanto il co. 5 dell’art. 2 c.p. consente alle leggi temporanee ed eccezionali di derogare ai canoni della successione di norme penali del tempo, ad eccezione del principio di irretroattività in malam partem; ii) e questo è coerente con il rango primario del principio di legalità e dei suoi corollari, tra cui quello dell’irretroattività, i quali fanno parte – come ribadito dalla Consulta anche per sbarrare l’ingresso nel sistema alla “regola Taricco”- del catalogo dei precetti fondamentali, come tali invalicabili e insuscettibili di rientrare in operazioni di bilanciamento finalizzate a mitigarne o ad annullarne la portata in nome di interessi contrapposti[6].
Non appare neanche sostenibile – come messo in luce dal Tribunale di Siena- affermare che l’art. 159, co. 1, c.p. – laddove dispone: “ Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge”-, contemplerebbe un sorta di rinvio mobile, mediante il quale il legislatore avrebbe deciso di attribuire preventivo rilievo a qualunque causa sospensiva della prescrizione introdotta in futuro[7]. Tale risultato interpretativo provocherebbe un surrettizio aggiramento del principio di irretroattività in peius, non garantendo, dunque, alle disposizioni sopravvenute, una patente di immunità da censure di incostituzionalità, se concepite per colpire anche fatti commessi in epoca precedente[8].
Neppure da quella giurisprudenza che si è confrontata con atti legislativi che hanno sospeso eccezionalmente i termini di prescrizione in aree colpite da eventi sismici, è consentito cogliere spunti per affrontare la questione. In quei casi, infatti, la Suprema corte non si é proprio soffermata sul problema inerente la legittimità dell’applicazione retroattiva di quelle discipline, assumendo questo dato come un presupposto scontato e implicito delle sue decisioni[9].
Per schivare la scure dell’incostituzionalità, autorevole dottrina ha proposto di: “ rivalutare la correttezza della soluzione che inquadra la prescrizione del reato quale istituto soggetto al principio di irretroattività”, valorizzando le componenti processuali insite al suo interno e distinguendo i casi in cui l’estinzione dell’illecito sia già maturata, da quelli in cui non si sia ancora prodotta, al momento dell’introduzione della nuova causa sospensiva[10].
In particolare, secondo questo indirizzo, se – come nella fattispecie concreto poste a base delle ordinanze del Giudice a quo– il termine estintivo del reato non è ancora scaduto quando la prescrizione viene allungata, la nuova legge non renderebbe punibile un fatto non punibile, di talché la ratio istitutiva della garanzia prevista dall’art. 25, comma 2, Cost. non sarebbe vulnerata, non configurandosi un abuso del potere punitivo della Stato e un attacco alle esigenze di prevedibilità delle conseguenze della violazione della legge penale[11].
In simile ottica, nulla impedirebbe allo Stato di “ concedersi” più tempo, se fondate ragioni di emergenza ( da valutarsi secondo il parametro della ragionevolezza ai sensi dell’art. 3 Cost.) lo suggeriscono.
Pur essendo innegabile, come rammenta il fautore di questa soluzione, nell’intento di eludere il rischio che la forzata inattività giudiziaria si ripercuota sull’interesse dello Stato e delle vittime all’accertamento dei fatti, che l’applicazione tout court alla prescrizione del canone della irretroattività risulti non unanime nella letteratura penalistica, trattandosi di istituto in cui si confondono una dimensione sostanziale ( collegata allo scemare delle finalità general- special preventive connesse alla pretesa punitiva, che il senso di oblio del reato, dovuto al trascorrere del tempo, comporta) e una processuale ( collegata ai riverberi degli accadimenti processuali sulle tempistiche occorrenti all’estinzione dell’illecito)[12], tale approccio non sembra allo stato adottabile, attese le – sopra indicate- plurime e ormai consolidate prese di posizione della Consulta circa l’operatività, senza alcun distinguo, dell’intero coacervo dei corollari del principio di legalità in simile ambito.
In quest’ottica, anche al fine di scongiurare che “ (…) il costo temporale dell’incapacità dello Stato di svolgere regolarmente i processi nel periodo dell’emergenza”[13] si scarichi sull’imputato, risolvendosi in un pericoloso precedente idoneo a fornire la giustificazione per la rimozione di un istituto ( in realtà sostanzialmente già avvenuta con l’ “ abolizione” della prescrizione dopo il primo grado di giudizio ad opera della l.n. 3/ 2019) che serve, invece, proprio ad evitare che le croniche inefficienze dell’apparato giudiziario si riversino perniciosamente sui soggetti coinvolti nel processo, appare difficile e per niente auspicabile un revirement da parte della Corte costituzionale, basato su un ripensamento della natura esclusivamente sostanziale della prescrizione[14].
Invero, diversamente da quanto adombrato dall’orientamento di pensiero favorevole al “ salvataggio” dell’odierna causa sospensiva, l’approdo esegetico che ha definito il “ caso Taricco”, lungi dall’atteggiarsi ad una sorta di espediente per uscire da quell’impasse, come tale accantonabile alla bisogna, è frutto di una argomentata e convinta presa di posizione, allineata ad una stratificata tradizione giuridica, alimentata, come sottolineato dalla migliore dottrina, da contributi di studiosi altrettanto autorevoli di quelli citati per supportare l’orientamento contrapposto, che nel nostro paese tende ad attribuire essenza sostanziale alla prescrizione[15].
Infatti, se, come ha ribadito anche di recente lo stesso Giudice delle leggi ( come diremo infra § 4), il principio di irretroattività in malam partem persegue la finalità di assicurare al consociato la prevìa conoscenza di tutte le conseguenze delle sue condotte, allora sembra non contestabile che l’incremento “ in corsa” dei termini di prescrizione, provocando una dilatazione delle tempistiche al cui interno è possibile esercitare la pretesa punitiva, non esponga l’agente a un peggioramento non pronosticabile della disciplina esistente quando si è risolto a commettere il fatto, compromettendosi il senso di affidamento sull’assetto ordinamentale in base al quale ha effettuato le sue scelte.
Un conto, invero, è sapere che lo Stato è tenuto a punire in via definitiva una condotta in un determinato lasso di tempo, altro conto è sapere che tale accertamento deve avvenire in un diverso e più lungo arco temporale, con l’effetto che la creazione, post patratum crimen, di in un ulteriore fattore “ procedimentale” idoneo all’espansione dei tempi di prescrizione, è arduo sostenere che non infranga il presidio predisposto nell’art. 25, comma 2, Cost.
D’altronde, lo stallo della macchina giudiziaria provocato da un evento pandemico ( come da qualsiasi altra calamità), allontanando l’accertamento del fatto dalla sua consumazione, accentua quel senso dell’oblio che costituisce la ragione di fondo, al cui interno si condensano tutte le altre, della prescrizione, non traducendosi, dunque, in un valida giustificazione per la sua sospensione.
Se è così, non sembra neppure percorribile da parte della Consulta, onde cimentarsi in un’operazione di “ salvataggio” della norma, senza però smentire se stessa circa la natura sostanziale dell’istituto, l’impervio sentiero mirante a dimostrare la posizione paritetica, sul piano delle gerarchie costituzionali, tra il canone dell’irretroattività della legge penale e il bene salute, che l’art. 32 Cost. definisce alla stregua di “ fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” e che, in sintonia con tale assunto contenuto nella Carta, la Consulta reputa “ inviolabile”, ancorché suscettibile di ragionevoli bilanciamenti con altri diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, in un contesto di interazione e integrazione reciproca tra prerogative di base, che eviti la prevalenza assoluta di una sulle altre di rango analogo[16].
E tale sentiero non è percorribile neanche osservando: i) che la disposizione in materia di sospensione della prescrizione, essendo anch’essa funzionale a fronteggiare l’emergenza sanitaria in atto, concorre a concretizzare il diritto alla salute, realizzando, quindi, un bilanciamento ragionevole in quanto, da un lato, confacente a conciliare interessi di pari grado, dall’altro, proporzionato allo scopo e all’esigenza di evitare un’eccessiva compressione della ratio istitutiva del principio di irretroattività; ii) che, infatti, la disposizione censurata è volta a impedire l’acuirsi delle conseguenze di una già gravissima emergenza sanitaria in fieri, emergendo, dunque, la sua necessità e adeguatezza rispetto allo scopo di assicurare la salute individuale e collettiva. Non si tratta, insomma, di norme dirette a disinnescare gli effetti di una crisi passata, rispetto alla quale – nell’immaginato e non condiviso ( come diremo subito) percorso ermeneutico finalizzato a mantenere la norma nel sistema- si potrebbe discutere della necessità e adeguatezza di una deroga ad altri valori primari; iii) che tale disposizione, nella misura in cui sospende il corso della prescrizione per un periodo molto limitato di tempo, strettamente correlato alla durata pronosticata dello stato di allarme, risulta viepiù proporzionata e non eccessiva rispetto al suo scopo; iv) che, muovendosi nel solco delle tesi riduzionistiche formulate negli anni ‘ 90 nella scuola di Francoforte, dove si erano individuate aree del diritto penale non appartenenti al Kernstrafrecht, la prescrizione sarebbe un istituto periferico dello ius criminale, rispetto al quale le garanzie possono essere modulate e attenuate onde fare spazio ad altri interessi primari.
Tale assetto argomentativo, come accennato, non sarebbe persuasivo in quanto: i) il principio di irretroattività, come emerge in modo netto dall’elaborazione della giurisprudenza costituzionale – ( cfr. anche § 4)-, assume la veste di diritto “ tiranno” nei confronti di altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, nel senso che non tollera alcuna deroga idonea a minare la libertà di scelta dei consociati e ad aprire la strada ad arbitri legislativi; ii) nulla conforterebbe l’assunto secondo cui la prescrizione sarebbe un istituto periferico del diritto penale. Anzi, la Consulta, per esempio con la sentenza n. 393 del 2006, non ha operato alcun distinguo “ gerarchico” tra disposizioni concernenti in senso stretto la misura della pena e disposizioni che riguardano ulteriori e diversi profili, inerendo anch’esse al complessivo trattamento riservato al reo. Si cita espressamente, a tale proposito, proprio la prescrizione ( § 4 del Considerato in diritto); iii) al di là di questa presa di posizione della Corte costituzionale, sarebbe comunque arduo definire la prescrizione un istituto periferico del diritto penale, giacché essa è il crocevia di una serie di diritti e valori fondamentali, da quello di difesa a quello a una ragionevole durata del processo, passando per la funzione general/ special preventiva della pena; iv) la logica dell’emergenza non può legittimare la lesione di garanzie fondamentali, pena – come già accennato- l’apertura di varchi a strumentali provvedimenti “ liberticidi” protetti dall’alibi di “ contingenze specifiche”[17].
Si deve, infine, segnalare – come già notato in dottrina[18]– che analoghi sospetti di incostituzionalità riguardano la previsione inserita nella seconda parte del co. 3-bis dell’art. 83 del d.l. 18/2020, introdotta dalla legge di conversione n. 27/2020. Secondo tale disposto, “ nei procedimenti pendenti dinanzi alla Corte di cassazione e pervenuti alla cancelleria della Corte nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020 il decorso del termine di prescrizione è sospeso sino alla data dell’udienza fissata per la trattazione e, in ogni caso, non oltre il 31 dicembre 2020”.
Siamo al cospetto di una disposizione che deroga a quanto previsto dal co. 4 dello stesso art. 83 del d.l. 18/2020, stabilendo che la sospensione della prescrizione operi, per i procedimenti ivi indicati, sino alla data fissata per la trattazione del ricorso in Cassazione, con il limite massimo, comunque, del 31 dicembre 2020.
Di nuovo, come rilevato in dottrina, la norma, riguardando i procedimenti già pendenti dinanzi alla Corte di cassazione nonché quelli che perverranno alla cancelleria della stessa Corte sino al 31 luglio 202018, è chiaramente destinata ad applicarsi anche ai reati commessi prima della sua entrata in vigore (30 aprile 2020), con ciò provocando i noti dubbi di legittimità costituzionale[19].
3.Fingendo adesso che la disciplina possa avere legittimo e regolare ingresso nel sistema, merita di essere affrontata una problematica interpretativa di rilevante impatto pratico – visto il modo in cui ci si sta orientando nella pratica quotidiana, come si dirà- riguardante la sospensione della prescrizione correlata al rinvio delle udienze.
Il legislatore, con il Decreto c.d. “ Cura Italia”, ha suddiviso il periodo di riferimento in due fasi.
Una prima fase (art. 83, co. 1 e 2, d.l. n. 18/ 2020, conv., senza modifiche in parte qua, dalla l.n. 27/ 2020), dal 9 marzo al 15 aprile 2020 – termine poi spostato all’ 11 maggio ex art. 36, co. 1, d.l. n. 23/ 2020, provocando un ulteriore nodo problematico di ci si occuperà infra ( § 4)-, in cui l’attività giudiziaria, tranne tassative eccezioni, risulta sospesa tout court: in questo ambito ricadono quelli che chiameremo processi di c.d. “prima fascia”, dove le udienze subiscono un rinvio ex officio. Una seconda fase (art. 83, co. 6, d.l. n. 18/ 2020, conv., senza modifiche in parte qua, dalla l.n. 27/ 2020), dal 16 aprile – termine poi protratto al 12 maggio dall’art. 36, co. 1, d.l. n. 23/ 2020- al 30 giugno 2020, in cui l’attività giudiziaria – come sta faticosamente avvenendo- può lentamente ripartire, a condizione che i capi degli uffici giudiziari predispongano una serie di presidi di sicurezza confacenti al contrasto dell’emergenza epidemiologica: in questo ambito ricadono quelli che chiameremo processi di c.d. “ seconda fascia”, in cui il rinvio delle udienze diviene una scelta, da adottare ove giudicata funzionale al controllo della diffusione del virus.
Per quanto concerne i procedimenti di c.d. “prima fascia”, l’art. 83, co. 1 e 2, d.l. n. 18/ 2020, stabilisce che, dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020, le udienze sono rinviate – per l’appunto- d’ufficio a data successiva al 15 aprile 2020 e che, per lo stesso arco temporale, e’ sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto del procedimento. In altri termini, come è stato annotato anche dal Giudice a quo nelle due ordinanze commentate, il co. 2 ricomprende il co. 1, disponendo la sospensione dei termini, non solo per i giudizi oggetto di rinvio ai sensi del co. 1, ma per tutti i procedimenti[20]. Il co. 4 dell’art. 83 stabilisce che, nei procedimenti in cui opera la sospensione generalizzata dei termini ai sensi del co. 2, è altresì sospesa, per lo stesso periodo, la prescrizione.
Occupandosi, in particolare, del rinvio delle udienze – poiché, come accennato e come si metterà subito in luce, è questo il profilo oggetto di libere interpretazioni in malam partem nell’agone giudiziario-, il dato testuale appare inconfutabile nel prevedere che la sospensione della prescrizione, per quei processi fissati nel lasso cronologico 9 marzo- 15 aprile, non possa oltrepassare questa barriera temporale. Infatti, dal combinato disposto dei co. 1, 2 e 4 dell’art. 83, discende che le udienze collocate tra il 9 marzo e il 15 aprile sono tutte rinviate a data successiva al 15 aprile e che l’incedere della prescrizione resta bloccato soltanto sino a quel giorno, insieme a tutti i termini procedimentali[21].
La perdurante verità di questo assunto risulta suffragata, ex adverso, dalla differente disciplina approntata per i processi di c.d. “seconda fascia”, da trattare alla ripresa “controllata” dell’attività, in ossequio alle prescrizioni impartite dai capi degli uffici giudiziari (periodo 16 aprile, poi 12 maggio, 30 giugno). Il co. 9 dell’art. 83, allorché prevede, invero, che il cammino della prescrizione rimane “ sospes[o] per il tempo in cui il procedimento è rinviato ai sensi del comma 7, lettera g) e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno” stabilisce in via espressa che tale misura afferisce unicamente i processi ritardati “ facoltativamente”, in adempimento delle direttive imposte dai capi degli uffici. Infatti, il co. 7 dell’art. 83, alla lett. g), tra le precauzione che i dirigenti possono adottare per assicurare la ripresa “ in sicurezza”, individua la possibilità di rinviare le: “ udienze a data successiva al 30 giugno nei procedimenti civili e penali (…)”. In breve, la legge prescrive incontestabilmente che solo per i rinvii effettuati dopo il 15 aprile, in base alle indicazioni degli apicali, il flusso della prescrizione si arresti per l’intero periodo, con l’unico limite del 30 giugno.
Nella prassi applicativa, in cui chi scrive si è imbattute nello svolgimento dell’attività professionale, si osserva invece la consolidata tendenza degli organi giudicanti a sospendere sempre la prescrizione oltre la data del 15 aprile, sino al 30 giugno (se la prosecuzione dell’istruttoria dibattimentale è differita ad una data successiva), senza distinguere tra processi di “prima” e “seconda” fascia.
Non si sa se questa fosse la mens legislatoris, ma è fuori discussione che, se lo era, la stessa non si é tradotta nella mens legis, non essendosi trasfusa nel dettato normativo.
E allora, poiché in claris non fit interpretatio, la disciplina sulla sospensione della prescrizione non può essere manipolata contra reo, se è vero come è vero che l’attività ermeneutica, in omaggio al principio di legalità e al suo corollario della tassatività, non può condurre a colmare lacune o rimediare a carenze della tecnica di redazione normativa, sorvolando sul contenuto delle espressioni usate dal legislatore.
Concludendo sul punto, per i dibattimenti di “prima fascia” – 9 marzo/ 15 aprile-, la prescrizione può subire un blocco non oltre la fine di tale fase, al di là se la data di rinvio del processo cada in un frangente successivo; per i dibattimenti di “seconda fascia” – 16 aprile, poi 12 maggio/ 30 giugno-, la prescrizione resta ferma sino alla data della nuova udienza, con il limite invalicabile del 30 giugno.
A tale ultimo proposito, si deve sottolineare un altro possibile profilo di incostituzionalità della legge.
Infatti, per i giudizi di “ seconda fascia”, la legge affida una “ delega in bianco” ai capi degli uffici per l’individuazione dei criteri in base ai quali decidere se trattare o meno i processi; valutazione a cui si lega, come visto, anche la selezione dei processi rispetto ai quali opera la sospensione della prescrizione sino al 30 giugno.
Per tale via, al di là delle forme, di fatto non è più la legge a enucleare le fattispecie idonee a determinare la sospensione della prescrizione nella fase di ripresa dell’attività giudiziaria ( dal 12 maggio), essendo rimessa tale decisione alla totale discrezionalità dei capi degli uffici e dei giudici chiamati a implementare le direttive dei superiori.
Siffatto modus procedendi appare distonico con il principio di legalità e, in particolare, con i suoi corollari della riserva di legge e della precisione, giacché, come ha affermato la Corte costituzionale già nella primo arresto della “ saga Taricco”: “ Nell’ordinamento giuridico nazionale il regime legale della prescrizione è soggetto al principio di legalità in materia penale, espresso dall’art. 25, secondo comma, Cost., come questa Corte ha ripetutamente riconosciuto (da ultimo sentenza n. 143 del 2014). È perciò necessario che esso sia analiticamente descritto, al pari del reato e della pena, da una norma che vige al tempo di commissione del fatto” ( ord. 24/ 2017, § 4 del Considerato in fatto e in diritto).
Hanno poi aggiunto i Giudici, sempre riferendosi anche al regime della prescrizione, che le norme di diritto penale sostanziale: “ (…..) devono quindi essere formulate in termini chiari, precisi e stringenti, sia allo scopo di consentire alle persone di comprendere quali possono essere le conseguenze della propria condotta sul piano penale, sia allo scopo di impedire l’arbitrio applicativo del giudice” ( § 5 del Considerato in fatto e in diritto).
Con più specifico riferimento alla possibile violazione della riserva di legge, ancora nel § 5 del Considerato in fatto e in diritto, la Corte costituzionale ha osservato: “ (….) è necessario interrogarsi, sia sul rispetto della riserva di legge, sia sul grado di determinatezza (…), con riguardo al potere del giudice, al quale non possono spettare scelte basate su discrezionali valutazioni di politica criminale. In particolare il tempo necessario per la prescrizione di un reato e le operazioni giuridiche da compiersi per calcolarlo devono essere il frutto dell’applicazione, da parte del giudice penale, di regole legali sufficientemente determinate. In caso contrario, il contenuto di queste regole sarebbe deciso da un tribunale caso per caso, cosa che è senza dubbio vietata dal principio di separazione dei poteri di cui l’art. 25, secondo comma, Cost. declina una versione particolarmente rigida nella materia penale”.
Parole chiare e nette, che dimostrano come, nel caso di specie, l’art. 83, co. 9, d.l. 18/ 2020 confligga coll’art. 25 Cost., anche nella misura in cui affida al potere dei capi degli uffici e, di conserva, dei giudici, le scelte relative ai processi da rinviare; meccanismo a cui si lega la sospensione della prescrizione e che finisce, dunque, per rimettere alla discrezionalità giudiziaria la determinazione dei tempi necessari per l’estinzione dei reati.
4.Altri dilemmi da sciogliere – sempre immaginando inesistenti i profili di incostituzionalità della normativa evidenziati- si legano alle ricadute sulla disciplina della successione di leggi penali del tempo dipendenti dalla vorticosa introduzione di nuove disposizioni che hanno gradualmente modificato l’assetto della sospensione della prescrizione.
Il corpo normativo che, per primo, ha regolato la materia è stato il d.l. n. 11/ 2020. Per tutti i procedimenti di c.d. “ prima fascia”, all’art. 1, co. 1, si prevedeva il rinvio d’ufficio delle udienze a data successiva al 22 marzo 2020. Per quanto riguarda la prescrizione, il co. 3 dell’art. 1 rimandava al co. 4 dell’art. 2 del medesimo articolato che ne stabiliva la sospensione per tutto il tempo del rinvio, ma, in ogni caso, non oltre il 31 maggio. L’art. 2 enucleava la disciplina per i processi di c.d. “seconda fascia” ( quelli da celebrare secondo le prescrizioni presidenziali nel periodo 23 marzo- 31 maggio). Anche per questi procedimenti, il co. 4 dell’art. 2 sanciva la sospensione della prescrizione per l’intera durata del rinvio, sempre non oltre il 31 maggio.
Dopo, il Governo ha promulgato il d.l. n. 18/ 2020, c.d. “ Cura Italia”, che, come accennato, ha ( non si sa quanto consapevolmente) innestato significative modifiche in mitius per i dibattimenti di c.d. “prima fascia”.
Le novità di favore attengono, come notato, alla diversificazione del regime sospensivo della prescrizione tra processi di “prima” e “seconda” fascia. Sino alla sua promulgazione, per tutti i giudizi, senza distinzioni di sorta, la prescrizione rimaneva paralizzata per il tempo del rinvio, ancorché non oltre il 31 maggio; dopo la sua emanazione, per i processi di “prima fascia” ( 9 marzo- 15 aprile) la prescrizione, come sopra osservato, è diventata non più bloccabile oltre il limite che ha segnato l’avvio della ripresa graduale dell’attività in ottemperanza alle direttive dei capi degli uffici ( 15 aprile).
Il d.l. n. 11/ 2020 non è stato convertito in legge, perdendo efficacia ex tunc, di talché il primo quesito che adesso ci poniamo ha perso di significato pratico, tuttavia, per amore di completezza, conviene comunque affrontarlo. Nella vigenza del d.l. 11/ 2020, ci si chiedeva, invece, se i giudizi – tutti di “ prima fascia”- rinviati nell’arco temporale compreso tra il 9 marzo (data in cui hanno acquisito forza le misure innestate dal d.l. n. 11/ 2020) e il 16 marzo (il 17 marzo è entrato in vigore, secondo il suo art. 127, il d.l. n. 18/ 2020 che, inoltre, all’art. 83, co. 22, ha espressamente abrogato la disciplina previgente), dovessero sottostare alla normativa in voga in quel momento oppure potessero beneficiare della più favorevole previsione subentrata.[22].
La disciplina successiva (d.l. n. 18/ 2020) risultava, come detto, maggiormente conveniente in relazione ai processi di “prima fascia”, frapponendo un argine al corso della prescrizione, anziché per tutto il tempo del rinvio (con il limite del 30 giugno), non oltre il 15 aprile, mentre, in base al d.l. n. 11/ 2020, come più volte sottolineato, la data limite era stata fissata al 31 maggio.
Ebbene, l’operatività della novella anche al passato era suffragata dalla lettera dell’art. 83, co. 1 e 2, d.l. n. 18/ 2020, che stabilisce l’esplicita retrocessione dei suoi effetti al 9 marzo[23]. D’altronde, a prescindere da tale espressa dichiarazione d’intenti, che eliminava in radice qualsiasi incertezza, comunque, nel caso di specie, i risvolti favorevoli della normativa di nuovo conio avrebbero potuto acquisire efficacia retroattiva. Si trattava, infatti, ove il d.l. 11/ 2020 fosse stato convertito in legge, di successione di diposizioni eccezionali e temporanee convergenti sulla medesima situazione necessitante, con la conseguenza che, essendo accomunate da analoga logica emergenziale e finalità uniformi, si sarebbe dissolta la ragione fondante la deroga, enucleata nel c. 5 dell’art. 2 c.p., alle dinamiche generali della successione di leggi penali nel tempo[24].
Invero, di recente, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 63 del 2019[25], ha ribadito che, sebbene la garanzia della retroattività della lex mitior, al contrario del principio di irretroattività, sia soggetta a limitazioni sorrette da valide giustificazione sul piano del contemperante tra interessi di pari rango, laddove tali ragioni di deroga non ricorrano, come nel caso di specie, allora recupera slancio il diritto dell’agente ad essere giudicato e in caso punito: “ in base all’apprezzamento attuale dell’ordinamento relativo al disvalore del fatto da lui realizzato, anziché in base all’apprezzamento sotteso alla legge in vigore al momento della sua commissione” ( § 6. 1 del Considerato in diritto).
Sulla scorta di tale ragionamento, ai processi celebrati e differiti dal 9 marzo al 16 marzo, anche in caso di conversione del d.l. 11/ 2020, si sarebbe comunque dovuto estendere il d.l. n. 18/ 2020, con conseguente sospensione della prescrizione solo fino al 15 aprile.
Vi è, infine, un’ulteriore questione “spigolosa” legata al continuo avanzamento (da ultimo ad opera del d.l. n. 23/ 2020) dei termini di ripresa dell’attività giudiziaria e allo speculare ampliamento del periodo di sospensione della prescrizione, correlato alla pressoché totale paralisi della giustizia.
Il d.l. n. 18/ 2020 ha previsto il blocco completo dell’attività giudiziaria sino al 15 aprile. Il co. 4 dell’art. 83, come già detto, ha parallelamente introdotto la sospensione dei termini di prescrizione, sino al 15 aprile, per i processi ricadenti in questo arco temporale.
Il d.l. n. 23/ 2020, con l’art. 36, co. 1, ha provocato lo slittamento di tale termine all’ 11 maggio.
Nonostante la l.n. 27/ 2020, di conversione del d.l. n. 18/ 2020, sia entrata in vigore il 30 aprile 2020, ovvero dopo l’emanazione del d.l. 23/ 2020, bisogna comunque rapportare la sospensione della prescrizione al nuovo termine dell’ 11 maggio.
Infatti, il d.l. 18/ 2020, in parte qua, è stato convertito senza modificazioni, con la conseguenza, imposta, se non sbagliamo, dalle regole generali in tema di rapporti intertemporali tra atti normativi in questi casi ( art. 15, comma 5, l.n. 400 del 1988 che prevede: “ Le modifiche eventualmente apportate al decreto-legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest’ultima non disponga diversamente”), che le disposizioni in materia di sospensione dei termini di prescrizione, introdotte dall’Esecutivo e ratificate dal Parlamento, dispiegano i loro effetti sin dal giorno di entrata in vigore del provvedimento d’urgenza e la legge di conversione non da vita ad una relazione di successione di leggi nel tempo, non presentando un contenuto normativo autonomo[26].
Se è così, solo tra i due dd.ll. nn. 18 e 23 del 2020 si potrà configurare un avvicendamento normativo.
Ci si domanda, dunque, se la sospensione della prescrizione, nel contesto di processi di c.d. “ prima fascia”, trattati e differiti prima del 9 aprile (data di entrata in vigore del d.l. n. 23/ 2020), debba essere regolata in ottemperanza alle disposizioni contenute nel d.l. n. 18/ 2020 ( che limitava gli effetti dello stallo sulla prescrizione alla data del 15 aprile) o in ossequio alle più svantaggiose previsioni innestate dal d.l. n. 23/ 2020 (che ha procrastinato quella scadenza all’ 11 maggio).
Non pare che in questo caso sia invocabile il principio d’irretroattività in malam partem, non bypassabile neppure in periodi emergenziali. Infatti, questa guarentigia si fonda su una ratio diversa da quella su cui risiede la regola della retroattività della lex mitior. Mentre quest’ultima, in un’ottica riconducibile in senso lato alla tutela della ragionevolezza- uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., mira ad assicurare un trattamento penale omogeneo ai cittadini, corrispondente a quello più vantaggioso connesso all’applicazione di una nuova legge[27], il divieto di retroattività in peius, come ribadito di recente dalla Consulta ancora nella sentenza n. 63 del 2019 ( nello specifico nel § 6. 1 del Considerato in diritto), costituisce un valore assoluto, refrattario ad eccezioni, volto a preservare la libertà di autodeterminazione del soggetto, il quale, a tal fine, deve necessariamente essere preventivamente edotto e reso certo delle conseguenze del suo agire.
Il rinvio di un’udienza, ovvero un mero adempimento processuale, non è, evidentemente, un quid assimilabile ad una condotta umana che deve potersi realizzare con piena cognizione di causa. Di talché, nulla impedisce, questa volta, di applicare a tutti i giudizi di c.d. “ prima fascia” rinviati prima del 9 aprile, il più lungo periodo di sospensione della prescrizione previsto dal d.l. 23/ 2020. Infatti, se il legislatore, nel medesimo contesto di emergenza, ha inteso, con una norma sopravvenuta, regolare in via retroattiva la contingenza straordinaria, dilatando il termine di totale paralisi dell’attività giudiziaria e, con esso, quello di sospensione della prescrizione, deve prevalere, in assenza di diritti primari idonei a fungere da “ contro – limiti”, la legge successiva, evidentemente reputata più consona alle mutate circostanze della situazione di eccezionalità[28]. Se è così, non paiono residuare dubbi circa il fatto che, in ordine ai dibattimenti rimandati in data anteriore al 9 aprile, la prescrizione, lungi dal rimanere ibernata sino al 15 aprile, in linea con la disciplina vigente al momento del rinvio, si debba fermare sino all’11 maggio, come disposto coll’avvento del d.l. n. 23/ 2020[29].
Ovviamente, la questione appena analizzata, perderà di interesse ove il d.l. 23/ 2020 non venisse convertito in legge, perdendo di efficacia ex tunc.
D’altra parte, ove il d.l. 23/ 2020 non venisse tradotto in legge, il limite del 15 aprile di sospensione della prescrizione per i processi di “ prima fascia”del 15 aprile, rimarrebbe intatto anche a seguito dell’emanazione del d.l. 28/ 2020.
Invero, l’art. 3 di tale articolato ha totalmente trascurato la disciplina ( art. 83, commi 1, 2 e 4, d.l. 18/ 2020) relativa al periodo di pressoché assoluta paralisi giudiziaria ( 9 marzo/ 15 aprile), per concentrarsi unicamente, al comma 1 lett. c), sul periodo di ripresa graduale dell’attività ( art. 83, comma 6, d.l. 18/ 2020), che viene spostato – come già stabiliva l’art. 36, comma 1, seconda parte, d.l. 23/ 2020- al 12 maggio.
Insomma, in caso di mancata conversione del d.l. 23/ 2020 e ove il legislatore non corresse ai ripari, emendando la chiara svista normativa inficiante il provvedimento d’urgenza di “ ultimo conio”, il sistema non sarebbe coordinato e si creerebbe al suo interno una sorta di “ zona franca”, sguarnita di disciplina dell’emergenza, che potrebbe offrire il pretesto per libere interpretazioni in sede applicativa.
Infatti, le due normative in successione sarebbero soltanto il d.l. 18/ 2020, convertito nella l.n. 27/ 2020, e il d.l. 28/ 2020: in virtù del primo addentellato, il periodo di totale fermo dell’attività giudiziaria e di automatica sospensione della prescrizione andrebbe dal 9 marzo al 15 aprile; tra il 15 aprile e l’ 11 maggio si verrebbe a insinuare un vuoto regolamentare; solo dal 12 maggio, sulla scorta delle modifiche apportate dall’art. 3, comma 1, lett. b), al comma 6 dell’art. 83 d.l. 18/ 2020, si ritroverebbe una disciplina afferente la “ fase due” dell’emergenza.
[1] Anche il Tribunale Umbro ha sollevato q.l.c. dello stesso disposto con due diverse ordinanze del medesimo Giudice monocratico, di contenuto identico, pronunciate lo stesso giorno, Trib. Spoleto, 27 maggio 2020, Giud. Luca Cercola, la prima avente ad oggetto la contravvenzione di cui all’art. 658 c.p. ( Procurato allarme all’Autorità), la seconda il delitto di cui all’art. 341 bis c.p. ( Oltraggio a pubblico ufficiale). Le ordinanze sono consultabili in Giurisprudenzapenale web, 7 maggio 2020.
[2] Corte cost., sent. 29 novembre 2006, n. 393.
[3] Corte cost., ord. 6 febbraio 2017, n. 17; Corte cost., sent. 31 maggio 2018, n. 115.
[4] Al riguardo, G. Castiglia, Udienze e termini penali in regime di pandemia di Covid- 19, in Sistemapenale, 5, 2020, p. 338, ha notato come sia ovvio che, prevedendo l’art. 83 d.l. 17/ 2020 la sospensione della prescrizione a partire dal 9 marzo 2020, questo articolo detti una regola destinata a operare anche per reati commessi prima della sua entrata in vigore.
[5] Sul carattere eccezionale e temporaneo della normativa, F. Malagnino, Sospensione dei termini nel procedimento penale in pandemia da Covid- 19, in Giurisprudenzapenale Web, 18 aprile 2020, 27.
[6] In questi stessi termini si è già espresso, O. Mazza, Sospensioni di primavera: : prescrizione e custodia cautelare al tempo della pandemia, in Arch. pen. web, 1, 2020, 6 ss.
[7] Questa soluzione, con estremo scetticismo, è stata prospettata e poi scartata da F. Malagnino, Sospensione dei termini, cit., 29. Questa stessa possibilità è stata anche segnalata, senza prendere posizione, in modo neutrale, da G. L. Gatta, Sospensione della prescrizione ex art. 83, co. 4, d.l. n. 18/ 2020: sollevata questione di legittimità costituzionale, in www.sistemapenale.it, 27 maggio 2020.
[8] E’ giunto a questa conclusione anche, F. Malagnino, Sospensione dei termini, cit., 29.
[9] Tra le altre, Cass., VI, 13 ottobre 2014, n. 42557; Cass., Sez. VI, 24 aprile 2018, n. 18066.
[10] G.L. Gatta, “ Lockdown” della giustizia penale, sospensione della prescrizione del reato e principio di irretroattività: un cortocircuito, in www.sistemapenale.it, 4 maggio 2020, 11.
[11] G.L. Gatta, “ Lockdown” della giustizia, cit., 14.
[12] Sul punto, anche per i necessari riferimenti bibliografici, G. L. Gatta, “ Lockdown” della giustizia , cit., 11.
[13] Sono parole di O. Mazza, Sospensioni di primavera, cit., 8.
[14] Analoghe perplessità le hanno espresse, A. Gamberini- G. Insolera, Che la pandemia non diventi l’occasione per accelerare le soluzioni sulla prescrizione e sulle sue ragioni costituzionali, in www.sistemapenale.it, 24 maggio 2020.
[15] Così, nell’ambito di una pacata ma argomentata critica alla tesi favorevole a rivedere la natura giuridica dell’istituto così come enucleata dalla Consulta nel “ caso Taricco” , G. Flora, “ COVID REGIT ACTUM”. Emergenza sanitaria, norme eccezionali e deroghe ( “ ragionevoli”?) ai principi costituzionali, in questa Rivista, 12 maggio 2020. Critiche altrettanto eleganti le ha sviluppate, F.R. Dinacci, Psoriasi interpretative: la legge nel tempo in tema di prescrizione e termini di custodia nell’emergenza Covid. Alla ricerca di una “ legalità” perduta, in Arch. pen. web, 2, 2020, 5 ss.
[16] Corte cost., sent. 9 maggio 2013, n. 85; Corte cost., sent. 23 marzo 2018, n. 58.
[17] Nello stesso senso, A. Gamberini- G- Insolera, Che la pandemia, cit.
[18] C. Castiglia, Udienze e termini processuali penali in regime di pandemia da Covid 19, in Sistemapenale, 5, 2020, 338.
[19] C. Castiglia, Udienze e termini, cit., 338.
[20] In questi termini, G. Picaro, Il virus nel processo penale. Tutela della salute, garanzie processuali ed efficienza dell’attività giudiziaria nei d.l. n. 18 e n. 23 del 2020, in www.sistemapenale.it, 17 aprile 2020.
[21] Analogamente, G. Picaro, Il virus, cit.
[22] Così, F. Malagnino, Sospensione dei termini, cit., 26.
[23] La forza precettiva di questa sospensione postuma rispetto alle udienze celebrate dal 9 al 16 marzo è stat messa in dubbio da O. Mazza, Sospensioni di primavera, cit., 2.
[24]F. Malagnino, Sospensione dei termini, cit., 27. In giurisprudenza, Cass., Sez. I, 1 luglio 2008, n. 26316.
[25] Corte cost., sent. 21 marzo 2019, n. 63.
[26] Si è pronunciato nei medesimi termini, O. Mazza, Postilla di diritto intertemporale, in Arch. pen. web, 2, 2020, 1 ss. Ha invece ipotizzato, attraverso un sottile ragionamento, che la legge di conversione del d.l. 18/ 2020, ovvero la l.n. 27/ 2020, entrasse lei in successione con il d.l. 23/ 2020, A. Scalfati, La custodia cautelare durante l’emergenza: leggi confuse e illiberali, ivi, 2, 2020, 1 ss. La conseguenza di tale premessa è che, a partire dal 30 aprile 2020, la scadenza del termine di sospensione della prescrizione per le attività processuali risulterebbe retroattivamente fissata al 15 aprile 2020.
[27] In materia, M. Gambardella, voce Legge penale, cit., 652.
[28] F. Malagnino, Sospensione dei termini, cit., 27. Ma già, autorevolmente, in questi termini, R. Pannain, Manuale di diritto penale, Pt. gen., Roma, 1942, 108.
[29] Analogamente, O. Mazza, Sospensioni di primavera, cit., 3.
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