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Responsabilità degli enti ex D.Lgs. 231/2001 e nuovi reati presupposto: le novità del D.Lgs. 75/2020

Per consultare il decreto legislativo clicca su D.Lgs. n. 75, 14 luglio 2020

1.

In attesa di un contributo approfondito segnaliamo l’entrata in vigore ieri, 30 luglio 2020, del D.Lgs. 75/2020 il quale estende il catalogo dei reati presupposto per la responsabilità dell’ente. La novella amplia il novero dei reati fiscali, dei reati in danno alla PA e viene prevista la responsabilità degli enti per i reati di contrabbando. Invero, l’inserimento dei reati tributari nel catalogo dei reati presupposto della responsabilità degli enti veniva già previsto con il c.d. Decreto Fiscale 2020 (D.L. n. 124/2019, convertito con modificazioni nella L. n. 157/2019, in vigore dallo scorso 25 dicembre).

Tali reati erano i grandi assenti nel catalogo dei reati-presupposto.

2.

Nel ripercorrere brevemente l’evoluzione normativa, va segnalato che con il Decreto Fiscale 2020 erano state inserite nel catalogo dei delitti presupposto le seguenti fattispecie contemplate dal D.lgs.n.74/2000:

1) dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, comma 1);
2) dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, comma 2-bis);
3) dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3;
4) emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8, comma 1);
5) emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8, comma 2-bis);
6) occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10);
7) sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11).

Per quanto attiene ai profili sanzionatori, si è previsto, al comma 2 dell’art. 25-quinquiesdecies, un aumento della sanzione fino a un terzo nel caso in cui l’ente abbia conseguito un profitto di rilevante entità per effetto della condotta illecita. E’ prevista, inoltre, l’applicazione delle sanzioni interdittive quali il divieto di contrattare con la PA (salvo che per ottenere prestazioni di un pubblico servizio); l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; il divieto di pubblicizzare beni o servizi e, in caso di condanna, il patrimonio dell’ente viene aggredito attraverso la confisca, anche per equivalente, del prezzo o del profitto del reato, ex art. 19.

Per gli illeciti fiscali sono applicabili all’ente anche le sanzioni tributarie di cui al D.lgs. n. 472/1997 e sul punto si segnala, seppure succintamente, il rischio di un duplicato sanzionatorio con probabile lesione del divieto di bis in idem sancito dall’art. 649 c.p.p.

3.

Il 5 luglio 2017 è stata approvata la cd. Direttiva PIF ((UE) 2017/1371), che ha apportato profonde innovazioni, anche sui rapporti tra reati tributari e responsabilità̀ degli enti collettivi.

Va subito rilevato che, sotto il profilo strettamente fiscale, la Direttiva PIF prevede come soglia minima di tutela la repressione di gravi frodi IVA, ossia di tutte quelle “azioni od omissioni di carattere intenzionale secondo la definizione di cui all’art. 3, paragrafo 2, lettera d), [che] siano connesse al territorio di due o più̀ Stati membri dell’Unione e comportino un danno complessivo pari ad almeno 10 mln di euro”, ferma restando la facoltà per la legislazione nazionale di mantenere o adottare norme più rigorose.
Al fine di comprendere cosa possa essere considerato come “frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione” la menzionata Direttiva, all’art. 3, paragrafo 2, lettera d), precisa che la suddetta frode è l’azione od omissione commessa in sistemi fraudolenti transfrontalieri in relazione:
i) all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti relativi all’IVA, cui consegua la diminuzione di risorse del bilancio dell’Unione;
ii) alla mancata comunicazione di un’informazione relativa all’IVA in violazione di un obbligo specifico, cui consegua lo stesso effetto;
iii) alla presentazione di dichiarazioni esatte relative all’IVA per dissimulare in maniera fraudolenta il mancato pagamento o la costituzione illecita di diritti a rimborsi dell’IVA”.

4.

Premesso ciò, il D.Lgs. 75/2020 – in vigore dal 30 luglio 2020 – recepisce la Direttiva PIF ed introduce quali ulteriori reati presupposto le fattispecie di:

  • dichiarazione infedele ex art. 4 D.Lgs. 74/2000 (sanzione pecuniaria fino a 300 quote);
  • omessa dichiarazione ex art. 5 D.Lgs. 74/2000 (sanzione pecuniaria fino a 400 quote);
  • indebita compensazione ex art. 10-quater D.Lgs. 74/2000 (sanzione pecuniaria fino a 400 quote).

A tali nuovi reati tributari potranno essere applicate la circostanza aggravante di cui al comma 2 e le sanzioni interdittive richiamate al comma 3 dell’art. 25-quinquiesdecies.
Bisogna, tuttavia, precisare che le fattispecie suddette sono rilevanti solo nel caso in cui gli illeciti siano commessi dall’ente “nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro”, in ottemperanza a quanto previsto dalla Direttiva PIF. Si configura, in tal modo, una soglia di penale rilevanza che escluderebbe le piccole e medie imprese dal perimetro applicativo della nuova disciplina.

Le novità introdotte dal D.Lgs. 75/2020 attengono, tuttavia, anche ad altre categorie di reati: viene modificato l’art. 24 D.Lgs. 231/2001, ampliando così il catalogo dei reati in danno alla Pubblica Amministrazione (nella cui ampia nozione deve ora ricomprendersi, secondo la novella che ha interessato l’art. 24, anche l’Unione europea).

Sono, pertanto, introdotti i delitti di

  • frode nelle pubbliche forniture ex art. 356 c.p.,
  • frode ai danni del Fondo europeo agricolo di garanzia e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (art. 2 L. 898/1986),

con applicazione, per entrambe le fattispecie illecite, della circostanza aggravante (per il caso in cui l’ente abbia conseguito un profitto di rilevante entità ovvero dall’illecito sia derivato un danno di particolare gravità) e delle sanzioni interdittive, ossia il divieto di contrattare con la PA (salvo che per ottenere prestazioni di un pubblico servizio); l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Sempre all’area dei reati che recano danno alla PA devono essere ricondotte le fattispecie che il D.Lgs. 75/2020 ha affiancato a quelle già previste all’art. 25, co. 1, D.Lgs. 231/2001, ossia i reati di:

  • peculato di cui all’art. 314 c.p., primo comma (rimanendo dunque escluso il peculato d’uso),
  • peculato mediante profitto dell’errore altrui di cui all’art. 316 c.p.,
  • abuso d’ufficio di cui all’art. 323 c.p.

Infine, il D.Lgs. 75/2020 introduce il reato di “Contrabbando” (art. 25-sexiesdecies D.Lgs. 231/01), prevedendo la responsabilità degli enti per i reati previsti dal D.P.R. 43/1973 in materia doganale con  sanzioni anche penali in caso di mancato pagamento dei diritti di confine.

5.

Nel concludere –  e senza alcuna pretesa di esaustività – appare evidente che i nuovi reati presupposto, sia quelli introdotti con il c.d. Decreto Fiscale, sia quelli introdotti con il D.Lg.s 75/2020 in attuazione alla c.d. Direttiva PIF, possano essere commessi da qualunque contesto imprenditoriale. Auspicabile (e non procrastinabile) è, pertanto, l’adeguamento dei MOG che, in tale momento di estrema crisi economica, va ad aggravare la posizione dell’impresa che, dopo il Covid-19, oltre alle numerose spese connesse alla riapertura, ha dovuto affrontare anche nuove sfide che la legislatura di emergenza gli ha posto davanti, prima fra tutti la problematica introduzione della responsabilità datoriale in caso di contagio da Covid sui luoghi di lavoro.

Gli aiuti alle imprese, tanto attesi e richiesti, dovrebbero attenere anche alla prevenzione dei reati, i quali, per le conseguenze sanzionatorie sopra richiamate, rischiano di distruggere l’ente ritenuto responsabile.

 

 

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