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Illegittima l’iscrizione nel casellario del reato ex art 186 c.d.s estinto con il lavoro di pubblica utilità.

Per leggere la sentenza clicca su Corte Cost. n. 179-2020

Diamo comunicazione del deposito della Sentenza n. 179 della Corte Costituzionale con la quale è stata dichiarata l’illegittimità delle disposizioni che disciplinano il casellario giudiziale, nella parte in cui non prevedono che nel certificato generale e nel certificato penale del casellario giudiziale richiesti dall’interessato non siano riportate le iscrizioni della sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 186 c.d.s. che sia stato dichiarato estinto in seguito al positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità e il successivo provvedimento che dichiara l’estinzione del reato medesimo ai sensi dell’art. 186, comma 9-bis, c.d.s.

Nel suo ragionamento, la Consulta richiama la sentenza n. 231 del 2018 con la quale era stata ritenuta lesiva dell’art. 3 Cost. l’omessa previsione della non menzione dei provvedimenti relativi alla messa alla prova nei certificati del casellario richiesti da privati, omissione che comportava «un trattamento deteriore dei soggetti che beneficiano di questi provvedimenti, orientati anche a una finalità deflattiva con correlativi risvolti premiali per l’imputato, rispetto a coloro che – aderendo o non opponendosi ad altri procedimenti, come il patteggiamento o il decreto penale di condanna, ispirati essi pure alla medesima finalità – beneficiano già oggi della non menzione dei relativi provvedimenti nei certificati richiesti da privati».

Tali considerazioni valgono anche rispetto al lavoro di pubblica utilità, disposto quale sanzione sostitutiva per la contravvenzione di cui all’art. 186 cod. strada, che – proprio come la messa alla prova – comporta per il condannato un percorso che implica lo svolgimento di un’attività in favore della collettività, e dunque esprime una meritevolezza maggiore – in caso di svolgimento positivo dell’attività – rispetto a quella espressa da chi si limiti a concordare la propria pena con il pubblico ministero, ovvero non si opponga al decreto penale di condanna, beneficiando per ciò stesso della non menzione nei certificati del casellario richiesti dai privati. Inoltre, l’irragionevole disparità di trattamento è ulteriormente aggravata dal fatto che in questi casi l’interessato non può ottenere la non menzione per effetto della riabilitazione, che è per definizione esclusa nel momento in cui il reato sia estinto.

A ben vedere, prosegue la Corte Costituzionale, la menzione nei certificati del casellario richiesti dall’interessato della vicenda processuale ormai definita «contrasterebbe con la ratio della stessa dichiarazione di estinzione del reato, che comporta normalmente l’esclusione di ogni effetto pregiudizievole – anche in termini reputazionali – a carico di colui al quale il fatto di reato sia stato in precedenza ascritto». La menzione della condanna per il reato ormai estinto finirebbe, infatti, per creargli «più che prevedibili difficoltà nell’accesso a nuove opportunità lavorative, senza che ciò possa ritenersi giustificato da ragioni
plausibili di tutela di controinteressi costituzionalmente rilevanti».

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