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Alle Sezioni unite una nuova questione sul regime di diritto intertemporale delle previsioni in materia di confisca

Cass, sez. VI, 30 maggio 2023 (dep. 6 giugno 2023), n. 24335, Fidelbo, Presidente, Tripiccione, Relatore

Il caso

La vicenda trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Bari che aveva accolto parzialmente un appello cautelare proposto avverso un provvedimento che, in prime cure, aveva rigettato un’istanza di dissequestro di somme di denaro sottoposte a vincolo reale. Il ricorrente ha affidato le sue censure a un unico motivo di ricorso incentrato sulla violazione di legge concernente il duplice profilo della non applicabilità del divieto probatorio ex art. 240-bis c.p. e del criterio della cosiddetta ragionevolezza temporale.

La questione dibattuta

L’art. 240-bis c.p. (introdotto dal d. lgs. 1 marzo 2018, n. 21) disciplina la confisca allargata (anche “per sproporzione” o “estesa”), inizialmente prevista dall’art. 12-sexies del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv. con modif. dalla l. 7 agosto 1992, n. 356. La misura è caratterizzata dall’assenza di un diretto nesso di derivazione tra i beni attinti e il reato giudizialmente accertato, da cui discendono seri problemi per il suo inquadramento dogmatico. Nello specifico, un primo requisito della misura consiste nell’accertamento giudiziale della colpevolezza, cristallizzato in una sentenza di condanna o di applicazione della pena per reati di particolare gravità e allarme sociale (c.d. reati spia). Altro presupposto è la sproporzione del valore dei beni considerati rispetto al reddito dichiarato o all’attività svolta che, secondo le Sezioni Unite, deve intendersi come incongruo e in significativo squilibrio rispetto al valore dei beni acquistati da valutarsi – secondo le comuni regole di esperienza – con riferimento al momento dei singoli acquisti (Cass., Sez. un., 17 dicembre 2003, n. 920, Montella, in C.E.D. Cass., n. 226491). 

Alla stregua di tali caratteristiche, la Cassazione ha affermato che «ci si trova dinanzi ad una misura di sicurezza atipica con funzione anche dissuasiva, parallela all’affine misura di prevenzione antimafia introdotta dalla l. 31 maggio 1965, n. 575» (così Cass., Sez. un., n. 920 del 2003, in Cass. pen., 2004, p. 1182, con nota di Fidelbo, Sequestro preventivo e confisca ex art. 12-sexies l. n. 356/92: dall’esclusione del nesso pertinenziale con il reato al rafforzamento dei presupposti, ripresa, da ultimo, da Cass., Sez. un., 25 febbraio 2021, n. 27421, in Riv. it. dir. proc. pen., 2021, p. 1071, con nota di Prandi, Le Sezioni Unite sul limite temporale ultimo della confisca allargata disposta in sede esecutiva; in tema anche Finocchiaro, Le Sezioni unite fissano il limite temporale della confisca “allargata”: una decisione coerente… in un sistema incoerente, in www.sistemapenale.it, 7 ottobre 2021; per ulteriori approfondimenti, Maugeri, La riforma delle sanzioni patrimoniali (la confisca penale), in Dir. pen. proc., 2021, p. 1372 ss. e Gualtieri, L’amministrazione dei beni sottoposti a sequestro preventivo e la tutela dei terzi, in Dir. pen. proc., 2023, p. 1069 ss.).

Il contrasto ermeneutico attiene ai profili di diritto intertemporale: l’art. 31, l. 17 ottobre 2017, n. 161, infatti, ha introdotto la disposizione – oggi contenuta nell’art. 240-bis c.p. – secondo cui il condannato o l’indagato «non può giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell’evasione fiscale». 

Nella giurisprudenza della Cassazione, sul punto, sono emersi due orientamenti. 

Il primo, inaugurato dalla sentenza Ruggieri, sancisce la natura processuale di tale norma. Essa, pertanto, in virtù dei criteri di ragionevolezza e tutela dell’affidamento, non troverebbe applicazione in caso di ricostruzioni patrimoniali relative ad anni anteriori a quello della sua introduzione (Cass., sez. I, 11 ottobre 2019 n. 1778, Ruggieri, con nota di Maugeri, Un ulteriore sforzo della Suprema Corte per promuovere uno statuto di garanzie nell’applicazione di forme di confisca allargata: art. 240 bis c.p., irretroattività e divieto di addurre l’evasione fiscale nell’accertamento della sproporzione, in www.sistemapenale.it, 22 Aprile 2020). 

Il percorso argomentativo a sostegno di tale tesi si snoda lungo due direttrici: per un verso, la necessità di non sovrapporre la confisca allargata a quella di prevenzione; per altro verso, la natura del divieto probatorio. La Suprema Corte ha evidenziato che solo in relazione alla confisca di prevenzione la sproporzione tra i beni posseduti e le attività economiche possa essere giustificata adducendo proventi da evasione fiscale. Le disposizioni sulla confisca mirano infatti a sottrarre alla disponibilità dell’interessato tutti i beni che siano frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego, senza distinguere se siano o meno di tipo mafioso (Cass., sez. un., 29 maggio 2014, n. 33451, in Cass. pen., 2015, p. 958, con nota di Zizanovich, La confisca di prevenzione e il requisito della sproporzione tra beni posseduti ed attività economiche del proposto; in tema Trinchera, La sentenza delle Sezioni Unite sulla rilevanza dei redditi non dichiarati al fisco ai fini della confisca di prevenzione, in Dir. pen. cont., 23 settembre 2014). 

Il secondo orientamento, invece, ritiene possibile l’applicazione del divieto probatorio anche a cespiti acquisiti prima dell’entrata in vigore della l. n. 161 del 2017 (Cass., sez. II, n. 6587 del 2022, in C.E.D. Cass., n. 282690; Cass., sez. II, 4 novembre 2021, n. 15551, ivi, n. 283384 – 02). A siffatta conclusione non osterebbe il principio sancito dall’art. 11 prel. in quanto – stante la natura di misura di sicurezza della confisca allargata – deve escludersi che operi il principio di irretroattività della legge di cui all’art. 2 c.p. Da ciò discende l’applicabilità dell’istituto anche ai reati commessi nel tempo in cui non erano legislativamente previsti ovvero erano diversamente disciplinati quanto a tipo, qualità e durata (in tal senso, ex plurimis, Cass., sez. I, 24 ottobre 2012, n. 44543, Ascone, in C.E.D. Cass., n. 254698; Cass., sez. VI, 6 marzo 2009, n. 25096, ivi, n. 244355). Anche a voler conferire natura processuale della nuova disposizione, deve comunque trovare applicazione il principio tempus regit actum, coordinato con l’art. 200, comma 1, c.p., secondo il quale «le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione». 

Il quesito

In definitiva, sul contrasto interpretativo sono chiamate a pronunciarsi le Sezioni Unite che dovranno rispondere al quesito «Se per il soggetto destinatario di un provvedimento di confisca c.d. allargata – o di sequestro finalizzato a tale tipo di confisca – il divieto previsto dall’art. 240-bis c.p., comma 1, di giustificare la legittima provenienza dei beni, sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell’evasione fiscale, valga anche per i cespiti acquistati prima del 19.11.2017, cioè del giorno di entrata in vigore di tale divieto, introdotto dalla L. 17 ottobre 2017, n. 161, art. 31».

L’udienza è fissata per il 26 ottobre 2023 e il relatore designato è il Consigliere Silvestri.

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