Una delle innovazioni che da subito ha attenzionato gli operatori del processo penale è stata la nuova previsione di cui all’art. 581 c.p.p. a mente del quale si dispone (per la parte che qui interessa) al comma 1 ter che “con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”; e al comma 1 quater che “nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”.
L’interesse – connesso alle preoccupazioni, in relazione alla sanzione di inammissibilità che il loro mancato rispetto determina, con la conseguenza di far diventare irrevocabile la sentenza impugnata – ha riguardato il suo raggio di applicazione, considerato che la previsione potrebbe operare in moltissime situazioni di esercizio del diritto di impugnazione.
È poi evidente che la norma riguarda esclusivamente la difesa e in particolare la difesa dell’imputato (spesso di quello colpevole, rextius, condannato, pur non potendosi escludere impugnazioni di soggetti prosciolti con formule non pienamente liberatorie).
In astratto, la norma potrebbe riguardare tutte le impugnazioni, anche se nella mente di chi ha scritto le previsioni in riferimento sembra essersi indirizzato alle decisioni dibattimentali o anche se relative a sentenze premiali, comunque destinate ad essere giudicate in sede dibattimentale (patteggiamento ed abbreviato, soprattutto) in materia, come era inevitabile la Cassazione sta rispondendo ad alcune delle questioni che si stanno prospettando.
- 1. L’ART. 581 COMMA 1 TER C.P.P. NON SI APPLICA ALLA PROCEDURA CAUTELARE
La prima questione – che invero non doveva neppure porsi – ha riguardato l’operatività dell’art. 581 comma 1 ter c.p.p. nella procedura cautelare. Sul punto, del tutto inopinatamente, erano intervenuti i giudici dell’appello cautelare di Venezia ritenendo operante la previsione, con conseguente declaratoria di inammissibilità dell’appello (ord. 07.02.2023).
Pronunciandosi sul punto la Cassazione (Cass. 03.05.2023, n. 22140, RV 284645) ha escluso che la dichiarazione o l’elezione di domicilio siano condizioni di ammissibilità dell’appello cautelare.
Come è agevole dedurre dalla loro formulazione e dalla loro finalità le norme sono tese ad assicurare la certezza della notificazione all’imputato (presente o assente) nel giudizio di prima istanza, della conoscenza del procedimento d’appello.
Come emerge chiaramente sia sotto il profilo formale, sia sotto quello sistematico il riferimento è alla citazione di cui all’art. 601 c.p.p., come è agevolmente deducibile raccordando la riferita disposizione con quanto emerge dagli artt. 161 e 163 c.p.p.
Infatti, è già stato sottolineato e largamente condiviso che la norma non opera per il giudizio di cassazione, ove manca la citazione in giudizio. Analoga conclusione va indicata la procedura dell’appello cautelare che si svolge nelle forme dell’art. 129 c.p.p.
Nonostante si tratta di appello, del resto, proprio per questo elemento l’art. 581, comma 1 ter c.p.p., non si applicherà neppure all’appello della sentenza di cui all’art. 425 c.p.p., ovvero a quella dell’art 554 bis c.p.p.
Ai riferiti argomenti, ai quali si può aggiungere la disposizione transitoria di cui all’ art. 89 d. 19s. n. 156/2022 ove si parla di “sentenze”, contribuendo anche al rasserenamento di chi ha visto nella citata novella un rischio teso a ridimensionare le normative difensive (almeno nella parte chiaramente non applicabile).
Invero, nell’affrontare alcune ipotesi interpretative e ricostruttive in ordine alla disciplina applicabile all’appello cautelare (così Cass. sez. un. 31.1.2004, Donelli, DPP 2005,49; Casso sez. un. 3.10.1997, Gibilras, CP 1998, 782), la Cassazione aveva riconosciuto che il relativo giudizio poteva essere ricondotto al primo appello e che comunque l’iniziativa, come emerge chiaramente dalla sua disciplina, era inquadrabile tra gli atti di impugnazione, con la conseguente applicazione delle regole generali attinenti alle modalità di presentazione dell’atto (art. 581 c.p.p.) soprattutto trattandosi di iniziativa che richiede, a differenza del riesame, la produzione di motivi di appello, con la conseguente sanzione di inammissibilità in caso di violazione delle disposizioni.
A parte la considerazione che si trattava di impugnazione cautelare, che il soggetto era in qualche modo ristretto, conseguendo certezza di conoscere la reperibilità, alla tesi dei giudici veneziani difettava proprio la percezionione della finalità dell’art. 581 comma 1 ter c.p.p. e dell’art. 581 comma 1 quater c.p.p. (non applicabile all’appello cautelare, ma riconducibile alla medesima ratio).
- 2. L’APPLICABILITÀ DELL’ART. 581 COMMI 1 TER E 1 QUATER C.P.P. AI RICORSI IN CASSAZIONE
Il tema dell’operatività dell’art. 581 commi 1 ter e 1 quater c.p.p., sotto il profilo del ricorso in Cassazione, è stato affrontato da Cass. sez. V 26.09.2023 n. 39166 relativamente al ricorso presentato dal difensore nell’interesse dell’imputato assente.
Il Supremo Collegio, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 581 comma 1 quater c.p.p., afferma che anche al ricorso per Cassazione dev’essere compiegato lo specifico mandato ex art. 581 comma 1 ter c.p.p. quando nei confronti dell’imputato si sia proceduto in assenza.
A supporto di questa conclusione, la Cassazione fa leva sulla collocazione della norma che fa parte delle disposizioni generali sulle impugnazioni; sul tenore letterale dell’art. 581 comma 1 quater c.p.p. rubricato “Forma dell’impugnazione”; sulla menzione dell’impugnazione del difensore, riferibile al solo difensore, dopo l’esclusione della ricorribilità da parte dell’imputato; sulla coerenza con i riformati artt. 604, 623 c.p.p., in relazione all’errata dichiarazione di assenza.
La conclusione, secondo la Corte non sarebbe, infine inficiata “dalla previsione nello stesso art. 581, comma 1-quater, cit. – che lo specifico mandato a Impugnare contenga «la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio». E ciò non soltanto perché, anche qualora in parte qua la norma non si ritenesse compatibile con il procedimento innanzi alla Corte di legittimità, che in effetti non contempla un “decreto di citazione a giudizio” bensì l’avviso della data dell’udienza, a cura della cancelleria, al Procuratore generale e ai difensori (cfr. art. 610, comma 5, cod. proc. pen., salvi i casi in cui la Corte provvede senza formalità di procedura ai sensi del successivo comma 5- bis), ben potrebbe operare nel resto. Ma anche perché, quantunque – come esposto – di regola destinatario dell’avviso sia il difensore e non l’imputato, che è rappresentato proprio dal primo (art. 613, comma 1, cit.) e presso il quale è domiciliato (art. 613, comma 2, cit.), ciò non è a dirsi quando quest’ultimo sia privo del difensore di fiducia; caso in cui «gli avvisi che devono essere dati al difensore sono notificati anche all’imputato» (art. 614, comma 4, cit.).
È utile osservare che tale evenienza può verificarsi anche successivamente alla proposizione del ricorso, allorché la cessazione del rapporto professionale tra l’Imputato e il suo difensore intervenga prima della fissazione dell’udienza da parte della Corte di cassazione, caso in cui l’elezione di domicilio contenuta nello specifico mandato a impugnare ben potrebbe avere rilievo proprio per la notificazione ex art. 613, comma 4, cit. Il che depone per non attribuire portata decisiva – sotto il profilo che qui rileva – al riferimento, atecnico per il procedimento innanzi alla Corte di cassazione, al decreto di citazione a giudizio contenuto nell’art. 581, comma 1-quater, cit.
Va anche evidenziato come la decisione integri l’operatività dell’art. 581 comma 1-quater c.p.p. ai casi dell’imputato assente alle indicazioni dell’art. 581 comma 1-ter c.p.p. in relazione al mandato rilasciato preventivamente.
Va sottolineato che nella motivazione la Corte coglie l’occasione per affermare di non condividere il rilievo attribuito da Cass. sez. IV n. 22140 del 2023 nel delineare la sfera applicativa della proposizione normativa in discorso sia pure con riguardo all’appello cautelare, proprio a tale riferimento al decreto di citazione per il giudizio (e non invece all’avviso dell’udienza).
La decisione solleva non poche perplessità, innanzitutto perché essendo stata allegata nella vicenda specifica la procura tutta la motivazione sulla sua necessità sembra maggiormente tesa ad affermare la posizione della sezione che a giustificare la valutazione dell’eccezione della parte civile.
Nel merito oltre alla commistione, fra le due norme, sia con riferimento all’assenza (prevista solo nel comma 1-quater) e dalla procura (prevista nel comma 1-ter), è proprio la forzatura dei concetti di citazione in giudizio di udienza a creare sconcerto.
Si valorizzano, del resto, elementi ambivalenti del sistema dei gravami e si sminuiscono elementi sostanziali di differenziazione dei due rimedi, l’appello e il ricorso.