Come già evidenziato, due diverse Sezioni della Corte di Cassazione si sono espresse, nello scorso mese di settembre, sulla ritenuta legittimità dell’art.581, commi 1 ter e 1 quater, c.p.p. in merito alla necessaria allegazione, a pena di inammissibilità, di un’elezione di domicilio “per il giudizio di impugnazione”, oltre che di uno specifico mandato ad impugnare nell’interesse dell’imputato assente.
Per altro verso, la seconda e la quinta sezione avevano in tal modo espresso orientamenti contrapposti in merito all’applicabilità delle norme in oggetto al giudizio per cassazione.
Segnaliamo pertanto la recente sentenza della prima sezione (Cass. pen. n. 4352/2023) che esclude a sua volta l’applicabilità della “nuova” disciplina al ricorso per cassazione, con particolare riferimento a quello proposto avverso ordinanze emesse in fase di esecuzioni nei confronti di un imputato giudicato in assenza.
Contra (Cass. pen.n. 43718/2023) quarta sezione che, nell’affermare la compatibilità costituzionale delle previsioni in tema di impugnazione dell’imputato assente, si sofferma altresì sulla efficacia della dichiarazione e dell’elezione di domicilio precisando <<Il dettato normativo, sostituendo l’inciso contenuto nell’art.164 cod. proc. pen. in base al quale la dichiarazione o l’elezione di domicilio era valida per ogni stato e grado del procedimento, ha dunque escluso che la dichiarazione o l’elezione di domicilio già presente in atti possa esimere l’impugnante dal deposito di una nuova dichiarazione o elezione di domicilio>>