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Perseguibilità a querela -mancante-  e aggravante contestata dal pubblico ministero

Con la riforma Cartabia il legislatore ha trasformato alcuni reati procedibili d’ufficio in perseguibili a querela. Con la successiva legge n. 60 del 2023 sono state individuate alcune situazioni fattuali che, aggravando i comportamenti, erano suscettibili di determinare la procedibilità d’ufficio.

Con la sentenza numero 43255 del 2023 si è posto il problema del rapporto tra la procedibilità a querela, la contestazione da parte del PM dell’aggravante e la conseguente procedibilità d’ufficio, Il Supremo Collegio, a tale proposito ha affermato il seguente principio di diritto: «in caso di giudizio per il reato di furto aggravato ex art. 625, comma 1, n. 2, cod. pen., pur essendo decorso il termine previsto dall’art. 85, comma 1, d. lgs. n. 150 del 2022 senza che la persona offesa abbia presentato querela, nonché, in ipotesi, in difetto di sopravvenienze dibattimentali all’uopo rilevanti, il P.M. di udienza, prima della declaratoria di  improcedibilità per difetto di querela, può modificare l’imputazione, procedendo alla contestazione  suppletiva di una circostanza aggravante ulteriore che renda in astratto il reato procedibile di ufficio – nella specie, quella di cui all’art. 625, comma 1, n. 7 cod. pen., per essere stato il fatto commesso su cose destinate a pubblico servizio – sul presupposto che il P.M. non ha la mera facoltà, bensì il potere-dovere di esercitare e proseguire l’azione penale per il fatto-reato correttamente circostanziato, e non ostando, in ipotesi, alla contestazione suppletiva di una circostanza aggravante l’assenza di sopravvenienze  dibattimentali all’uopo rilevanti».

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