Abstract: Nel corso della primavera-estate 2020 in Inghilterra sono state celebrate in via sperimentale alcune udienze penali da remoto, con la partecipazione di volontari. Le complesse dinamiche processuali, psicologiche e cognitive coinvolte nella celebrazione da remoto di un’udienza sono state studiate dall’Università di Oxford, in collaborazione con altri enti governativi e indipendenti. La ricerca ha evidenziato alcuni profili vantaggiosi ed altri critici connessi con la celebrazione del processo virtuale. Nel presente contributo ne viene offerta una sintesi ragionata.
Sommario: 1. Lo studio Justice. – 2. Il primo report: aspetti positivi e negativi del processo virtuale. – 2.1. Gli elementi positivi – 2.2. Gli aspetti critici. – 2.2.1. Problemi informatici – 2.2.2. Fondi, illuminazione, inquadrature. – 2.2.3. Spazio virtuale, comportamenti disfunzionali e fattori di stress. – 3. Il secondo report: la compresenza dei giurati. – 4. La valutazione sul processo virtuale da parte dell’organizzazione non governativa “Fair Trials” e alcune considerazioni finali.
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Lo studio JUSTICE.
Tra aprile e luglio 2020 l’Università di Oxford, in collaborazione con l’ente non governativo JUSTICE, che si occupa del miglioramento del sistema giudiziario inglese, e con l’Agenzia Governativa per il Servizio alle Corti e ai Tribunali del Ministero della Giustizia del Regno Unito (cd. “Her Majesty’s Courts and Tribunals Service”) hanno curato un progetto allo scopo di verificare se e come i processi penali con giuria possano essere celebrati in modo virtuale e quale impatto tale modalità possa determinare sulle garanzie proprie del fair trial.
La ricerca ha previsto la celebrazione di un processo penale con modalità virtuali basato su una vicenda fittizia, con la partecipazione di esperti volontari nei ruoli del giudice, dei giurati e degli avvocati. La ricerca è stata resa possibile grazie alla concreta collaborazione delle associazioni di magistrati e di avvocati.
La ricerca è stata costantemente monitorata da un gruppo di studio coordinato da docenti di numerose discipline. Si ricorda la Prof.ssa Linda Mulcahy, docente di studi socio-legali e direttrice del Centro di Studi Socio-legali presso l’Università di Oxford e la Prof.ssa Emma Rowden, docente di storia dell’architettura presso la medesima Università, con una particolare esperienza nello studio della relazione tra le caratteristiche architettoniche degli edifici istituzionali e la percezione sociale della funzione ivi svolta.
L’esperimento ha previsto la celebrazione del processo in tre test, in data 9 aprile, 17 aprile e 6 maggio 2020, cui è seguita la prima relazione redatta dal gruppo di ricerca, pubblicata ad aprile 2020[1].
Una quarta prova è stata svolta il 12 giugno 2020 consentendo ai giurati di collegarsi all’aula virtuale non già separatamente, ciascuno dalla propria abitazione, bensì da un unico luogo, ove erano stati riuniti nel rispetto del distanziamento sociale. A seguito di questo quarto test è stata pubblicata una seconda relazione nel mese di giugno 2020[2].
La piattaforma informatica consentiva a tutti di partecipare all’aula di udienza virtuale, comparendo dalle reciproche postazioni in uno schermo pubblico condiviso. I difensori avevano altresì la facoltà di ritirarsi in una diversa stanza virtuale con i propri assistiti per le necessarie comunicazioni riservate. I giurati, il cancelliere e il giudice avevano anche accesso a una funzione di chat privata che potevano utilizzare per accedere ai documenti depositati.
L’immagine sullo schermo di ogni partecipante recava la indicazione della funzione, così da consentire a tutti gli altri partecipanti di riconoscere i diversi ruoli svolti. I giurati sono apparsi insieme in immagini leggermente più ridotte, così da essere facilmente distinguibili dagli altri partecipanti. L’immagine del testimone appariva sotto quella del giudice. Quella dell’imputato era collocata nella parte inferiore dello schermo, accanto al proprio difensore. Uno screenshot dei partecipanti può essere osservato nella figura sottostante (cfr. Fig. 1).
Fig. 1
Nel caso in cui fosse necessaria una sospensione dell’udienza è stata prevista la possibilità per i partecipanti di spengere le telecamere, cui seguiva l’apparizione sul monitor di un avviso che indicava l’interruzione in corso e il conto alla rovescia del tempo previsto prima della ripresa dell’udienza. Tale accorgimento, è stato osservato, consentiva ai testimoni che dovevano collegarsi all’aula virtuale di conoscere il motivo della temporanea impossibilità di accedere all’udienza (cfr. Fig. 2).
Fig. 2
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Il primo report: aspetti positivi e negativi del processo virtuale.
Come è stato già osservato, una prima serie di test sono stati condotti tra il 9 aprile e il 6 maggio 2020, i cui risultati sono stati elaborati nella prima relazione pubblicata ad aprile 2020, riscontrando alcuni elementi positivi e plurime criticità del processo penale da remoto.
Tra gli aspetti positivi dell’esperimento è stato registrato il fatto che la tecnologia informatica, quando ha funzionato adeguatamente, ha determinato un risparmio considerevole di tempo per tutti i partecipanti, i quali hanno potuto connettersi all’aula virtuale dalle proprie abitazioni o uffici.
In particolare a partire dal secondo test, è stato predisposto adeguato personale tecnico che ha assistito tutti i partecipanti, i quali sono stati seguiti nelle varie fasi della partecipazione all’udienza e sono stati informati in modo più approfondito su come utilizzare la piattaforma.
I cd. partecipanti “laici” (giurati, testimoni, imputato) hanno generalmente riscontrato una visione più chiara degli altri soggetti, che nelle aule giudiziarie britanniche spesso è impedita dalla particolare posizione assunta da ciascun partecipante all’interno dello spazio, come esemplificato nella Fig. 3[3].
Fig. 3
La ricerca condotta ha riscontrato i seguenti aspetti valutati come negativi dal gruppo di ricerca.
2.2.1. Problemi informatici.
Nel corso della prima prova i partecipanti non erano adeguatamente preparati in merito al proprio ruolo (giurato o testimone), alle modalità per utilizzare al meglio la piattaforma, a quali accorgimenti adottare in caso di difficoltà tecniche. Questa constatazione ha indotto il gruppo di studio a elaborare tre distinte guide operative dedicate ai giurati, ai testimoni e agli avvocati, allegate in appendice alla relazione.
E’ stato evidenziato come sarebbe essenziale che venisse fornito un costante supporto tecnico per garantire la verifica continuativa dei soggetti presenti, ciò allo scopo di sollevare il giudice dal compiere tali onerose attività.
In particolare, sono stati riscontrati numerosi problemi relativi alla insufficiente larghezza di banda internet che i singoli partecipanti avevano a disposizione nelle proprie abitazioni o studi professionali, circostanza questa che ha condizionato la qualità della connessione. Le interruzioni del procedimento dovute alla perdita di connettività hanno costituito un problema significativo: in alcuni casi è stata riscontrata la perdita delle immagini relative alla figura di uno o più partecipanti, oppure vari disturbi nella trasmissione audio. Secondo il gruppo di ricerca tali problemi tecnici indicherebbero che c’è ancora molta strada da fare per far sì che l’uso di una piattaforma virtuale non costituisca un serio ostacolo a garantire un giusto processo. Incidenti apparentemente irrilevanti potrebbero determinare un’alterazione nella percezione della prova da parte dei giurati o del giudice, ovvero impedire al testimone o all’imputato di rendere compiutamente la propria dichiarazione.
E’ stata pertanto segnalata la necessità che sia compito dell’amministrazione della Giustizia fornire hardware e servizi di connettività idonei a garantire a ciascun partecipante di avere un adeguato e paritario accesso alla piattaforma, quindi una eguale diritto di partecipazione al processo. Per esempio, nel corso della seconda prova si è verificato un problema con il server che ha determinato l’impossibilità di vedere in modo continuativo sei giurati e un avvocato. In tale circostanza il giurato era non visibile agli altri partecipanti, mentre lo era al giudice il quale, dunque, ha constatato il problema con notevole ritardo. In un altro caso l’immagine del cancelliere, dopo che costui aveva introdotto ufficialmente il testimone, ha continuato a esser trasmessa mentre il testimone, la cui effige non era al contrario apparsa, aveva già iniziato a parlare, con la conseguenza che, mentre se ne sentiva la voce, veniva trasmesso il volto del cancelliere.
Questi problemi tecnici hanno reso l’esperienza di tutti i partecipanti molto disorientante. E’ stato rilevato, infatti, come la mancata visione o ascolto adeguati di sequenze procedimentali anche minime potrebbe determinare l’adozione di decisioni non giuste (“unfair”). Una trasmissione stabile e adeguata di tutte le sequenze procedimentali può essere garantita solo a condizione che vengano forniti hardware e accesso a internet di alta qualità.
2.2.2. Fondi, illuminazione, inquadrature.
E’ stato osservato come il luogo dal quale i partecipanti si connettono alla piattaforma informatica diventa parte integrante dell’aula virtuale.
Le immagini relative allo spazio retrostante ai volti hanno costituito un elemento che non solo ha impoverito la solennità del procedimento, ma ha anche disturbato la concentrazione prestata dai partecipanti, molti dei quali hanno dichiarato di esser stati distratti dai particolari che vedevano negli ambienti dai quali gli altri si connettevano.
E’ stato pertanto osservato come tutti i partecipanti dovrebbero ricevere chiare istruzioni su come preparare la stanza da cui connettersi, predisponendo uno sfondo semplice e, preferibilmente, monocromatico, ciò anche allo scopo di evitare che l’ambiente inquadrato risulti poco “dignitoso” ai fini istituzionali previsti.
Oltre agli sfondi, anche l’illuminazione ha costituito un fattore determinante nel corretto svolgimento dell’udienza virtuale, rendendo più agevole ovvero più difficile l’osservazione di chi effettua l’intervento.
Precedenti ricerche hanno infatti evidenziato come il contrasto del colore e la temperatura dell’illuminazione potrebbero, per esempio, rendere i volti difficili da distinguere, come emerge dalla Fig. 4, circostanza ancor più significativa in caso di partecipanti con tinte di pelle olivastre o scure [4].
E’ stato rilevato come l’impossibilità di osservare adeguatamente i movimenti del volto potrebbe costituire un problema nella rilevazione di elementi prossemici della comunicazione, problema particolarmente rilevante per gli interpreti che debbano tradurre, anche sulla base della lettura labiale, le dichiarazioni rese da testimoni o da imputati alloglotti.
Fig. 4
Tali constatazioni hanno indotto a ritenere indispensabile fornire sfondi adeguati, anche di tipo virtuale, recanti uno stemma istituzionale dietro l’immagine del magistrato e raffiguranti stanze neutre per gli altri partecipanti.
La ricerca ha rilevato come la partecipazione virtuale all’udienza spesso abbia determinato in alcuni partecipanti (soprattutto in quelli laici) un atteggiamento meno concentrato e più informale, non adatto alla solennità dell’evento.
E’ stato osservato infatti come nel corso dell’udienza virtuale il Tribunale avesse incontrato maggiori difficoltà a trasmettere a tutti i partecipanti la propria autorità e come gli imputati prendessero la procedura meno seriamente [5].
Ciò ha indotto i ricercatori a evidenziare come sia i giudici che gli avvocati dovrebbero indossare gli indumenti tipici delle udienze in Tribunale (toga e parrucca)[6], anche allo scopo di consentire agli altri partecipanti di identificare rapidamente i soggetti con ruoli istituzionali.
2.2.3. Spazio virtuale, comportamenti disfunzionali e fattori di stress.
Nel complesso è stato osservato un generale mutamento delle condotte di tutti i partecipanti verso poli maggiormente informali: sotto questo profilo, i consueti simboli della gravitas della funzione giudiziaria, tradizionalmente espressi con l’architettura degli spazi, con particolari indumenti, con specifici rituali, nella transizione all’aula virtuale sono andati persi.
Per tentare di ovviare a tali inconvenienti, è stato proposto di progettare sale di attesa virtuali, nelle quali i partecipanti potrebbero sostare prima del formale inizio dell’udienza. Tali “stanze” virtuali, progettate con il contributo di studiosi di sociologia e psicologia, sarebbero utili per consentire ai partecipanti laici di predisporsi mentalmente all’assunzione di precisi ruoli formali nel corso dell’udienza. Progetti di questo tipo sono stati intrapresi dal Dipartimento di giustizia del New South Wales in Australia[7]. In generale è stato ritenuto fondamentale conservare nei limiti del possibile tutti gli aspetti della ritualità, finanche le attese.
La previsione di passaggi tra “soglie” virtuali, infatti, è stato ritenuto un fattore fondamentale per proteggere la solennità dell’evento. Il gruppo di ricerca ha infatti osservato come la progettazione dei Palazzi di Giustizia è stata sempre calibrata sulla necessità di fornire all’utenza precisi segnali su quali comportamenti siano adeguati in relazione ai diversi ambienti: dall’atrio alle cd. salle des par perdus, fino all’aula di udienza, ogni aspetto architettonico suggerisce come alle transizioni spaziali debbano corrispondere mutamenti nel comportamento di chi si trova ad attraversare il Palazzo [8].
Un problema assai frequente è stato rappresentato dalle posizioni assunte dai partecipanti rispetto allo schermo. Talvolta l’immagine del rappresentante della pubblica accusa risultava troppo in basso, impedendo di osservarne il volto nell’interezza (cfr. Fig. 5).
Fig. 5
E’ stato inoltre constatato come molti, soprattutto i giurati, abbiano toccato e mosso lo schermo più volte, avvicinandosi con le mani frequentemente e determinando così un disturbo nell’effetto visivo complessivo di tutti i riquadri contenenti le immagini dei partecipanti (cfr. Fig. 6).
Fig. 6
I soggetti “laici” che hanno svolto i ruoli di imputati e testimoni hanno riferito come la partecipazione all’udienza virtuale abbia determinato una sensazione di alienazione e di stress, conseguente alla percezione di trovarsi «in Tribunale da soli», una percezione di solitudine nell’aula di udienza virtuale che ha reso più difficile mantenere la concentrazione sulle domande poste e sulle dichiarazioni da rendere. Nel corso del quarto test, come sarà evidenziato, i ricercatori hanno previsto che almeno i giurati partecipassero all’udienza virtuale connettendosi dal medesimo spazio fisico.
Tali reazioni sono state riscontrate in particolar modo nei partecipanti con fragilità psicologica o emotiva. Si è concluso pertanto come sarebbe indispensabile programmare pause più frequenti ma più brevi.
E’ stata inoltre riscontrata la difficoltà di garantire l’assenza di terzi estranei nel luogo dal quale si sono connessi i partecipanti, nonché di verificare la mancanza di dispositivi informatici o telematici ulteriori rispetto a quelli necessari per il collegamento all’aula virtuale, ovvero l’apertura di ulteriori finestre sul proprio schermo diverse da quella relativa al collegamento con il Tribunale.
Un ulteriore limite riscontrato nella progettazione della ricerca è stato quello di non aver incluso tra i partecipanti soggetti rappresentativi delle categorie più fragili della popolazione, come portatori di disabilità, di ritardi cognitivi o linguistici, anziani.
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Il secondo report: la compresenza dei giurati.
La seconda relazione pubblicata dal gruppo di studio nel mese di giugno 2020 ha sintetizzato i risultati del quarto test eseguito, nel corso del quale tutti i giurati, a differenza dei precedenti test, hanno partecipato all’udienza virtuale connettendosi dal medesimo luogo, distanziati (cfr. Fig. 7) [9] .
Fig. 7
In particolare il test ha previsto che ogni giurato avesse a disposizione un paio di cuffie (con particolari funzioni di isolamento dal rumore ambientale) e due monitor, uno destinato alla visualizzazione dell’aula di udienza virtuale e l’altro alla consultazione di eventuali atti processuali acquisiti, come l’esame di verbali di sopralluogo o di fotografie che risultassero utili per valutare l’attendibilità delle dichiarazioni di un testimone (cfr. Fig. 8).
Fig. 8
L’ambiente nel quale i giurati si sono riuniti era caratterizzato da pareti monocromatiche, così da consentire che tutti i partecipanti avessero uno sfondo uniforme dietro di loro.
All’esito di questa ricerca è emerso come le persone riunite nel medesimo spazio fisico e in grado di osservare lo stesso fatto siano portate successivamente a fondare le proprie valutazioni sui medesimi aspetti ritenuti principali, contrariamente a quanto avviene quando la partecipazione avviene virtualmente, da luoghi diversi. La connessione all’aula virtuale da luoghi separati, infatti, ha determinato una maggiore differenziazione della percezione del medesimo fatto. Tale circostanza potrebbe determinare una importante conseguenza sulla comunicazione tra i giurati in sede di discussione sulla decisione da adottare, potendosi verificare il rischio di constatare d’aver vissuto nel corso del procedimento esperienze cognitive completamente diverse.
Anche in questa seconda ricerca è stato tuttavia rilevato come la natura virtuale dei procedimenti potrebbe determinare un maggior rischio che informazioni rilevanti per la decisione vegano ignorate o non colte adeguatamente dai giurati, dal giudice e dagli avvocati, aumentando la probabilità di sentenze di condanna errate.
Un ulteriore aspetto evidenziato è stato quello relativo alla disparità socio-tecnologica dei partecipanti. La ricerca ha rilevato come l’accesso e l’uso efficaci della tecnologia differiscano in base all’età, al reddito, all’istruzione, alle abilità intellettive e fisiche, con conseguente rischio che un testimone o l’imputato possano partecipare con maggiori difficoltà alla complessa interazione che si svolge nell’aula di udienza.
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La valutazione sul processo virtuale da parte dell’organizzazione non governativa “Fair Trials” e alcune considerazioni finali.
Nel 1992 è stata costituita “Fair Trials”, un’organizzazione non governativa registrata nel Regno Unito che ha lo scopo di verificare che il rispetto delle garanzie del giusto processo nei giudizi penali celebrati nei vari Paesi del mondo.
Nel mese di giugno 2020 detta organizzazione ha rilevato come il 67% degli avvocati inglesi abbiano manifestato valutazioni critiche sul processo penale da remoto, evidenziando come la modalità virtuale avrebbe determinato un impatto negativo sia sulla comunicazione tra l’imputato e il proprio difensore, sia sulla interazione nell’aula di udienza da parte dei vari soggetti con ruolo istituzionali, con particolare riferimento all’esame e al controesame [10]. Oltre a tali difficoltà sono state registrate molte voci critiche in merito alla frequente impossibilità per gli avvocati di accedere ai fascicoli processuali di carta, conservati nelle cancellerie o nelle stazioni di polizia, uffici questi spesso chiusi a causa delle limitazioni degli accessi per il pubblico. Ciò, è stato osservato, ritarda i tempi con i quali la difesa può accedere a documenti rilevanti, determinando di fatto una illegittima disparità nei confronti della pubblica accusa.
Le conclusioni cui sono giunte le due relazioni curate dall’Università di Oxford sembrano sovrapponibili alle numerose perplessità formulate, nel nostro Paese, con modalità e toni diversi, da attenti osservatori e analisti, sia in dottrina che tra esponenti dell’avvocatura. Due dati paiono comunque emergere.
Il primo, che l’adozione di una modalità virtuale di celebrazione del processo penale non può prescindere da un lungo periodo di effettuazione di test, di sperimentazioni sul campo virtuale, di attente osservazioni in vitro, sottoposte a scrupolose analisi da parte di attenti osservatori, ciò al fine di evitare di avventurarsi su un tema così delicato come la coniugazione delle garanzie processuali con lo sviluppo tecnologico. Lo stesso gruppo di ricerca dell’Università di Oxford ha rilevato la necessità di condurre numerose altre sperimentazioni con la partecipazione di soggetti appartenenti a diverse estrazioni sociali, culturali, intellettive, ciò allo scopo di verificare la flessibilità del medium tecnologico alle vulnerabilità sociali di chi si trova a esser coinvolto in un processo penale.
Il secondo aspetto riguarda il dato economico: il processo da remoto esige strutture, spazi, hardware e implementazioni informatiche che rappresentano un costo molto elevato per l’amministrazione dello Stato. Dalle ricerche condotte dall’Università di Oxford è emerso come la celebrazione di un’udienza virtuale non possa prescindere da circostanze molto concrete, come la larghezza di banda internet disponibile; la presenza di personale tecnico pronto a intervenire per risolvere eventuali malfunzionamenti; la corretta formazione tecnologica di cancellieri, giudici e avvocati; la disponibilità di computer, monitor, cuffie, locali adeguati ove accogliere i testimoni; l’adozione di procedure rigorose per garantire la sicurezza fisica e la libertà morale di chiunque partecipi al processo.
In assenza delle indispensabili sperimentazioni, dei necessari adeguamenti organizzativi nell’Amministrazione della Giustizia, delle imprescindibili implementazioni informatiche e tecnologiche, qualsiasi tentativo di celebrare una udienza virtuale rischia di essere un tentativo avventuroso, idoneo a determinare un pericoloso annichilimento delle garanzie processuali predisposte per il corretto accertamento del fatto.
[1]Il primo report è reperibile all’indirizzo https://justice.org.uk/wp-content/uploads/2020/04/Mulcahy-Rowden-Virtual-trials-final.pdf .
[2] La seconda relazione è consultabile presso il seguente indirizzo: https://justice.org.uk/wp-content/uploads/2020/06/Mulcahy-Rowden-second-evaluation-report-JUSTICE-virtual-trial.pdf .
[3] Si consideri, per esempio, come l’imputato sieda di fronte ai banchi dell’accusa e della difesa, rendendo visibile soltanto il proprio profilo al giudice e a gran parte dei giurati, come emerge dalla Fig. 3.
[4] Cfr., Rowden, E.,Wallace, A.,Tait, D., Hanson, M. & Jones, D.). Gateways to Justice: Design and Operational Guidelines for Remote Participation in Court Proceedings. Sydney, 2013, University of Western Sydney. Appare doveroso segnalare come ad aprile 2020 lo stesso Governo britannico avesse diffuso una serie di consigli sul corretto uso del computer o dello smartphone per partecipare a una udienza virtuale (https://www.gov.uk/guidance/how-to-join-telephone-and-video-hearings-during-coronavirus-covid-19-outbreak).
[5] Terry, M., Johnson S., & Thompson, P., Virtual Court pilot Outcome evaluation, London, 2010, Ministry of Justice: https://www.justice.gov.uk/downloads/publications/research-and-analysis/moj-research/virtual-courts.pdf .
[6] “In order to address concerns that video trials encourage a more formal approach to the administration of justice it would be valuable if a coat of arms and an appropriate backdrop could be placed behind the judge. Judges and lawyers should also attend in full court dress” – cfr. prima relazione, pag. 6 (pag. 7 del file pdf).
[7] Kashyap, K., Lulham, R., Klippan, L., Munro, T., Bradley, K., Fahey, J., Tomkin, D., Rowden, E. & McKay, C., Court-Custody Audio Visual Links: Designing for equitable justice experience in the use of court custody video conferencing, Sidney, 2018, University of Technology Sydney, reperibile al seguente indirizzo: https://www.designforsocialjustice.xyz/courtappearancesbyvideo .
[8] Mulcahy, L., Rossner, M. & Rowden, E., What if the dock was abolished in criminal courts?, London, 2020, Howard league for Penal Reform, reperibile al seguente indirizzo: https://howardleague.org/wp-content/uploads/2020/01/What-if…-the-dock-was-abolished-1.pdf .
[9] «Jurors attended the virtual courtroom via the monitors supplied but deliberated in person in socially distanced spacing» – cfr. pag. 4 della seconda relazione (pag. 5 del file pdf).
[10] Il documento è reperibile presso il seguente indirizzo web: https://www.fairtrials.org/sites/default/files/publication_pdf/Beyond%20the%20emergency%20of%20the%20COVID-19%20pandemic.pdf .
Il processo penale virtuale: uno studio dell’Università di Oxford
Abstract: Nel corso della primavera-estate 2020 in Inghilterra sono state celebrate in via sperimentale alcune udienze penali da remoto, con la partecipazione di volontari. Le complesse dinamiche processuali, psicologiche e cognitive coinvolte nella celebrazione da remoto di un’udienza sono state studiate dall’Università di Oxford, in collaborazione con altri enti governativi e indipendenti. La ricerca ha evidenziato alcuni profili vantaggiosi ed altri critici connessi con la celebrazione del processo virtuale. Nel presente contributo ne viene offerta una sintesi ragionata.
Sommario: 1. Lo studio Justice. – 2. Il primo report: aspetti positivi e negativi del processo virtuale. – 2.1. Gli elementi positivi – 2.2. Gli aspetti critici. – 2.2.1. Problemi informatici – 2.2.2. Fondi, illuminazione, inquadrature. – 2.2.3. Spazio virtuale, comportamenti disfunzionali e fattori di stress. – 3. Il secondo report: la compresenza dei giurati. – 4. La valutazione sul processo virtuale da parte dell’organizzazione non governativa “Fair Trials” e alcune considerazioni finali.
Lo studio JUSTICE.
Tra aprile e luglio 2020 l’Università di Oxford, in collaborazione con l’ente non governativo JUSTICE, che si occupa del miglioramento del sistema giudiziario inglese, e con l’Agenzia Governativa per il Servizio alle Corti e ai Tribunali del Ministero della Giustizia del Regno Unito (cd. “Her Majesty’s Courts and Tribunals Service”) hanno curato un progetto allo scopo di verificare se e come i processi penali con giuria possano essere celebrati in modo virtuale e quale impatto tale modalità possa determinare sulle garanzie proprie del fair trial.
La ricerca ha previsto la celebrazione di un processo penale con modalità virtuali basato su una vicenda fittizia, con la partecipazione di esperti volontari nei ruoli del giudice, dei giurati e degli avvocati. La ricerca è stata resa possibile grazie alla concreta collaborazione delle associazioni di magistrati e di avvocati.
La ricerca è stata costantemente monitorata da un gruppo di studio coordinato da docenti di numerose discipline. Si ricorda la Prof.ssa Linda Mulcahy, docente di studi socio-legali e direttrice del Centro di Studi Socio-legali presso l’Università di Oxford e la Prof.ssa Emma Rowden, docente di storia dell’architettura presso la medesima Università, con una particolare esperienza nello studio della relazione tra le caratteristiche architettoniche degli edifici istituzionali e la percezione sociale della funzione ivi svolta.
L’esperimento ha previsto la celebrazione del processo in tre test, in data 9 aprile, 17 aprile e 6 maggio 2020, cui è seguita la prima relazione redatta dal gruppo di ricerca, pubblicata ad aprile 2020[1].
Una quarta prova è stata svolta il 12 giugno 2020 consentendo ai giurati di collegarsi all’aula virtuale non già separatamente, ciascuno dalla propria abitazione, bensì da un unico luogo, ove erano stati riuniti nel rispetto del distanziamento sociale. A seguito di questo quarto test è stata pubblicata una seconda relazione nel mese di giugno 2020[2].
La piattaforma informatica consentiva a tutti di partecipare all’aula di udienza virtuale, comparendo dalle reciproche postazioni in uno schermo pubblico condiviso. I difensori avevano altresì la facoltà di ritirarsi in una diversa stanza virtuale con i propri assistiti per le necessarie comunicazioni riservate. I giurati, il cancelliere e il giudice avevano anche accesso a una funzione di chat privata che potevano utilizzare per accedere ai documenti depositati.
L’immagine sullo schermo di ogni partecipante recava la indicazione della funzione, così da consentire a tutti gli altri partecipanti di riconoscere i diversi ruoli svolti. I giurati sono apparsi insieme in immagini leggermente più ridotte, così da essere facilmente distinguibili dagli altri partecipanti. L’immagine del testimone appariva sotto quella del giudice. Quella dell’imputato era collocata nella parte inferiore dello schermo, accanto al proprio difensore. Uno screenshot dei partecipanti può essere osservato nella figura sottostante (cfr. Fig. 1).
Fig. 1
Nel caso in cui fosse necessaria una sospensione dell’udienza è stata prevista la possibilità per i partecipanti di spengere le telecamere, cui seguiva l’apparizione sul monitor di un avviso che indicava l’interruzione in corso e il conto alla rovescia del tempo previsto prima della ripresa dell’udienza. Tale accorgimento, è stato osservato, consentiva ai testimoni che dovevano collegarsi all’aula virtuale di conoscere il motivo della temporanea impossibilità di accedere all’udienza (cfr. Fig. 2).
Fig. 2
Il primo report: aspetti positivi e negativi del processo virtuale.
Come è stato già osservato, una prima serie di test sono stati condotti tra il 9 aprile e il 6 maggio 2020, i cui risultati sono stati elaborati nella prima relazione pubblicata ad aprile 2020, riscontrando alcuni elementi positivi e plurime criticità del processo penale da remoto.
Tra gli aspetti positivi dell’esperimento è stato registrato il fatto che la tecnologia informatica, quando ha funzionato adeguatamente, ha determinato un risparmio considerevole di tempo per tutti i partecipanti, i quali hanno potuto connettersi all’aula virtuale dalle proprie abitazioni o uffici.
In particolare a partire dal secondo test, è stato predisposto adeguato personale tecnico che ha assistito tutti i partecipanti, i quali sono stati seguiti nelle varie fasi della partecipazione all’udienza e sono stati informati in modo più approfondito su come utilizzare la piattaforma.
I cd. partecipanti “laici” (giurati, testimoni, imputato) hanno generalmente riscontrato una visione più chiara degli altri soggetti, che nelle aule giudiziarie britanniche spesso è impedita dalla particolare posizione assunta da ciascun partecipante all’interno dello spazio, come esemplificato nella Fig. 3[3].
Fig. 3
La ricerca condotta ha riscontrato i seguenti aspetti valutati come negativi dal gruppo di ricerca.
2.2.1. Problemi informatici.
Nel corso della prima prova i partecipanti non erano adeguatamente preparati in merito al proprio ruolo (giurato o testimone), alle modalità per utilizzare al meglio la piattaforma, a quali accorgimenti adottare in caso di difficoltà tecniche. Questa constatazione ha indotto il gruppo di studio a elaborare tre distinte guide operative dedicate ai giurati, ai testimoni e agli avvocati, allegate in appendice alla relazione.
E’ stato evidenziato come sarebbe essenziale che venisse fornito un costante supporto tecnico per garantire la verifica continuativa dei soggetti presenti, ciò allo scopo di sollevare il giudice dal compiere tali onerose attività.
In particolare, sono stati riscontrati numerosi problemi relativi alla insufficiente larghezza di banda internet che i singoli partecipanti avevano a disposizione nelle proprie abitazioni o studi professionali, circostanza questa che ha condizionato la qualità della connessione. Le interruzioni del procedimento dovute alla perdita di connettività hanno costituito un problema significativo: in alcuni casi è stata riscontrata la perdita delle immagini relative alla figura di uno o più partecipanti, oppure vari disturbi nella trasmissione audio. Secondo il gruppo di ricerca tali problemi tecnici indicherebbero che c’è ancora molta strada da fare per far sì che l’uso di una piattaforma virtuale non costituisca un serio ostacolo a garantire un giusto processo. Incidenti apparentemente irrilevanti potrebbero determinare un’alterazione nella percezione della prova da parte dei giurati o del giudice, ovvero impedire al testimone o all’imputato di rendere compiutamente la propria dichiarazione.
E’ stata pertanto segnalata la necessità che sia compito dell’amministrazione della Giustizia fornire hardware e servizi di connettività idonei a garantire a ciascun partecipante di avere un adeguato e paritario accesso alla piattaforma, quindi una eguale diritto di partecipazione al processo. Per esempio, nel corso della seconda prova si è verificato un problema con il server che ha determinato l’impossibilità di vedere in modo continuativo sei giurati e un avvocato. In tale circostanza il giurato era non visibile agli altri partecipanti, mentre lo era al giudice il quale, dunque, ha constatato il problema con notevole ritardo. In un altro caso l’immagine del cancelliere, dopo che costui aveva introdotto ufficialmente il testimone, ha continuato a esser trasmessa mentre il testimone, la cui effige non era al contrario apparsa, aveva già iniziato a parlare, con la conseguenza che, mentre se ne sentiva la voce, veniva trasmesso il volto del cancelliere.
Questi problemi tecnici hanno reso l’esperienza di tutti i partecipanti molto disorientante. E’ stato rilevato, infatti, come la mancata visione o ascolto adeguati di sequenze procedimentali anche minime potrebbe determinare l’adozione di decisioni non giuste (“unfair”). Una trasmissione stabile e adeguata di tutte le sequenze procedimentali può essere garantita solo a condizione che vengano forniti hardware e accesso a internet di alta qualità.
2.2.2. Fondi, illuminazione, inquadrature.
E’ stato osservato come il luogo dal quale i partecipanti si connettono alla piattaforma informatica diventa parte integrante dell’aula virtuale.
Le immagini relative allo spazio retrostante ai volti hanno costituito un elemento che non solo ha impoverito la solennità del procedimento, ma ha anche disturbato la concentrazione prestata dai partecipanti, molti dei quali hanno dichiarato di esser stati distratti dai particolari che vedevano negli ambienti dai quali gli altri si connettevano.
E’ stato pertanto osservato come tutti i partecipanti dovrebbero ricevere chiare istruzioni su come preparare la stanza da cui connettersi, predisponendo uno sfondo semplice e, preferibilmente, monocromatico, ciò anche allo scopo di evitare che l’ambiente inquadrato risulti poco “dignitoso” ai fini istituzionali previsti.
Oltre agli sfondi, anche l’illuminazione ha costituito un fattore determinante nel corretto svolgimento dell’udienza virtuale, rendendo più agevole ovvero più difficile l’osservazione di chi effettua l’intervento.
Precedenti ricerche hanno infatti evidenziato come il contrasto del colore e la temperatura dell’illuminazione potrebbero, per esempio, rendere i volti difficili da distinguere, come emerge dalla Fig. 4, circostanza ancor più significativa in caso di partecipanti con tinte di pelle olivastre o scure [4].
E’ stato rilevato come l’impossibilità di osservare adeguatamente i movimenti del volto potrebbe costituire un problema nella rilevazione di elementi prossemici della comunicazione, problema particolarmente rilevante per gli interpreti che debbano tradurre, anche sulla base della lettura labiale, le dichiarazioni rese da testimoni o da imputati alloglotti.
Fig. 4
Tali constatazioni hanno indotto a ritenere indispensabile fornire sfondi adeguati, anche di tipo virtuale, recanti uno stemma istituzionale dietro l’immagine del magistrato e raffiguranti stanze neutre per gli altri partecipanti.
La ricerca ha rilevato come la partecipazione virtuale all’udienza spesso abbia determinato in alcuni partecipanti (soprattutto in quelli laici) un atteggiamento meno concentrato e più informale, non adatto alla solennità dell’evento.
E’ stato osservato infatti come nel corso dell’udienza virtuale il Tribunale avesse incontrato maggiori difficoltà a trasmettere a tutti i partecipanti la propria autorità e come gli imputati prendessero la procedura meno seriamente [5].
Ciò ha indotto i ricercatori a evidenziare come sia i giudici che gli avvocati dovrebbero indossare gli indumenti tipici delle udienze in Tribunale (toga e parrucca)[6], anche allo scopo di consentire agli altri partecipanti di identificare rapidamente i soggetti con ruoli istituzionali.
2.2.3. Spazio virtuale, comportamenti disfunzionali e fattori di stress.
Nel complesso è stato osservato un generale mutamento delle condotte di tutti i partecipanti verso poli maggiormente informali: sotto questo profilo, i consueti simboli della gravitas della funzione giudiziaria, tradizionalmente espressi con l’architettura degli spazi, con particolari indumenti, con specifici rituali, nella transizione all’aula virtuale sono andati persi.
Per tentare di ovviare a tali inconvenienti, è stato proposto di progettare sale di attesa virtuali, nelle quali i partecipanti potrebbero sostare prima del formale inizio dell’udienza. Tali “stanze” virtuali, progettate con il contributo di studiosi di sociologia e psicologia, sarebbero utili per consentire ai partecipanti laici di predisporsi mentalmente all’assunzione di precisi ruoli formali nel corso dell’udienza. Progetti di questo tipo sono stati intrapresi dal Dipartimento di giustizia del New South Wales in Australia[7]. In generale è stato ritenuto fondamentale conservare nei limiti del possibile tutti gli aspetti della ritualità, finanche le attese.
La previsione di passaggi tra “soglie” virtuali, infatti, è stato ritenuto un fattore fondamentale per proteggere la solennità dell’evento. Il gruppo di ricerca ha infatti osservato come la progettazione dei Palazzi di Giustizia è stata sempre calibrata sulla necessità di fornire all’utenza precisi segnali su quali comportamenti siano adeguati in relazione ai diversi ambienti: dall’atrio alle cd. salle des par perdus, fino all’aula di udienza, ogni aspetto architettonico suggerisce come alle transizioni spaziali debbano corrispondere mutamenti nel comportamento di chi si trova ad attraversare il Palazzo [8].
Un problema assai frequente è stato rappresentato dalle posizioni assunte dai partecipanti rispetto allo schermo. Talvolta l’immagine del rappresentante della pubblica accusa risultava troppo in basso, impedendo di osservarne il volto nell’interezza (cfr. Fig. 5).
Fig. 5
E’ stato inoltre constatato come molti, soprattutto i giurati, abbiano toccato e mosso lo schermo più volte, avvicinandosi con le mani frequentemente e determinando così un disturbo nell’effetto visivo complessivo di tutti i riquadri contenenti le immagini dei partecipanti (cfr. Fig. 6).
Fig. 6
I soggetti “laici” che hanno svolto i ruoli di imputati e testimoni hanno riferito come la partecipazione all’udienza virtuale abbia determinato una sensazione di alienazione e di stress, conseguente alla percezione di trovarsi «in Tribunale da soli», una percezione di solitudine nell’aula di udienza virtuale che ha reso più difficile mantenere la concentrazione sulle domande poste e sulle dichiarazioni da rendere. Nel corso del quarto test, come sarà evidenziato, i ricercatori hanno previsto che almeno i giurati partecipassero all’udienza virtuale connettendosi dal medesimo spazio fisico.
Tali reazioni sono state riscontrate in particolar modo nei partecipanti con fragilità psicologica o emotiva. Si è concluso pertanto come sarebbe indispensabile programmare pause più frequenti ma più brevi.
E’ stata inoltre riscontrata la difficoltà di garantire l’assenza di terzi estranei nel luogo dal quale si sono connessi i partecipanti, nonché di verificare la mancanza di dispositivi informatici o telematici ulteriori rispetto a quelli necessari per il collegamento all’aula virtuale, ovvero l’apertura di ulteriori finestre sul proprio schermo diverse da quella relativa al collegamento con il Tribunale.
Un ulteriore limite riscontrato nella progettazione della ricerca è stato quello di non aver incluso tra i partecipanti soggetti rappresentativi delle categorie più fragili della popolazione, come portatori di disabilità, di ritardi cognitivi o linguistici, anziani.
Il secondo report: la compresenza dei giurati.
La seconda relazione pubblicata dal gruppo di studio nel mese di giugno 2020 ha sintetizzato i risultati del quarto test eseguito, nel corso del quale tutti i giurati, a differenza dei precedenti test, hanno partecipato all’udienza virtuale connettendosi dal medesimo luogo, distanziati (cfr. Fig. 7) [9] .
Fig. 7
In particolare il test ha previsto che ogni giurato avesse a disposizione un paio di cuffie (con particolari funzioni di isolamento dal rumore ambientale) e due monitor, uno destinato alla visualizzazione dell’aula di udienza virtuale e l’altro alla consultazione di eventuali atti processuali acquisiti, come l’esame di verbali di sopralluogo o di fotografie che risultassero utili per valutare l’attendibilità delle dichiarazioni di un testimone (cfr. Fig. 8).
Fig. 8
L’ambiente nel quale i giurati si sono riuniti era caratterizzato da pareti monocromatiche, così da consentire che tutti i partecipanti avessero uno sfondo uniforme dietro di loro.
All’esito di questa ricerca è emerso come le persone riunite nel medesimo spazio fisico e in grado di osservare lo stesso fatto siano portate successivamente a fondare le proprie valutazioni sui medesimi aspetti ritenuti principali, contrariamente a quanto avviene quando la partecipazione avviene virtualmente, da luoghi diversi. La connessione all’aula virtuale da luoghi separati, infatti, ha determinato una maggiore differenziazione della percezione del medesimo fatto. Tale circostanza potrebbe determinare una importante conseguenza sulla comunicazione tra i giurati in sede di discussione sulla decisione da adottare, potendosi verificare il rischio di constatare d’aver vissuto nel corso del procedimento esperienze cognitive completamente diverse.
Anche in questa seconda ricerca è stato tuttavia rilevato come la natura virtuale dei procedimenti potrebbe determinare un maggior rischio che informazioni rilevanti per la decisione vegano ignorate o non colte adeguatamente dai giurati, dal giudice e dagli avvocati, aumentando la probabilità di sentenze di condanna errate.
Un ulteriore aspetto evidenziato è stato quello relativo alla disparità socio-tecnologica dei partecipanti. La ricerca ha rilevato come l’accesso e l’uso efficaci della tecnologia differiscano in base all’età, al reddito, all’istruzione, alle abilità intellettive e fisiche, con conseguente rischio che un testimone o l’imputato possano partecipare con maggiori difficoltà alla complessa interazione che si svolge nell’aula di udienza.
La valutazione sul processo virtuale da parte dell’organizzazione non governativa “Fair Trials” e alcune considerazioni finali.
Nel 1992 è stata costituita “Fair Trials”, un’organizzazione non governativa registrata nel Regno Unito che ha lo scopo di verificare che il rispetto delle garanzie del giusto processo nei giudizi penali celebrati nei vari Paesi del mondo.
Nel mese di giugno 2020 detta organizzazione ha rilevato come il 67% degli avvocati inglesi abbiano manifestato valutazioni critiche sul processo penale da remoto, evidenziando come la modalità virtuale avrebbe determinato un impatto negativo sia sulla comunicazione tra l’imputato e il proprio difensore, sia sulla interazione nell’aula di udienza da parte dei vari soggetti con ruolo istituzionali, con particolare riferimento all’esame e al controesame [10]. Oltre a tali difficoltà sono state registrate molte voci critiche in merito alla frequente impossibilità per gli avvocati di accedere ai fascicoli processuali di carta, conservati nelle cancellerie o nelle stazioni di polizia, uffici questi spesso chiusi a causa delle limitazioni degli accessi per il pubblico. Ciò, è stato osservato, ritarda i tempi con i quali la difesa può accedere a documenti rilevanti, determinando di fatto una illegittima disparità nei confronti della pubblica accusa.
Le conclusioni cui sono giunte le due relazioni curate dall’Università di Oxford sembrano sovrapponibili alle numerose perplessità formulate, nel nostro Paese, con modalità e toni diversi, da attenti osservatori e analisti, sia in dottrina che tra esponenti dell’avvocatura. Due dati paiono comunque emergere.
Il primo, che l’adozione di una modalità virtuale di celebrazione del processo penale non può prescindere da un lungo periodo di effettuazione di test, di sperimentazioni sul campo virtuale, di attente osservazioni in vitro, sottoposte a scrupolose analisi da parte di attenti osservatori, ciò al fine di evitare di avventurarsi su un tema così delicato come la coniugazione delle garanzie processuali con lo sviluppo tecnologico. Lo stesso gruppo di ricerca dell’Università di Oxford ha rilevato la necessità di condurre numerose altre sperimentazioni con la partecipazione di soggetti appartenenti a diverse estrazioni sociali, culturali, intellettive, ciò allo scopo di verificare la flessibilità del medium tecnologico alle vulnerabilità sociali di chi si trova a esser coinvolto in un processo penale.
Il secondo aspetto riguarda il dato economico: il processo da remoto esige strutture, spazi, hardware e implementazioni informatiche che rappresentano un costo molto elevato per l’amministrazione dello Stato. Dalle ricerche condotte dall’Università di Oxford è emerso come la celebrazione di un’udienza virtuale non possa prescindere da circostanze molto concrete, come la larghezza di banda internet disponibile; la presenza di personale tecnico pronto a intervenire per risolvere eventuali malfunzionamenti; la corretta formazione tecnologica di cancellieri, giudici e avvocati; la disponibilità di computer, monitor, cuffie, locali adeguati ove accogliere i testimoni; l’adozione di procedure rigorose per garantire la sicurezza fisica e la libertà morale di chiunque partecipi al processo.
In assenza delle indispensabili sperimentazioni, dei necessari adeguamenti organizzativi nell’Amministrazione della Giustizia, delle imprescindibili implementazioni informatiche e tecnologiche, qualsiasi tentativo di celebrare una udienza virtuale rischia di essere un tentativo avventuroso, idoneo a determinare un pericoloso annichilimento delle garanzie processuali predisposte per il corretto accertamento del fatto.
[1]Il primo report è reperibile all’indirizzo https://justice.org.uk/wp-content/uploads/2020/04/Mulcahy-Rowden-Virtual-trials-final.pdf .
[2] La seconda relazione è consultabile presso il seguente indirizzo: https://justice.org.uk/wp-content/uploads/2020/06/Mulcahy-Rowden-second-evaluation-report-JUSTICE-virtual-trial.pdf .
[3] Si consideri, per esempio, come l’imputato sieda di fronte ai banchi dell’accusa e della difesa, rendendo visibile soltanto il proprio profilo al giudice e a gran parte dei giurati, come emerge dalla Fig. 3.
[4] Cfr., Rowden, E.,Wallace, A.,Tait, D., Hanson, M. & Jones, D.). Gateways to Justice: Design and Operational Guidelines for Remote Participation in Court Proceedings. Sydney, 2013, University of Western Sydney. Appare doveroso segnalare come ad aprile 2020 lo stesso Governo britannico avesse diffuso una serie di consigli sul corretto uso del computer o dello smartphone per partecipare a una udienza virtuale (https://www.gov.uk/guidance/how-to-join-telephone-and-video-hearings-during-coronavirus-covid-19-outbreak).
[5] Terry, M., Johnson S., & Thompson, P., Virtual Court pilot Outcome evaluation, London, 2010, Ministry of Justice: https://www.justice.gov.uk/downloads/publications/research-and-analysis/moj-research/virtual-courts.pdf .
[6] “In order to address concerns that video trials encourage a more formal approach to the administration of justice it would be valuable if a coat of arms and an appropriate backdrop could be placed behind the judge. Judges and lawyers should also attend in full court dress” – cfr. prima relazione, pag. 6 (pag. 7 del file pdf).
[7] Kashyap, K., Lulham, R., Klippan, L., Munro, T., Bradley, K., Fahey, J., Tomkin, D., Rowden, E. & McKay, C., Court-Custody Audio Visual Links: Designing for equitable justice experience in the use of court custody video conferencing, Sidney, 2018, University of Technology Sydney, reperibile al seguente indirizzo: https://www.designforsocialjustice.xyz/courtappearancesbyvideo .
[8] Mulcahy, L., Rossner, M. & Rowden, E., What if the dock was abolished in criminal courts?, London, 2020, Howard league for Penal Reform, reperibile al seguente indirizzo: https://howardleague.org/wp-content/uploads/2020/01/What-if…-the-dock-was-abolished-1.pdf .
[9] «Jurors attended the virtual courtroom via the monitors supplied but deliberated in person in socially distanced spacing» – cfr. pag. 4 della seconda relazione (pag. 5 del file pdf).
[10] Il documento è reperibile presso il seguente indirizzo web: https://www.fairtrials.org/sites/default/files/publication_pdf/Beyond%20the%20emergency%20of%20the%20COVID-19%20pandemic.pdf .
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