L’articolo analizza l’istituto del concordato con rinuncia ai motivi d’appello come modificato dalla cd. riforma Cartabia. L’autore si sofferma sugli evidenti aspetti penali “materiali” dell’istituto e si interroga sull’influenza del principio di retroattività della lex mitior
The research analyzes the plea bargaining with complaint waiver on appeal judgment as modified by Cartabia’s reform. The author focuses on evident “substantive” criminal aspects of the plea bargaining on appeal and questions their relevance according to the canon of lex mitior retroactivity
Sommario: 1. La sentenza 9188/2023; 2. Il diritto penale “materiale”; 3. L’evoluzione del concordato con rinuncia ai motivi d’appello; 4. L’automatismo sanzionatorio; 5. Un istituto plasmato dalla dottrina; 6. Il contratto accusa/difesa; 7. Il ruolo del giudice; 8. La decadenza; 9. La facoltà; 10. La violazione del principio di eguaglianza; 11. L’inopportunità; 12. Conclusioni
1. La sentenza 9188/2023
Il ricorrente si doleva di non aver potuto esercitare durante il giudizio di secondo grado la facoltà di concordato in appello, inizialmente preclusagli in ragione del titolo del reato associativo contestatogli, facoltà che gli sarebbe stata invece consentita al momento della celebrazione dell’udienza presso la Corte di cassazione sulla base del nuovo testo dell’art. 599 bis c.p.p., che vedeva il comma 2 e le sue preclusioni abrogate dall’art. 98 comma 1 lett. a) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, entrato in vigore il 30 dicembre 2022[1], la cd. riforma Cartabia. A parere del ricorrente, era stata abrogata una norma sì di diritto processuale penale ma con diretti effetti sostanziali, che doveva godere d’efficacia retroattiva in quanto mitior.
La Suprema Corte dichiarava la censura del tutto priva di pregio: «L’effetto abrogante, riguardando una disposizione di natura processuale, in mancanza di una apposita disciplina transitoria soggiace al principio tempus regit actum[2].».
La sentenza non affrontava il punto nevralgico della questione, cioè se l’art. 599 bis c.p.p. nella parte novellata dalla riforma Cartabia, poteva o meno dirsi norma di diritto penale materiale secondo la giurisprudenza europea, come tale soggetta al principio di retroattività della lex mitior[3], oppure meramente processuale.
La pronuncia avrebbe dovuto confrontarsi con la giurisprudenza sovranazionale ma privilegiava quella interna, impostazione che si ripercuoteva irrimediabilmente sullo sviluppo della sua ricostruzione, sotto molti profili lacunosa e conservatrice.
2. Il diritto penale “materiale”
Nella traduzione italiana delle sentenze di Strasburgo, il diritto penale sostanziale è denominato materiale[4], utilizzando l’espressione di un grande Maestro[5]: in proposito non rileva la sua denominazione interna, bensì la sua ascrivibilità alla categoria delle disposizioni concernenti la severità della pena[6] oppure che definiscono i reati e le pene che li reprimono[7]. I giudici europei elaboravano una nozione di disposizione penale materiale autonoma rispetto agli ordinamenti interni, ancorata alla sussistenza dei tre criteri alternativi[8] noti come Engel criteria[9]:
- il nomen iuris interno, criterio comunque non vincolante a livello sovranazionale[10]; ad esempio, il caso Engel aveva ad oggetto sanzioni disciplinari militari, inizialmente escluse dal novero delle sanzioni penali propriamente dette dall’ordinamento di appartenenza[11].
- La natura dell’infrazione, qualificabile come penale quando la norma contiene un precetto astratto e mira a tutelare interessi generali della collettività[12];
- la severità della sanzione: è penale una sanzione dal carattere repressivo e preventivo, non solo risarcitorio o indennitario, in grado di incidere, anche solo in via potenziale, sulla libertà personale[13].
Secondo la C.E.D.U., sono allora materialmente penali non solo le disposizioni nelle quali la componente di cura in concreto dell’interesse pubblico si affianca a finalità punitive, ma anche, più in generale, ogni misura prevista dall’ordinamento come reazione alla commissione di un illecito purché connotata da un certo grado di severità, anche ove di tipo interdittivo o con finalità ripristinatorie – reali[14].
La Corte slega l’applicabilità delle garanzie di matrice penalistica dal criterio della qualificazione formale attribuita dal singolo ordinamento nazionale. L’obiettivo è evitare la dispersione del fascio delle tutele che aveva storicamente accompagnato lo sviluppo del diritto penale, ed alla cui difesa la C.E.D.U. è preposta[15].
La natura sostanziale o processuale di una norma deve emergere dal suo contenuto effettivo; non è ammissibile un tertium genus[16], nei casi dubbi se ne deve verificare il carattere prevalente e determinante, per stabilire poi, in base ad esso, la classificazione da attribuire alla disposizione stessa[17]. E’ necessario valutare in concreto l’intera cornice normativa attraverso la comparazione delle conseguenze effettivamente derivanti dall’applicazione dell’una o dell’altra norma[18].
Nel caso Scoppola[19], la C.E.D.U. condannava l’Italia perché al ricorrente era stato applicato uno ius superveniens definito meramente interpretativo a livello interno[20]: si rientrava però indiscutibilmente nel novero del diritto penale materiale, poiché l’oggetto delle norme era interamente dedicato alla severità della pena da infliggere quando il processo si è svolto secondo la procedura semplificata; esse avevano uno scopo al tempo stesso repressivo e dissuasivo poiché parlavano della severità della pena da infliggere in caso di condanna… e non delle misure riguardanti l’esecuzione o l’applicazione di quest’ultima[21].
La decisione ora in commento sintetizzava la sentenza Scoppola come un caso nel quale l’imputato aveva formulato una richiesta di ammissione al rito abbreviato in un momento in cui tale rito era ammissibile, che era stata rigettata sul presupposto che la norma sopravvenuta più sfavorevole potesse avere una efficacia retroattiva. In realtà la questione era decisamente diversa e molto simile a quella di specie: il problema risiedeva nei criteri di determinazione della pena finale concreta sulla base di uno ius superveniens.
Val la pena di ricordare che ai fini dell’esclusione della retroattività, la giurisprudenza sovranazionale prende in considerazione solo norme che comportano conseguenze squisitamente processuali come l’utilizzabilità[22] o la valutazione[23] di una prova, la nuova regolamentazione dei termini per la presentazione di un ricorso[24] e non si traducono direttamente nella misura e nella severità della sanzione finale limitativa della libertà personale dell’interessato, caratteristica invece presente nell’art. 599 bis c.p.p..
La nozione C.E.D.U. di norma penale materiale veniva fatta propria anche dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea[25], secondo la quale il principio dell’applicazione retroattiva della pena più mite appartiene alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri e riveste rango di principio generale del diritto comunitario[26].
Non poteva essere taciuto che successivamente al Caso Scoppola, l’Italia veniva altrettanto clamorosamente condannata per non aver annoverato altre disposizioni nell’alveo del diritto penale materiale, concetto evidentemente ostico a livello interno[27].
3. L’evoluzione del concordato con rinuncia ai motivi d’appello
La mancanza di specifiche previsioni transitorie in tema di concordato con rinuncia ai motivi d’appello[28] non può tradursi in una lacuna del diritto, poiché nessuna situazione giuridica nel momento della successione fra norme rimane priva di regole, ma o resta regolata dalla vecchia norma o viene sottoposta alla nuova[29]. Gli Autori invitano alla cautela sul “terreno scivoloso” del diritto intertemporale[30].
Già con riferimento alle precedenti novelle, la Corte di cassazione stabiliva la natura meramente processuale dell’art. 599 bis c.p.p.. Tali pronunce però avevano ad oggetto singoli aspetti squisitamente processuali, come il consenso prestato dal Procuratore generale in epoca antecedente all’entrata in vigore stessa delle riforme[31]; oppure deducevano la natura sostanziale dell’istituto senza far riferimento alla lettura convenzionalmente orientata dello stesso[32].
L’interpretazione aderente alla littera legis non può fare a meno di rilevare l’incidenza quoad poenam del concordato. Infatti, a mente del secondo periodo del primo comma dell’art. 599 bis c.p.p., se i motivi dei quali viene chiesto l’accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, il pubblico ministero, l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d’accordo[33].
La prassi stimolata dalla libertà devolutiva, registra la maggior parte degli accordi in punto di pena oppure nel riconoscimento e relativa quantificazione della sua riduzione per circostanze attenuanti comuni o ad effetto speciale[34].
D’altra parte, l’originario legislatore delegante aveva delineato l’istituto come un procedimento in camera di consiglio nel contraddittorio tra le parti quando l’impugnazione ha esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pena, la concessione delle circostanze attenuanti generiche o l’applicabilità di sanzioni sostitutive, o la concessione di benefici di legge[35].
In definitiva, secondo un approccio letterale, storico e pratico, gli effetti concreti ed immediati di carattere sostanziale derivanti dall’applicazione dell’istituto sono innegabili e ne comportano la sussunzione nel genus del diritto penale materiale.
4. L’automatismo sanzionatorio
La sentenza 9188/2023 escludeva un automatico effetto premiale del concordato con rinuncia ai motivi d’appello, invece indiscutibilmente presente nel rito abbreviato. E’ senz’altro vero che la sola scelta di giudizio abbreviato determina l’automatica riduzione della pena inflitta dal giudice in prime cure. Ma è altresì vero che l’accoglimento della proposta di concordato determina altrettanto automaticamente il miglioramento del trattamento sanzionatorio del reo, senza che il giudice possa modificarne i termini, potendo solo decidere se ratificarlo o procedere oltre.
In sostanza, se nel giudizio abbreviato l’automatica riduzione scatta dalla concatenazione scelta del rito → sentenza, nel concordato si innesca dal rapporto accordo → ratifica da parte del giudice.
Né può sostenersi che la riduzione di pena sia indeterminata: a differenza del giudizio abbreviato, dove i canoni di riduzione della pena sono predeterminati dal legislatore, nel concordato sono pianificati dalla magistratura.
Infatti, a mente del comma 4 dell’art. 599 bis c.p.p., spetta al Procuratore generale territoriale indicare i criteri idonei ad orientare la valutazione dei magistrati del pubblico ministero in udienza, sentiti i magistrati dell’ufficio, i Procuratori della Repubblica del distretto e tenuto conto della tipologia dei reati nonché della complessità dei procedimenti[36]. Si tratta di criteri scritti predeterminati, il cui rispetto non è tuttavia presidiato da alcuna invalidità, nemmeno a livello disciplinare[37]. Nell’ottica del legislatore, essi debbono preservare dal pericolo di eccessivo ribasso sanzionatorio.
Successivamente all’entrata in vigore della riforma Cartabia, numerose Procure generali rielaboravano i criteri orientativi del concordato in appello[38]. Tutte stabilivano in via ordinaria una massima riduzione di pena pari ad 1/6 in caso di procedimento svolto con rito abbreviato in prime cure e di 1/3 in caso di rito ordinario; in caso di riduzioni superiori, è necessario il visto del capo dell’ufficio.
Secondo le direttive delle PG, i motivi possibile oggetto dell’accordo vanno valutati con particolare oculatezza, specie con riferimento ai reati per il quale il rito era prima precluso ed al codice rosso (così la PG di Bologna); debbono essere sorretti da una concreta e puntuale ragione, quale elevati margini di successo del gravame[39] o l’esistenza di circostanze attenuanti non concesse o, se del caso, una diversa qualificazione del fatto (così il PG messinese), ritenendo preferibile evitare l’accordo sull’insussistenza degli elementi oggettivi del fatto o di quello psicologico. In ogni caso, è raccomandato di accogliere tendenzialmente la proposta di concordato in presenza di documentate, concrete e adeguate attività riparatorie e/o riconcialiative e/o risarcitorie (così sempre il PG di Messina).
La standardizzazione delle riduzioni di pena da parte delle Procure generali ne determinava la tipizzazione, dando luogo ad una legittima aspettativa da parte dell’interessato. L’uniformità dei criteri nasceva dall’esigenza di garantire una gestione equilibrata degli accordi, evitare disparità e sperequazioni territoriali in grado di svilire le potenzialità dell’istituto[40]: già in passato la comunità scientifica ne sollecitava una definizione legislativa[41] collocata quantomeno all’interno delle disposizioni dell’ordinamento giudiziario[42]. Sotto questo punto di vista, l’istituto si dimostrava meccanico quanto un rito alternativo e svelava il suo volto penale materiale poiché in grado di incidere in maniera uniforme sul quantum di pena: la decurtazione di pena si traduceva in anni di reclusione in meno. In sostanza, nel concordato sui motivi d’appello non difettava il carattere di automatica riduzione sanzionatoria, sebbene (d’accordo con la dominante dottrina) non premiale
5. Un istituto plasmato dalla dottrina
Il concordato con rinuncia ai motivi d’appello veniva plasticamente foggiato dalla letteratura scientifica[43]; la sua stessa denominazione si doveva ad un compianto Autore[44].
E’ evidente il suo carattere negoziale, peraltro unilateralmente irrevocabile: l’imputato lucra un miglioramento della propria situazione sanzionatoria a fronte di una deflazione dei carichi processuali[45]. Si tratta di un istituto di carattere ibrido, che persegue un corretto punto di equilibrio tra le finalità deflative che ne rappresentano la fondamentale ratio e l’esigenza di non sacrificare sempre e comunque sull’altare della celerità processuale, la congruità del trattamento sanzionatorio. La sua evoluzione storica e lessicale dimostra la costante ricerca di tale bilanciamento ma l’istituto restava sempre “incompreso” dal nostro legislatore[46], che non ne apprezzava l’importanza strategica[47] e si dimostrava più sensibile alle contingenti spinte emergenziali che ad un sereno lavoro di sistema[48].
Più volte ripudiato dall’ordinamento e sempre rimpianto dalla dottrina[49], il legislatore vi faceva costantemente ritorno: veniva ribattezzato “patteggiamento in appello”, a dimostrazione dell’indiscutibile simbiosi con l’omonimo rito che tuttora ne segna le sorti[50] resa ancor più stretta dall’omogeneizzazione fra, da una parte, le preclusioni soggettive ed oggettive appena abrogate dalla riforma Cartabia e, dall’altra, quelle sussistenti per il patteggiamento cd. allargato, ex art. 444 comma 1 bis c.p.p.[51].
L’evoluzione storica dell’istituto svelava il suo prevalente carattere materiale. Inizialmente veniva depotenziato dalla Corte costituzionale[52], che lo riteneva in contrasto con la legge delega nella parte in cui consentiva alle parti di concordare sull’accoglimento dei motivi anche al di fuori dei casi elencati dall’originario comma 1 dell’art. 599 c.p.p., ossia quando l’accordo non riguardava solo l’entità della pena. La Consulta evidenziava che l’istituto era indiscutibilmente adoperato per giungere ad accordi in punto di pena[53]: una volta amputato della sua prerogativa principale, il legislatore attuava una restaurazione con la l. 19 gennaio 1999, n. 14 per poi abrogarne integralmente la disciplina pochi anni dopo con l’art. 2 d.l. 23 maggio 2008, 92, conv. con modif. dalla l. 24 luglio 2008, n. 125: al concordato erano addebitati lassismo sanzionatorio, svendita penale[54].
La sentenza in commento tracciava una linea di demarcazione netta fra il concordato ed il patteggiamento propriamente detto[55], scrivendo che nel primo difettano quei caratteri di premialità sostanziale che qualificano… il rito della applicazione della pena su richiesta delle parti di cui agli artt. 444 ss. c.p.p.: venivano però trascurati gli evidenti tratti somatici comuni, evidenziati dal costante lapsus di denominare il concordato patteggiamento in appello[56], dal minimo comun denominatore negoziale, dalla fisionomia implicitamente[57]premiale dell’istituto, resa ancor più evidente dalle medesime preclusioni (ora venute meno), ambiguamente tipiche di un istituto premiale[58].
6. Il contratto accusa/difesa
Ulteriori considerazioni avvaloravano la materialità dell’istituto del concordato in appello. Era, infatti, affermazione riduttiva che l’intesa tra le parti ai fini del raggiungimento del concordato fosse finalizzata alla sola delimitazione del thema decidendum da devolvere al giudice dell’impugnazione: si trattava di una tesi suggerita dalla relazione al disegno di legge 23 giugno 2017, n. 103, cd. riforma Orlando[59], che reintroduceva l’istituto con dichiarati intenti deflativi[60] stabilendo disposizioni di chiaro favor[61].
Come posto immediatamente in luce dai commentatori[62], la fisionomia dell’istituto escludeva l’utilizzo per la sola delimitazione del thema decidendum: le parti, infatti, debbono dichiarare di accordarsi in tutto o in parte sui motivi di doglianza, con rinuncia irrevocabile agli altri, esaurendo l’intero devolutum, senza spazi residui per proseguire la discussione. La rinuncia all’impugnazione è presupposto essenziale dell’accordo[63] ed integra un negozio processuale di tipo abdicativo – recettizio in grado di cagionare l’estinzione dell’impugnazione nel momento stesso in cui perviene all’autorità giudiziaria che perde efficacia solo in caso di decisione difforme del giudice[64].
Non può allora eufemisticamente parlarsi di mera circoscrizione del thema decidendum quanto del suo integrale esaurimento con conseguente rideterminazione della sanzione; ad avvalorare questa ricostruzione milita la sostanziale preclusione al sindacato di legittimità a causa delle strettissime maglie riservate dall’art. 610 comma 5 bis c.p.p.[65]. L’esigenza deflativa dell’istituto sigilla l’esaustività dell’accordo.
La dottrina pone in luce la connotazione specifica dell’istituto, in grado di fondare l’idea di un nuovo, inedito giudizio speciale[66] capace di riguardare gli aspetti della decisione aventi ad oggetto la pena[67] specialmente alla luce della recente novella che consente la sostituzione in pena detentiva breve sostitutiva, clausola che ben può far parte del “contratto” fra accusa e difesa.
7. Il ruolo del giudice
Tanto l’accordo fra le parti è in grado di influire sugli aspetti materiali della pena, da essere sottratto al potere di modifica da parte del giudice che, secondo una metafora privatistica, si trova nell’alternativa secca di ratificare il contratto oppure procedere oltre senza formalità[68], salva in ogni caso la verifica della ricorrenza dei presupposti applicativi degli istituti giuridici coinvolti e la congruità finale della pena indicata[69].
La giurisprudenza sottolinea la vincolatività integrale della richiesta concordata; il giudice non può rimodularla verso un risultato diverso, il suo accoglimento comporta la condivisione della qualificazione giuridica data al fatto e di ogni altra circostanza influente sul calcolo della pena.
In sintesi, il negozio processuale è unitario ed inscindibile[70], essendo ad esempio illegittimo il provvedimento con cui il giudice si limiti ad applicare la pena nella misura concordata senza riconoscerne la sospensione condizionale cui è subordinata[71]. La decisione in modo difforme dall’accordo produrrebbe l’inefficacia di un negozio processuale già perfetto, di carattere abdicativo[72].
8. La decadenza
Secondo la sentenza 9188/2023, dal momento che la richiesta di concordato veniva formulata per la prima volta col ricorso per cassazione e non in occasione del giudizio di seconde cure, andava dichiarata inammissibile.
Si trattava di un’argomentazione insidiosa; nel caso considerato, al momento della celebrazione del giudizio d’appello non era prevista la possibilità di formulare richiesta di concordato sui motivi d’impugnazione per i reati più gravi: era inesigibile in concreto. Se, da una parte, è vero che il legislatore non prevedeva una disposizione transitoria in grado di regolare gli effetti della novella, è altresì vero che non può imputarsi alla responsabilità dell’imputato il mancato promovimento di richieste prima vietate.
Il sostanziale riferimento all’istituto della decadenza confliggerebbe con l’art. 2 comma 4 c.p. e la giurisprudenza europea, che riconosce all’interessato il diritto di avvalersi di una prerogativa prima sconosciuta, finché la sentenza che lo riguarda non sia divenuta irrevocabile[73], ma nel caso considerato dalla sentenza in commento, la decisione era tutt’altro che definitiva.
9. La facoltà
La sentenza impugnata non sottraeva all’interessato una prerogativa qualunque, ma una facoltà: secondo la sistematica più autorevole[74], essa integra la più pura delle situazioni giuridiche soggettive, una manifestazione del diritto soggettivo assoluto tanto insopprimibile da non estinguersi se non unitamente al diritto stesso di cui fa parte, in facultativis non datur praescriptio. La facoltà consiste nel potere legittimo di disporre in via esclusiva del diritto soggettivo erga omnes e la situazione passiva speculare si configura a sua volta in un mero dovere di astensione[75].
La sentenza in commento era tanto più contorta quanto più vietava all’interessato di disporre di una propria prerogativa esclusiva, insopprimibile in materia di libertà personale, di avvalersi di un potere di cui solo lui poteva decidere di far uso o meno erga omnes.
10. La violazione del principio di eguaglianza
La soluzione rigorista era irragionevole e confliggeva col principio costituzionale d’eguaglianza[76]: privilegiava chi, imputato per reato una volta ostativo all’applicazione del concordato, giungeva alla celebrazione del giudizio di secondo grado nel vigore della riforma Cartabia, a discapito di quanti attuavano ogni finalità di economia processuale e vedevano sfumare la possibilità di concordato anche solo per poche settimane.
Un esito quantomeno contraddittorio: da una parte, il legislatore preme per la rapida definizione dei processi e la riduzione del carico agonistico; dall’altra, induce gli interessati a sperare in una inaspettata modifica legislativa superveniens in melius.
Il canone dell’efficacia della legge penale materiale va armonizzato col diritto dell’imputato alla celebrazione di un processo omogeneo a quello tenuto in casi analoghi, secondo una legittima aspettativa di giudizio e di pena, evitando illegittime ed ingiustificate disparità di trattamento[77]: la retroattività della lex mitior diviene declinazione dei principi costituzionali di eguaglianza e ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.[78].
11. L’inopportunità
Quanto all’inopportunità della tesi rigorista, va sottolineato che essa si pone in contrasto con la ratio ispiratrice della riforma, che mira al drastico decongestionamento processuale, specie presso le magistrature superiori, in linea con gli obiettivi concordati a livello europeo[79].
Nel Country Report 2020 sulla giustizia italiana, veniva rilevato il perdurare della scarsa efficienza del processo, soprattutto di appello, che si ripercuote anche sull’efficacia del contrasto alla corruzione[80], circostanza che dovrebbe indurre all’impiego massiccio dell’istituto. La tesi garantista consentirebbe concretamente di sfoltire il carico giudiziario delle magistrature di secondo grado e superiori in ordine ai processi più pesanti[81] senza dar vita a fenomeni di svendita penale poiché rigidamente contenuti all’interno della dosimetria sanzionatoria predeterminata dalle Procure generali territoriali. Scrive la Procura generale di Roma che la definizione del processo con il concordato consentirebbe di superare ben due gradi di giudizio.
12. Conclusioni
In conclusione, alla luce dell’interpretazione convenzionalmente orientata del rito, suscita ben più di una perplessità che la novella sul concordato con rinuncia ai motivi d’appello integri una norma meramente processuale e non piuttosto di diritto penale materiale. Par necessario un approfondimento, a meno che la questione non giunga prima sulle scrivanie di Strasburgo.
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[7] CEDU 27 aprile 2010, ric. 58572/00, Morabito c. Italia, cit..
[8] CEDU 25 agosto 1987, ric. 9912/1982, Lutz c. Germania, § 55, in https://hudoc.echr.coe.int/ .
[9] CEDU 8 giugno 1976, ric. 5100/71, 5101/71, 5102/71, Engel c. Paesi Bassi, § 81 – 83, in Riv. dir. internaz., 1980, 83; sul punto anche CEDU 9 ottobre 2003, ric. 39665/1998 e 40086/1998, Ezeh e Connors c. UK, § 82, in https://hudoc.echr.coe.int/ ; CEDU 2 settembre 1998, ric. 26138/1995, Lauko c. Repubblica Slovacca, § 56, ivi; CEDU, 21 febbraio 1984, ric. 8544/1979, Ozturk c. Rep. federale Germania, § 53, in RIDPP, 1985, 894. In dottrina, Angiolini, Nulla poena sine lege, in Aa. Vv., Profili di procedura penale europea,a cura di Ceresa Gastaldo e Lonati, Milano, 2021,299 ss.; Buzzelli, Casiraghi, Cassibba, Concolino e Pressacco, Diritto a un equo processo, in Aa. Vv., Corte di Strasburgo e giustizia penale, a cura di Ubertis e Viganò, Torino, 2016, 134 ss.; Caneschi, La nozione di “accusa” in materia penale, in Aa. Vv., Profili di procedura penale europea,cit., 154.
[10] CEDU 9 febbraio 1995, ric. 17440/1990, Welch c. UK, in https://hudoc.echr.coe.int/ ; CEDU 28 giugno 2018, ric. 1828/2006, G.I.E.M. c. Italia, ivi .
[11] Sul punto, Bianchi, Il problema della “successione impropria”: un’occasione di (rinnovata?) riflessione sul sistema punitivo, in RIDPP, 2014, 322 ss., 341; Goisis, Verso una nuova nozione di sanzione amministrativa in senso stretto: il contributo della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2014, 337 ss.; Id., La tutela del cittadino nei confronti delle sanzioni amministrative tra diritto nazionale ed europeo, Torino, 2014, 1.
[12] CEDU 23 novembre 2006, ric. 73053/2001, Jussila c. Finlandia, §38, in https://hudoc.echr.coe.int/ ; CEDU 2 settembre 1998, ric. 2706/1995, Kadubec c. Repubblica Slovacca, § 52, ivi; CEDU 24 febbraio 1994, ric.12547/1986, Bendenoun c. Francia, § 47, ivi.
[13] CEDU 27 agosto 1991, ric. 13057/1987, Demicoli c. Malta, § 34, in https://hudoc.echr.coe.int/ ; CEDU 28 giugno 1984, ric. 7819/1977 e 7878/1977, Campbell e Fell c. UK, § 72, ivi.
[14] CEDU 30 maggio 2006, ric. 38184/03, Matyjec v. Polland, § 58, in https://www.echr.coe.int/home; CEDU 27 febbraio 1980, ric. 6903/75, Dewer c. Bélgique, ivi.
[15] Corte cost. 26 marzo 2015, 49; sul punto, Mazzacuva, La materia penale e il “doppio binario” della Corte europea: le garanzie al di là delle apparenze, in RIDPP, 2013, 1899 ss. e 1905; Viganò, La Consulta e la tela di Penelope. Osservazioni a primissima lettura su C. cost., sent. 26 marzo 2015, n. 49, in materia di confisca di terreni abusivamente lottizzati e proscioglimento per prescrizione, in www.penalecontemporaneo.it ; Ruggeri, Fissati nuovi paletti dalla Consulta a riguardo del rilievo della Cedu in ambito interno, ivi; Zagrebelsky, Corte cost. n. 49 del 2015, giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani, art. 117 Cost., obblighi derivanti dalla ratifica della Convenzione, in www.osservatorioaic.it .
[16] Sul punto, Aa. Vv., Trattato di diritto penale. Parte generale. Il diritto penale e la legge penale, I, diretto da Cadoppi, Canestrari, Manna e Papa, Torino, s.d., 249; Ambrosetti, La legge penale. Fonti, tempo, spazio, persone, in Aa. Vv., Commentario al Codice Penale, diretto da Ronco, I, Bologna, 2006, 265; Gallo, Appunti di diritto penale. La legge penale, I, Torino, 1999, 128.
[17] Cass., sez. I, 23 giugno 2000 (c.c. 5 giugno), 7385, in ANPP, 2000, 524. Invero parte della dottrina italiana elaborava la terza categoria delle c.d. norme processuali a rilevanza sostanziale, che pur appartenendo alla normativa di carattere processuale dovrebbero godere delle medesime garanzie delle norme di natura sostanziali in quanto a queste equiparabili, Gallo, Interpretazione della Corte costituzionale e interpretazione giudiziaria (a proposito delle garanzie della difesa nell’istruzione sommaria), in RIDPP, 1965, 215; Siniscalco, Irretroattività delle leggi in materia penale. Disposizioni sostanziali e disposizioni processuali nella disciplina della successione di leggi, Milano, 1987, 105 ss.; Toscano, Successione di leggi penali e materia cautelare al vaglio della Suprema Corte in RIDPP, 2014, 2010 ss.; sul punto, Mazza, La norma processuale penale nel tempo, in Aa. Vv., Trattato di procedura penale, diretto da Ubertis e Voena, Milano, 1999, 172.
[18] Garofoli, Manuale di diritto penale. Parte generale, Roma, 2012, 242; così anche Fiandaca e Musco, Diritto penale. Parte generale, Bologna, 2009, 93.
[19] Sul quale Ambroselli, La Corte costituzionale torna a pronunciarsi sulla retroattività della lex mitior: applicabilità del giudizio-pilota a fattispecie ad esso assimilabili non pervenute alla Corte di Strasburgo. Questioni a margine della sentenza n. 210 del 2013 della Corte Costituzionale, in www.dirittifondamentali.it ; Gambardella, Lex mitior e giustizia penale, Torino, 2013, 47 ss.; Id., il caso “Scoppola”: per la Corte europea l’art. 7 Cedu garantisce anche il principio di retroattività della legge più favorevole, in CP, 2010, 2020 ss.; Palmieri, Il giudizio, in Aa. Vv., I diritti fondamentali nell’Unione Europea. La Carta di Nizza dopo il Trattato di Lisbona, a cura di Gianniti, Bologna, 2013, 1448 ss..
[20] Si trattava in particolare degli artt. 7 ed 8 d.l. 24 novembre 2000, n. 341, conv. dalla l. 19 gennaio 2001, n. 4, inserite nel Capo III del testo di legge, rubricato “Interpretazione autentica dell’articolo 442 comma 2 del codice di procedura penale e disposizioni in materia di giudizio abbreviato nei processi per i reati puniti con l’ergastolo”.
[21] Sul punto anche CEDU 9 febbraio 1995, Welch c. Regno Unito, in https://www.echr.coe.int/home ; CEDU 12 febbraio 2008, ric. 21906/2004, Kafkaris c. Cipro, ivi.
[22] CEDU 13 novembre 2014, ric. 43952/2009, Bosti c. Italia, in https://hudoc.echr.coe.int/ .
[23] CEDU 12 aprile 2007, ric. 20402/2003, Martelli c. Italia, in https://hudoc.echr.coe.int/ .
[24] CEDU 10 luglio 2007, ric. 45989/2006, Rasnik c. Italia, in https://hudoc.echr.coe.int/ ; CEDU 12 febbraio 2004, RIC. 7856/2002, Mione c. Italia, ivi.
[25] CGUE, 26 febbraio 2013, c. C-617/10, Åklagaren c. Hans ÅkerbergFransson, § 35, in https://e-justice.europa.eu/.
[26] CGUE, 3 maggio 2005, c. C-387/02, C-391/02 e C-403/02, Berlusconi +, in https://e-justice.europa.eu/; sul punto, Allena, La sanzione amministrativa tra garanzie costituzionali e principi CEDU: il problema della tassatività – determinatezza e la prevedibilità, in www.iris.unibocconi.it .
[27] CEDU 4 marzo 2014, ric. n. 18640, 18647, 18663, 18668 e 18698/2010, Grande Stevens c. Italia, in https://hudoc.echr.coe.int ; CEDU 9 novembre 1999, ric. 35260/97, Varuzza c. Italia, ivi; CEDU, 21 marzo 2006, ric. 70074/01, Valico c. Italia, ivi; CEDU 7 settembre 2011, ric. 43509/08, Menarini c. Italia, ivi.
[28] Sul quale Natalini, Relazione 68/2022 su novità normativa. Disciplina transitoria e prime questioni di diritto intertemporale del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall’art. 6 del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, in www.cortedicassazione.it .
[29] Rescigno, voce Disposizione. IV) Disposizioni transitorie, in Enc. dir., XIII, Milano, 1964, 230.
[30] Galgani, Diritto probatorio e successione di leggi nel tempo. Tempus regit actum?, Torino, 2012, 67 ss.; Giuliani, Le disposizioni sulla legge in generale: gli articoli da 1 a 15, in Aa. Vv., Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, I, Promesse e disposizioni preliminari, Torino, 1991, 47 ss.; Leone, Il tempo nel diritto penale sostantivo e processuale, Napoli, 1974, passim; Lozzi, La successione delle leggi processuali penali nel tempo e le disposizioni transitorie del nuovo codice di procedura penale, in Id., Riflessioni sul nuovo processo penale, Torino, 1990, 73; Mazza, La norma processuale penale nel tempo, Milano, 1999, 91; Mencarelli, Tempo e processo, Profili sistematici, in Giust. pen., 1975, III, c. 2 ss.; Pinna, La disciplina intertemporale, in Aa. Vv., Impugnazioni e regole di giudizio nella legge di riforma del 2006. Dai problemi di fondo ai primi responsi costituzionali, a cura di Bargis e Caprioli, Torino, 2007, 279; Quadri, sub art. 11, in Aa. Vv., Commentario al codice civile. Disposizioni sulla legge in generale, a cura di Scialoja e Branca, Bologna, 1974, 43; Tribisonna, Specificità dei motivi d’appello e successione di leggi processuali nel tempo: la nascita dell’aspettativa alla valutazione di ammissibilità dell’impugnazione, in www.archiviopenale.it ; Trinti, Principio del tempus regit actum nel processo penale ed incidenza sulle garanzie dell’imputato. Possibili prospettive di mitigazione, in https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/ .
[31] Cass., Sez. IV, 8 maggio 2018 (c.c. 29 marzo), 20112, in www.cortedicassazione.it .
[32] Cass., Sez. V, 20 giugno 2019 (c.c. 23 maggio), 27626, in www.cortedicassazione.it . Sul punto, Dean, Accordo tra le parti sull’accoglimento dei motivi d’appello e regime transitorio, in Giur. it., 1990, II, c. 173.
[33] Sul punto, Cass., Sez. I, 13 gennaio 2020 (c.c. 23 ottobre 2019), 944, M., in C.E.D. Cass., Rv. 278170; Cass., Sez. VI, 25 ottobre 2019 (c.c. 11 settembre), 43641, in www.cortedicassazione.it ; Cass., Sez. II, ord. 9 luglio 2018 (c.c. 1° giugno 2018), 30990, Gueli, in C.E.D. Cass., rv. 272969;.
[34] Sul punto, Pardo e Ingrao, La riforma delle impugnazioni penali (L. Orlando), Milano, 2017, 36 e 39.
[35] Art. 2 l. 16 febbraio 1987, n. 81 avente ad oggetto la “delega legislativa al Governo della Repubblica per l’emanazione del nuovo codice di procedura penale”.
[36] Sul punto, Giunchedi, Il concordato anche con rinuncia ai motivi di appello, in www.archiviopenale.it , 15; Lavarini, La riedizione del concordato sui motivi di appello fra vecchie e nuove ambiguità, in Aa. Vv., La riforma delle impugnazioni tra carenze sistematiche e incertezze applicative, a cura di Bargis e Belluta, Torino, 2018, 45; critica sui parametri indicati dal legislatore, Spagnolo, Il concordato in appello, in Aa. Vv., Le impugnazioni penali dopo la riforma, a cura di Pulvirenti, Torino, 2018, 162.
[37] Ingrao, La riforma del processo di appello e l’istituto del concordato in appello, in il Penalista.it , 14 luglio 2017, 6; Lorenzetto, L’appello nell’età della restaurazione, in Giur. it., 2017, 2282; Spagnolo, Il concordato in appello, cit., 163.
[38] I criteri della PG di Roma sono reperibili al seguente link: https://www.ordineavvocatiroma.it/wp-content/uploads/2023/04/Linee_guida_del_concordato_in_appello.pdf.
I criteri della PG di Messina sono reperibili al seguente link: https://ordineavvocatimessina.it/resources/uploads/news/scans-temp-20230509121209-612.pdf .
I criteri della PG di Bologna sono reperibili al seguente link: https://www.camerapenale-bologna.org/wp-content/uploads/2023/04/3161.pdf .
Quelli della PG di Perugia sono reperibili al seguente link: file:///C:/Users/Avv.%20Piero/Desktop/Downloads/4_procura-generale-pg_criteri_in_materia_di_concordato_in_appello_-_art-_599_bis_comma_4_c-p-p.pdf .
[39] Peccato che il gravame sia interamente devolutivo mentre l’appello no…
[40] Gialuz, Cambiale e Della Torre, Riforma Orlando: le modifiche attinenti al processo penale, tra codificazione della giurisprudenza, riforme attese da tempo e confuse innovazioni, in Dir. pen. cont., 2017, 3, 188;Macchia, Le novità dell’appello: rinnovazione dell’appello, concordato sui motivi, in Dir. pen. cont., 9 novembre 2017, 15; Marandola, Il ritorno del concordato sui motivi d’appello, in Aa. Vv., Le recenti riforme in materia penale. Dai decreti di depenalizzazione (d.lgs. n. 7 e n. 8/2016) alla legge “Orlando” (l. n. 103/2017), a cura di Baccari, Bonzano, La Regina e Mancuso, Milano, 2017, 406, auspicava l’unificazione nazionale dei criteri; sul punto, Chinnici e Scaccianoce, Il legislatore scopre “ancora una volta” il concordato sui motivi d’appello e “per la prima volta” la prova orale nell’immediatezza, in AP, La giustizia penale riformata. Supplemento, 2018, 1, 675.
[41] Bargis, Primi rilievi sulle proposte di modifica in materia di impugnazioni nel recente d.d.l. governativo, in https://dpc-rivista-trimestrale.criminaljusticenetwork.eu/pdf/bargis_1_15.pdf , 9; Ceresa Gastaldo, La riforma dell’appello, tra malinteso garantismo e spinte deflative, in Dir. pen. cont., 2017, 3, 171; Marandola, Prime riflessioni sul “nuovo” giudizio d’appello, in www.archiviodpc.dirittopenaleuomo.org ; Spangher, il “nuovo” giudizio di appello, in DPP, 2017, 1328.
[42] Macchia, Le novità dell’appello: rinnovazione dell’appello, concordato sui motivi, in Dir. pen. cont., 9 novembre 2017, 15.
[43] Sul punto Cass. S.U. 28 gennaio 2004, 5466, in CP, 2004, 1595. Sul punto, Fiorio, L’appello, in Aa. Vv., Le impugnazioni penali, diretto da Gaito, Torino, 1998, 329, sostiene che le vicende che hanno investito il concordato sui motivi furono particolarmente tormentate; Gaeta e Macchia, L’appello, in Aa. Vv., Trattato di procedura penale, diretto da Spangher, V, Impugnazioni, Milanofiori Assago, 2009, 589; Galati, L’appello, in Dominioni, Corso, Gaito, Spangher, Dean, Garuti e Mazza, Procedura penale, Torino, 2010, 488; Lavarini, La riedizione del concordato sui motivi d’appello fra vecchie e nuove ambiguità, in Aa. Vv., La riforma delle impugnazioni tra carenze sistematiche e incertezze applicative, a cura di Bargis e Belluta, Torino, 2018, 27 ss.; Spagnolo, Il concordato in appello, cit., 149 ss..
[44] Pisani, Il pubblico ministero nel nuovo processo penale: profili deontologici, in RIDPP, 1989, 181 ss..
[45] Secondo Cass., Sez. III, 24 novembre (u.p. 28 ottobre), 13484, Dell’Utri, in www.latribunaplus.it. Sul punto, Bargis, Impugnazioni, in Aa. Vv., Compendio di procedura penale, a cura di Conso e Grevi, Padova, 2000, 786; Callari, Il concordato sui motivi di appello e il mito della Fenice, in CP, 2015, 12 ss.; Catalano, L’accordo sui motivi di appello, Milano, 2001, passim; Chinnici e Scaccianoce, Il legislatore scopre “ancora una volta” il concordato sui motivi d’appello e “per la prima volta” la prova orale nell’ immediatezza, in www.archiviopenale.it ; Chiavario, Commento alla l. 16.2.1987, in LP, 1987, 412, nt. 412; Id., Nuovo regime delle impugnazioni. I limiti e i mancati equilibri di una riforma, in Aa. Vv., Commento al nuovo codice di procedura penale, coordinato da Chiavario, VI, Torino, 1991, 11 ss.; Di Chiara, Primi appunti in tema di «concordato» sui motivi di appello, in Giur. mer., 1990, II, 1054; Gironi, Prime note in tema di «patteggiamento» in grado d’appello nel nuovo processo penale, in Foro it., 1990, II, 404; Mangiaracina, sub art. 599 c.p.p., in Aa. Vv., Codice di procedura commentato, a cura di Gaito, II, Milanofiori Assago, 2012, 3662; Marandola, Il ritorno del concordato sui motivi di appello, in Aa.Vv., Le recenti riforme in materia penale. Dai decreti di depenalizzazione (d.lgs. n. 7 e n. 8/2016) alla legge “Orlando” (l. n. 103/2017), Milano, 2017, 389 ss.; Suraci, Il concordato sui motivi di appello, in Aa. Vv., La riforma Orlando. Modifiche al Codice penale, al Codice di procedura penale e Ordinamento penitenziario, a cura di Spangher, Ospedaletto, 2017, 249 ss.; Tonini, Manuale di procedura penale, XX ed., Milano, 2019, 966; Tranchina e Di Chiara, voce Appello (dir. proc. pen.), in Enc. dir., Agg. III, Milano, 1999, 212.
[46] Così Lattanzi, Il patteggiamento in appello: un incompreso, in CP, 1990, II, 367 ss.; sul punto, Fiorio, L’appello, in Aa. Vv., Le impugnazioni penali, diretto da Gaito, Torino, 1998, 329; Giunchedi, Il concordato anche con rinuncia ai motivi di appello, cit., 3 ss..
[47] Giunchedi, Il concordato anche con rinuncia ai motivi di appello, cit., 6.
[48] Ceresa Gastaldo, La riforma dell’appello, tra malinteso garantismo e spinte deflative, in Dir. pen. cont., 2017, 3, 170 ss.; Gaito, L’appello, in Dominioni, Corso, Gaito, Spangher, Galantini, Filippi, Garuti, Mazza, Varraso e Vigoni, Procedura penale, Torino, 2018, 812.
[49] Ceresa Gastaldo, La Riforma dell’appello fra malinteso garantismo e spinte deflative, cit., 170; Spangher, Cassazione e appello. Le funzioni complementari del controllo, in Aa. Vv., La Corte assediata. Per una ragionevole deflazione dei giudizi penali di legittimità, Milano, 2014, 163.
[50] Caprioli, La definizione concordata del processo in appello dopo l’intervento della Corte costituzionale, in RIDPP, 1991, 626 ss.; Catalano, L’accordo sui motivi d’appello, Milano, 2001, 42 ss.; Galantini, Note in tema di patteggiamento sui motivi d’appello, in CP, 1994, 2578 ss.; critico Giunchedi, Il concordato anche con rinuncia ai motivi di appello, cit., 10; Nappi, Ripristinato il patteggiamento in appello, in Gazz. giur., 1999, 2; Spangher, Ritorno alle origini per il patteggiamento sui motivi d’appello, in DPP, 1999, 145 ss..
[51] Così Suraci, Il concordato sui motivi di appello, in Aa. Vv., La riforma Orlando. Modifiche al Codice penale, al Codice di procedura penale e Ordinamento penitenziario, a cura di Spangher, cit., 249 ss., che parla in proposito di “confusione concettuale” sebbene neghi le similitudini fra i due istituti; critici, sebbene su basi differenti, anche Marafioti, La giustizia penale negoziata, Milano, 1992, 33 ss.; Misiti, Concordare non vuol dire patteggiare: analogie e differenze tra gli istituti di cui agli artt. 444 e 599 bis c.p.p., in www.giuridicamente.com ; Scalfati, Tomografia di una riforma, in Aa. Vv., La riforma della giustizia penale. Commento alla legge 23 giugno 2017, Torino, 2017, 15. Sul punto, Bargi, La riforma c.d. “Orlando” tra istanze di rinnovamento e retaggi emergenziali della politica del “doppio binario”, in www.archiviopenale.it .
[52] Corte cost. 10 ottobre 1990, 435, in Giur. cost., 1990, 2593; Spangher e Marandola, Concordato in appello: basta equivoci, in Il penalista, 21 agosto 2017. In dottrina, Cordero, Procedura penale, Milano, 2003, 1124; Galantini, Note in tema di patteggiamento sui motivi di appello, in CP, 1994, 2578; Lozzi, Il nuovo processo penale dopo il primo anno di applicazione: preoccupazioni fondate e preoccupazioni inconsistenti, in LP, 1991, 663; Sau, Il procedimento in camera di consiglio ex art. 599, 4° co., c.p.p. dopo l’intervento della Corte costituzionale, in Il giusto processo, 1991, 367; Spangher, Il concordato sui motivi e sulla pena nel giudizio d’appello, in Studium iuris, 1996, 367.
[53] La sentenza, infatti, circoscriveva l’ambito del negozio giuridico a “ la specie o la misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione tra circostanze, o l’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, di sanzioni sostitutive, della sospensione condizionale della pena o della non menzione della condanna nel certificato penale”.
[54] Albamonte, Il cd. decreto sicurezza: profili di diritto processuale, in Giur. mer., 2009, 607; Bricchetti e Pistorelli, Giudizio immediato per chi è già in carcere, in GD, 2008, 23, 81; Pardo e Ingrao, La riforma delle impugnazioni penali (L. Orlando), cit., 36; Piattoli, Abrogato l’accordo sui motivi d’appello e sulla pena: intenti legislativi e riflessi di sistema, in Aa. Vv., Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica (d.l. 23 maggio 2008, n. 92 conv. in legge 24 luglio 2008, n. 125), a cura di Mazza e Viganò, Torino, 2008, 338; Pezzella, Carichi esigibili e produttività, ma anche qualità del decidere e rispetto del codice, in CP, 2009, 2259; Siagura, La negoziabilità della pena. Esperienze giuridiche a confronto, Padova, 2015, 96; Spagnolo, Commento all’art. 2 d.l. 23.5.2008, n. 92, in LP, 2009, 163.Contro l’abrogazione, Gaeta e Macchia, L’appello, cit., 594; Gaito, Spangher, Giunchedi, Santoriello, Scopi della giustizia penale e politica processuale differenziata, in Aa. Vv., La giustizia penale differenziata, I, I procedimenti speciali, coordinato da Giunchedi, Torino, 2010, XXII ss.; Monaco, Patteggiamento tipico e allargato, patteggiamento sui motivi, in La giustizia penale differenziata, I, I procedimenti speciali, cit., 653; ; Suraci, Il concordato sui motivi di appello, in Aa. Vv., La riforma Orlando. Modifiche al codice penale, codice di procedura penale e ordinamento penitenziario, a cura di Spangher, cit., 241 ss..
[55] Sul punto, Lavarini, La riedizione del concordato sui motivi di appello fra vecchie e nuove ambiguità, cit., 38.
[56] Cass., sez. VI, 13 giugno 1996 (c.c. 1° aprile), 6011, Lanzalotta, in www.latribunaplus.it .
[57] Giunchedi, Il concordato anche con rinuncia ai motivi di appello, cit., 13.
[58] Chinnici e Scaccianoce, Il legislatore scopre “ancora una volta” il concordato sui motivi d’appello e “per la prima volta” la prova orale nell’immediatezza, cit., par. 3; Lavarini, La riedizione del concordato sui motivi di appello fra vecchie e nuove ambiguità, cit., 38, nt. 39; Livreri, Ancora una modifica del concordato sui motivi d’appello, cit., 622; Spangher e Marandola, Concordato in appello: basta equivoci, in Il penalista, 21 agosto 2017. Spagnolo, Il concordato in appello, cit., 158, sebbene escluda il carattere premiale dell’istituto non comprendeva le ragioni “delle condizioni ostative”.
[59] La Relazione al d.d.l. n. 2798/C, in www.camera.it indicava che il legislatore intendeva chiarire “la reale portata di concordato sui motivi più che di applicazione concordata della pena”.
[60] Capraro, Novità per l’appello: concordato sui motivi e obbligo di rinnovazione istruttoria, in Aa. Vv., La riforma della giustizia penale, a cura di Scalfati, Torino, 2017, 201; Macchia, Le novità dell’appello: rinnovazione dell’appello, concordato sui motivi, in Dir. pen. cont., 9 novembre 2017, 14; Marandola, Il ritorno del concordato sui motivi d’appello, in Aa. Vv., Le recenti riforme in materia penale. Dai decreti di depenalizzazione (d.lgs. n. 7 e n. 8/2016) alla legge “Orlando” (l. n. 103/2017), a cura di Baccari, Bonzano, La Regina e Mancuso, Padova, 2017, 400; Pardo e Ingrao, La riforma delle impugnazioni penali (L. Orlando), cit., 38; Parodi, Riforma Orlando: tutte le novità, Milano, 2017, 90 ss.; Pascucci, Il ritorno del concordato sui motivi d’appello, tra esigenze processuali e timori di malfunzionamento, ivi, 2017, 11, 35; Scalfati, Tomografia di una riforma, in Aa. Vv., La riforma della giustizia penale, cit., 14; Spangher, La riforma Orlando della giustizia penale: prime riflessioni, in Dir. pen. cont., 2016, 1, 96.
[61] Spagnolo, Il concordato in appello, cit., 156.
[62] Spagnolo, Il concordato in appello, cit., 155; Siagura, La negoziabilità della pena. Esperienze giuridiche a confronto, Padova, 2015, 93 ss..
[63] Chinnici e Scaccianoce, Il legislatore scopre “ancora una volta” il concordato sui motivi d’appello e “per la prima volta” la prova orale nell’immediatezza, in www.archiviopenale.it ; Lavarini, La riedizione del concordato sui motivi di appello fra vecchie e nuove ambiguità, cit., 33; Pardo e Ingrao, La riforma delle impugnazioni penali (L. Orlando), cit., 41.
[64] Cass., Sez. III, 24 novembre 1999 (c.c. 28 ottobre 1999), 13484, cit.; secondo Cass., Sez. I, 10 aprile 2003 (c.c. 29 gennaio), 16965, Augugliaro, in www.latribunaplus.it.
[65] Cass., Sez. VI, 3 giugno 2020 (18 novembre 2019), 16765, in www.cortedicassazione.it; Cass., Sez. VI, 12 novembre 2019 (8 ottobre), 45876; Cass., Sez. II, 20 maggio 2019 (10 aprile), 22002, in www.cortedicassazione.it ; Cass., Sez. V, 18 febbraio 2019 (13 novembre 2018), 7333, ivi; Cass., Sez. II, ord. 7 settembre 2018 (21 giugno), 40139, ivi; Cass., Sez. I, ord. 17 luglio 2018 (2 luglio), 32989, ivi; Cass., Sez. V, 25 giugno 2018 (4 giugno), 29243, ivi; Cass., Sez. IV, 19 febbraio 2004 (c.c. 14 gennaio), 7224, in www.latribunaplus.it ; Cass., Sez. VII, 15 novembre 2001 (c.c. 17 ottobre), 40767, ivi. Sul punto, Pardo e Ingrao, La riforma delle impugnazioni penali (L. Orlando), Milano, 2017, 47; Spagnolo, Il concordato in appello, cit., 163.
[66] Suraci, Il concordato sui motivi d’appello, in Aa. Vv., La riforma Orlando, a cura di Spangher, cit., 251; Giunchedi, Il concordato anche con rinuncia ai motivi di appello, cit., 9 e 13.
[67] Guerini, Il ritorno alla giustizia negoziata: il “nuovo” concordato in appello, in www.lalegislazionepenale.eu ; Lavarini, La riedizione del concordato sui motivi d’appello fra vecchie e nuove ambiguità, cit., 32.
[68] Cass., Sez. II, 4 marzo 2020 (c.c. 22 novembre 2019), 8745, A.A., in www.cortedicassazione.it ; Cass., Sez. IV, 15 aprile 2019 (c.c. 22 gennaio), 16195, ivi.
[69] Cass. S.U. 11 febbraio 2004 (c.c. 28 gennaio), 5466, Gallo, in CP, 2004, 1595; Cass., Sez. VII, 20 maggio 2021 (c.c. 2 febbraio), 20085, in www.latribunaplus.it ; Cass., Sez. I, 16 luglio 2019 (21 maggio), 31247, in www.cortedicassazione.it ; in dottrina, Giunchedi, Il concordato anche con rinuncia ai motivi di appello, cit., 19 e 20.
[70] Cass., sez. VI, 4 febbraio 2020 (c.c. 20 novembre 2019), 4665, in www.cortedicassazione.it ; Cass., Sez. VII, ord., 13 novembre 2019 (c.c. 8 ottobre), 46053, ivi; Cass., Sez. IV, ord. 15 novembre 2018 (c.c. 24 ottobre), 51564, ivi; Cass., Sez. V, 26 aprile 2018 (c.c. 19 marzo), 18299, ivi; Cass., Sez. V, 6 aprile 2018 (c.c. 19 marzo), 15505, ivi; Cass., Sez. III, ord. 8 marzo 2018, 30190, ivi; Cass., Sez. III, 4 febbraio 2008 (c.c. 18 dicembre 2007), 5332, in www.latribunaplus.it ; in dottrina, Lorenzetto, sub art. 599 bis c.p.p., cit., 1595; Pardo e Ingrao, La riforma delle impugnazioni penali (L. Orlando), cit., 43 e 44.
[71] Cass., Sez. VI, 21 aprile 2020 (5 marzo 2020), 12613, in www.cortedicassazione.it ; Cass., Sez. III, 12 giugno 2019 (6 marzo), 25994, ivi; Cass., Sez. VI, 22 settembre 2005 (c.c. 8 luglio), 33951, in www.latribunaplus.it ; secondo Cass., Sez. VI, 18 ottobre 2005, 3143, ivi, nel caso di reato continuato, è legittima, purché non modifichi l’entità della pena concordata, l’individuazione da parte del giudice di appello di un diverso reato base rispetto a quello indicato dalle parti.
[72] Cass., Sez. III, 24 novembre 1999 (c.c. 28 ottobre), 13484, in www.latribunaplus.it .
[73] CEDU 17 settembre 2009, ric. n. 10249/03, Scoppola c. Italia, cit., § 109.
[74] Alpa, Status e capacità, Roma, 1993, 18 ss.; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli e Natoli, Diritto Civile, Torino, 1988, 285; Monateri, voce Diritto soggettivo, in Dig. disc. priv. sez. civ., VI, Torino, 1990, 411 ss.; Piras, Sull’esercizio della facoltà di disporre, in Nuova riv. dir. comm., 1947, 21.
[75] Gazzoni, Manuale di diritto privato, IX ed., Napoli, 2001, 58; Pugliatti, L’atto di disposizione e il trasferimento dei diritti, in Diritto civile. Metodo teoria – pratica, Milano, 1951, 5. Torrente, Manuale di diritto privato, XIV ed., Milano, 57; sul punto, Balladore Pallieri, Diritto soggettivo e diritto reale, in Ius, 1952, 23; Chiovenda, Sulla natura giuridica dell’espropriazione forzata, Saggi di diritto processuale, II, Roma, 1931, 459; De Cupis, I diritti della personalità, Milano, 1982, 21; Perlingieri, Manuale di diritto civile, Napoli, 2014, 93; Romano, Aspetti soggettivi dei diritti sulle cose, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1955, 1018 ss.; Russo, Il concetto di diritto soggettivo, in Riv. dir. civ., 2008, 20.
[76] Sul quale, su tutti, Paladin, Il principio costituzionale d’eguaglianza, Milano, 1965, passim.
[77] Corte cost. 16 novembre 2009, 311, in Giur. cost., 2009, 4657, con nota di Massa, La “sostanza” della giurisprudenza europea sulle leggi retroattive, indicava i criteri di ragionevolezza in grado di orientare il legislatore in ordine alle possibili deroghe al principio.
[78] Corte cost. 23 novembre 2006, 393, in DPP, 2007, 194, con nota di Pulitanò, Deroghe alla retroattività in mitius nella disciplina della prescrizione; in dottrina, Scaccianoce, La retroattività della lex mitior nella lettura della giurisprudenza interna e sovranazionale: quali ricadute sul giudicato penale?, in www.archiviopenale.it .
[79] Gatta e Gialuz, Riforma Cartabia e durata media del processo penale: – 29% nel primo semestre del 2023. Raggiunto (al momento) il target del PNRR. I dati del monitoraggio statistico del Ministero della Giustizia, in www.sistemapenale.it ; Oggero, Il concordato in appello, cit., 170; v. in particolare sul punto la scheda del PNRR Giustizia, sul sito del Ministero della Giustizia, presso il link https://www.giustizia.it/giustizia/page/it/pnrr# .
[80] In https://temi.camera.it/leg18/temi/le-misure-per-la-giustizia-nel-progetto-di-recovery-plan-del-12-gennaio-2021.html ; sul punto, Della Torre, La crisi dell’appello penale nel prisma della statistica giudiziaria, in www.archiviopenale.it ; Ichino, “Riforma Cartabia” e processo d’appello, in www.questionegiustizia.it ..
[81] Scettico sulla proficuità dell’istituto, Livreri, Ancora una modifica del concordato sui motivi d’appello, cit., 626. Sul punto Giunchedi, Il concordato anche con rinuncia ai motivi di appello, cit., 11.