Il Tribunale ordinario di Marsala ha sollevato questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 27 Cost., dell’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022, nella parte in cui non consente di presentare al giudice dell’esecuzione, entro trenta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, istanza di applicazione di una delle pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui all’art. 20-bis cod. pen. «ai condannati a pena detentiva non superiore a quattro anni nei confronti dei quali, al momento dell’entrata in vigore del succitato decreto, pendeva dinanzi alla Corte di appello il termine per il deposito della sentenza».
Il rimettente denuncia una «lacuna involontaria» nella disciplina transitoria dettata dall’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022, relativa alle nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi, disciplinate ora dall’art. 20-bis cod. pen., introdotto dall’art. 1 dello stesso d.lgs. n. 150 del 2022.
Infatti, l’art. 95, comma 1, di tale decreto legislativo stabilisce che le norme relative alle pene detentive brevi si applichino «anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell’entrata in vigore del presente decreto». Inoltre, si prevede una disciplina transitoria per i condannati a pena detentiva non superiore a quattro anni i cui procedimenti penali fossero «pendent[i] innanzi la Corte di cassazione all’entrata in vigore del presente decreto», stabilendo che – entro trenta giorni dalla data di irrevocabilità della sentenza di condanna – essi potessero presentare istanza di applicazione di una delle pene sostitutive al giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 666 del codice di procedura penale. Secondo il rimettente, in sostanza, il legislatore delegato avrebbe omesso di disciplinare il caso specifico in cui il processo, alla data di entrata in vigore del decreto, fosse stato già definito dalla corte d’appello mediante la lettura del dispositivo, ma non potesse ancora ritenersi «pendente innanzi la Corte di cassazione», non essendo decorso il termine per il deposito della sentenza d’appello.
La questione è stata dichiarata non fondata.
La Consulta ha ritenuto che, seppure il processo ben potrebbe ritenersi – da un punto di vista letterale – ancora “pendente in grado d’appello”, posto che i relativi atti si trovavano ancora fisicamente negli uffici della corte d’appello procedente, la previsione del primo periodo dell’art. 95, comma 1, del d.lgs. n. 150 del 2022 risulterebbe in concreto inapplicabile per ragioni sistematiche, dal momento che, secondo i principi generali del processo penale, una volta letto in udienza il dispositivo la corte d’appello non ha più alcun potere di modificare la statuizione relativa alla pena, salva l’ipotesi della correzione dell’errore materiale che qui certamente non ricorre.
Invero, anche la più recente giurisprudenza della Corte di cassazione ha chiarito che, ai fini dell’applicabilità del regime transitorio previsto dalla disposizione censurata, deve considerarsi «pendente innanzi la Corte di cassazione» qualsiasi processo che, alla data di entrata in vigore della riforma, fosse stato definito dalla corte d’appello mediante la pronuncia del dispositivo: e, dunque, anche quei processi nei quali sia ancora pendente il termine fissato dal collegio per il deposito delle motivazioni, ovvero nei quali sia pendente il termine per il ricorso per cassazione-