Cass., sez. VI, 11 luglio 2023 (dep. 12 ottobre 2023), n. 41379, Calvanese, Presidente, Pacilli, Relatore
Il caso
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 26 novembre 2021 l – in parziale riforma della sentenza emessa l’8 maggio 2017 dal Tribunale di Nola – ha confermato le condanne nei confronti di soggetti ai quali sono stati ascritti, tra gli altri, i delitti di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.) ed estorsione (art. 629 c.p.). Avverso la sentenza, gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione adducendo – nel quadro di una più ampia strategia difensiva – due motivi per i quali si è reso necessario l’intervento delle Sezioni Unite: il primo riguardante la configurabilità dei delitti di cui agli articoli 353, 629 c.p. nella condotta di chi, con violenza o minaccia, allontana gli offerenti da una gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private; il secondo vòlto a chiarire se nella nozione di danno patrimoniale di cui all’art. 629 c.p. rientri anche la perdita dell’aspettativa di conseguire un vantaggio economico (c.d. perdita di chance).
La questione dibattuta
Per comprendere i quesiti è necessario soffermarsi sulle caratteristiche dei due reati.
La fattispecie di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.) si colloca tra i delitti dei privati contro la Pubblica amministrazione e punisce condotte che, inserite nell’àmbito dei pubblici incanti o delle licitazioni private, ne falsano l’esito (Cass., sez. II, 21 aprile 2017, n. 28388, in C.E.D. Cass., n. 270338; Cass., sez. II, 4 maggio 2018, n. 34746, in C.E.D. Cass., n. 273550). L’orientamento prevalente inquadra l’art. 353 c.p. tra i reati di pericolo concreto, richiedendo l’idoneità degli atti a influenzare la gara (Cass., sez. VI, l marzo 2023, n. 12333, in C.E.D. Cass., n. 284572; Cass., sez. VI, 11 marzo 2013, n. 12821, in C.E.D. Cass., n. 254906; Cass., sez. VI, 24 aprile 2013, n. 28970, in C.E.D. Cass., n. 255625; Cass., sez. VI, 27 settembre 2013, n. 41365, in C.E.D. Cass., n. 256276). Per ciò che attiene all’oggetto giuridico del reato, secondo la giurisprudenza, questo consisterebbe nell’interesse della pubblica amministrazione al libero e regolare svolgimento della gara. In questa prospettiva, il bene protetto comprenderebbe (oltre alla libertà di partecipazione alle gare) anche la libertà dei partecipanti di influenzarne l’esito (Cass., sez. VI, 8 maggio 1998, n. 8443, in C.E.D. Cass., n. 212224; Cass., sez. II, l giugno 2014, n. 30050, in C.E.D. Cass., n. 260137; per approfondimenti, Fiandaca, Musco, Diritto penale. Parte speciale, I, VI ed., Bologna, 2021, p. 326 ss.).
Il delitto di estorsione (art. 629 c.p.) è invece inserito tra i reati contro il patrimonio e punisce chi coarta l’altrui volontà con lo specifico fine di conseguire un ingiusto profitto, con altrui danno patrimoniale. L’elemento dell’ingiusto profitto consisterebbe in qualsiasi vantaggio – non solo economico – che l’autore consegua (Cass., sez. II, 31 marzo 2008, n. 16658, Colucci, in C.E.D. Cass., n. 239780; Cass., sez. II, 17 novembre 2005, n. 29563, in C.E.D. Cass., n. 234963). Per ciò che concerne il danno, invece, è richiesta una specifica connotazione patrimoniale (Cass., sez. II, 20 febbraio 2019, n. 8477, Scialpi, in C.E.D. Cass., n. 275613; Cass., sez. II, 14 febbraio 2017, n. 11107, Tessitore, in C.E.D. Cass., n. 269905; Cass., sez. II, 10 ottobre 2014, n. 677, Di Vincenzo, in C.E.D. Cass., n. 261553). In quest’ottica, il patrimonio ricomprenderebbe un insieme di rapporti giuridici attivi e passivi aventi contenuto economico, unificati dalla legge in considerazione dell’appartenenza al medesimo soggetto. Sicché, qualsiasi situazione che incidesse negativamente sull’assetto economico di un individuo rientrerebbe nella categoria di danno di cui all’art. 629 c.p. (Cass., sez. V, 16 febbraio 2017, n. 18508, Fulco, in C.E.D. Cass., n. 270209; per approfondimenti vedi Fiandaca, Musco, Diritto penale. Parte speciale, II, VIII ed., Bologna, 2023, p. 163 ss.).
La differenza tra i due reati è evidente ma, qualora si optasse per gli approdi di alcune pronunce di legittimità, sorgerebbero incertezze in merito alla configurazione di un concorso tra reati (Cass., sez. II, 19 febbraio 2020, n. 12434, Di Grazia, in C.E.D. Cass., n. 278998; Cass., sez. V, 13 ottobre 2016, n. 9429, Mancuso, in C.E.D. Cass., n. 269364; Cass., sez. VI, 28 novembre 2013, n. 48461, Fontana, in C.E.D. Cass., n. 258168). Ciò in quanto tali decisioni sanciscono l’inclusione della lesione dell’interesse privatistico a curare i propri interessi tra gli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 353 c.p. Così facendo, secondo un’isolata pronuncia, potrebbe profilarsi un rapporto di specialità tra i due reati, con conseguente integrazione della mera turbata libertà degli incanti (Cass., sez. VI, 3 marzo 2004, n. 19607, Del Regno, in C.E.D. Cass., n. 228964).
Secondo altre pronunce – alle quali si è conformata la sentenza all’esame delle Sezioni unite – il danno del delitto di estorsione può consistere nella figura (indefinita e mutuata dall’ordinamento francese) della c.d. perdita di chance, sulla cui nozione si contrappongono due linee interpretative.
Un primo orientamento afferma che tale danno possa individuarsi nella perdita dell’aspettativa del soggetto di conseguire – non meglio definiti – vantaggi economici favorevoli (Cass., sez. V, 16 febbraio 2017, n. 18508, Fulco, in C.E.D. Cass., n. 270209). In tal senso, sembra essere trascurata l’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale civile che delinea due categorie: probabilità di riuscita (chance risarcibile) e mera possibilità di conseguire l’utilità sperata (chance irrisarcibile). Questo dà rilievo alla chance come situazione teleologicamente orientata verso il conseguimento di un’utilità o di un vantaggio e caratterizzata da una possibilità di successo presumibilmente non priva di consistenza (Cass. civ., sez. III, 7 agosto 2023, n. 24050, in C.E.D. Cass., n. 668589).
Un secondo orientamento richiede che la chance consista in una situazione connotata da una consistente probabilità di successo. Si evoca così una definizione generale che postula l’autonomia e l’attualità della chance rispetto al risultato finale (futuro e incerto). Così strutturata, essa risulta essere una situazione giuridica già di per sé rilevante «onde […] la perdita della possibilità consistente di conseguire il risultato utile del quale risulti provata la sussistenza, configura un danno concreto ed attuale» (vedi Cass. civ., sez. VI, ord. 26 gennaio 2022, n. 2261, in C.E.D. Cass., n. 663862).
A fronte della definizione di chance fornita in sede civile, le Sezioni Unite affermano che nei reati contro il patrimonio, quando la fattispecie penale utilizza per la designazione di un fatto, o di un istituto, un “termine” che ha in altro ramo del diritto una propria configurazione “tecnica”, dovrebbe presumersi che anche il diritto penale lo assuma con analogo significato. Ciò in quanto il diritto richiede certezze e riconoscibilità e, dunque, l’uso di elementi normativi deve conformarsi il più possibile ai canoni della determinatezza e tassatività. Di converso, per accogliere ai fini penali una diversa accezione del lemma, occorre trovare nella stessa legge penale una «giustificazione conveniente» per «segni certi» della diversa accezione. Tali segni vanno ricercati sulla base delle «finalità perseguite dall’incriminazione e del più ampio contesto ordinamentale in cui essa si colloca», come ricorda altresì la Consulta, segnalando la necessità di verificare il rispetto del principio di determinatezza mediante il criterio dell’offesa (vedi Cass., Sez. Un., 25 maggio 2011, n. 37954, Orlando, in C.E.D. Cass., n. 250975).
Con riguardo al termine “danno” di cui all’art. 629 c.p., posto che la finalità dell’incriminazione è la tutela del patrimonio, non potrebbe prescindersi dal diritto civile che individua i beni e le utilità che lo compongono. Questa specificazione è confermata dall’impossibilità di rinvenire un significato preciso di “chance” nel linguaggio comune, a garanzia sia dei destinatari dei precetti sia dell’ordinamento.
La difficoltà di individuare parametri ai quali il giudice deve fare riferimento potrebbe riverberarsi sul rispetto del principio di determinatezza che opera in una duplice direzione. Questo, infatti, non si limita a garantire la conformità dell’attività giurisdizionale alla legge, ma assicura ai consociati una percezione sufficientemente chiara e immediata dei possibili profili di illiceità penale delle proprie condotte, garantendo la prevedibilità delle decisioni.
I quesiti
In definitiva, le Sezioni Unite sono chiamate a pronunciarsi su due quesiti. Il primo verte sulla configurabilità dell’estorsione, oltre al reato di cui all’art. 353 c.p., nella condotta di chi, con violenza o minaccia, allontani gli offerenti da una gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private. Il secondo chiede se nella nozione di danno patrimoniale di cui all’art. 629 c.p. rientri anche la perdita dell’aspettativa di conseguire un vantaggio economico.
L’udienza è fissata per il 28 marzo 2024 e il relatore designato è il Presidente De Amicis.