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LE PENE SOSTITUTIVE DELLE PENE DETENTIVE BREVI: IL NUOVO ART. 20 BIS C.P. ALLA LUCE DELLA RIFORMA CARTABIA.

This article begins by addressing the main innovations introduced by Law No. 134/2021, implemented through Legislative Decree No. 150/2022, in the field of substantive criminal law, focusing primarily on the newly established institution outlined in Article 20 bis of the Penal Code, entitled “substitute penalties for short-term custodial sentences”.
The essay seeks to provide a comprehensive legal and normative overview of the practical implementation of Article 20 bis of the Penal Code, whose primary purpose lies in the need to move beyond the idea of custodial sentences as the primary punitive response to criminal offenses, and in the desire to align with the constitutional imperative of the rehabilitative function of penalties.
After a brief introduction to the prevailing sanctioning system prior to the ‘Cartabia reform’, the analysis centers on the regulations concerning substitute penalties for short-term custodial sentences, as well as initial judicial decisions which, although still far from forming a consolidated stance on the subject, appear to express a favorable opinion on the effectiveness of this institution, particularly in light of numerous supranational convictions related to prison overcrowding that have affected Italy in recent decades. An overview is then provided of the individual substitute penalties outlined in Article 20 bis of the Penal Code, which encapsulates a new catalogue of penalties: including substitute semi-liberty, substitute home detention, and substitute community service, while reaffirming the operationality of the already established substitute fine penalty.
The intention is therefore to highlight the scope directed by the ‘Cartabia Reform’, shedding light on the primary objectives of Article 20 bis of the Penal Code, which are directly linked to enhancing the efficiency of the judicial process and criminal justice, and particularly to promoting a penal system more open to differentiation in punitive treatment.

Sommario: 1. La marginalità della legge n. 689/1981 sulle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi. – 2. La Riforma Cartabia e le nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi. – 2.1. Le principali novità introdotte dalla Riforma: l’innalzamento dei limiti edittali e il nuovo catalogo delle pene sostitutive delle pene detentive brevi. – 2.2. Le regole sulla sostituzione della pena detentiva: preclusioni e prescrizioni. – 3. Le singole pene sostitutive: uno sguardo d’insieme. – 3.1. La semilibertà sostitutiva. – 3.2. La detenzione domiciliare sostitutiva. – 3.3. Il lavoro di pubblica utilità sostitutivo – 3.4. – La pena pecuniaria sostitutiva. – 4 Il regime transitorio: l’art. 95 del d.lgs. n. 150/2022. – 5. Brevi osservazioni conclusive.

1. La marginalità della legge n. 689/1981 sulle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi

La legge n. 689 del 24 novembre 1981 ha introdotto e disciplinato le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, la cui ratio risiedeva, da un lato, nella volontà di contrastare il carattere repressivo e gli effetti dannosi dell’esecuzione carceraria di una pena detentiva breve e, dall’altro, nella logica deflattiva delle carceri[1]. L’iniziale obiettivo della succitata normativa era stato soprattutto quello di scongiurare l’effetto desocializzante e criminogeno del condannato a seguito di una breve permanenza all’interno del carcere, incentivando l’interprete all’applicazione della pena detentiva ove solo strettamente necessario e come extrema ratio. Tuttavia, gli obiettivi disciplinati dalla richiamata legge non sono stati adeguatamente realizzati, rimanendo anzi disapplicati nella prassi giurisprudenziale, che ha disatteso anche gli auspicati obiettivi di voler «conferire al sistema penale flessibilità e capacità di adeguarsi alla concreta rilevanza che determinati tipi di violazione assumono in una società moderna» e di voler «contribuire ad una più corretta gestione della istituzione penitenziaria nei confronti di coloro che vi sono ristretti per essere stati colpiti da pene detentive per reati più gravi»[2]. L’ambito operativo delle sanzioni sostitutive della l. n. 689/1981, infatti, risultava del tutto marginale a causa della sovrapposizione dei presupposti applicativi ivi richiamati con quelli delle misure sostitutive in senso lato, come l’istituto del beneficio della sospensione condizionale della pena di cui all’art. 163 c.p., e le misure alternative alla detenzione così come regolamentate dalla legge n. 354/1975[3], avallando in tal modo il primato della pena detentiva come il principale strumento di risposta sanzionatoria dell’illecito penale[4].

Una prima svolta legislativa nei confronti di un sistema penalistico tradizionalmente poco incline ad una politica criminale differenziata, veniva operata dalla legge n. 134 del 12 giugno 2003, che, nell’intento di esprimere il favore per tale tipologia di risposta sanzionatoria, si poneva l’obiettivo di dare nuova linfa alle sanzioni delineate dalla l. n. 689/1981, potenziandone il perimetro applicativo e ampliando la possibilità di accedere alle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi mediante alcune modifiche agli art. 53 e 59 della l. n. 689/1981 e l’abrogazione dell’art. 60 della medesima legge.

L’intervento riformatore del 2003 si incentrava sull’obiettivo deflattivo sul piano della commisurazione giudiziale piuttosto che su quello delle previsioni edittali[5], risultando purtuttavia inidoneo ad incentivare l’utilizzo delle sanzioni sostitutive di cui alla l. n. 689/1981.

È all’interno di un quadro normativo dagli esiti disfunzionali che si inserisce la legge delega n. 134 del 27 settembre 2021, e il d.lgs. attuativo n. 150 del 2022, tramite cui è stata disposta una riforma organica in materia di giustizia ispirata agli obiettivi di maggiore efficienza e di ragionevole durata del processo, attuando una riforma che prevede una vastità di interventi riformatori dell’intero processo penale, dalla fase delle indagini preliminari al giudizio di legittimità, estendendosi ai principali istituti del sistema sanzionatorio[6]. La riforma interviene, in particolar modo, sulle sanzioni sostitutive, le cui modifiche attestano «una presa di coscienza della scarsa applicazione e, quindi, della crisi in cui versa l’attuale configurazione dei sostituti della pena di breve durata»[7].

Per quel che interessa in questa sede, la revisione organica dell’intero sistema delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi[8], avente come primario obiettivo il superamento della pena carceraria quale principale risposta sanzionatoria del fatto tipico di reato, rappresenta una delle parti più innovative della Riforma nell’ambito del diritto penale sostanziale[9].

2. La Riforma Cartabia e le nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi

Il nuovo art. 20 bis c.p. disciplina le pene sostitutive delle pene detentive brevi applicabili già in fase cognitiva dal giudice ordinario, circoscrivendo l’ingresso in carcere unicamente ai casi più gravi e scongiurando, in tal modo, che brevi periodi di detenzione possano pregiudicare il fine rieducativo della pena e il reinserimento sociale del condannato.

Invero, il rischio maggiore in cui si incorre applicando una pena detentiva di breve durata è che essa produca effetti ancor più criminogeni, risultando il tempo sufficiente ad innescare processi di desocializzazione e di contagio criminale[10]. Per tale ragione, la Riforma persegue l’obiettivo, tra gli altri, di coordinarsi con l’imperativo costituzionale della funzione rieducativa della pena che, come più volte evidenziato anche dalla Corte Costituzionale[11], non può in alcun modo essere sacrificata. Sul punto, merita menzione anche una recente pronuncia della giurisprudenza di legittimità la quale infatti, proprio in materia di pene sostitutive delle pene detentive brevi e soffermandosi in particolare sul tema della recidiva, afferma che l’applicabilità di una pena sostitutiva non è incompatibile con il pericolo di recidiva, ma, al contrario, rappresenta la specifica modalità individuata dal legislatore per arginarlo al meglio, sia pure in una prospettiva che si proietta dopo il completamento reinserimento sociale conseguente all’applicazione. Il Supremo Consesso specifica, quindi, che l’applicazione di una pena sostitutiva è incompatibile solo con quel tasso di recidiva che l’interprete ritiene di non poter azzerare ovvero ridurre per il tramite delle prescrizioni che accompagnano la pena sostitutiva nella fase di esecuzione della stessa[12].

Emerge, pertanto, il favore espresso dalla Corte di Cassazione in tema di pene sostitutive delle pene detentive brevi, osservandosi come il fine rieducativo della pena invocato all’art. 27 della Costituzione se, da un lato, non può prescindere dalla tutela della collettività, dall’altro può ben realizzarsi anche attraverso un effettivo reinserimento sociale del condannato, rafforzato dalle necessarie e particolari prescrizioni imposte dal giudice.

Infatti, il nuovo sistema sanzionatorio disegnato dal d.lgs. n. 150/2022 non ha lo scopo di anticipare nella fase di cognizione l’individuazione delle misure alternative alla detenzione, rientrati nella sfera di competenza del Tribunale di sorveglianza, bensì quello si far sì che il giudice della cognizione possa applicare la pena in funzione tipicamente rieducativa per il condannato, individuando la sanzione più idonea con gli scopi esplicitamente sanciti dall’art. 27 della Carta Costituzionale.[13]

In verità, la Riforma Cartabia mira anche ad ottenere una risposta concreta al fenomeno del sovraffollamento delle carceri[14], che, come noto, ha comportato per l’Italia diverse condanne a livello sovranazionale[15]: il riconoscimento e l’applicazione delle pene sostitutive ad opera del giudice della cognizione, riducendo le presenze in carcere, mirano soprattutto a decongestionare le strutture carcerarie, ben potendo incidere sulla riduzione del carico di lavoro dei tribunali di sorveglianza ed anticipare l’esecuzione di specifiche pene che si connotano per una notevole e maggiore duttilità[16].

Fanno quindi ingresso all’interno del codice penale le nuove pene sostitutive, così denominate per evidenziare la loro effettiva natura afflittiva ancorché non si tratti di pene carcerarie o, comunque, non integralmente destinate ad essere ivi eseguite[17].

L’intento di richiamare la relativa disciplina delle pene sostitutive all’interno del codice penale si giustifica anche sotto il differente profilo di voler realizzare un raccordo con la composita regolamentazione delle pene sostitutive, che continua ad essere prevista dalle disposizioni della l. n. 689/1981, come riformulata dall’art. 71 del d.lgs. n. 150/2022.

2.1. Le principali novità introdotte dalla Riforma: l’innalzamento dei limiti edittali e il nuovo catalogo delle pene sostitutive delle pene detentive brevi

In tema di nuove pene sostitutive, una prima novità introdotta con la Riforma Cartabia concerne l’innalzamento del limite di pena detentiva sostituibile: la Riforma estende da 2 a 4 anni il tetto di pena delle pene a vario titolo sostituibili, consentendo in tal modo di ampliare il ricorso a tale tipologia di sanzione ad opera dell’interprete. Tale modifica manifesta un evidente mutamento del concetto di pena detentiva breve: il limite fissato, infatti, non contrassegna più una detenzione breve corrispondente ad un fatto delittuoso concretamente tenue, ma riflette una pena commisurata in quattro anni di media durata a cui corrisponde, invece, un fatto di reato di media gravità, tutt’altro che bagatellare[18]. La riforma punta a far sì che l’interprete possa investire sulle pene sostitutive di cui all’art. 20 bis c.p., in luogo del ricorso costante alla pena carceraria, rivelatosi uno strumento talvolta inutilmente costoso ed incongruo rispetto alle concrete esigenze repressive e socialpreventive.

Una ulteriore conseguenza che deriva dall’innalzamento dei limiti edittali per la pena detentiva sostituibile concerne il conflittuale rapporto tra le sanzioni sostitutive e l’istituto della sospensione condizionale della pena di cui all’art. 163 e ss. c.p..

Come poc’anzi accennato, una delle principali problematiche che in passato impedivano l’applicazione delle sanzioni sostitutive di cui alla l. n. 689/1981, riguardava la sovrapposizione di tale istituto con la sospensione condizionale della pena, la cui operatività, nettamente più favorevole rispetto a quella prevista per l’applicabilità delle sanzioni sostitutive, comportava una sterilizzazione delle prime in favore dell’applicazione della seconda[19].

La riforma Cartabia ha inciso in modo tale da svincolare le nuove pene sostitutive dall’istituto della sospensione condizionale della pena: estendendo la portata della sostituzione fino a quattro anni[20] la pena breve non è più quella che consente l’applicazione dell’istituto di cui all’art. 163 c.p., bensì quella la cui esecuzione può essere sospesa ai sensi dell’art. 656, comma 5 c.p.p.[21]. Sulla scia di tale intervento, il d.lgs. n. 150/2022, in attuazione dei principi enunciati dalla legge-delega n. 134/2021, ha espressamente previsto il divieto di applicazione dell’istituto della sospensione condizionale della pena in presenza di una pena sostitutiva irrogata dal giudice[22], prevedendo quindi che, ove in astratto ricorrano le condizioni per l’applicazione di entrambi gli istituti, l’interprete è chiamato ad operare una scelta, vagliando l’opportunità di applicare il beneficio della sospensione condizionale della pena ai sensi dell’art. 163 c.p., ovvero procedere alla sostituzione della pena detentiva ai sensi del nuovo art. 20 bis c.p.: tale decisione interesserà il giudice solo nel caso in cui la pena detentiva prevista nel caso di specie rientri nel limite edittale di due anni, ovvero nei più ampi limiti di pena previsti all’art. 163, commi 2 e 3 c.p., per il minore imputabile o per il giovane adulto[23].

In verità, l’opzione per cui è fatto divieto di far ricorso ad altro istituto disciplinante misure sostitutive latu sensu in presenza di una pena sostitutiva ex art. 20 bis c.p., è stata estesa anche alle sopra citate misure alternative alla detenzione di cui alla l. n. 354/1975.

Come noto, le misure alternative alla detenzione non si strutturano quali semplici strumenti alternativi alla esecuzione della pena inflitta dal giudice della cognizione, bensì rappresentano modifiche incidenti sulla stessa pena che il condannato è chiamato ad espiare, ben potendo ridurne la durata ovvero sostituire all’esecuzione carceraria una modalità esecutiva strutturalmente differente, in tutto o in parte al di fuori del carcere[24].

Ebbene, la marginalità in sede operativa delle vecchie sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi dipendeva anche dal peculiare rapporto tra le sanzioni sostitutive e le succitate misure alternative alla detenzione. Più precisamente, in passato, sussisteva un rapporto di funzionalità progressiva e coordinata tra le sanzioni sostitutive di cui alla l. n. 689/1981 e le misure alternative alla detenzione[25], via via eroso dalla previsione dell’applicabilità ab origine, attraverso l’operatività di quanto espressamente stabilito all’art. 656 c.p.p., di talune misure alternative alla detenzione, risultando queste ultime sovrapponibili alle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi e trasformandosi, di fatto, in un incentivo all’applicazione di pene detentive brevi in fase cognitiva in ragione della successiva sostituibilità delle stesse dal giudice dell’esecuzione[26].

Il d.lgs. n. 150/2022 interviene allo scopo di superare il patologico fenomeno dei c.d. liberi sospesi[27], introducendo, quale regola generale, il divieto di concessione di misure alternative alla detenzione di cui alla legge dell’ordinamento penitenziario in presenza di una pena sostitutiva ai sensi dell’art. 20 bis c.p., potendo tale divieto essere mitigato dalla possibilità di applicare la misura dell’affidamento in prova ai servizi sociali dopo l’espiazione di almeno metà della pena sostitutiva della semilibertà o della detenzione domiciliare[28]. Infatti, una esclusione tout court della possibilità di accedere alla misura alternativa dell’affidamento in prova di cui all’art. 47, comma 3-ter l. n. 354/1975, avrebbe avviato irragionevoli disparità di trattamento che il legislatore ha contrastato, da un lato, subordinando l’applicazione delle pene sostitutive diverse da quella pecuniaria all’assenso del condannato ai sensi dell’art. 545 bis c.p.p. e, dall’altro, concedendo il parziale accesso all’affidamento in prova quale misura alternativa alla detenzione per eccellenza.[29]

Tornando alle principali novità introdotte dalla Riforma sul nuovo art. 20 bis c.p., una ulteriore e consistente innovazione apportata dal d.lgs. n. 150/2022 riguarda la modifica del catalogo delle pene sostitutive, nonché la modifica delle loro procedure applicative ed esecutive, completando il processo di inversione da “surrogati penali”, strutturalmente ed ideologicamente dipendenti dalla pena carceraria, al modello “sospensivo-probatorio”, all’interno del quale la pena si struttura come “pena-programma”, ove emergono le concrete esigenze rieducative e di prevenzione sociale del condannato, il quale, coinvolto in un effettivo percorso riabilitativo, contiene la sofferenza derivante da una risposta punitiva da parte dello Stato e promette una reintroduzione sociale in termini positivi[30].

L’art. 20 bis c.p. racchiude al suo interno un nuovo catalogo delle pene sostitutive delle pene detentive brevi: all’eliminazione della semidetenzione e della libertà controllata, sanzioni pressocché desuete nella prassi applicativa, segue l’introduzione della semilibertà sostitutiva, la detenzione domiciliare sostitutiva e il lavoro di pubblica utilità sostitutiva, confermandosi invece la pena pecuniaria sostitutiva[31].

In tal modo, il sistema delle sanzioni sostitutive delineato dalla Riforma appare «strutturato a piramide, attraverso la previsione di quattro distinte fasce applicative lungo le quali si distribuiscono le varie tipologie sanzionatorie»[32]: l’art. 20 bis c.p. stabilisce, infatti, che la pena detentiva inflitta entro il limite di quattro anni possa essere sostituita con la semilibertà o con la detenzione domiciliare; mentre, in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiore a tre anni, la pena detentiva può essere sostituita con il lavoro di pubblica utilità (previo consenso da parte del condannato); infine, la pena detentiva inflitta entro il limite di un anno può essere sostituita con la pena pecuniaria.

Mentre le prime due pene sostitutive rappresentano una anticipazione già nella fase della cognizione delle corrispondenti misure alternative alla detenzione carceraria, il lavoro di pubblica utilità, invece, già in uso nel sistema penale come sanzione sostitutiva per i reati commessi in violazione delle norme sulla circolazione stradale e connessi all’abuso di alcol e all’utilizzo di droghe[33] e nelle ipotesi di cui all’art. 73, comma 5 bis D.P.R. 309/90[34], diventa una pena sostitutiva “generalizzata” dell’omonima sanzione principale rientrante nella competenza del giudice di pace per i reati di minore gravità[35].

Preme osservare come nel catalogo delle nuove pene sostitutive non figuri la misura dell’affidamento in prova al servizio sociale: tale esclusione si giustifica in ragione tanto del timore che l’applicazione della predetta misura, già nel giudizio della cognizione, possa disincentivare l’operatività dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato di cui all’art. 168 bis c.p., quanto del timore di un allungamento eccessivo dei tempi processuali[36].

2.2. Le regole sulla sostituzione della pena detentiva: preclusioni e prescrizioni

La novellata normativa in tema di pene sostitutive dispone, inoltre, nuove regole di disciplina sull’an e sul quomodo della sostituzione: introducendo preclusioni e di carattere soggettivo e di carattere oggettivo, e dettando all’art. 56 ter l. n.689/1981 una serie di prescrizioni comuni alla semilibertà sostitutiva, alla detenzione domiciliare sostitutiva e al lavoro di pubblica utilità sostitutivo[37].

Per quel che concerne l’individuazione delle condizioni soggettive per la sostituzione di una pena detentiva breve, rileva quanto espressamente prescritto ai novellati articoli 58 e 59, l. n. 689/1981, sintomatici tanto di una logica tipicamente specialpreventiva, quanto di una severa risposta sanzionatoria al fallimento nell’esecuzione di una precedente pena sostitutiva[38], dovendo altresì tener conto di quanto espresso dalla Corte di Cassazione in materia, secondo cui, in un’ottica di incentivo all’applicazione del nuovo art. 20 bis c.p., “ai fini della prognosi negativa di cui all’art. 58, legge 24 novembre 1981, n. 689, è necessario che il giudice di merito non si limiti ad indicare il fattore cui abbia attribuito valenza ostativa alla sostituzione, ma correli tale elemento al contenuto della specifica sanzione sostitutiva invocata o, comunque, presa in considerazione in sentenza, fornendo adeguata motivazione in ordine alla sua negativa incidenza sull’adempimento delle prescrizioni che ad essa ineriscono”[39].

Per quel che invece attiene le preclusioni avente carattere oggettivo, stando alla lettera della originaria l. n. 689/1981, esse risultano esser state formalmente abrogate dall’art. 4, comma 1, lett. c) della l. n.134/2003. La Riforma Cartabia, purtuttavia non introducendo uno specifico articolo sul tema, interviene sul citato art. 59 della l. n. 689/1981, modificandone il testo ed introducendo al primo comma la lett. d), ove viene operato un rinvio all’art. 4-bis della legge dell’ordinamento penitenziario. Il richiamo all’art. 4-bis l. n. 354/1975, pur formalmente inserito all’interno delle condizioni soggettive per la sostituzione della pena detentiva, ha come scopo ultimo l’individuazione delle fattispecie incriminatrici in ordine alle quali è esclusa ogni forma di sostituzione, svelando in tal senso una preclusione in termini oggettivi. Tale disposizione ha un chiaro intento direzionale del potere discrezionale del giudice, risultando quest’ultimo vincolato alle preclusioni previste dal sistema penitenziario[40].

Infine, secondo la dottrina, rientra nel novero delle preclusioni oggettive tanto il novello art. 53, comma 3 l. n. 689/1981, ai sensi del quale si tiene conto della pena aumentata ex art. 81 c.p. ai fini della determinazione dei limiti di pena detentiva, quanto il divieto di sospensione condizionale della pena ex art. 163 c.p. in presenza di una pena sostitutiva[41].

3. Le singole pene sostitutive: uno sguardo d’insieme
3.1. La semilibertà sostitutiva

Per quel che invece attiene le prescrizioni di cui al novellato art. 56 ter l. n. 689/1981, esse si dividono in prescrizioni a carattere obbligatorio, di cui al primo comma del citato articolo, nonché a carattere facoltativo, di cui al comma secondo, avuto riguardo a quanto recentemente espresso dalla giurisprudenza di legittimità sul punto, la quale ha definitivamente chiarito che le prescrizioni previste dall’art. 56 ter l. n. 689/1981, così come introdotto dall’art. 71 d.lgs. n. 150/2022, per la semilibertà sostitutiva, la detenzione domiciliare sostitutiva e il lavoro di pubblica utilità sostitutivo non rappresentano pene accessorie la cui applicazione dipende da una valutazione discrezionale del giudice, bensì costituiscono un contenuto necessario e predeterminato della pena sostitutiva, da applicarsi obbligatoriamente una volta ottenuto dall’imputato il suo consenso, che sottintende una accettazione delle stesse[42].

La semilibertà sostitutiva, disciplinata dall’art. 55, l. n. 689/1981, così come novellato dall’art. 71 del d.lgs. n. 150 /2022, al vertice della piramide su cui risultano strutturate le nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi, presenta caratteristiche differenti rispetto all’omonima misura alternativa alla detenzione di cui agli artt. 48 e ss. l. n. 354/1975.

In particolare, la semilibertà sostitutiva si configura come una sanzione parzialmente detentiva: a fronte di un determinato lasso temporale di otto ore trascorso all’interno di un istituto di pena, si affianca una componente di intenti rieducativi e socializzanti, che tende ad assimilare la semilibertà sostitutiva alla misura alternativa[43]. Più nel dettaglio, il novellato art. 55, l. n. 689/1981 prevede un numero minimo di ore (ndr. otto) che il condannato in libertà deve trascorrere in un istituto penitenziario o in un’apposita sezione di un istituto ordinario, lasciando che il resto della giornata venga trascorsa all’esterno per l’espletamento di qualsiasi attività utile alla rieducazione e al reinserimento sociale del reo[44]. Il semilibero viene quindi sottoposto ad un programma di trattamento predisposto dall’UEPE e approvato dal giudice, ove sono indicate le ore da trascorrere all’interno dell’istituto di pena e le attività da svolgere fuori. Inoltre, è bene specificare che, in una maggiore ottica di reinserimento sociale, la normativa in esame prevede espressamente che l’istituto di pena assegnato al condannato in semilibertà venga individuato e nel comune di residenza, o in comune vicino, e nel comune di domicilio, di lavoro o di studio del semilibero.

La determinazione del numero minimo di ore che il condannato deve trascorrere all’interno di un istituto di pena, oltre a rappresentare la caratteristica che maggiormente differenzia la nuova pena sostitutiva della semilibertà dall’omonima misura alternativa alla detenzione[45], rileva soprattutto sotto il punto di vista di legalità della pena, dovendosi comunque precisare che il mancato riferimento ad un limite orario massimo di detenzione si giustifica in ragione della libera discrezionalità dell’organo giudicante, nonché all’iniziativa dell’UEPE, incaricato altresì alla sorveglianza e all’assistenza del condannato in libertà[46].

3.2. La detenzione domiciliare sostitutiva

La detenzione domiciliare sostitutiva, disciplinata al novellato art. 56 l. n. 689/1981 e immediatamente successiva nella scala piramidale delle nuove pene ex art. 20 bis c.p. alla semilibertà sostitutiva, differisce anch’essa dall’omologa misura alternativa alla detenzione di cui all’art. 47 ter della legge dell’ordinamento penitenziario, il quale rinvia all’art. 284 c.p.p. quanto alle modalità esecutive e stabilisce che il condannato può allontanarsi dall’abitazione, previa autorizzazione del giudice, solo per il tempo strettamente necessario a provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita, ovvero per esercitare una attività lavorativa, sempre se egli non vi possa provvedere diversamente[47]. La pena sostitutiva della detenzione domiciliare, invece, alla luce dell’intervento riformatore del d.lgs. n.150/2022, strutturandosi quale forma di sanzione detentiva, nasconde una minore afflittività della pena[48]: la detenzione domiciliare sostitutiva diventa immediatamente esecutiva dopo il giudicato[49] ed il luogo di esecuzione della pena viene individuato nel domicilio del condannato[50], in modo tale da scongiurare i disastrosi effetti dell’espiazione carceraria in danno di chi si vede applicata una condanna di breve durata[51]. La pena sostitutiva della detenzione domiciliare, inoltre, al pari di quanto poc’anzi detto in relazione alla semilibertà sostitutiva, richiede la predisposizione di un programma di trattamento da parte dell’UEPE, allo scopo di consentire un adeguato reinserimento del condannato nella società. In tal senso, la novellata normativa in esame prevede che l’obbligo del condannato di rimanere nella propria abitazione debba essere determinato dal giudice in un per non meno di dodici ore al giorno, tenuto conto delle comprovate esigenze familiari, di studio, di formazione professionale, di lavoro e di salute del reo, nonché al sopra menzionato programma di trattamento[52]. Prosegue la norma prevedendo che a fronte del minimo di ore che l’imputato deve trascorrere nel proprio domicilio, deve stabilirsi un minimo di ore in libera uscita, pari a quattro, tali da garantire al condannato di provvedere alle esigenze di vita. In questo senso, la detenzione domiciliare sostitutiva appare maggiormente incline ad una reintegrazione sociale del reo: la libera uscita viene intesa quale strumento responsabilizzante in favore del condannato, incentivando il mantenimento di rapporti familiari ed amicali[53].

Inoltre, a sostegno della spiccata finalità rieducativa della pena sostitutiva della detenzione domiciliare, è previsto che il condannato possa usufruire di licenze per fronteggiare giustificati motivi afferenti alla salute, al lavoro, allo studio, alla formazione, alla famiglia o qualsivoglia altra forma di relazione affettiva[54].

3.3. Il lavoro di pubblica utilità sostitutivo

Il terzo scalino della piramide afflittiva delineata al nuovo art. 20 bis c.p. è occupato dal lavoro di pubblica utilità sostitutivo, che trova il suo alter ego nell’omologa sanzione di competenza del giudice di pace ai sensi dell’art. 54, d.lgs. n. 274 del 28 agosto 2000, presa come parziale parametro di riferimento dalla legge delega n. 134/2021[55].

Il lavoro di pubblica utilità sostitutivo incarna al meglio le istanze di rieducazione a cui è improntata la Riforma Cartabia in tema di pene sostitutive, rappresentando la perfetta sintesi tra il percorso rieducativo del condannato e il suo nuovo ingresso nella collettività[56].

Più nel dettaglio, il lavoro di pubblica utilità si configura quale prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, le Città metropolitane, i Comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, tendenzialmente svolta nell’ambito della regione in cui ha residenza il condannato. Ai sensi dell’art. 56 bis, comma 2 della l. n. 689/1981, come novellato dal d.lgs. n. 150/2022, la durata della citata pena sostitutiva deve corrispondere a quella della pena detentiva sostituita, prevedendo altresì una prestazione non inferiore a sei ore e non superiori quindici ore di lavoro settimanali, fatta salva la possibilità da parte del condannato di richiedere l’ammissione ad un tempo maggiore. In ogni caso, rimane fermo il limite giornaliero di otto lavorative e, ai fini del computo della pena, la normativa in esame stabilisce che un giorno di lavoro di pubblica utilità corrisponde alla prestazione di due ore lavorative.

Gli elementi positivi di tale pena sostitutiva risiedono in molteplici conseguenze: in primo luogo, il lavoro di pubblica utilità sostitutiva risulta completamente spurio dalla componente detentiva, nonostante la dimensione intrinsecamente afflittiva derivante dall’imposizione di una prestazione lavorativa che limita la libertà personale del condannato, tenuto a subire un condizionamento nelle libere scelte di impiego[57]; in secondo luogo, si atteggia a “pena prescrittiva”[58], causando l’estinzione di ogni effetto penale al termine dell’espiazione[59]; in terzo luogo, vige la possibilità per il reo di ottenere la revoca della confisca, laddove la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità sia stata disposta nell’ambito di riti speciali del patteggiamento e del decreto penale di condanna[60]; infine, al condannato viene garantita la sospensione dell’esecuzione, per un totale di quarantacinque giorni l’anno, laddove ricorrano giustificati motivi afferenti alle sopra richiamate esigenze di vita del singolo.

3.4. – La pena pecuniaria sostitutiva.

L’art. 56 quater l. n. 689/1981, come riformato dal d.lgs. n. 150/2022, disciplina invece la pena pecuniaria sostitutiva, rispetto alla quale sono state introdotte significative modiche con lo scopo ultimo di recuperare l’effettività di tale pena e di renderla una risposta valida e credibile al fatto di reato, superando così la prospettiva carcero-centrica[61].

La Riforma ha inciso su due versanti: sulla rideterminazione del tasso e sull’ampliamento del raggio applicativo[62].

Con riguardo al primo aspetto, è stato espressamente previsto che per determinare l’ammontare della pena sostitutiva il giudice individua il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l’imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva. Inoltre, si specifica che il valore giornaliero non può essere inferiore a cinque euro e superiore a duemilacinquecento euro, dovendosi commisurare alla luce delle condizioni economiche, patrimoniali e di vita del condannato e del suo nucleo familiare. L’intento legislativo è chiaro in tal senso: da un lato, si vuole evitare che possibili imputati siano esclusi dall’applicazione della pena pecuniaria sostitutiva in ragione della propria disponibilità reddituale; dall’altro lato, si realizza una proiezione concreta del principio di uguaglianza sostanziale invocato all’art. 3 della Carta costituzionale, nonché dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, corollari del più ampio principio di legalità di cui all’art. 25 della Costituzione[63].

Con riguardo al secondo versante, invece, la Riforma Cartabia opera raddoppiando il limite di pena detentiva sostituibile fino ad un anno, anche in sede di decreto penale di condanna.

L’ultimo comma dell’art. 56 quater, l. n. 689/1981 stabilisce l’applicazione dell’art. 133 ter c.p. alla sostituzione della pena detentiva della pena pecuniaria, introducendo la possibilità di rateizzazione di quest’ultima.

Come evidenziato dalla dottrina, la pena pecuniaria sostitutiva si atteggia a “pena prescrittiva”: invero, ai sensi di quanto stabilito al novellato articolo 71, l. n. 689/1981, l’applicazione di tale pena sostitutiva prescinde dal consenso del condannato; tuttavia, viene espressamente disposto che il mancato pagamento della pena pecuniaria sostitutiva entro il termine di cui all’art. 660 c.p.p., comporta la conversione della predetta pena sostitutiva nella semilibertà sostitutiva o nella detenzione domiciliare sostitutiva. L’interprete, pertanto, ai sensi del novellato art. 58, l. n. 689/1981, può scegliere discrezionalmente se convertire la ineseguita sanzione pecuniaria sostitutiva nella semilibertà sostitutiva oppure nella detenzione domiciliare sostitutiva. Tale aspetto assimila la pena pecuniaria sostitutiva ad un “modello di pena-prestazione”[64], richiedente una effettiva collaborazione del condannato al fine di evitare la compressione della propria libertà personale. Tuttavia, la Riforma specifica che, se il mancato pagamento della pena sostitutiva è dovuto a insolvibilità del condannato, trova operatività il comma 3 del novellato art. 71, l. 689/1981: in questo caso si prevede che la pena venga revocata e convertita nel lavoro di pubblica utilità sostitutivo o, se il condannato si oppone, nella detenzione domiciliare sostitutiva. Tale regime è stato assimilato a quello previsto nel caso d’insolvibilità della pena pecuniaria principale, così da prevedere – nel caso di inadempimento incolpevole della pena pecuniaria sostitutiva – un trattamento di maggior favore rispetto all’ipotesi di inadempimento colpevole, parallelamente a quanto previsto per la mancata esecuzione della pena pecuniaria principale[65].

4 Il regime transitorio: l’art. 95 del d.lgs. n. 150/2022

Gli importanti snodi sostanziali e processuali della Riforma Cartabia in tema di pene sostitutive delle pene detentive brevi hanno indotto il legislatore ad affrontare le tematiche scaturenti dalla successione di leggi nel tempo, introducendo, in ragione del principio del favor rei, apposite previsioni volte a garantire immediata applicazione della nuova normativa[66].

Sul punto, è intervenuto l’art. 95 d.l.gs. n. 150/2022 che introduce il regime transitorio applicabile alle nuove pene sostitutive: l’articolo stabilisce che le modiche alla richiamata disciplina, laddove più favorevoli, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti dinanzi al giudice di primo grado ovvero al giudice d’appello al momento dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022, riflettendo in tal senso la natura intertemporale di cui all’art. 2, comma 4 c.p..[67] Tale aspetto conferma le intenzioni del riformatore, incentrate non solo sulla volontà di rivitalizzazione di istituti desueti nella prassi giudiziari, ma soprattutto sulla volontà di dare concretezza alla logica rieducativa della pena, abbandonando l’idea di pena carceraria quale unica risposta sanzionatoria effettiva e censurando la privazione della libertà personale del singolo mediante l’esecuzione detentiva di crimini puniti con la reclusione inferiore a quattro anni[68].

Un ulteriore incentivo all’applicazione di pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui all’art. 20 bis c.p. proviene dalla giurisprudenza di legittimità, la quale, con recente pronuncia del 30 ottobre 2023, soffermandosi in particolare sull’applicabilità delle nuove pene sostitutive nel secondo grado di giudizio, sancisce il principio di diritto secondo cui, ai sensi della disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 d.lgs. 150/2022, perché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi sull’applicabilità del nuovo art. 20 bis c.p., si rende necessaria da parte dell’imputato una richiesta in tal senso, la cui formulazione può essere presentata tanto con l’atto di appello ovvero con motivi nuovi ai sensi dell’art. 585, comma 4 c.p.p., quanto nel corso dell’udienza di discussione. Specifica infatti il Supremo Consesso che, per quel che attiene la ritualità e la tempestività della richiesta di applicazione delle nuove pene sostitutive, l’interpretazione sopra evidenziata non è preclusa dal principio di cui all’art. 597, comma 5 c.p.p., secondo cui il giudice non ha il potere di applicare d’ufficio le pene sostitutive in assenza di specifica richiesta formulata con l’atto d’appello, non rientrando le pene sostitutive tra le ipotesi tassativamente indicate dalla succitata norma, dovendosi piuttosto coordinare detto principio con la disciplina transitoria, che dispone espressamente l’applicabilità delle nuove pene sostitutive, in quanto più favorevoli, ai giudizi d’appello in corso all’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, senza porre limitazioni attinenti alla fase, introduttiva o decisoria, del giudizio stesso[69]. L’orientamento giurisprudenziale espresso dalla Corte Suprema di Cassazione, sebbene specificatamente rivolto allo svolgimento del giudizio nel grado di appello, riflette in termini più generali una prospettiva interpretativa il più possibile conforme al dettato normativo e alle intenzioni del legislatore, incentivando alla più ampia applicazione delle pene sostitutive nella prassi giudiziaria.

L’art. 95, comma 2 d.lgs. n. 150/2022, infine, disciplina anche le ipotesi di semidetenzione e libertà controllata già irrogate nei confronti del condannato con sentenza divenuta irrevocabile. Sul punto, trattandosi di successione modificativa di leggi penali nel tempo, si conferma il divieto di retroattività oltre il limite del giudicato, consentendo tuttavia al condannato alla semidetenzione, sempre in un’ottica di reinserimento sociale e in ossequio al principio del favor rei, di chiedere la conversione nella pena sostituiva della semilibertà[70].

5. Brevi osservazioni conclusive

In conclusione, alla luce dei principali interventi normativi della Riforma Cartabia in tema di pene sostitutive delle pene detentive brevi, emerge il raggio d’azione che ha indirizzato l’operato del legislatore, le cui principali finalità risiedono, in generale, nel recupero di efficienza del processo e della giustizia penale[71] e, in particolare, nella volontà di favorire un sistema penalistico maggiormente aperto alla differenziazione del trattamento sanzionatorio, tanto in ragione della finalità rieducativa della pena, quanto in funzione di una logica deflattiva delle carceri[72]. Gli esiti – positivi o negativi – della Riforma dipenderanno soprattutto dal potere discrezionale del giudice[73], il quale è oggi chiamato a scegliere, nei casi consentiti, l’applicazione della pena sostitutiva in luogo di una pena detentiva breve.


[1] GARGANI, La riforma in materia di sanzioni sostitutive, in Legislazione Penale, 20 gennaio 2022.

[2] In questo senso i lavori preparatori della Camera dei Deputati C-363 del 17 luglio 1979, in Progetto di legge della VIII legislatura (www.camera.it), cit., p. 2.

[3]A. GARGANI, La riforma in materia di sanzioni sostitutive, in Legislazione Penale, 2022, p. 3.

[4]A. GIARDA, F. GIUNTA, G. FORTI, G. VARRASO, Manuale di diritto penitenziario, 2021, p. 1 e E. DOLCINI, Dalla Riforma Cartabia nuova linfa per le pene sostitutive, in Sistema Penale, 30 agosto 2022, p.2.

[5]Cfr. A. GARGANI, La riforma in materia di sanzioni sostitutive, in Legislazione Penale, 2022 e F. PALAZZO, Il sistema sanzionatorio sempre al centro di riforme grandi e piccole, in DPP 2003.

[6]G.L. GATTA, Riforma della giustizia penale: contesto, obiettivi e linee di fondo della ‘legge Cartabia’, in Sistema Penale, 2021.

[7] M. TELESCA, La ‘nuova’ disciplina delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi prevista dalla c.d. ‘riforma Cartabia’, in Diritto penale contemporaneo – Rivista trimestrale, 3, 2021, p. 36, cit.

[8]R. GAROFOLI, Manuale di Diritto Penale, Parte generale e parte speciale, Analisi di Principi generali, Istituti e Problematiche dottrinale e giurisprudenziali, Nel diritto editore, IX Edizione, 2023, p. 500 e ss.

[9]A. GARGANI, La riforma in materia di sanzioni sostitutive, in Legislazione Penale, 2022.

[10]D. PULITANO’, Diritto Penale, Giappichelli Editore, 2019, p. 456.

[11]C. Cost., sent. 20 gennaio 2023, n. 3; C. Cost., sent. 21 giugno 2018, n. 149; C. Cost., sent. 17 dicembre 1997, n. 403; C. Cost., sent. 23 maggio 1995, n. 186; C. Cost. sent. 31 maggio 1990, n. 276.

[12]Cass. pen., Sez. V, Sent. n. 43622 del 27/10/2023.

[13]A. CALCATERRA, Le novità introdotte dalla riforma Cartabia. Le nuove soluzioni sanzionatorie e il rinnovato ruolo dell’avvocatura, in Questione Giustizia, 2023.

[14]Cfr. www.antigone.it ove si evince una stima aggiornata al 2023: “Oggi i detenuti sono 60.000, oltre 10.000 in più dei posti realmente disponibili e con un tasso di sovraffollamento ufficiale del 117,2%, con una crescita nell’ultimo trimestre (da settembre a novembre) di 1.688 unità”.

[15]Cfr. Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 16 luglio 2009 – Ricorso n. 22635/03 – Sulejmanovic c. Italia e Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dell’8 gennaio 2013 – Ricorsi nn. 43517/09, 46882/09, 55400/09, 57875/09, 61535/09, 35315/10 e 37818/10 – Torreggiani e altri c. Italia.

[16]A. CALCATERRA, Le novità introdotte dalla riforma Cartabia. Le nuove soluzioni sanzionatorie e il rinnovato ruolo dell’avvocatura, in Questione Giustizia, 2023.

[17]E. DOLCINI, Dalla Riforma Cartabia nuova linfa per le pene sostitutive, in Sistema Penale, 30 agosto 2022.

[18]D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO, Riforma Cartabia, la nuova giustizia penale, Cedam editore, 2023, p. 85.

[19]A. GARGANI, La riforma in materia di sanzioni sostitutive, in Legislazione Penale, 2022.

[20]D. BIANCHI, Il rilancio delle pene sostitutive nella legge-delega “Cartabia”: una grande occasione non priva di rischi, in Sistema Penale, 2022, p.4.

[21]E. DOLCINI, Dalla Riforma Cartabia nuova linfa per le pene sostitutive, in Sistema Penale, 30 agosto 2022.

[22]D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO, Riforma Cartabia, la nuova giustizia penale, Cedam editore, 2023, p.109.

[23]E. DOLCINI, Dalla Riforma Cartabia nuova linfa per le pene sostitutive, in Sistema Penale, 30 agosto 2022, p.4.

[24] D. PULITANO’, Diritto Penale, Giappichelli Editore, 2019, p. 448.

[25]A. GARGANI, La riforma in materia di sanzioni sostitutive, in Legislazione Penale, 2022, p. 4. Spiega infatti l’Autore che il rapporto tra le sanzioni sostitutive e le misure alternative alla detenzione è stato soggetto a due distinti periodi evolutivi: in un primo momento, le misure alternative alla detenzione, potendo essere applicate unicamente in fase esecutiva e, quindi, dopo l’espiazione carceraria di una parte di pena detentiva, non si configuravano come una alternativa ab initio alla pena detentiva, né operavano come strumento di contrasto all’esecuzione di pene detentive brevi. In un secondo momento, tuttavia, veniva prevista l’applicabilità ab origine di alcune tipologie di misure alternative – ovvero al condannato libero – per il tramite del meccanismo di cui all’art. 656 c.p.p.. Tale circostanza ha comportato l’instaurazione di presupposti per la sovrapposizione delle misure alternative alla detenzione con le pene sostitutive, causando distorsive conseguenze processualpenalistiche.

[26]A. GARGANI, La riforma in materia di sanzioni sostitutive, in Legislazione Penale, 2022, p. 4.

[27]Cfr. A. GARGANI, La riforma in materia di sanzioni sostitutive, op. cit., in cui l’Autore chiarisce tale fenomeno parlando di soggetti, in stato di libertà, condannati a pene detentive non superiori ad anni quattro, che restano in attesa dell’esito delle avanzate istanze di concessione di una misura alternativa alla detenzione.

[28]E. DOLCINI, Dalla Riforma Cartabia nuova linfa per le pene sostitutive, in Sistema Penale, 30 agosto 2022.

[29]D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO, Riforma Cartabia, la nuova giustizia penale, Cedam editore, 2023, p. 109-110, in cui si legge a proposito delle sollevate criticità: “è evidente che tale divieto rischia di innescare irragionevoli (rectius irrazionali) disuguaglianze: chi in fase cognitiva non è stato “meritevole” della sostituzione della pena potrebbe poi beneficiare di un trattamento in libertà quale l’affidamento in prova (concedibile ab initio), mentre fasce di criminalità inferiori, per cui è stata operata la sostituzione con la semilibertà o la detenzione domiciliare, si troverebbero a scontare una pena di tipo detentivo, quali sono le nuove sanzioni sostitutive”, cit.

[30]D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO, Riforma Cartabia, la nuova giustizia penale, Cedam editore, 2023, p. 86.

[31]G.L. GATTA, Riforma della giustizia penale: contesto, obiettivi e linee di fondo della ‘legge Cartabia’, in Sistema Penale, 2021.

[32]V. F. PALAZZO, I profili di diritto sostanziale della riforma penale, in Sistema Penale, 2021, cit.

[33]Cfr. L. n. 120 del 29 luglio 2010 che ha esteso il lavoro di pubblica utilità ai reati commessi in violazione delle norme sulla circolazione stradale e connessi all’abuso di alcol e all’utilizzo di droghe. Gli articoli richiamano la disciplina contenuta nella legge 274/2000, prevedendo delle disposizioni derogatorie: (i) l’attività è sempre a favore della collettività ma da svolgere in via prioritaria nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale; (ii) il lavoro di pubblica utilità può essere concesso soltanto se dalla condotta non sia derivato un incidente stradale; (iii) la durata è pari a quella della sanzione detentiva irrogata e della conversione della pena pecuniaria, ragguagliando € 250 per un giorno di lavoro di pubblica utilità;(iv) in caso di esito positivo dell’espletamento del lavoro di pubblica utilità, il giudice dichiara l’estinzione del fatto di reato.

[34]Cfr. L. n 49 del 21 febbraio 2006 che modifica il DPR 309/90, prevedendo l’introduzione del comma V bis all’interno dell’art. 73, che introduce il lavoro di pubblica utilità come sanzione sostitutiva delle pene detentive per tutti coloro che commettono reati legati alle sostanze stupefacenti o psicotrope e che siano persone tossicodipendenti o assuntori di sostanze stupefacenti o psicotrope.

[35]D. BIANCHI, Il rilancio delle pene sostitutive nella legge-delega “Cartabia”: una grande occasione non priva di rischi, in Sistema Penale, 2022, p.4.

[36]G.L. GATTA, Riforma della giustizia penale: contesto, obiettivi e linee di fondo della ‘legge Cartabia’, in Sistema Penale, 2021, p. 17.

[37]D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO, Riforma Cartabia, la nuova giustizia penale, Cedam editore, 2023.

[38]Si veda in particolare l’art. 59, lett. a) e b) del I comma l. 689/1981. Cfr. D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO, Riforma Cartabia, la nuova giustizia penale, Cedam editore, 2023 ed anche E. DOLCINI, Dalla Riforma Cartabia nuova linfa per le pene sostitutive, in Sistema Penale, 30 agosto 2022.

[39]Cass. pen., Sez. VI, Sentenza, 19 settembre 2023, n. 40433.

[40] M. TELESCA, La ‘nuova’ disciplina delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi prevista dalla c.d. ‘riforma Cartabia’, in Diritto penale contemporaneo – Rivista trimestrale, 3, 2021, p. 39.

[41]D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO, Riforma Cartabia, la nuova giustizia penale, Cedam editore, 2023

[42] Cass. pen., Sez. VI, Sent. 16 maggio 2023, n. 30768.

[43]D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO, Riforma Cartabia, la nuova giustizia penale, Cedam editore, 2023.

[44]E. DOLCINI, Dalla Riforma Cartabia nuova linfa per le pene sostitutive, in Sistema Penale, 30 agosto 2022, p.6.

[45]Secondo quanto disposto all’art. 48, comma 1 l. n. 354/1975 “Il regime di semilibertà consiste nella concessione al condannato e all’internato di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale”. Cfr. E. DOLCINI, Dalla Riforma Cartabia nuova linfa per le pene sostitutive, in Sistema Penale, 30 agosto 2022.

[46]D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO, Riforma Cartabia, la nuova giustizia penale, Cedam editore, 2023.

[47] E. DOLCINI, Dalla Riforma Cartabia nuova linfa per le pene sostitutive, in Sistema Penale, 30 agosto 2022.

[48]Cfr. A. COSTANTINI, Prospettive di riforma della detenzione domiciliare tra pena principale e sanzione sostitutiva: verso un reale superamento del paradigma carcerocentrico?, in Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale, 2022.

[49]G.L. GATTA, Il giudice di cognizione torna ad essere giudice della pena: una prima condanna alla detenzione domiciliare sostitutiva, in Sistema Penale, 2023.

[50]Ai sensi dell’art. 56, comma 3 l. 689/1981, la sede per l’esecuzione della pena sostitutiva della detenzione domiciliare coincide con l’abitazione del condannato, ovvero altro luogo di privata dimora, ovvero luogo pubblico o privato di cura, assistenza o accoglienza o comunità o casa-famiglia protetta, consentendo una maggiore applicazione

di tale pena sostitutiva nei confronti di soggetti che si trovino in condizioni di indigenza, come accade per gli stranieri.

[51]G. MENTASTI, L’applicazione della pena della detenzione domiciliare sostitutiva in appello in un caso di maltrattamenti in famiglia, Corte d’Appello di Napoli, sent. 6 ottobre 2023 (dep. 20 ottobre 2023), Pres. Grassi, rel. Forte, in Sistema Penale, novembre 2023, p. 6.

[52]E. DOLCINI, Dalla Riforma Cartabia nuova linfa per le pene sostitutive, in Sistema Penale, 30 agosto 2022.

[53]D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO, Riforma Cartabia, la nuova giustizia penale, Cedam editore, 2023.

[54]In tal senso, l’art. 69, comma 1, legge n. 689/1981, come novellato dall’art. 71 d.lgs. n. 150/2022, che fissa in quarantacinque giorni l’anno la durata massima complessiva delle licenze. Cfr. E. DOLCINI, Dalla Riforma Cartabia nuova linfa per le pene sostitutive, in Sistema Penale, 30 agosto 2022.

[55]V. ancora E. DOLCINI, Dalla Riforma Cartabia nuova linfa per le pene sostitutive, in Sistema Penale, 30 agosto 2022. In particolare, l’Autore specifica che “Tra gli aspetti comuni alla pena principale del giudice di pace e alla nuova pena sostitutiva vanno segnalati il massimo di ore giornaliere – otto – da dedicarsi alla prestazione di lavoro, nonché il valore di un giorno di pena attribuito alla prestazione di due ore di lavoro. Per altri versi la disciplina dettata dal d.lgs. n. 274/2000 è apparsa invece incompatibile con il nuovo ruolo della pena-lavoro. In questo senso ha pesato soprattutto la diversa durata delle due pene: per la pena principale del giudice di pace la durata massima è di sei mesi (art. 52, co. 2 d.lgs. n. 274/2000), per la pena sostitutiva è di tre anni” cit. p. 9.

[56]T.T. CICIRELLO, La riforma delle sanzioni sostitutive e le potenzialità attuabili del lavoro di pubblica utilità, in Legislazione penale, settembre 2022, p.9.

[57]T.T. CICIRELLO, La riforma delle sanzioni sostitutive e le potenzialità attuabili del lavoro di pubblica utilità, in Legislazione penale, settembre 2022, p. 10.

[58]Così testualmente T.T. CICIRELLO, La riforma delle sanzioni sostitutive e le potenzialità attuabili del lavoro di pubblica utilità, in Legislazione penale, settembre 2022, p.9, cit.

[59]D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO, Riforma Cartabia, la nuova giustizia penale, Cedam editore, 2023.

[60]E. DOLCINI, Dalla Riforma Cartabia nuova linfa per le pene sostitutive, in Sistema Penale, 30 agosto 2022

[61]D.PERRONE, L’intervento di riforma in materia di pena pecuniaria: l’obiettivo mancato dell’effettività tra vincoli di delega e difficoltà esecutive, in Legislazione Penale, febbraio 2023, p.1.

[62]D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO, Riforma Cartabia, la nuova giustizia penale, Cedam editore, 2023.

[63]Cfr. E. DOLCINI, Dalla Riforma Cartabia nuova linfa per le pene sostitutive, in Sistema Penale, 30 agosto 2022 e D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO, Riforma Cartabia, la nuova giustizia penale, Cedam editore, 2023.

[64]D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO, Riforma Cartabia, la nuova giustizia penale, Cedam editore, 2023, p. 94, cit.

[65]D.PERRONE, L’intervento di riforma in materia di pena pecuniaria: l’obiettivo mancato dell’effettività tra vincoli di delega e difficoltà esecutive, in Legislazione Penale, febbraio 2023, p. 17.

[66]A. DIDDI, Le disposizioni in materia di pene sostitutive delle pene detentive brevi, in Processo penale e giustizia, 2023.

[67]D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO, Riforma Cartabia, la nuova giustizia penale, Cedam editore, 2023, cit., p. 114.

[68]A. DIDDI, Le disposizioni in materia di pene sostitutive delle pene detentive brevi, in Processo penale e giustizia, 2023.

[69]Cass. pen., Sez. VI,, n. 49319. del 30 ottobre 2023.

[70]D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO, Riforma Cartabia, la nuova giustizia penale, Cedam editore, 2023, p.114.

[71]E. DOLCINI, Dalla Riforma Cartabia nuova linfa per le pene sostitutive, in Sistema Penale, 30 agosto 2022

[72]A. GARGANI, La riforma in materia di sanzioni sostitutive, in Legislazione Penale, 20 gennaio 2022.

[73]N. PISANI, Le pene sostitutive, in Giurisprudenza italiana, aprile 2023.

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