Segnaliamo la sentenza n. 135/24 con la quale la Corte Costituzionale riprende il tema del fine vita ribadendo i requisiti per l’accesso al suicidio assistito.
Pur essendo una decisione che dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 580 c.p., la Corte non si esime da alcune precisazioni sulla ‘dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale’; precisando che la nozione deve essere interpretata dal servizio sanitario nazionale e dai giudici comuni in conformità alla ratio della sentenza n. 242 del 2019, includendo anche procedure normalmente compiute da personale sanitario, ma che possono essere apprese anche da familiari o “caregivers” che assistono il paziente, sempre che la loro interruzione determini prevedibilmente la morte del paziente in un breve lasso di tempo (paragrafo 8).
Pertanto, ai pazienti che abbiano la necessità di trattamenti per sostenere le funzioni vitali, pur non essendovi ancora sottoposti, deve sostanzialmente riconoscersi la sussistenza del requisito stabilito dalla pronuncia del 2019.
La Consulta ribadisce, soprattutto e ‘con forza’ <<l’auspicio, già formulato nell’ordinanza n. 207 del 2018 e nella sentenza n. 242 del 2019, che il legislatore e il servizio sanitario nazionale intervengano prontamente ad assicurare concreta e puntuale attuazione ai principi fissati da quelle pronunce, oggi ribaditi e ulteriormente precisati dalla presente decisione, ferma restando la possibilità per il legislatore di dettare una diversa disciplina, nel rispetto dei principi richiamati dalla presente pronuncia.>> ed aggiunge uno ‘stringente appello’ <<affinché, sull’intero territorio nazionale, sia garantito a tutti i pazienti, inclusi quelli che si trovano nelle condizioni per essere ammessi alla procedura di suicidio assistito, una effettiva possibilità di accesso alle cure palliative appropriate per controllare la loro sofferenza>>