SOMMARIO
1 La Pandemia e i suoi effetti.
2 Diritto dell’emergenza. Le misure adottate per fare fronte alla emergenza sanitaria. La dichiarazione dello stato di emergenza. Il Decreto legge 23 febbraio 2020 n,6.
3 I diritti fondamentali nella Carta Costituzionale. Le norme della CEDU. Il Bilanciamento dei diritti.
4 Gli strumenti utilizzati. Eccesso di norme e mancanza di coordinamento.
5 Rimodulazione delle misure. Il D.L. 25 marzo 2020 n.19. La circolare del Mistero degli Interni del 31 marzo.
6 Profili sanzionatori.
7 L’esercizio della libertà religiosa nella Carta Costituzionale Il DPCM 8 marzo 2020.
8 Dal DPCM 26 aprile a quello del 7settembre. Proroga dello stato di emergenza. Consiglio dei Ministri del 7 ottobre 2020.
9 Pubblici poteri ed emergenza epidemiologica. Il Decreto Presidente Consiglio dei Ministri. Perplessità e riserve sull’uso dello strumento
10 La limitazione dei diritti di libertà nei vari paesi. La vicenda catalana. 11 Pronunce del Giudice amministrativo. Le Sentenze TAR Calabria, Catanzaro del 9 maggio 2020 n.8, TAR Sicilia de 27 agosto TAR Piemonte TAR Sardegna del 27 settembre.
12 La zona rossa non dichiarata per i Comuni di Alzano e Nembro in Lombardia
13 Proroga dell’emergenza. Soluzioni adottate in Europa. Lo stato di eccezione Risoluzione del Parlamento europeo del 13 novembre 2020.
14 Effetti dello stato di emergenza nel sistema delle fonti. I DPCM del 13 ,18,24 ottobre Il D.L. n. 137 del 2020.cd Decreto Ristori.
15 Ricorso della Fondazione L. Einaudi, TAR Lazio 22 luglio 2020
16 Ulteriori Pronunce del Giudice amministrativo.
17 Dinamica dei rapporti autorità-libertà
18 Il Decreto Presidente Consiglio Ministri.Pronunce del Giudice Ordinario 19 Ordinanza n.4 della Corte Costituzionale del 14 gennaio 2021. La Consulta sospende la legge della Val d’Aosta n.11 del 9 dicembre 2020. Conferma dell’ordinanza. Sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 2021
20 Il D.L. 1 aprile 2021 n.44. Il D.L. 22 aprile 2021 n.52. La proroga dello stato di emergenza al 31 luglio 2021.
21 Il ruolo del Parlamento nella fase dell’emergenza.
22 L’emergenza in materia di giustizia
23 Riflessioni conclusive
1. La Pandemia e i suoi effetti
La pandemia, causata dal coronavirus, ha prodotto effetti dirompenti.
Il primo Paese colpito è stata la Cina,con casi verificatesi nella città di Wuhan. Il virus si è diffuso anche in Italia. Successivamente in Europa, negli Stati Uniti, e, in misura diversa, in tutto il mondo. Da ultimo ha investito con particolare violenza India e Brasile. Una emergenza sanitaria globale. Il segretario Generale dell’O.N.U. Antonio Gutierres ha dichiarato che la pandemia da coronavirus “E’ la più grande prova che il mondo deve affrontare dalla seconda guerra mondiale.” L’epidemia, disaggregando il sistema complessivo, interessa vari campi: quello sanitario, economico,sociale, culturale, dell’istruzione e giuridico.L’emergenza spinge i cittadini a privilegiare la sicurezza rispetto ai diritti di libertà.Si affermano nuovi modelli di doveri e di diritti. Le strutture sanitarie sono messe a dura prova. Coinvolgono un numero altissimo di persone ed evidenziano l’esigenza di un ripensamento radicale della Sanità pubblica,con una revisione delle competenze Occorre,mutare radicalmente rotta, e incrementare gli investimenti del settore. Risorse economiche, mezzi finanziari, personale medico ed infermieristico dovranno essere potenziati in modo adeguato, per future emergenze.
Gli effetti sul sistema economico sono preoccupanti, particolarmente gravi. In una certa misura non quantificabili, con forti impatti sul mondo delle imprese, del commercio e del lavoro. Sono oltre dieci milioni, in Italia, i lavoratori a rischio.Una elaborazione dati del Censis,divide la società in soggetti titolari di reddito non penalizzati dal Covid e altri. Tra i soggetti garantiti figurano i dipendenti pubblici, circa tre milioni, i titolari di pensione circa sedici milioni, e i dipendenti privati a tempo indeterminato circa 9 milioni.Tra i soggetti non garantiti, i piccoli proprietari e i lavoratori autonomi, circa 6 milioni, a cui vanno aggiunti sei milioni di dipendenti privati sottoposti a CIG o in congedo parentale. Aiuti pubblici sono stati distribuiti tra vari soggetti e imprese. Nei nuclei familiari convivono soggetti garantiti e non garantiti. Sono emersi nuovi modelli di prestazione lavorativa come il c.d. lavoro da casa. Si ampliano i confini dell’area della povertà assoluta.(1) In Francia il Covid 19 ha moltiplicato le ineguaglianze ,secondo un rapporto del Consiglio Nazionale delle Politiche di lotta contro la povertà e le esclusioni Il rapporto di 150 pagine fa riferimento agli effetti multidimensionali,sanitari,sociali, economici, psicologici della crisi sanitaria .Crisi violenta che ha impedito alle persone che erano in una situazione precaria di uscirne ed ha precipitato nella povertà quelli che ne erano prossimi(1 bis)
Gli effetti sociali sono molto gravi. Modificano i confini delle varie classi di appartenenza e determinano ulteriori aggravamenti delle diseguaglianze. “Oggi si sta formando una classe di fuoriclasse che si sentono dimenticati, esclusi,tagliati fuori, ribelli a tutto: proprio nel momento in cui la stratificazione sociale del Paese si scompone, si aprono i cancelli dei ceti sociali, saltano le appartenenze culturali e le identificazioni tradizionali (1 ter). La cultura risente,in maniera sensibile, della chiusura di tutti gli spazi di aggregazione, quali musei, teatri e cinema, convegni di ogni genere. Nel mondo dell’istruzione,con la didattica a distanza si rischiano eventuali deficit formativi con le prevedibili conseguenze anche sul mercato del lavoro.
Mario Draghi ha definito la crisi “una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche”. Sono messi a dura prova equilibri consolidati. Sono emersi, all’interno dell’Europa, spaccature sugli strumenti con i quali affrontare la crisi ed egoismi di tipo nazionale, confliggenti con il principio solidaristico. Si creano divisioni profonde.
L’eventualità di una recessione in zona euro del 10% o maggiore appare concreta. Lo stesso spazio europeo senza frontiere rischia di essere messo in crisi. L’area Schengen ufficialmente non è sospesa, ma sono stati ristabiliti controlli sanitari e di polizia alle frontiere.La crisi è una prova per l’Europa e non possiamo permetterci di fallire (Ursula von der Leyen). Gli interventi si concretizzano in una specie di piano Marshall, il progetto americano per la ricostruzione dell’Europa dopo la seconda guerra mondiale. E’ stato varato un piano di aiuti straordinari. La Banca centrale Europea ha effettuato numerosi interventi di sostegno dei mercati, impiegando oltre mille miliardi. Sarà necessario ricorrere anche a forti strumenti comuni di stimolo fiscale. Strumenti che non devono pesare troppo sull’alto indebitamento dei vari paesi. Di qui l’esigenza di un Recovery Fund o Next Generation EU, ossia fondi di recupero, in sostanza, un fondo per la ripresa, ritenuto necessario e urgente per fare fronte alla crisi indotta dal Coronavirus. Il Fondo per la ripresa, di 750 miliardi, è stato stanziato dall’Unione Europea a fine luglio 2020 per rilanciare le economie dei 27 paesi membri, travolti dalla crisi del Covid 19. La disponibilità di risorse è fondamentale per la ripresa economica. L’Italia potrà disporre di 248 miliardi, di cui parte in sussidi e parte in prestiti. I Governi devono inviare i piani di ripresa e resilienza entro fine aprile 2021. La Commissione Europea ha definito delle linee guida per la stesura dei piani. Se nondovessero essererispettati i tempi degli adempimenti previsti, l’erogazione dei fondi sarà interrotta.
2 . Diritto dell’emergenza. Le misure adottate per far fronte all’emergenza sanitaria. La dichiarazione dello stato di emergenza. Il Decreto Legge 23 febbraio 2020 n.6
La Costituzione fa riferimento alla salute negli artt. 32 e 117. Nel primo, la salute è definita come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. L’art. 117 ricomprende la tutela della salute fra le materie a potestà legislativa concorrente fra Stato e Regioni. Riserva allo Stato la fissazione dei principi fondamentali, alle Regioni la disciplina di dettaglio. L’art. 117 comma 2 lett.q riserva la profilassi internazionale alla competenza esclusiva dello Stato e assegna alla protezione civile la competenza concorrente. La Costituzione non prevede una disciplina specifica per regolare le ipotesi di emergenza sanitaria. Tra le fonti: Il Codice della protezione civile, approvato con d.lgs. 1 del 1978. L’art.7 distingue le emergenze in tre categorie. Emergenze ordinarie, emergenze straordinarie di rilevanza non statale, emergenze di rilevo nazionale, per le quali è competente il Governo. L’esercizio dell’avocazione è subordinato alla deliberazione dello stato di emergenza. Le emergenze di rilievo nazionale si affrontano, fissandone la durata e determinando l’estensione territoriale. Se applicato integralmente alla materia sanitaria,il modello del
Codice, sarebbe equiparabile, in buona sostanza alla clausola di necessità, che, nell’ordinamento tedesco, consente alla Federazione di imporre la propria disciplina anche negli ambiti di legislazione concorrente dei Lander. Con la differenza che nel modello italiano difetta l’indicazione dei presupposti e delle modalità di esercizio di questa supremazia (1 quater). Assumono rilievo le ordinanze di protezione civile -art.25- che possono essere adottate in deroga ad ogni disposizione vigente nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento e delle norme dell’Unione Europea.
ll Consiglio dei Ministri, con delibera del 31 gennaio 2020, ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale, in conseguenza del rischio sanitario, connesso alla insorgenza di patologie, derivanti da agenti virali trasmissibili. Lo stato di emergenza sanitaria è stato dichiarato anche dall’Organizzazione mondiale della sanità. La dichiarazione di stato di emergenza è fissata con durata ed estensione territoriale (art.7 comma 1 lett.c e 24 comma 1 codice protezione civile), conferendo penetranti poteri, in deroga alle disposizioni vigenti ma nel rispetto delle norme della Costituzione. Lo stato di emergenza non può superare i 12 mesi ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi. Il Governo il 31 gennaio ha dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi con successive proroghe al 15.10 al 31.1, al 30 aprile e 15 luglio 2021. La proroga al 15 ottobre è stata illustrata, in via preventiva, dal Governo al Parlamento e poi disposta a mezzo di un decretolegge. La Costituzione prevede, per fronteggiare le emergenze, lo strumento del decreto legge, il sistema legislativo contempla anche ordinanze amministrative. Il 21 febbraio il Ministro della salute ha adottato due ordinanze. Si fondano sul potere di ordinanza, assegnato al Ministro dall’art.32 della legge n.833 del 1978, basato su un quadro normativo diverso da quello della protezione civile. Due giorni dopo si è passati al decreto legge,che però non è stato scelto direttamente. Il governo ha optato per una soluzione intermedia, dettando con decreto legge solo la cornice di successivi atti , adottati con Decreto Presidente Consiglio Ministri (2), Si passa dalla normativa sulla protezione civile a quella sull’emergenza sanitaria e poi ai decreti legge accompagnati da una devoluzione, di interventi puntuali, a decreti del Presidente del Consiglio,con una logica di accentramento di potere normativo (2bis). Il Decreto Legge n.6 del 23 febbraio 2020, convertito nella legge n.13 del 2020, è stato, inizialmente, la fonte normativa primaria delle misure di contenimento della emergenza epidemiologica da Covid 19.
Sono state previste numerose misure di contenimento, tra le quali vanno ricordate la misura del divieto di allontanamento dal comune o dall’area interessata e di accesso al comune o all’area interessata
Le autorità competenti possono adottare ulteriori misure di contenimento e gestione dell’emergenza,al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia da Covid 19 anche fuori dei casi di cui sopra. L’indeterminatezza della previsione, per la mancata individuazione delle autorità competenti, ha comportato l’autoindividuazione fatta da amministratori locali e da Presidenti di regione che, lungi da una corretta polifonia istituzionale, possono essere apparsi espressione di comportamenti precipitosi e irriflessivi (2 bis)
Sono stati, in buona sostanza, previsti amplissimi poteri con possibili limitazioni di diritti fondamentali. La norma di cui all’art.2, ingenera consistenti perplessità, con particolare riguardo al principio di tassatività e alla violazione del principio di legalità. Il Decreto legge fa riferimento non a tutto il territorio nazionale ma solo alle c.d. zone rosse: 10 comuni in Lombardia e il comune di Vo in provincia di Padova.
Al D.L. hanno fatto seguito alcuni Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M.). Le misure sono state estese all’intero territorio nazionale, introducendo limitazioni alla libera circolazione dei cittadini. Lo spostamento è possibile solo per comprovate ragioni lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute. Con il D.L. 25 marzo 2020 n.19 è mutato il quadro giuridico di riferimento,anche per superare i dubbi di costituzionalità. Sono state adottate misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale, misure speciali intema di ammortizzatori sociali, norme speciali in materia di riduzione dell’orario di lavoro,misure fiscali a sostegno della liquidita e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese, connesse all’emergenza epidemiologica da Covid 19. L’art. 83 prevede nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da covid19 e relativo agli effetti in materia di giustizia. Civile, penale,tributaria e militare.Il DPCM è uno strumento amministrativo , cui si è fatto ricorso con una notevole frequenza, astrattamente pari alla estrema urgenza della crisi sanitaria. Si è parlato di una piena e solitaria assunzione di responsabilità politica del Presidente del Consiglio in carica in materia di diritti fondamentali del cittadino ed ancora di autoassunzione di un potere extraordinem che si legittima per via di necessità” (3)
I D.P.C.M., per essere assistiti dal requisito di conformità al modello legale, devono contenere mere disposizioni di attuazione e non ulteriori limitazioni. Sono state, di contro, introdotte, come disposizioni di attuazione, ulteriori limitazioni, incidenti su diritti fondamentali quali la libertà di circolazione e i diritti di libertà. E’ stato rilevato che “si ha l’impressione che questa vicenda , all’esordio collocata nell’ambito della legislazione sulla protezione civile,sia sfuggita dal suo recinto naturale per approdare in quello più ampio della decretazione d’urgenza e soprattutto che ,con l’assegnazione ai decreti del Presidente del Consiglio del compito di stabilire e precisare le misure stabilite nei decreti legge, si sia determinata una sorta di corto circuito ,il cui esito è stato quello di esaltare la figura del primo ministro. Non come titolare di un potere di direzione della politica generale del Governo e di coordinamento dell’attività dei Ministri,ma più direttamente come titolare di un vero potere di decisione” (4). Sono state emanate, numerose ordinanze regionali, contenenti disposizioni più rigide,non coordinate con quelle previste nei D.P.C.M. nonchè disposizioni più flessibili. L’effetto di questa singolare produzione normativa è stato quello di evidenziare la debolezza della cooperazione. Mancanza di chiarezza e univocità nella comunicazione,hanno prodottodisorientamento e perplessità nella fase di concreta attuazione.
Le Disposizioni adottate incidono su diritti fondamentali.
Sono stati rilevati profili di criticità e di gravità crescente quali: La scelta di optare per la decretazione d’urgenza, quale base legale per i successivi atti normativi:l’eccessiva discrezionalità rimessa al destinatario della delega,stante il difetto di tassatività del decreto. Più di un dubbio di legittimità si pone con riferimento al destinatario della delega-il Presidente del Consiglio dei Ministri,e non il Consiglio dei Ministri,così da svincolare atti,già sottratti oltre a ogni controllo di legittimità da parte della Corte Costituzionale,anche al controllo preventivo e politico di legittimità costituzionale da parte del Presidente della Repubblica( (5)
3. I diritti fondamentali nella Carta Costituzionale. Le norme della C.E.D.U. Il bilanciamento dei diritti.
Viene spesso evocata la suggestiva immagine secondo cui“le Costituzioni sono catene con le quali gli uomini legano se stessi nei momenti di lucidità per non morire di mano suicida nei giorni della follia” L’affermazione,risale ad un giurista americano del XIX secolo John Potter Stockton. Il moderno costituzionalismo si pone come limitazione legale dell’esecutivo. Le norme costituzionali sono, in definitiva, poste a presidio dei diritti fondamentali degli individui. Quando si parla di Stato di diritto va aggiunta una ulteriore determinazione:la costituzionalizzazione dei diritti naturali che divengono diritti costituzionalmente protetti. Diritti, dunque. tutelati nei confronti del potere politico. La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, base del moderno costituzionalismo, all’art.2 faceva,significativamente,riferimento alla “conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo” (5bis).
L’art.2 della Costituzione vigente recita: la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali,ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Con il termine “riconosce” si vuole intendere che non è la Repubblica che attribuisce i diritti inviolabili, ma che questi esistono, indipendentemente da ogni attribuzione statale. La norma si riferisce al catalogo delle libertà civili ed è inserita nei principi fondamentali, a cui l’ordinamento si ispira. Le prospettive, in cui si esplica il valore giuridico dei principi fondamentali, sono tre: costituiscono orientamento e vincolo per l’interprete delle altre norme giuridiche, costituzionali e ordinarie; in quanto esprimono valori inderogabili dell’ordinamento, sono un limite implicito al potere di revisione costituzionale; la Corte Costituzionale può dichiarare illegittimi, e quindi eliminare dall’ordinamento leggi ordinarie e atti aventi forza di legge (6).
Il bilanciamento tra diritti e doveri è la prima chiave di lettura dell’equilibrio costituzionale, anche in una fase di crisi, derivata da una emergenza sanitaria. Il bilanciamento va costruito, con riguardo al diritto alla salute (art.32 Cost.) che la Costituzione definisce “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. In nome dell’interesse collettivo alla salute possono essere limitate situazioni soggettive, che rientrano nella dimensione dei diritti fondamentali. L’intervento limitativo sulle libertà, in particolare di domicilio, soggiorno e circolazione,è tutelato in funzione garantista, secondo una tradizionale ma insuperata ricostruzione, da una riserva di legge che viene definita rinforzata, in quanto è la stessa Costituzione che definisce gli interessi che possono giustificare l’intervento legislativo. La consolidata giurisprudenza costituzionale ritiene – che la riserva di legge sia assoluta, anche se si procede con i tradizionali atti aventi forza di legge (decreto legge,decreto legislativo delegato).
La Costituzione non contiene, a differenza di altri ordinamenti, disposizioni sulla distribuzione dei poteri in fase di emergenza. Nei casi di straordinaria necessità ed urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge che devono essere convertiti in legge entro sessanta giorni (art.77 Cost.).
Per quanto riguarda il rapporto tra Stato, Regioni e Autonomie locali, l’art.120 Cost prevede che l’esercizio dei poteri sostitutivi “nel caso di pericolo grave per la sicurezza e l’incolumità pubblica” deve avvenire nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di collaborazione, così come procedimentalizzati da apposita legge. Per la gestione di situazioni extra ordinem, la Costituzione richiede un rapporto, pur derogatorio tra legislatore e governo, affidando il ruolo di garanzia al Presidente della Repubblica. Lo schema seguito dal governo, appare, invero, scontare qualche incertezza nella scelta dello strumento e ha provocato, in dottrina,qualche dubbio(7).
Sulla notevole difficoltà dello Stato,nell’emergenza coronavirus, di coordinare gli interventi, è stato, in precedenza, puntualizzato che l’art. 117 della Costituzione riserva allo Stato i compiti in materia di profilassi internazionale. L’art. 120 della Costituzione consente già al Governo di sostituirsi alle Regioni, in casi di pericolo grave per l’incolumità. La legge 833 del 1978 assegna al Ministro della Salute il compito di intervenire in caso di epidemie.
E’ stato, altresì, rilevato che il Servizio sanitario è stato definito nazionale, perché deve avere una organizzazione e un funzionamento uniforme sul territorio. il diritto alla salute non cambia se si passa dalla Lombardia alla Sicilia. Finita questa vicenda, bisognerà trasferire il servizio allo Stato o a una guida centrale assicurata da un organo composito Stato-Regioni, ma che parli con una voce sola. E questa una proposta, che tiene conto anche del fatto che, dopo il 1970,alle Regioni sono state assegnate troppe funzioni,che svolgono con notevole affanno. Pare naturale, dopo esattamente cinquanta anni di esperienza regionale in Italia, fare un”check up”. Dopo tanti anni, compiti,che una volta era bene svolgere in periferia vanno assegnati a organi nazionali,e, viceversa (8).
L’esigenza di un ripensamento profondo sembra essere imposta dai dati emergenti da un rapporto del governo, rinvenibile in via telematica. Il conflitto è esploso negli ultimi anni. Dal 2010 al 2020 vari governi hanno impugnato 536 leggi regionali. Prevalgono le impugnazioni di norme in materia ambientale 67,segue la sanità 66, il pubblico impiego 59, la concorrenza 55. Un terzo del ruolo della Corte costituzionale è coperto dai ricorsi dello Stato contro leggi regionali. Negli ultimi quattro anni si è verificato un aumento esponenziale.Lo scorso anno quasi il 14 per cento di 719 leggi.”La copiosa produzione legislative regionale è finita per sconfinare in modo eccessivamente pervasivo in ambiti riservati allo Stato” (9) Le impugnazioni di leggi regionali, emanate per la crisi sanitaria sono destinate a far lievitare ulteriormente i contrasti. Per l’emergenza coronavirus, sono stati utilizzati mezzi diversi, suscitando notevoli perplessità. Non pare dubbio che lo strumento, in linea con il sistema costituzionale, sia quello del decretolegge. Utilizzato, e poisurrogato, dal Decreto Presidente Consiglio Ministri D.P.C.M., strumento più agile ma rischioso.
In estrema sintesi, va puntualizzato che in condizioni di emergenza sanitaria, come quelle innescate dall’epidemia, la limitazione dei diritti fondamentali prevista dalla Costituzione in situazioni eccezionali, è possibile, a condizione che le procedure seguite siano in sintonia con i precetti costituzionali.
L’art. 13 della Costituzione stabilisce che la libertà personale è inviolabile. Non è ammessa alcuna forma di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, nè qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessità e di urgenza, indicati tassativamente dalla legge l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati, entro quarantotto ore,all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di effetto.
L’Art. 16 Cost. prevede che”ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salve le limitazioni che la legge stabilisce, in via generale per motivi di sicurezza o di sanità”.
La formulazione dell’art. 13 appare rigida, in ragione della natura “inviolabile” del diritto di libertà. Per i diritti di circolazione e soggiorno,una compressione o limitazione degli spostamenti può, in condizioni eccezionali,quali l’emergenza epidemiologica, essere prevista. La condizione legittimante e imprescindibile è che sia utilizzato lo strumento, previsto dal sistema costituzionale in situazioni eccezionali, il decreto legge. L’uso del D.L. è in sintonia con il dettato costituzionale, in quanto prevede la delibazione del Presidente della Repubblica ed è soggetto all’approvazione del Parlamento.
Il D.P.C.M. è uno strumento più agile ma non è soggetto al controllo del Parlamento. La marginalizzazione delle Camere appare di dubbia legittimità costituzionale.
Possono, anche, essere richiamate, con riferimento alle norme giuridiche, le indicazioni ricavabili dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU) e delle libertà fondamentali,ratificate con legge 4 agosto 1955 n.8 La norma CEDU va a integrare il primo comma dell’art.117 Cost., come norma interpostae diviene oggetto di bilanciamento- Sent. 170 del 2013. Molte disposizioni della Convenzione prevedono clausole limitative dei diritti, in essa garantiti, per fini di sicurezza nazionale, difesa dell’ordine e prevenzione dei reati, protezione della salute. Le previsioni sono contenute negli articoli da 8 a 11 e tutelano, tra le altre, la libertà di pensiero, coscienza e religione, la libertà di espressione, di riunione e di associazione e la libertà di circolazione. In forza di tali clausole la limitazione dei diritti è ammissibile, a condizione che sia prevista per legge, sia imposta nel perseguimento di uno dei fini legittimi indicati, sia necessaria in una società democratica per il perseguimento dei citati scopi; nel senso che deve sussistere un ragionevole rapporto di proporzionalità tra la misura imposta e lo scopo perseguito.
L’art.15 della Convenzione disciplina espressamente le deroghe alla CEDU in caso di emergenza. Diritto di deroga, che può essere esercitato, qualora sussista una situazione di emergenza, che minacci la vita della Nazione, stabilendo i limiti che, anche in tale situazione, devono essere rispettati. La validità della deroga richiede che le misure adottate siano proporzionate(10). Il nostro ordinamento non conosce una generale gerarchia dei valori costituzionali lo stesso contenuto precettivo dell’art.3 comma 2 della Costituzione lo esclude. Nemmeno la Salute prevale sugli altri diritti o principi costituzionali. Non si colloca su un piano, gerarchicamente sovraordinato a quello degli altri diritti costituzionali.
La tecnica da seguire è quella del bilanciamento dei diritti. Il bilanciamento tra gli interessi in conflitto è praticata in molti ordinamenti, e in varie branche.
In Francia, ad esempio, nel giugno 2020, il Consiglio di Stato haannullato due precedenti decisioni del Ministero della Cultura. Ha concesso ad un ricercatore Francois Graner di consultare documenti,depositati dal presidente dell’epoca Francois Mitterandagli archivi nazionali sull’ eventuale coinvolgimento dei militari francesi che appoggiavano il movimento degli Hutu in Rwanda e che porto al genocidio di 800.000 Tutsi nella primavera del 1994. La richiesta del ricercatore è stata accolta, in quanto giustificata dalla pubblicazione di un libro sulla politica dell’ex capo dello Stato in Africa centrale. E’ stato ritenuto che “la protezione dei segreti di stato deve essere bilanciata con l’interesse di informare il pubblico su questi avvenimenti storici” Sul punto va ricordato che la Commissione, presieduta dallo storico Vincent Duclert, ha consegnato il 26 marzo 2021 il suo rapporto sul ruolo della Francia nel Rwanda. Senza concludere per la complicità del genocidio dei Tutsi,il rapporto elenca un insieme di pesanti responsabilità(Rwanda Histoire d’une faillite francaise Recit Le Monde del 28 marzo 2021).
Nella giurisdizione della Corte Costituzionale il bilanciamento è un settore privilegiato, in cui occorre fare ricorso al giudizio di ragionevolezza e di proporzionalità. Il giudizio di legittimità costituzionale deve aprirsi a giudizi di valore(C.C.le sent.n130 del 1988) e a forme di razionalità pratica(sent.n.172 del 1996), attenta agli effetti delle leggi,ai dati della realtà e alle caratteristiche del singolo caso. I diritti non sono mai affermati in termini assoluti,ma fanno parte di un tessuto costituzionale complesso, in cui altri diritti e altri interessi e beni possono legittimarne la portata. Nella Costituzione ogni diritto è sempre predicato assieme al suo limite. In questo ambito il bilanciamento è una tecnica interpretativa e argomentativa, che consente il necessario, ragionevole contemperamento. di una pluralità di interessi costituzionali concorrenti. Con la Sentenza Ilva n.85 del 2013. La Corte sottolinea il carattere non assoluto dei diritti fondamentali,da cui nasce l’esigenza del bilanciamento. Il punto di equilibrio non può essere prefissato in anticipo. Deve essere valutato dal legislatore nella statuizione delle norme, e dal Giudice delle Leggi in sede di controllo, secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale. Ha precisato,in particolare, che la qualificazione,come primari, dei valori dell’ambiente e della salute significa che gli stessi non possono essere sacrificati ad altri interessi che, ancorchè, costituzionalmente tutelati, siano posti alla sommità di un ordine gerarchico assoluto. Nessun diritto fondamentale è protetto in termini assoluti dalla Costituzione, ma, al contrario, è soggetto a limiti, per integrarsi con una pluralità di altri diritti e valori. In linea con le sentenze 348 e 349 del 2007 la Corte include, in questo approccio ai diritti fondamentali, anche i diritti protetti dalla Convenzione europea ,come applicati dalla giurisprudenza di Strasburgo,i quali non vanno esenti dal necessario bilanciamento con gli altri diritti protetti dalla Costituzione italiana (11). Il bilanciamento comporta un piccolo sacrificio di tutti i valori in campo, perchè non esistono diritti tiranni. La Corte lo ha scritto,nella sentenza sull’ILVA di Taranto,quando bisognava trovare un equilibrio tra diritto alla salute,il diritto al lavoro, il diritto d’impresa. Non ce n’è uno da tutelare in maniera integrale, a scapito di altri,ma in una situazione di conflitto,ciascuno può essere sacrificato,sia pure nella misura minima possibile, per consentire la tutela degli altri. (12). L’equo bilanciamento mira ad assicurare la massima espansione delle garanzie di tutti i diritti e principi rilevanti, costituzionali,sovranazionali e internazionali, complessivamente considerati che si trovano sempre in rapporto di integrazione reciproca (Corte Costituzionale sentenze n85 e 170 2013, 264 del 2012(13). Con quest’ultima sentenza La Corte ha ritenuto che “tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile,pertanto, individuare uno di essi,che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro” Nell’ottica, innanzi accennata, vanno esaminati eventuali criticità. In relazione ad alcune proposte , che hanno suscitato difformi opinioni .ci si è chiesti se l’uso di tecnologie informatiche, volte a raccogliere i dati sulla diffusione del virus,a monitorare le aree di contagio e a tracciare gli spostamenti dei lavoratori in modo da orientare, via via, la ripresa della produzione nelle aree non più infette, sia compatibile con quell’aspetto della libertà personale, tutelato dall’art.15 della Costituzione, oggi sinteticamente denominato diritto alla privacy. Se si vuole predisporre un tracciamento degli spostamenti occorrerà individuare quali presidi e quali garanzie vadano attivate per mantenere un sostanziale equilibrio tra valori costituzionali. (14) Il Garante per la privacy ha ipotizzato una norma di rango primario,anche un decreto-legge, per il trattamento dei dati e la previsione di specifici reati, nel caso in cui vengano violate le regole. E’ essenziale che venga garantito il ruolo centrale del Parlamento.
Il bilanciamento è diventato l’anima del diritto contemporaneo,sempre più pervasivamente costituzionalizzato in una prospettiva sovranazionale. Bilanciamento tra valori, tutti meritevoli di tutela che il costituzionalismo multilivello oggi impone pure (se non soprattutto nell’ambito della giustizia penale (15). Altra ipotesi di bilanciamento è quella tra diritto alla salute in ambito penitenziario e diritto alla sicurezza e alla certezza della pena.
4. Gli strumenti utilizzati. Eccesso di norme e mancanza di coordinamento
L’emergenza sanitaria ha richiesto una serie di misure. E’ stata prodotta una alluvionale e fisiologicamente disorganica, massa di atti normativi.” Atti derogatori a previsioni costituzionali, atti derogatori a fonti primarie, fonti secondarie, ordinanze contingibili e urgenti e atti interni all’amministrazione-circolari e note esplicative-; quanto alle competenze e all’ambito territoriale: atti statali-in particolare decreti legge e leggi di conversione, Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri ,decreti ministeriali,atti delle autorità indipendenti,atti commissariali- atti regionali prevalentemente ordinanze e atti dei Comuni e degli altri enti locali,anche in tal caso prevalentemente ordinanze. Il contenuto delle norme è caratterizzato da notevole disomogeneità ed incoerenza,previsioni normative che si sono sovrapposte, non coerenti tra i diversi livelli territoriali,caratterizzate da aporie e fonte di incertezza applicativa.Anche per lo strumento del decreto legge, la Costituzione impone l’osservanza di garanzie.Il diritto alla libertà personale può essere limitato per motivi di salute ,ma resta vincolato allariserva di giurisdizione nella concreta applicazione. Notevoli perplessità di ordine costituzionale, sollevano le previsioni derogatorie contenute nei decreti Presidente del Consiglio,anche se abilitati da decreto legge, e molteplicità di fonti,nazionali e regionali,che hanno previsto limitazioni ai diritti di libertà o ai diritti economici, in violazione della disciplina costituzionale o delle attribuzioni di competenze (15 bis).
Le consistenti criticità del quadro normativo hanno alimentato riserve e critiche. La problematica limitazione delle libertà fondamentali, previste dalla Costituzione in situazioni eccezionali, è di sconcertante attualità. Le restrizioni spingono al limite estremo il potere dello Stato sui cittadini. Ci si trova davanti a scelte difficilissime. Vanno ascoltate Regioni e Comuni. Di qui le esitazioni. Non può essere condivisa la scelta di creare un nuovo diritto dell’emergenza sanitaria, uscendo dai binari delle leggi di polizia sanitaria già esistenti, a partire dalle norme della Costituzione sulla profilassi internazionale fino a quelle del servizio sanitario sulle epidemie e al testo unico delle leggi sanitarie(16).Il sistema italiano non distribuisce in modo chiaro né i poteri né i doveri. Da qui il sovrapporsi delle competenze fra Stato,Regioni,Comuni da cui derivano contrasti e la nascita di contenziosi devoluti al Giudice amministrativo. Scontri si sono verificati anche all’interno delle regioni. Così tra il sindaco di Riccione e il Presidente della Regione sull’interdizione al pubblico delle spiagge. Così in Piemonte dove alla rapporto tra ordinanze regionali e ordinanze sindacali è stata data copertura medio tempore con la legge di conversione 23 maggio 2020 n.35 del D.L. 19 del 2020 che all’art 3 comma 2 ha stabilito l’inefficacia delle ordinanze adottate dai sindaci in contrasto non solo con le misure statali ma anche con quelle regionali (16 bis). In tale contesto non meraviglia che il governatore della Sicilia abbia adottato una circolare contrastante con quella del Governo (rectius la circolare del Capo di Gabinetto del Ministero degli Interni) In Friuli non è consentita nessuna attività all’aperto, nemmeno sotto casa. Lombardia e Veneto fissano il limite dei duecento metri. E’ difficile capire quale è il limite di comando. Al di là di ogni previsione si è prodotta più che una articolata catena istituzionale di comando,una vera e propria poliarchia con una dilatazione bulimica di poteri non disciplinati da una comune visione delle priorità e degli interessi nazionali (16 ter)L’eccesso di norme rallenta,ogni decisione,la rende incerta , quindi meno vincolante. La via di uscita potrebbe essere quella di rispolverare il modello uscito nel 1947 dalla penna dei costituenti. Un regionalismo separatista (anzichè cooperativo),con una rigida demarcazione dei poteri statali e regionali. (17)
5. Rimodulazione delle misure. Il D.L. 25 marzo 2020 n.19. La circolare del Ministero degli Interni del31 marzo
Le misure di contenimento ed il regime sanzionatorio applicabile, nei casi di violazione, sono stati in parte ristrutturati e razionalizzati, omogeneizzando le misure emanate in precedenza con D.P.C.M., Ordinanze di Ministri e Ordinanze Regionali.
Il D.L. n.19 è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 24 marzo, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 25 ed entrato in vigore dal 26 marzo. Le misure possono essere adottate per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiori a 30 giorni; la durata è predeterminata, temporalmente limitata, e sono reiterabili e modificabili sino al 31 luglio 2020. Vanno adottate secondo principi di adeguatezza e proporzionalità (art.1 e 2).
La tipizzazione delle misure si sostanzia in 19 ipotesi di limitazioni e sospensioni. E’ prevista, in particolare, la limitazione della circolazione delle persone, anche con limiti alla possibilità di allontanarsi dalla propria residenza, domicilio o dimora, se non per spostamenti individuali limitati, nel tempo e nello spazio o motivati da esigenze lavorative, da situazioni di necessità o urgenza, da motivi di salute o da altre specifiche ragioni.
Alla tipizzazione delle misure si accompagna la formulazione, peraltro ai limiti della genericità, del contenuto di alcune misure, come quella innanzi citata. Genericità ed approssimazione semantica, suscettibili di ampliare, eccessivamente, lo spazio di discrezionalità degli appartenenti alle forze di Polizia, che effettuano i controlli. In questa ottica va letta la circolare del 31 marzo 2020, diramata dal Capo di Gabinetto del Ministro degli Interni, avente ad oggetto chiarimenti in merito a profili applicativi su divieto di assembramento e di spostamenti di persone fisiche. In tale prospettiva si inseriscono il divieto di assembramento in luoghi pubblici, le restrizioni agli spostamenti sia intercomunali che infracomunali, il rispetto della distanza interpersonale di un metro fino alle limitazioni riguardanti l’attività motoria. Viene sottolineato, significativamente, che appare evidente come il perseguimento del fine implichi valutazioni ponderate, rispetto alla specificità delle situazioni concrete. Per quanto riguarda gli spostamenti di persone fisiche è da intendersi consentito ad un solo genitore camminare con i propri figli minori, in quanto tale attività può essere ricondotta alle attività motorie all’aperto, purchè in prossimità della propria abitazione. La stessa attività può essere svolta, inoltre nell’ambito di spostamenti motivati da situazioni di necessità o per motivi di salute. Sono consentiti spostamenti nei pressi della propria abitazione, giustificati da esigenze di accompagnamento di anziani o inabili, da parte di persone che ne curano l’assistenza. La Circolare prevede l’estensione delle indicazioni alle Forze di polizia quotidianamente impegnate, nella ricerca di un giusto equilibrio tra l’attenta vigilanza sulla corretta osservanza delle misure e la ragionevole verifica dei singoli casi.
Risulta di intuitiva evidenza che, a monte della circolare possono essersi verificate distorsioni applicative, tipo eccesso di zelo, determinate dalla insufficiente chiarezza dei Decreti e forse anche dalla mancanza occasionale di quel giusto equilibrio richiamato nella circolare. Alcuni Presidenti di Regione hanno sollevato riserve nei confronti della circolare, per una presunta opzione lassista. Stupisce che organi istituzionali di particolare rilievo non abbiamo ritenuto di approfondire le valutazioni su una materia di notevole complessità, per le sue implicazioni in tema di diritti fondamentali. Ulteriore riscontro della mancanza di chiarezza, derivante dal numero eccessivo di provvedimenti, e della difficoltà per il cittadino di seguire tutte le “evoluzioni normative” è data dal proliferare dei modelli di auto dichiarazione per giustificare gli spostamenti, da sottoscrivere e consegnare in sede di controllo agli organi di polizia. Nel modello bisogna dare atto della conoscenza non solo delle sanzioni,previste dall’art. 4 del D.L. 25 marzo n.19,ma anche delle ulteriori limitazioni disposte con provvedimenti del Presidente della Regione. Ci si può chiedere quante persone dispongano di tali conoscenze. La fattispecie del divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione per le persone sottoposte alla quarantena, perché risultate positive al virus, appare più caratterizzata rispetto alla analoga previsione di cui all’art.1 comma 3 del D.P.C.M. dell’8 marzo 2020. Le misure sono adottate, con uno o più D.P.C.M., su proposta del Ministro della Salute, sentiti i Ministri competenti nonché i Presidenti delle Regioni interessate nel caso in cui riguardino una Regione o alcune specifiche Regioni. I decreti possono essere adottati su proposta dei Presidenti delle Regioni interessate. Vengono delimitati, in misura più puntuale, i rapporti con le Regioni. E’ prevista la possibilità di introdurre misure ulteriormente restrittive, in relazione a specifiche situazioni, solo nelle more dell’adozione dei D.P.C.M. e con efficacia limitata a tale momento. E’ stato rilevato come sia nato un nuovo meccanismo propositivo e ricorrente di un atto singolare del Presidente del Consiglio, nel senso che, quanto meno in epoca di emergenza sanitaria covid, una ordinanza regionale viene ad assumere la veste di atto di proposta. c.d. ordinanza proposta -di un atto del Presidente del Consiglio. Novità interessante sul piano delle fonti del diritto (17 bis) Non è consentito ai Sindaci di adottare, a pena di inefficacia, ordinanze in contrasto con le misure statali. Il rapporto tra D.P.C.M e ordinanze regionali è stato, opportunamente, disciplinato in modo da evitare il ricorso plurimo all’ordinanza. E’ previsto che entro il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei provvedimenti emanati, il Presidente del Consiglio dei Ministri o un Ministro da lui delegato riferisca ogni quindici giorni alle Camere sulle misure adottate. Qualche perplessità permane sulla adeguatezza della misura. La norma, in ogni caso colma una lacuna.
Riattiva, in una certa misura, il raccordo Governo Parlamento, valorizzata la funzione di controllo, ed entro certi limiti, restituisce al Parlamento il ruolo di garanzia del sistema. Attenua i margini di tensione costituzionale, che il Presidente del Consiglio aveva riconosciuto nella Relazione di presentazione al Parlamento del Decreto Legge n.19, facendo riferimento alla limitazione di alcune delle libertà fondamentali garantite dalla Costituzione. Il D.L. n.6, già convertito in legge viene abrogato. Sui rapporti tra il D.L.originario e il D.L. 25 marzo è prevista, art.2 comma3, la conservazione degli atti di normazione secondaria, emessi sulla base del decreto abrogato. La norma è il frutto di un evidente compromesso politico istituzionale(19bis) Si realizza, così, una figura di D.L. meramente riproduttivo con formula ricettizia. Il decreto n.6, già convertito in legge, viene abrogato. Continuano ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure già adottate con i D.P.C.M. dell’8,9, e 11 marzo. Tra i profili di criticità va segnalato l’effetto singolare che viene a prodursi. Si verifica una situazione atipica. I D.P.C.M., non sottoposti all’approvazione del Parlamento, emessi sulla base del d.l. n,6, con tutte le problematicità in precedenza rilevate, possono, in virtù di un controllo differito delle Camere, essere ratificati, con tutti i vizi e le anomalie genetiche. Continua ad essere largamente utilizzato lo strumento amministrativo del D.P.C.M., in assenza di controlli. Unico controllo è quello della Corte dei Conti.
6 Profili sanzionatori.
Sui profili sanzionatori è stata attuata una marcata inversione di tendenza. lI ricorso alla figura di reato di cui all’art.650 del Codice Penale, prevista originariamente, non si è dimostrata una scelta meditata. Il numero delle denunce, inoltrate alle Procure della Repubblica, pari a poco meno di 100.000,aveva evidenziato i limiti dello strumento scelto. Poneva in evidenti difficoltà gli Uffici giudiziari. Una analisi meditata su criticità e problematicità, ha indotto a modificare lo strumento sanzionatorio, rinunciando all’opzione penalistica. Il mancato rispetto delle misuredi contenimento è sanzionato ora, esclusivamente, in via amministrativa,con il pagamento di una somma da euro 400 a 3.000. Le violazioni sono accertate ai sensi della legge 24.11.1981 n.689.con specialità ed esclusione della operatività dell’art. 650 c.p. Con una disposizione transitoria di coordinamento è stato previsto che le disposizioni, che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative, si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto. Si è introdotta una deroga al principio di irretroattività delle sanzioni amministrative contenuto nell’art.1 della legge n.689 del 1981, prevedendo l’applicazione di una sanzione in misura ridotta. Non pare siano stati oggetto di riflessione adeguata i principi di legalità e di tipicità per le sanzioni amministrative, consacrati nell’art1 della legge n.689. Il Giudice delle leggi con la sentenza n,134 del2019 ha chiarito che per le sanzioni amministrative deve essere assicurata la conoscibilità del precetto e la prevedibilità degli effetti sanzionatori; anche per le sanzioni amministrative deve essere assicurato il rispetto del principio di determinatezza, in quanto le norme che prevedono una sanzione vanno correlate con la previsione dell’art.25 secondo comma Costituzione (18).
7 L’esercizio della libertà religiosa nella Carta Costituzionale. Il D.P.C.M. 8 marzo 2020
L’art. 2 del DPCM 8 marzo prevede che l’apertura dei luoghi di culto è condizionata all’adozione di misure organizzate, tali da evitare assembramenti di persone, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispetta la distanza tra loro di almeno un metro. Sono sospese le cerimonie civili e religiose.La decisione, resa nota con dichiarazioni alla stampa, di non consentire,in vista di una parziale ripresa delle attività,la celebrazione della messa con i fedeli,ha sollevato riserve e critiche. E’ stata motivata dall’esigenza di contenere una possibile risalita dei contagi da coronavirus. Si è rilevato, di contro, che,verrebbe pregiudicato l’esercizio della libertà di culto. In altri termini si verrebbe ad incidere su un diritto garantito dalla Costituzione. ll Presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli,ha precisato la questione nei seguenti termini: “ C’è da chiedersi se è davvero incompatibile l’attività di esercizio del culto con la salute, O piuttosto non debbano essere individuate le modalità a garanzia della salute” L’i’infettivologo Matteo Bassetti,componente della Task Force della Regione Liguria per l’emergenza,ha precisato: ”Tutto ciò che contribuisce ad un progressivo ritorno alla normalità,evitando concentrazione di persone,va previsto .celebrazione negli spazi aperti ,quando concordato e possibile,proiezione delle liturgie attraverso degli schermi fuori delle chiese,utilizzo, per chi può, di spazi come il sagrato, intendiamoci, non è un liberi tutti,ma la presa di consapevolezza che si può accelerare,garantendo il massimo della sicurezza”(Avvenire del 28 Aprile). Sono intervenuti anche la Federazione delle Chiese evangeliche. la Presidenza della comunione delle Comunità ebraiche e il Presidente della comunità religiosa islamica italiana, che hanno espresso le preoccupazioni dei credenti di qualsiasi fede. L’esercizio della libertà religiosa è stato oggetto di un approfondito studio, pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri,ufficio del segretario generale, ufficio studi e rapporti istituzionali. L’introduzione fornisce un quadro costituzionale e normativo di notevole interesse. La libertà religiosa è disciplinata dalla legge fondamentale dello Stato,la Costituzione. Gli Articoli della Carta, che trattano,direttamente,della libertà religiosa sono gli articoli 3,7,8,19 e 20. In particolare l’art.19 garantisce la libertà di professare la propria fede religiosa in qualsiasi forma individuale o promuoverne la diffusione e di celebrare il culto in pubblico o in privato,a meno che i riti non siano contrari al buoncostume. L’art.19 Cost. anticipa,in termini espliciti il più generale principio dell’art.21 della Costituzione (Corte. cost. le sent. n.188 del 1975).Accanto a questi articoli va richiamato l’art.2,che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo. La Costituzione riconosce i diritti inviolabili dell’uomo – tra di essi la libertà di religione- artt. 8 e 19 -tutela il sentimento religioso (sent. n.14 del 1973). Vanno richiamati anche gli artt.17,18 e 21,che tutelano la libertà di espressione,di assemblea,di riunione e la libertà di organizzare associazioni religiose. L’art.117 secondo comma lett.c riserva alla potestà legislativa esclusiva dello stato la materia dei rapporti con le confessioni religiose. La libertà religiosa è garantita dall’art. 17 par.i del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, secondo il quale l’Unione rispetta e non pregiudica lo status di cui le Chiese, le associazioni o comunità religiose godono negli Stati membri, in virtù del diritto nazionale. Ulteriore garanzia è offerta dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Il tessuto normativo, costituzionale e comunitario, fornisce il quadro di riferimento, utilizzabile dal legislatore,per garantire una effettiva tutela della libertà religiosa. L’esercizio della libertà religiosa rientra tra i diritti fondamentali garantiti dall’art.2. Lo Stato deve. garantire il libero esercizio delle libertà ,con un obbligo negativo di astensione da atti limitativi ingiustificati. Costituisce un diritto pubblico subiettivo inviolabile. L’art. 19 tutela: la libertà di fede,inclusa anche la libertà religiosa negativa o rifiuto di ogni credo religioso. (La sentenza della Corte Cost, la n. 117 del 1979 ha modificato la formula del giuramento dei testimoni nei processi in parte qua, in cui si assumeva la responsabilità “davanti a Dio “); la libertà di propaganda o di proselitismo; la libertà di compiere atti di culto sia in privato che in pubblico.
La problematica è analoga a quella dei diritti di libertà ed il sistema di composizione tra diritti concorrenti è ispirato agli stessi principi. La tecnica da utilizzare è quella del bilanciamento dei diritti, ben nota ai costituzionalisti, a cui sembrano far riferimento le dichiarazioni del Presidente emerito della Corte Costituzionale, Mirabelli. L’esercizio della libertà religiosa rientra tra i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione e in sede sovranazionale. In una fase di emergenza sanitaria,va operato un bilanciamento con riguardo al diritto alla salute tutelato dall’art.32 della Carta costituzionale La limitazione dei diritti fondamentali, in situazioni eccezionali, è possibile. Contemperando la pluralità di interessi costituzionali in potenziale conflitto, secondo criteri di proporzionalità e ragionevolezza, garantendo una limitata compressione. Le modalità di contemperamento vanno attuate con una tecnica, che consenta il minor sacrificio tutelando il nucleo fondamentale dei diritti co-stituzionali. Lo strumento da utilizzare non è quello del D.P.C.M. ma del decreto legge, che consente al Parlamento di esercitare la sua funzione di controllo. Da ultimo è stato sottoscritto un protocollo,entrato in vigore il 18 maggio 2020, tra Conferenza Episcopale Italiana e Governo che garantisce la ripresa delle funzioni religiose con le opportune cautele. Con il D.L. 16 Maggio 2020 n.33 viene consentita la ripresa delle funzioni religiose con il rispetto del protocollo.
8 Dal D.PC.M. del 26 aprile a quello del 7 settembre .Proroga dello stato di emergenza Consiglio dei Ministri del 7 ottobre, proroga dello stato di emergenza. Consiglio dei Ministri del 7 ottobre 2020
Con il D.P.C.M. del 10 aprile si apre una fase di limitata riapertura, prevedendo delle eccezioni alla sospensione di tutte le attività produttive,industriali e commerciali. Tra le altre disposizioni limitative, sono consentiti solo gli spostamenti per comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute con divieto di recarsi in comune diverso rispetto a quello in cui ci si trova. è vietata ogni forma di assembramento. è vietato l’accesso ai parchi e alle ville. E’ consentito svolgere attività motoria in prossimità della propria abitazione
Con il D.p.c.m. del 26 Aprile sono state emanate ulteriori disposizioni attuative del Decreto Legge n.6, introducendo regole più elastiche per gli spostamenti e inserendo la regola, secondo cui si considerano necessari gli spostamenti per incontrare congiunti. Nella dizione sono ricompresi anche i rapporti affettivi con connotati di stabilità. Fra le novità, la riapertura delle attività manifatturiere, di costruzione, di intermediazione immobiliare e di commercio all’ingrosso E’ mantenuto il divieto di assembramento e il distanziamento interpersonale. È consentito l’accesso alle ville e ai parchi e l’attività sportiva, mantenendo il divieto di competizioni sportive. Consentita la ristorazione con asporto.
Con il Decreto legge 6 maggio 2020 n.33 viene disposta la cessazione delle misure limitative della circolazione, all’interno della regione di appartenenza, con possibilità di reiterazione delle limitazioni in aree specifiche, per aggravamento della situazione epidemiologica. Restano non consentiti gli spostamenti tra Regioni diverse. Fino al 2 giugno permane il divieto di spostamento da e per l’estero sono previsti il divieto di assembramento e il rispetto della distanza interpersonale di un metro in luoghi pubblici o aperti al pubblico E’ consentita la ripresa delle funzioni religiose con il rispetto dei protocolli. Modificando le prescrizioni, rispetto alle previsioni che hanno dato luogo alla sentenza del TAR,di cui si è fatto cenno in precedenza,viene previsto che le Regioni,informando il Ministero della Salute,possono introdurre misure derogatorie ampliative o restrittive.
Il D.P.C.M. del 17 maggio 2020 disciplina le misure per la fase 2 dell’emergenza sanitaria, in vigore a partire dal 18 maggio; misure che segnano la ripresa dei rapporti e delle relazioni interpersonali, autorizzando la riapertura di una serie di attività e di esercizi pubblici.
Il DPCM dell’11 giugno segna la fase 3. Consentita l’apertura di centri estivi per bambini sale giochi, sale bingo,centri benessere e termali,centri culturali e sociali, riprendono gli spettacoli aperti al pubblico,le sale teatrali e di concerto, e sale cinematografiche sempre nel rispetto delle precauzioni obbligatorie.
IL DPCM del 7 agosto proroga fino al 7 settembre le misure precauzionali minime per contrastare la diffusione del virus
Il DCPM del 7 settembre proroga al 7 ottobre le misure precauzionali di contrastare e contenere IL DPCM del 6 settembre prevede l’obbligo di mascherine al chiuso e nei luoghi aperti,dove non e possibile mantenere il distanziamento, divieto di assembramento, limite di capienza per i trasporti pubblici fissato all’ 80%, Per garantire l’efficienza della misura cardine antivirus, non risulta siano stati effettuati adeguati controlli o misure di alleggerimento Confermate le regole stabilite il 7 agosto in particolare l’obbligo di sottoporsi a tampone, per chi torna da sedici paesi ritenuti a rischio. Permangono i divieti per i concerti e per gli stadi. Resta valida l’ordinanza del12 agosto del Ministro della Salute, per controllare le persone che tornano dalle vacanze, o comunque da un periodo trascorso all’estero, fermo l’obbligo di isolamento fiduciario o di sottoporsi al test nel caso di provenienza da zone o paesi con accentuata presenza del virus. Resta valida l’ordinanza 16 agosto del Ministro della salute, che ha chiuso le discoteche Le partite di calcio si giocano a porte chiuse. Mascherine obbligatorie al chiuso e nei luoghi aperti dove non sia possibile mantenere il distanziamento. Sono esenti i bambini con meno di sei anni e le persone con disabilità.
Il Consiglio dei Ministri del 7 ottobre ha prorogato fino al 31 gennaio 2021 lo stato di emergenza, connessa alla dichiarazione di emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Il Decreto legge n.125 del 7 ottobre 2020 contiene misure urgenti, connesse con la proroga, tra cui l’ultra attività del DPCM di settembre.
9 Pubblici poteri ed emergenza epidemiologica. Il Decreto Presidente Consiglio dei Ministri. Perplessità e riserve sull’uso dello strumento
Sull’ampiezza dei poteri del Governo in materia di crisi sanitaria, sui rapporti tra Stato e Regioni e in generale sulla legittimità dei provvedimenti, emanati, con particolare riguardo ai D.P.C.M., si è sviluppato un ampio dibattito
Netta è la distinzione tra il contenuto dei diversi provvedimenti adottati per fronteggiare la pandemia, con i relativi sacrifici e la forma in cui sono stati adottati. La compressione dei diritti fondamentali non può avvenire in modo invasivo, utilizzando fonti diverse da quella legislativa, per legittimare i provvedimenti talora contradditori, adottati da Presidente del Consiglio, Ministri, Presidenti di regione e Sindaci. Non è sufficiente un decreto legge che attribuisce, in modo generico, poteri. Il Parlamento è rimasto assente, senza svolgere la funzione di controllo sul governo e intervenire. In particolare, in sede di conversione del Decreto Legge n.6, per eliminare i difetti dai quali era affetto. A tutto questo si sono aggiunti vistosi difetti di comunicazione, con effetti negativi. In futuro non potrà mancare una legge che riconsideri le norme oggi in vigore e disciplini compiutamente, in modo conforme alla Costituzione, le situazioni di emergenza,alla luce dell’attuale esperienza e delle indicazioni della Corte Costituzionale,che,verosimilmente, non mancheranno (18bis).Prima del decreto n.19, ai sensi del decreto n.6, le ordinanze regionali potevano intervenire solo nelle more del D.P.C.M. Viceversa, si consente un intervento regionale, derogatorio e indeterminato. La Corte Costituzionale ,con la sentenza 307 del 2003, ha chiarito che misure regionali di più rigorosa tutela della salute interferiscono comunque con interessi nazionali essenziali, tipo la produzione,la circolazione, che dovrebbero essere oggetto di bilanciamento da parte del legislatore statale (19) Si è ritenuto che i D.PC.M. siano stati legittimamente emanati,in quanto autorizzati da due Decreti Legge,uno dei quali votato dal Parlamento. Il Governo non avrebbe usurpato poteri non concessi. E’ stato anche ricordato che una delle più frequenti prestazioni dei Giuristi nel loro insieme è di rendere meravigliosamente oscure persino le questioni chiare. I D.P.C.M. sono autorizzati dalla legge il Governo ha fatto uso dell’autorizzazione, in quanto Autorità competente, anche se sono stati emanati numerosi D.P.C.M. L’Autorizzazione data al Governo prevede che l’attuazione segua l’andamento dell’epidemia(19). E’ stato, di contro, ritenuto che i D.P.C.M per tutto il territorio nazionale non sono autorizzati da nessuna legge e neppure dal Decreto Legge n.6 il quale si riferisce soltanto a interventi in particolari aree, località interessate dal covid-19. Il Governo ha sanato la situazione con i decreti successivi e in emergenza epidemiologica. In particolare con il numero 19 del 25 marzo convertito in legge solo il 30 aprile. Il decreto n.6 poi abrogato, non contiene l’obbligo di stare a casa,mentre su questa imposizione sono basati i decreti successivi a partire dal 10 marzo. Ne consegue che, dal 10 al 25 marzo il relativo potere, così come esercitato, non aveva alcuna base legislativa. Sul rapporto Stato Regioni è stata lamentata la mancata differenziazione, a fronte di situazioni diverse. Nel caso di emergenza la questione è risolta dall’art.120 della Costituzione, dal principio di sussidiarietà a cui va aggiunto il principio di leale collaborazione, con un confronto sui contenuti che è stato invece molto limitato (20). La problematica connessa all’uso dello strumento del D.P.C.M. ha sollevato perplessità, anche di ordine istituzionale. “il D.P.C.M. è un provvedimento unilaterale del Governo, calato dall’alto senza alcun voto del Parlamento…può rappresentare un rischioso precedente soprattutto quando si tratta di diritti fondamentali,come la libera circolazione, e l’iniziativa economica. Il ruolo delle Istituzioni è quello di vigilare sull’attività di governo. Ciò che è precluso dal DPCM. Il Parlamento è il luogo dove ci si confronta si dibatte e si vota. E’ la voce dei cittadini, perché coinvolgendo tutte le forze politiche, raccoglie le istanze di persone, categorie, territori. E nessuna emergenza può far venir meno la sua centralità, specie quando si toccano le libertà personali(21). In sede di dichiarazioni relative al d.l. di rilancio dell’economia, che consta di 254 articoli e prevede impegni di spesa per 55 miliardi, il Presidente del Consiglio ha precisato che, per i prossimi interventi, proporrà al Consiglio dei Ministri di adottare un Decreto Legge per coinvolgere di più il Parlamento. Restano, così,indirettamente confermate le perplessità di ordine costituzionale sullo strumento del D.P.C.M., atto amministrativo e non normativo. In questo quadro si inseriscono problematiche di estrema delicatezza che non possono essere trascurate. E’ stato incisivamente rilevato che “il Parlamento è innanzitutto organo legislativo ma la legislazione è a prevalente trazione governativa. (Rapporto sulla legislazione del 2018 dell’Osservatorio sulla legislazione della Camera. Solo un quarto delle leggi di questa legislatura sono state di iniziativa parlamentare Il governo ha avuto una corsia privilegiata,i tempi medi di approvazione delle leggi di iniziativa parlamentare,sei mesi, si dimezzano per quelle di iniziativa governativa. Il Parlamento è sempre più a rimorchio del governo, non legifera ma emenda. Il comitato parlamentare ha inoltre dimostrato una inesausta capacità trasformativa. Nel periodo dell’emergenza sanitaria ,fino a metà luglio, sono stati approvati 860 emendamenti ai decreti legge che sono cresciuti nell’iter parlamentare Decreto Cura Italia da 127 a 176 articoli Decreto rilancio da 266 a 341 articoli. Il comitato per la legislazione della Camera dei Deputati ha lamentato l’attribuzione di un improprio potere normativo e regolamentare ai Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri. Ha criticato il modo in cui il governo “gioca” con i decreti legge,abrogando le norme di un decreto legge in sede di conversione o inserendo nella legge di conversione proroghe in blocco dei termini di deleghe in scadenza,oppure tutte le deleghe alla legislazione vigente con la proroga dell’emergenza. Il Parlamento lavora molto ma decide poco. Alla massa di norme si aggiungono le ulteriori norme applicative – regolamenti ed atti amministrativi(23 bis)) Il panorama innanzi riportato rende evidente che siamo alle prese con una fase distorsiva, sotto il profilo legislativo ed istituzionale,che, facendo leva sulla emergenza, introduce elementi di rottura del quadro ordinamentale, di non facile recuperabilità. Va registrata la tendenza ad introdurre, in sede di conversione, norme regolatrici, che hanno per oggetto situazioni che non hanno attinenza alcuna con la materia regolamentata. Si inserisce nel quadro anche il ricorso singolare alla formula” salvo intese” che accompagna l’approvazione di alcuni provvedimenti, rimettendo la ricerca delle intese a momenti successivi e introducendo ulteriori limitazioni alle prerogative del Parlamento. Il risalente fenomeno dello strisciante antiparlamentarismo, originato anche dalla antipolitica riceve nuova linfa dal consolidarsi delle prassi innanzi richiamate. Si inserisce in questo panorama anche un richiamo del Presidente della Repubblica. Nel promulgare la legge di conversione del decreto legge sulle semplificazioni ha inviato nel settembre 2020 una lettera ai Presidenti del Senato e della Camera e al Presidente del Consiglio dei Ministri , in cui ha rilevato che”attraverso un solo emendamento approvato dalla Commissione di merito al Senato in prima lettura,si è intervenuti in modo rilevante su una disciplina, la circolazione stradale ,che tra l’altro ha immediati riflessi sulla vita quotidiana delle persone. L’emendamento è stato trasfuso nel più ampio emendamento, interamente sostitutivo dell’articolo unico del provvedimento, testo sul quale il governo,sia al Senato che alla Camera, ha posto la questione di fiducia. Il Presidente ha fatto riferimento alla prassi discutibile dei decreti di urgenza c.d.omnibus che raccolgono materie più disparate e che, come nel decreto semplificazioni, vengono votati dal Parlamento, ponendo la questione di fiducia.
Il Presidente invita il governo “a vigilare affinché, nel corso dell’esame parlamentare dei decreti legge, non vengano inserite norme palesemente eterogenee, rispetto all’oggetto e alle finalità dei provvedimenti d’urgenza” invita i Presidenti delle Camere a rappresentare al Parlamento l’esigenza di operare in modo che l’attività emendativa si svolga in piena coerenza con i limiti di contenuto derivanti dal dettato costituzionale” I quindici articoli che modificano il Codice della strada non risultano riconducibili alle predette finalità e non attengono a materia originariamente disciplinata dal provvedimento”. Va ricordato che la legge 400del 1988 include tra i requisiti dei decreti legge l’omogeneità dei contenuti. La legge di conversione non può aprirsi a qualsiasi contenuto, come del resto prescrive l’art. 96 bis del regolamento della Camera dei Deputati. E’ auspicabile che il monito presidenziale non resti inascoltato per il futuro. Perplessità sono state manifestate anche dal Presidente del Senato. Ha ripreso alcuni spunti critici, già espressi sulla eccessiva utilizzazione dello strumento del D.P.C.M. lamentando la marginalizzazione del Parlamento.(22)
Si sono levate voci secondo cui, pur in presenza dell’odierna pandemia la Costituzione è salva e soprattutto ci salva e che le restrizioni imposte debbano essere intese come volte ad assicurare l’adempimento di un dovere di solidarietà sociale ex art.2 Cost. Senza che ciò equivalga ad una abiura dei principi del liberalismo politico e dello stato costituzionale di diritto (230)
10 La limitazione dei diritti di libertà nei vari Paesi. La vicenda catalana.
La pandemia ha prodotto effetti, nelle diverse aree nazionali, sia a livello di gestione sanitaria, sia sulle misure necessarie per evitare la diffusione del contagio. E’ netta la differenza tra l’ordinamento cinese e gli altri ordinamenti. L’assetto autoritario dello Stato ed i limitati strumenti di tutela dei diritti, hanno consentito, anche se non in modo indolore,una risposta alla crisi estremamente energica. Oltre alle limitazioni della libertà di circolazione, di riunione, di parola, è stata prevista la pena di morte per coloro che non si conformino alle misure restrittive. Anche con riferimento al rapporto tra i diversi livelli di governo, la Cina mostra tutte le sue peculiarità. A fronte di una articolazione territoriale composita, l’art. 96 comma 1 della Costituzione,vede nelle autonomie territoriali organi locali del potere statale. Anche la reazione all’emergenza degli ordinamenti democratici si si sostanzia in limitazioni delle principali libertà costituzionali, ma di ben diverso impatto. Alla frammentazione, peraltro tipica degli Stati federali,Stati Uniti Canada si affianca la parziale eccezione della Germania. La nuova legge sulla difesa dalle infezioni accentua i poteri del governo federale, a scapito dei lander e dei comuni. Per la prima volta corregge il federalismo. In pratica si è assistito al fallimento della strategia di contrasto, a causa dell’ordine differenziato con cui è stato affrontato il virus nelle diverse regioni. A questo si è affiancato il collasso dei Getsndheiitsamt gli uffici sanitari, che, nella prima ondata avevano costituito la più efficace barriera alla pandemia. In Francia è stata rafforzata la regia centrale del governo, che opera attraverso i Prefetti. La costituzione prevede tre tipologie di stato di emergenza. Nel caso di grave pericolo per le istituzioni statali poteri sono attribuiti al Presidente della Repubblica. L’art. 36 prevede la dichiarazione di stato di assedio da parte del Consiglio dei Ministri, per un tempo determinato con possibile proroga. La legge 2020 n.2020-290 è stata varata per gestire lo stato di emergenza covid 19 sia attraverso rinvii al Code de la santè publique, così come modificato dalla stessa legge, che a mezzo di disposizioni contemplate nell’atto. E’ previsto un nuovo regime di emergenza sanitaria, formalmente dichiarato dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute. Le Camere devono essere immediatamente informate delle misure adottate e possono richieder ogni informazione necessaria nell’ambito del controllo e della valutazione delle misure.. Sono state sollevate, dalla dottrina in particolare, critiche e riserve sulle misure limitative dei diritti e l’eccessiva estensione de poteri dell’esecutivo, ritenuta lesiva delle prerogative parlamentari 24 bis).
La problematica della limitazione dei diritti di libertà a causa dell’impatto dell’epidemia ha sollecitato ampie critiche in tutto il mondo. Secondo quanto risulta da uno studio de Fredom House, organizzazione fondata nel 1941con sede a Washington, quasi un quarto dei paesi ha sofferto abusi di potere e in metà degli Stati sono state introdotte limitazioni ai diritti fondamentali Una Risoluzione Del Parlamento Europeo su Pandemia e diritti fondamentali ha esaminato la condizione dei valori democratici europei nel contesto delle misure di contenimento del Covid 19. La risoluzione è stata approvata con 496 voti favorevoli,138 contrari e 49 astensioni. Comunicato stampa del 13 novembre 2020. Viene sottolineato “che le misure di emergenza rappresentano un rischio di abuso di potere” e che sono soggette” a tre condizioni generali, ovvero la necessità, la proporzionalità in senso stretto e la temporaneità”,quando producono effetti sullo Stato di diritto, sulla democrazia e sul rispetto dei diritti fondamentali. I governi nazionali sono invitati a non abusare dei poteri di emergenza per approvare norme non legate agli obiettivi dell’emergenza sanitaria da covid 19. Si richiede in particolare di garantire un efficace controllo parlamentare e giudiziario, garantire il diritto all’istruzione e l’effettivo accesso all’educazione a tutti gli studenti, trovare soluzioni per garantire e tutelare i diritti e la salute di tutte le persone detenute, dare prova della massima moderazione nel momento di valutare la possibilità di imporre nuove restrizioni alla libertà di circolazione,garantire i diritti degli imputati, valutando la possibilità di udienze on line. Uno studio dell’International Institute for democracy and electoral assistance di Stoccolma, una organizzazione intergovernativa, analizza ogni anno lo stato di salute delle libertà nel mondo. L’ultimo monitoraggio non è rassicurante. La pandemia costituisce una dura prova “per la libertà di espressione e la sicurezza personale nel mondo” Divieti e restrizioni vengono largamente utilizzati per contenere l’epidemia. Nei regimi autoritari l’occasione viene colta per concentrare e rafforzare i poteri dell’esecutivo, scavalcando il Parlamento. Ben 97 dei 163 stati, presi in considerazione, hanno utilizzato poteri extra ordinem. Mentre “le democrazie stanno usando strumenti democratici per arrivare all’approvazione degli stati di emergenza, questo non succede nei regimi autoritari o nei paesi che sono a metà strada tra autocrazie e democrazie (Alberto Gibaja senior programme officer). Libertà di espressione e sicurezza personale dei cittadini sono limitate: “Ci sono paesi come il Niger in cui la Polizia ha usato un forza eccessiva per reprimere le proteste contro la creazione di un cordone sanitario intorno alla capitale Per i regimi autoritari la crisi sanitaria fornisce l’occasione per stigmatizzare la democrazia come debole. Servono volontà disciplina e solidarietà per difenderla. Il documento “Eli Pricipies forthe covid 19 crisis pubblicato nel mese di maggio dal European law Institute ha pubblicato una lista di 15 principi quasi un sestante di valori democratici. Ampia parte è dedicata alla preoccupazione che le misure eccezionali adottate in sede nazionale in funzione anticovid, d‘urgenza al fine di assicurarsi specifici privilegi o anche solo l’ampliamento dei propri poteri, e soprattutto che rimettano quanto prima possibile al fisiologico vaglio e dibattito parlamentare quei provvedimenti,che sia stato necessario adottare in condizioni emergenziali,ma che si reputi poi,comportare molteplici restrizioni dei diritti fondamentali e possano esorbitare dalla cornice di principi democratici e di libertà. Di qui l’auspicio che Parlamenti e Corti non patiscano che limitazioni, strettamente necessarie al contenimento del virus. Il ruolo del Parlamento è richiamato, in ordine alla produzione normativa,laddove è sottolineata la necessità che i governi non abusino degli strumenti tipici della normazione d’urgenza. In Italia diritti fondamentali quali quelli di culto di istruzione,di iniziativa economica sono stati compressi sulla base di esigue ed incerte basi normative (per lo più decreti legge incompleti ed accavallati tanto da dare luogo ai c.d. decreti minotauro) con atti amministrativi. Il bicameralismo è diventato monocameralismo alternato(per una legge una Camera discute e approva, l’altra ratifica, per quella successiva le parti si invertono e il potere normativo trasferito ad accordi tra le forze politiche. Tra Stato e Regioni un alternarsi di accordi, conflitti di competenze,rincorse legislative e amministrative Per bilanciare sicurezza e libertà basta rispettare la Costituzione, limitando la proporzione tra limitazione e pericolo. La rinuncia a spazi di libertà è possibile ma è prevista,regolata, limitata, bilanciata. La Pandemia ha ridotto il ruolo del Parlamento a organo di ratifica,diminuendo il peso del doppio controllo richiesto dal bicameralismo, concentrando i poteri nei vertici dell’esecutivo,riducendo lo spazio di discussione. Per bilanciare sicurezza e democrazia i rimedi sono nella Costituzione. Infine per bilanciare globalizzazione e sicurezza l’unica soluzione sarà quella di rafforzare l’Organizzazione mondiale della Sanità la conclusione è che per regole per far convivere libertà e sicurezza ci sono occorre rispettarli (S. Cassese).
In Spagna la gestione dell’emergenza è stata rivendicata dal Governo centrale,che ha attivato la procedura di Estado de Alarma, previsto dall’art. 116 della Costituzione e disciplinato dalla Ley Organica del 1981, scelta criticata dalle comunità autonome. In Catalogna la regione ha chiesto che si rimettano quanto prima possibile al vaglio fisiologico parlamentare quei provvedimenti che sia stato necessario adottare in condizioni emergenziali ma che si reputi poi utile mantenere anche oltre il venir meno delle originarie ragioni di urgenza. E’ inoltre ribadita la necessità che tutte le fonti del diritto, quantunque variate in fase emergenziale,soddisfino comunque un criterio di conformità alla Costituzione,al diritto della UE nonché alle altre fonti di rango superiore e,specie in merito alla tutela dei diritti fondamentali. (24)
In Catalogna la regione ha varato misure restrittive il 12 luglio. La Corte Superiore di Giustizia della Catalogna ha confermato la decisione del Tribunale di Leida, con la quale non sono state ratificate le misure perché contrarie alla legge. Il provvedimento della Generalitat è stata ritenuto sproporzionato (quotidiano La Vanguardia) il Tribunale ha ritenuto che le autorità regionali non sarebbero competenti per emanare una decisione che spetta al governo centrale. Non può essere limitata per decreto la libertà dei cittadini. La limitazione è ritenuta lesiva dei diritti fondamentali. Difetta il parametro di proporzionalità delle misure restrittive. La decisione deve essere basata sulla esistenza di una di una situazione di trasmissione seria e molto significativa del virus L’Isolamento generale,in difetto di tale condizione,non appare consentito.
11. Le pronunce del Giudice amministrativo La Sentenza del T.A.R.- Calabria,Catanzaro 9 Maggio 2020 n. 8, TAR Sicilia del 27 agosto TAR Piemonte TAR Sardegna del 17 settembre
E’ illegittima l’ordinanza del Presidente della Regione Calabria del 29 aprile 2020 n.37, recante “Ulteriori misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019. Ordinanza ai sensi dell’art.32 comma 3 della legge 23 dicembre in materia di igiene e sanità pubblica. Disposizioni relative alle attività di ristorazione e somministrazione di alimenti e bevande,attività sportive e amatoriali individuali e agli spostamenti delle persone fisiche nel territorio regionale” in relazione al suo punto 6 nel quale è stato disposto che, a partire dalla data di adozione dell’ordinanza medesima, sul territorio della Regione Calabria è “consentita la ripresa delle attività di Bar, Pasticcerie, Ristoranti, Pizzerie, Agriturismo con somministrazione e servizio con tavoli all’aperto”. Spetta infatti al Presidente del Consiglio dei Ministri individuare le misure necessarie a contrastare la diffusione del virus COVID19mentre alle Regioni è dato intervenire solo nei limiti delineati dall’art.3 comma 1 D.L. n.19 del 2020, limiti che vale ai sensi del successivo terzo comma, anche per tutti gli atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente”
La competenza legislativa all’adozione del decreto si rinviene nell’art. 117, comma 2 lett.q Costituzione, che gli attribuisce competenza esclusiva in materia di profilassi internazionale, nonché nel terzo comma del medesimo art. 117 che attribuisce allo Stato competenza concorrente in materia di “tutela della salute “e “protezione civile”. Sul rilievo critico, secondo cui l’impianto normativo delineato dal D.L. n. 19 del 2020 comporterebbe una inammissibile delega al Presidente del Consiglio del potere di restringere le libertà costituzionali dei cittadini .Il T.A.R. ha , significativamente limitato,”per evidenti ragioni il campo dell’analisi alla sola possibilità di limitare o sospendere le attività di somministrazione al pubblico di cibo e bevande. Ribadendo che è la legge a predeterminare il contenuto della restrizione alla libertà di iniziativa demandando ad un atto amministrativo la commisurazione dell’estensione di tale limitazione. Potere di individuazione in concreto, che trova giustificazione nell’art.118 comma 1 della Costituzione. Il principio di sussidiarietà impone che, trattandosi di una emergenza a carattere internazionale, l’individuazione delle misure precauzionali sia operata al livello amministrativo unitario. Una volta accertato che l’individuazione nel Presidente del Consiglio dell’autorità che deve individuare le misure specifiche. E’ conforme al principio di sussidiarietà di cui all’art.118 deve altresì essere affermato che ciò giustifica l’attrazione in capo allo Stato della competenza legislativa pur in materie concorrenti quali la tutela della salute e della Protezione civile. Il D.P.C.M. 26 aprile 2020 non è un atto a carattere normativo ma bensì un atto amministrativo generale. Le Regioni possono intervenire solo nei limiti di cui all’art 3 comma 1 d.l. n. 19 che nel caso di specie non risultano integrati. Il principio di precauzione deve guidare l’operato dei pubblici poteri in un contesto di emergenza sanitaria. Il contrasto nei contenuti tra l’ordinanza regionale ed il DPCM denota un evidente difetto di coordinamento tra i due diversi livelli amministrativi e dunque la violazione da parte della Regione Calabria del dovere di leale collaborazione tra i vari soggetti che compongono la Repubblica, principio fondamentale nell’assetto di competenze del titolo V della Costituzione. La motivazione appare condivisibile. Va, peraltro ribadito che l’intervento limitativo sui diritti di libertà, in particolare domicilio, soggiorno, circolazione è tutelato in funzione garantista da una riserva di legge rinforzata, ritenuta assoluta dalla consolidata giurisprudenza costituzionale.
La chiusura delle discoteche. L’ordinanza del Ministro della salute del 16 agosto. Il ricorso al TAR Lazio. La richiesta di sospensiva. Il decreto di rigetto con ordinanza del Ministro della salute del 16 agosto, emessa in tema di misure urgenti per il contenimento e per la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid 19, era stata disposta la chiusura delle discoteche e introdotto l’obbligo delle mascherine nei luoghi pubblici, nel caso di rischio di assembramenti Il Sindacato Silb-Fipe- Associazione imprese da intrattenimento da ballo e da spettacolo aveva presentato ricorso al TAR. Il presidente della terza sezione quater del TAR del Lazio ha emesso un decreto con il quale ha respinto la richiesta di sospensione cautelare urgente. Il Provvedimento sottolinea che nel bilanciamento degli interessi in contrasto, la richiesta dell’Associazione r risulta recessiva rispetto all’interesse pubblico alla tutela della salute, nel contesto della grave epidemia in atto, il TAR Lazio osserva anche che la natura dei danni ne consente, in linea di principio, la successiva reintegrazione per equivalente nel caso che il giudizio abbia esito favorevole alla parte ricorrente Il TAR ha correttamente fatto applicazione del principio di bilanciamento degli interessi di cui si è fatto cenno in precedenza
Ordinanza del Presidente della Regione Sicilia per la chiusura degli hotspot e dei porti. TARSicilia. Decreto presidenziale del 27 agosto iI TAR Sicilia con decreto presidenziale cautelare del 27 agosto ha sospeso l’esecutività dell’ordinanza che prevedeva la chiusura di tutti gli hotspot e dei porti dell’isola. E’ stato rilevato che “le misure adottate sembrano esorbitare dai poteri attribuiti alle regioni, laddove,sebbene disposte con la dichiarata finalità di tutela della salute in conseguenza del dilagare dell’epidemia da covid 19 sul territorio regionale involvono e impattano in modo decisivo sulla organizzazione e gestione del fenomeno migratorio nel territorio italiano,che rientra pacificamente nell’ambito della competenza esclusiva dello Stato. L’esistenza di un aggravamento del rischio sanitario legato alla diffusione del covid 19 tra la popolazione locale, come conseguenza del fenomeno migratorio,appare in modo marginale nell’ordinanza,senza che risulti essere sorretta da una adeguata e rigorosa istruttoria”.
TAR Piemonte. TAR Sardegna del 17 settembre
l Tar Piemonte, con decreto presidenziale, ha respinto la richiesta di sospensiva dell’ordinanza con cui il presidente della regione ha disposto che la verifica della temperatura febbrile degli studenti prima dell’inizio delle lezioni sia effettuata dagli istituti scolastici Il provvedimento regionale non si pone in contrasto con la normativa nazionale ma la integra aggiungendo una ulteriore garanzia. Il TAR Sardegna ha sospeso l’ordinanza della regione che prevedeva test per il coronavirus per tutti coloro che arrivavano nell’isola dal 14 settembre al 7 ottobre a meno che non esibisse un certificato di negatività. L’ordinanza regionale è stata ritenuta in contrasto con il diritto costituzionale della libera circolazione tra le regioni.
12 La zona rossa non dichiarata per i comuni di Alzano e Nembro in Lombardia
Il 2 marzo l’Istituto superiore di sanità segnala la possibilità di prevedere, in ragione dei contagi sviluppatisi, una zona rossa a chiusura dei due comuni, come nel Lodigiano. Il 3 marzo non viene disposta la chiusura dei comuni. Cinque giorni dopo interviene con il D.P.C.M. dell’8 marzo la decisione di chiudere tutta la Lombardia . Sulla mancata istituzione della zona rossa viene aperto un fascicolo dalla Procura della Repubblica di Bergamo. Vengono sentiti, in qualità di persone informate sui fatti, il Presidente e l’assessore alla sanità della regione Lombardia, successivamente il Presidente del Consiglio dei Ministri,il Ministro dell’Interno il Ministro della Salute.
La prima questione che si pone è quella del rapporto tra valutazioni degli organi tecnici e decisioni da assumere. La risposta è alquanto agevole, le proposte e le relative valutazioni tecnico amministrative non sono vincolanti, compete agli organi deputati, in sede centrale o locale, l’adozione degli strumenti concreti da utilizzare nelle situazioni di crisi sanitaria ed epidemiologica, nel rispetto dei canoni di prevenzione e di precauzione. Il profilo più delicato è quello della individuazione degli organi competenti all’emanazione dell’atto. In altri termini se la chiusura doveva essere disposta dal Governo o dalla Regioni. Si è sostenuto che la Regione aveva tutti gli strumenti tecnici per disporre la chiusura. L’art. 32 della legge 23 dicembre 1978 n.833 prevede che ”in materia di igiene sanità pubblica e di polizia veterinaria possono essere emesse dal Presidente della Giunta regionale ordinanze di carattere contingibile e urgente con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale”fatti salvi “le attività di istituto delle forze armate che,nel quadro delle suddette misure sanitarie, ricadono sotto la responsabilità delle competenti autorità” e “i poteri degli organi dello Stato preposti in base alle leggi vigenti alla tutela dell’ordine pubblico” L’art. 6 della stessa legge attribuisce alla competenza dello Stato le funzioni amministrative concernenti i rapporti internazionali e la profilassi delle malattie infettive e diffusive per le quali siano imposti gli interventi contro le epidemie e misure di quarantena. La Costituzione art. 117 lett. q attribuisce alla Stato le competenze sulla profilassi internazionale. La istituzione delle zone rosse, tra le prime VO Euganeo, i comuni del basso lodigiano, è stata decisa dal governo nel febbraio, così come l’8 marzo e stata decisa la zona rossa l’intera Lombardia. La risposta al quesito sembra essere che sia il governo nazionale che il governo regionale potevano provvedere. Per sei giorni però nessuno provvide ad istituirne una ad Alzano e a Nembro. A fronte delle diverse posizioni potrebbe essersi determinato un cortocircuito istituzionale, determinato dalla scarsa chiarezza legislativa. Le perplessità in ordine alla titolarità del potere di disporre la chiusura vanno eliminate con una approfondita riflessione ed una iniziativa legislativa chiarificatrice, sulla base di un criterio territoriale, regionale o nazionale. Particolari criticità potrebbero profilarsi in ordine al nesso di causalità tra omessa chiusura della zona chiusura con cinque giorni di ritardo, e incremento dei contagi da covid a Codogno .
La pubblicazione sul sito della Fondazione Einaudi dei cinque verbali delle riunioni del Comitato tecnico scientifico per l’emergenza sanitaria chiarisce meglio quanto successo in una area critica del paese per l’emergenza epidemiologica. Il verbale n.5 riassume le conclusioni a cui giungono gli esperti il 3 Marzo. I componenti del CTS propongono di adottare le opportune misure restrittive, già adottate nei comuni della zona rossa anche ai comuni di Nembro e Alzan e, al fine di limitare la diffusione dell’infezione nelle aree contigue. Il CTS pone in luce il rischio elevato, invitando il governo ad adottare misure più restrittive in una zona assimilabile per numero di contagi a Vo Euganeo e Codogno. L’invito non viene recepito. In un appunto di Palazzo Chigi pubblicato da Repubblica dell’8 Agosto e non smentito, si legge che il 3 marzo il Presidente Conte, in accordo con il Ministro della Salute interloquiva con il CTS al fine di approfondire le ragioni della richiesta di applicare il regime della zona rossa limitatamente ai comuni di Alzano e Nembro. Viene chiesto un supplemento di istruttoria al CTS. Nella tarda serata del giovedì 5 marzo il presidente del ISS rispondeva con una nota nella quale segnalava che, pur riscontrandosi un trend simile ad altri comuni della regione,i dati in possesso rendevano opportuna l’adozione di un provvedimento volto ad inserire Alzano e Nembro nella zona rossa. Il 6 marzo il CTS visto l’evolversi della situazione suggerisce al governo di superare la distinzione tra zona rossa, zona arancione e resto del territorio nazionale a favore di una soluzione più rigorosa. La notte del 7 marzo viene imposto con DPCM il lockdown in Lombardia. Il 9 marzo viene chiuso l ‘intero territorio nazionale. IL DPCM dell’11 marzo dispone la chiusura di tutte le attività commerciali e di vendita al dettaglio ad eccezione dei negozi di generi alimentari, prima necessità farmacie e parafarmacie IL DPCM del 22 marzo dispone la chiusura di ogni attività produttiva non essenziale o strategica. Sono vietati gli spostamenti in comuni diversi da quello in cui ci si trova salvo che per casi eccezionali. Le indagini della Procura bergamasca, iniziate nell’aprile 2020, sono coperte dal segreto investigativo Per comprendere meglio i termini della vicenda occorre attendere l’esito delle indagini in corso. Il perimetro dell’indagine sembrerebbe ruotare attorno a due filoni: la zona rossa e il piano pandemico nazionale non aggiornato Tra le varie persone sentite anche il direttore aggiunto dell’Organizzazione mondiale della sanità, di recente iscritto nel registro degli indagati per false informazioni al Pubblico Ministero sul piano pandemico e sul rapporto preparato dalla sede di Venezia dell’Oms relativo alla gestione della pandemia. Quanto all’Oms la Procura lamenta la scarsa collaborazione in quanto non ha consentito ai soggetti, facenti parte del personale, convocati quali persone informate sui fatti ,di essere ascoltate dai magistrati inquirenti affermando di godere dell’immunità diplomatica e non trasmettendo le informazioni richieste. Sarà disposta una rogatoria. E’ stata chiesta la proroga di altri sei mesi al GIP di Bergamo per potere esperire ulteriori indagini.
La Procura ha nominato consulente il dott. Andrea Crisanti. La relazione dovrà valutare la correlazione tra contagi e decessi alla luce della mancata attuazione della zona rossa,inizialmente prevista a marzo,e mai attuata ( AGI del 13 aprile 2021).
13 Proroga dell’emergenza. Soluzioni adottate in Europa. Lo stato di eccezione. Risoluzione del Parlamento europeo del 13 novembre 2020
Il Parlamento ha approvato la proroga dello stato di emergenza sino al 15 ottobre richiesta dal governo. Il Presidente del Consiglio ha dichiarato “Lo stato di emergenza è previsto da una norma di rango primario, i codice della protezione civile. Non deve apparire fuor d’opera che si debba prorogare lo stato di emergenza” La proroga sarebbe giustificata dalla presenza e dalla circolazione del virus sul territorio nazionale. In Europa si registrano situazioni differenziate. La proroga dell’emergenza ha suscitato perplessità. E’ stato osservato che “lo stato di emergenza era giusto e giustificato il 31 gennaio, nell’immediatezza dell’esplosione del Covid. Invece adesso, in fase di fuoriuscita dall’emergenza dovremmo tornare a utilizzare gli ordinari strumenti che il nostro ordinamento costituzionale prevede, come il decreto legge, mentre tutti gli atti temporanei prodotti fin qui che il premier giustamente non vuol far decadere,possono essere conservati tramite un atto avente forza di legge” (3i). E’ stato rilevato che nel campo della straordinarietà rientrano situazioni profondamente diverse :.l’emergenza e l’eccezionalità. L’emergenza include i poteri finalizzati allo scopo predeterminato di rientrare nella normalità. Lo stato di eccezione prevede poteri indeterminati, liberi nei fini e nei mezzi e quindi compatibile con i pieni poteri, con sospensione a tempo indeterminato dei diritti,la concentrazione dei potere e la soppressione dei controlli. Lo stato di eccezione è una nozione elaborata da Carl Schmitt. Lo stato d’eccezione è stato rivisitato in epoca contemporanea come un vuoto giuridico, una sospensione del diritto, paradossalmente legalizzata, uno ius-stitium,differente dalla dittatura. Si contrappone allo stato di diritto (25) L’emergenza non è l’eccezione e l’eccezione non è il grado ultimo dell’emergenza (Gustavo Zagrebelsky). L’emergenza ha una finalità conservativa, lo stato di eccezione una finalità di forte modificazione. In linea teorica può convenirsi sulla distinzione netta, in linea pratica lo stato di emergenza può stimolare tendenze ad un rafforzamento radicale dell’esecutivo con sostanziale limitazione dei poteri di controllo delle Camere. Lo stato di eccezione è una sospensione dell’ordinamento vigente in vista di un assetto nuovo, di una cesura col passato Il nazismo è l’esempio tragico:una legittima eccezione lunga dodici anni. Il mezzo usato fu l’abuso sistematico dell’articolo 48 della Costituzione di Weimar, il quale consentiva di congelare i diritti fondamentali se l’ordine pubblico fosse stato significativamente in pericolo. Di qui l’astratta evocazione con riferimento la situazione determinata dalla pandemia. I diritti fondamentali alla vita, alla circolazione, alla libertà divengono oggetto di un bilanciamento,i cui criteri tendono ad evitare, in nome dell’emergenza, un effettivo sindacato parlamentare: l’uso eccessivo della decretazione d’urgenza con emendamento governativo accompagnato dalla fiducia e il ricorso alle fonti secondarie (i molteplici D.P.C.M.) appaiono significativi.
Le perplessità manifestate trovano conferma nel panorama sovranazionale. Almeno 28 paesi su 65, studiati da Freedom House hanno,in qualche modo,censurato i siti web per impedire di parlare liberamente del virus e della sua diffusione. L’analisi dell’organizzazione che compie da decenni un monitoraggio sull’andamento delle libertà nel mondo calcola che almeno tredici governi abbiano deciso la chiusura di internet in intere aree dei loro paesi durante la pandemia. Tra questi l’Etiopia, il Myanmar, il Venezuela. In venti paesi sono state introdotte nuove leggi o altre esistenti sono state rafforzate per limitare le libertà di parola e in almeno quaranta nazioni si sono registrate repressioni contro giornalisti attivisti e cittadini comuni perchè hanno espresso opinioni legate al coronavirus: Cina, Turchia, Thailandia, Filippine, Zimbabwe,Cambogia, tra le altre. In quarantacinque paesi si è proceduto ad arresti e fermi per n reati di opinione espressi sulla pandemia: per esempio in India, Egitto e persino Ungheria. In nessun paese la censura è stata più sofisticata e sistematica che in Cina. Il balzo della censura in corso arriva dopo 14 anni consecutivi di riduzione e declino delle libertà democratiche nel mondo. Il 2020 segnerà un salto ulteriore verso l’autoritarismo.
Nel panorama italiano, la proroga dello stato di emergenza è stato giudicato un provvedimento illegittimo e inopportuno. E’ un provvedimento sproporzionato perché le procedure urgenti che la avrebbero motivata sono previste dal le norme esistenti. Il comitato Rodotà ha rilevato che “la sola presenza di sparuti focolai peraltro circoscritti in alcune zone del paese e ad oggi perfettamente gestibili dal servizio sanitario,non costituisce requisito sufficiente a introdurre un regime di eccezione potrebbe dichiarare ufficialmente in una ora perché basta la delibera del Consiglio che consenta di derogare alla dialettica democratica di uno stato di diritto”. Si è sviluppato un ampio dibattito, con focus su problematiche giuridiche derivanti dall’evento pandemico. La questione di fondo è quella che investe la maggiore valenza o meno del diritto alla vita dignitosa rispetto al diritto alla vita di tutti e ancora se il diritto alla salute e il diritto alla vita come prevalenti o meno, dibattito già vivo nella dottrina germanica. Le riflessioni sono state al centro di un convegno dell’Associazione Professori di Diritto amministrativo AIPDA – Convegno svoltosi di recente con tema Decidere nell’emergenza Limitazione e bilanciamento dei diritti fondamentali nell’emergenza,prendendo spunto dall’intervista Jurgen Habermas e Klaus Gunter Il dialogo Habermas Gunter è stato riletto dalla cultura giuridica italiana. E’ stato ricordato che mancano nella costituzione disposizioni che si ritrovano nella legge fondamentale tedesca, nel primo articolo la dignità umana e nel secondo il diritto alla vita. Le limitazioni delle libertà possono disporsi da un minimo a un massimo, in una gamma molto ampia. Lo stato deve sempre cercare di conciliare vita e dignità della vita promuovendo più che sanzionando e riducendo al minimo il sacrificio delle libertà. La scelta, fatta con leggi o atto avente forza di legge è scelta politica, la scelta fatta con DPCM è scelta amministrativa. Stiamo assistendo ad una ampia violazione del sistema delle fonti con conseguente riduzione degli spazi di controllo della Corte Costituzionale, ampliamento del ruolo del Giudice amministrativo (27). La forte centralizzazione decisionale, il dirigismo con venature presidenzialistiche, il rafforzamento del giudice amministrativo, con una gerarchia delle fonti capovolta, fanno pensare, con un salto all’indietro di duecento anni, alla dimensione del centralismo bonapartista, che si inseriva nella esplosiva situazione postrivoluzionaria. All’epoca al Consiglio di Stato era affidato un ruolo cardine nel meccanismo di formazione delle leggi, in quanto formulava le proposte di legge. I poteri forti attribuiti dal sistema vigente al Presidente della Repubblica Francese comprendono anche il potere di dichiarare lo stato di emergenza, facoltà quest’ultima che si ricollega ai poteri eccezionali attribuiti a Bonaparte da un decreto del dicembre 1811 in materia di etat de siege o stato di assedio. Il Parlamento Europeo ha adottato il 13 novembre 2020 una risoluzione che fa il punto sullo stato dei valori democratici europei nel contesto delle misure nazionali adottate per affrontare la pandemia covid 19. Quasi tutti i deputati intervenuti hanno espresso preoccupazione per i diritti dei cittadini e dei gruppi vulnerabili in diversi paesi UE, in cui sono state adottate delle misure di emergenza. Il PE sottolinea che le misure di emergenza rappresentano un rischio di abuso di potere e che sono soggette a tre condizioni generali, ovvero la necessità,la proporzionalità in senso stretto e la temporaneità,quando hanno effetti sullo Stato di diritto sulla democrazia e sul rispetto dei diritti fondamentali. I deputati chiedono ai Paesi UE di porre fine allo stato di emergenza o definire chiaramente la delega dei poteri ai loro esecutivi;garantire un efficace controllo parlamentare e giudiziario,astenersi dall’adottare misure che incidono profondamente sui diritti fondamentali, dare prova della massima moderazione al momento di valutare la possibilità di imporre nuove restrizioni alla libertà di circolare e rispettare il diritto alla vita familiare, in particolare delle famiglie che vivono e lavorano in diversi Stati membri,garantire il diritto all’istruzione e l’effettivo accesso all’educazione a tutti gli studenti, trovare soluzioni per garantire i diritti degli imputati valutando la possibilità di udienze on line, o il trasferimento in altri Stati membri dell’UE, di tutelare i diritti e la salute di tutte le persone in carcere. Il relatore Juan Fernando Lopez ha dichiarato “Questa pandemia si sta rivelando la peggiore crisi nella storia dell’UE”.
La commissione e gli Stati membri devono intensificare i loro sforzi per sostenere i diritti fondamentali, la democrazia e lo stato di diritto, e garantire che i governi sostengano i principi democratici nelle loro misure.
14 Effetti dello stato di emergenza nel sistema delle fonti. I D.P.C.M. 13 18 e 24 ottobre. Il D.L. n.137 del 2020 c.d. Decreto Ristori
Il 7 ottobre il Governo ha deliberato la proroga al 31 gennaio 2021 dello stato di emergenza. Con approvazione da parte del Consiglio dei Ministri di un Decreto Legge che introduce misure urgenti connesse con lo stato di emergenza, agli atti normativi primari si aggiungono ordinanze regionali, decreti presidenziali, provvedimenti, circolari interpretative o sedicenti tali, dichiarazioni, ricorsi all’autorità giudiziaria, presentati o solo minacciati. Il momento politico ha generato quelle divisioni, che sono incompatibili con un governo razionale ed efficiente della pandemia in uno Stato policentrico le Regioni, in particolare, hanno custodito gelosamente le loro prerogative e competenze in materia, non hanno ispirato la loro azione al necessario coordinamento con le autorità nazionali e le altre Regioni. Anche se una epidemia interessa solo una regione, di fatto è improbabile che gli organi di quella Regione siano in grado di gestire autonomamente la crisi sanitaria senza pericolo per le altre Regioni. Spetta allo Stato fissare una disciplina di rango legislativo per autorizzare limitazioni alle libertà fondamentali, prima fra tutte la libertà di circolazione e soggiorno, e per autorizzare il Governo ad adottare i conseguenti atti di coordinamento tecnico. Alle Regioni vanno lasciati ragionevoli margini di adattamento alle specifiche e concrete circostanze di fatto che caratterizzano, in un dato momento il territorio di riferimento (28 bis). Sugli effetti dello stato di emergenza nel sistema delle fonti, viene in evidenza il vulnus inflitto al principio di gerarchia. La consolidata dimensione differenziata di legge, decreto ordinanza, viene aggirata nel disegno del costituente. La legge espressione del Parlamento prevale sul decreto espressione dell’esecutivo, il decreto prevale sull’ordinanza del singolo ministro o di una autorità amministrativa. Viene rilevato che con lo stato di emergenza si assiste ad un radicale capovolgimento del tradizionale e consolidato principio di gerarchia (28). L’art. 25 del Codice della Protezione civile dispone che le misure di emergenza intervengono “in deroga ad ogni disposizione vigente”. Questo nuovo ordinamento viene sottolineato “Sovverte anche la catena di comando, rompe gli equilibri costituzionali” il Parlamento non è più il fulcro del sistema bensì un comprimario se non proprio una comparsa E’ il potere esecutivo viceversa a incarnare tutta l’autorità dello Stato e al suo interno il Presidente del Consiglio attraverso il DPCM “ Atto quest’ultimo sottratto, a differenza dei D.L. al controllo del Capo dello Stato ed alla ratifica del Parlamento. Si attua una torsione statalista, che comprime le regioni, e ancor più presidenziale con connotazioni che alterano la dimensione fisiologica della figura del Presidente del Consiglio nel nostro sistema. Il 31 Gennaio il governo aveva fissato la scadenza della dichiarazione di emergenza al 31 luglio, poi slittata fino al 15 luglio 20121. Le proroghe presentano elementi di criticità in quanto si tratta di provvedimenti che, ontologicamente, si collocano extra ordinem. Appare dubbia la gestione frazionata della crisi con proroghe successive. Resta in ogni caso marginalizzato il ruolo centrale del Parlamento e intaccato l’equilibrio costituzionale, assicurato dal bilanciamento dei poteri ,con possibili effetti a catena sullo stato di diritto. Nè può ritenersi sufficiente il voto delle Camere su una risoluzione di carattere generale
Il D.P.C.M..13 ottobre 2020 è composto di 12 articoli e 22 allegati. Vengono adottate misure di contrasto e contenimento dell’emergenza coronavirus. Misure che vanno dall’obbligo delle mascherine reso più stringente, al distanziamento, ai limiti alle riunioni, al divieto delle feste ,di ricevere persone non conviventi in numero superiore a sei. Su l’attività didattica. va registrata una ordinanza delle Regione Campania, che introduce disposizioni più limitative. I l decreto presidenziale si occupa anche di attività sportive di discoteche ed eventi di vario genere., quali limitazione a partecipazione a cerimonie civili e religiose. E’ stata formulata la raccomandazione, con riguardo alle abitazioni private di non ricevere persone non conviventi in numero superiore a sei. Ha suscitato perplessità la precisazione sulla non previsione dell’intervento di controllo degli organi di polizia per verificare il rispetto della raccomandazione. La precisazione è superflua. Come è noto il domicilio è qualificato inviolabile, gode di copertura costituzionale e l’accesso è possibile solo in forza di atto motivato dell’Autorità giudiziaria .
Il D.P.C.M. 18 ottobre integra il precedente Dpcm con un moderato giro di vite rispetto alle prescrizioni del precedente. Sono state introdotte nuove restrizioni, modificando gli orari di apertura e chiusura per servizi di bar e ristorazione con servizio al banco fino alle 18, seduti con un massimo di sei persone al tavolo fino alle 24. Piazze c.d. della movida prevista facoltà di imporre la chiusura in un primo momento attribuita ai sindaci poi con modificazione in itinere attribuita al Comitato provinciale per la sicurezza e l’ordine pubblico Per le scuole lezioni in classe ad eccezione dei licei e degli istituti superiori con rimodulazione degli orari e turni anche pomeridiani stop alle attività di contatto negli sport e divieti vari Sale gioco e bingo chiuse alle 21. Cinema e teatri non toccati dalle modifiche. Divieto di sagre, fiere di comunità, convegni. Novità per il lavoro pubblico e privato, nel pubblico il 75% del personale dovrà essere in smart working lavoro da casa. Le nuove disposizioni vengono adottate asseritamente per evitare un nuovo lockdown che può meglio essere definito in lingua italiana “confinamento”o “clausura”(Augias) o chiusura.
Un ulteriore intervento governativo ha trovato attuazione con il DPCM 24 ottobre il terzo in circa 12 giorni, le misure più appariscenti e in un certo senso più criticate sono state la chiusura netta del circuito cultura teatri e cinema, delle palestre e piscine, e la sospensione delle competizioni sportive. La sospensione dei convegni. Per i ristoranti e bar viene prevista la chiusura alle ore 18. Prevista anche la possibile chiusura disposta in sede locale delle piazze con concentrazione di persone. Chiuse le discoteche, sale da ballo, vietati gli sport di contatto. Per le scuole superiori 75% lezioni da casa. Il decreto legge 137 del 2020 prevede nuovi contributi a fondo perduto. Per gli operatori dei settori economici oggetto delle nuove restrizioni introdotte dal D.P.C.M. ottobre Allungamento cassa integrazione cancellazione rata IMU per le categorie interessate misure per i lavoratori dello spettacolo del turismo e dello sport il blocco dei licenziamenti viene prorogato al 31 gennaio 2021 con alcune esclusioni. Viene esteso lo smart working. Con l’ordinanza n. 49 del Presidente della provincia autonoma di Bolzano Alto Adige vengono stabilite regole diverse rispetto alle restrizioni previste dal D.P.C.M. Le modifiche sarebbero frutto di alcuni adattamenti alla realtà locale. L’ordinanza stabilisce anche il coprifuoco dalle 23 alle 5. le modifiche più restrittive rispetto al territorio nazionale sono consentite. Il D.P.C.M. 3 novembre 2020, il quarto, emanato in venti giorni Il testo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Divide l’Italia in tre diverse fasce di rischio e contiene provvedimenti validi su tutto il territorio nazionale riservando alle Regioni la facoltà di adottare provvedimenti più restrittivi, ritenuti più efficaci in relazione ai singoli territori. La tripartizione è stata operata sulla base di 21 parametri elencati nel testo. Le norme in vigore dal 5 novembre, con efficacia fino al 3 dicembre, sono contenute in alcune norme applicabili a livello regionale. Le zone sono tre: rossa, arancione e gialla. In tutte le zone è previsto il cd. Coprifuoco dalle 22 alle 5 con spostamenti ,consentiti. come in passato, da comprovate esigenze lavorative,situazioni di necessità e motivi di salute. La zona rossa comprende 5 regioni. Lombardia Piemonte,Calabria, Alto Adige e Valle d’Aosta, in cui si applicano le misure più restrittive, quali divieto di spostamenti, Didattica a distanza (DAD) nelle scuole a partire dalla seconda media. In buona sostanza a differenza delle eccezioni per parrucchieri viene riproposta la stessa situazione del precedente Lockdown. In sintesi tutto chiuso ad eccezione dei servizi essenziali, vietata la mobilità all’interno e all’esterno tra regioni nella zona arancione, Sicilia e Puglia, vietati gli spostamenti in comuni diversi da quello di residenza, Bar e ristoranti chiusi negozi aperti. Zona gialla le restanti regioni,consentita la mobilità fino alle 22 Scuole didattica a distanza per le superiori, chiusi i centri commerciali nel fine settimana. Bar e ristoranti chiusi alle 18. Chiusi cinema teatri musei e mostre. Nelle tre zone il trasporto pubblico dovrà essere utilizzato al 50% della capienza. Misura di improbabile applicazione. Il D.P.C.M. è stato accompagnato da insistenti polemiche, alimentate da dichiarazioni di vari esponenti politici e da un documento della conferenza dei Presidenti delle regioni, che sollecita al Governo centrale la previsione di una disciplina uniforme per tutto il territorio nazionale. Il suggerimento non è stato accolto. Sembra corretto ritenere che situazioni territoriali diverse sotto il profilo epidemiologico siano oggetto di regolamentazione differenziata. Le tre zone sono oggetto di modifiche per trasformazione o inclusione in zone diverse con disciplina più restrittiva. Da ultimo in zona gialla sono comprese 5 regioni. Il disegno di legge sul bilancio per il triennio 2021-2023 contiene la settima manovra economica dell’anno. E’ stato preceduto dai Decreti Legge “Cura Italia”, “Liquidità”, “Rilancio,”Ristori I”. Il 27 ottobre con stanziamenti per 5,4 miliardi Ristori II, il 7 novembre per 2,8 miliardi, il Ristori III, per 2 miliardi di prestiti e di trasferimenti del “Recovery fund”. Il 20 novembre è stato emesso il decreto ristori 3 contenente ulteriori provvidenze per i settori e le categorie in difficoltà per 2 miliardi. Il Decreto Legge 2 dicembre 2020 n.158. Contiene disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi, divieti di spostamenti sanitari connessi alla diffusione del Virus COVID 19, contenente il calendario del periodo natalizio con le limitazioni previste. Per fronteggiare l’emergenza sanitaria divieti di spostamenti. L’art.1 reca modificazioni urgenti della legislazione emergenziale. In particolare divieti di spostamenti tra regioni diverse fatte salve le situazioni di necessità o motivi di salute 25, 26 dicembre, 1 gennaio, vietati anche gli spostamenti tra comuni diversi. Previsto un prolungamento del limite massimo di vigenza dei DPCM attuativi delle norme emergenziali portandolo dagli attuali 30 a 50 giorni. Con il DPCM del 3 dicembre vengono fissate le regole definitive per bar ristoranti negozi per il periodo natalizio. In estrema sintesi si tratta di misure restrittive specifiche per evitare una ulteriore recrudescenza dell’epidemia, scongiurando il rischio di una terza ondata. Le Regioni lamentano il mancato coinvolgimento nel momento conoscitivo e decisionale. Si ripropone ancora una volta il problema del coordinamento Stato Regioni. Con il Decreto Legge 18 dicembre 2020 n.172 sono state emanate Ulteriori disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del virus Covid 19. Il D. L. esordisce facendo salve le disposizioni dal D.L. n. 158 del 2 dicembre. Prevede in particolare che tutto il territorio nazionale è qualificato Zona Rossa dal 24 dicembre al 6 gennaio nei giorni festivi e prefestivi. E’ qualificata zona arancione nei giorni feriali, il 28 29 30 dicembre e 4 gennaio possibile nei periodi rossi. Sono consentiti gli spostamenti per comprovate ragioni, esigenze lavorative, situazioni di necessità o di salute. E’ consentita l’attività motoria nelle vicinanze della propria abitazione e attività sportiva da soli. Nei giorni feriali è consentito spostarsi una sola volta al giorno verso una abitazione privata nel limite di due persone, sono aperti negozi alimentari farmacie parafarmacie edicole tabaccai. In Spagna la comunità di Madrid concede fino a sei persone alla stessa tavola. La Catalogna autorizza fino a dieci commensali. A differenza della Germania. limite di quattro persone, in Slovenia sei, in Austria massimo dieci a tavola, stessa misura in Svizzera dove è consentita l’apertura delle piste da sci. Nei giorni feriali è consentito spostarsi nel proprio comune. In arancione Centri commerciali chiusi. Sono sempre aperti negozi alimentari farmacie parafarmacie, tabaccai, lavanderie, parrucchieri. Nei giorni rossi bar e ristoranti sono chiusi, è consentito prendere cibo da asporto nei giorni arancione In definitiva sia pur con piccole differenze le restrizioni sono applicate in tutta l’Europa. L’anno 2021 è iniziato con il decreto legge 14 gennaio 2021 che, tra l’altro, proroga, la dichiarazione dello stato di emergenza al 30 aprile. Con il Dpcm 15 gennaio è stata confermata per il periodo dal 16 gennaio al 5 marzo la ripartizione del territorio nazionale in zone gialle e arancione, in quattordici la maggioranza e rosso con l’applicazione di parametri più restrittivi e l’adozione di un ulteriore decreto Ristori contenente misure di sostegno per le categorie in difficoltà economiche. Il decreto legge e il D.P.C.M. si collocano nel segno del tentativo di recupero di margini di legalità. Con particolare riguardo ai diritti di libertà e alla necessaria copertura legislativa. Appare significativa la dimensione sommaria del d.l. Il DPCM contenente ulteriori disposizioni attuative e caratterizzato dal carattere diffuso che si delinea in 14 articoli e 25 allegati. Valgono al riguardo le osservazioni già formulate sulla dimensione assorbente del DPCM Cfr. retro. Il governo ha approvato nel Consiglio dei Ministri del 13 gennaio il Recovery Plan che contiene i programmi di spesa con i quali il governo chiederà alla Commissione Europea i 209 miliardi di euro destinati all’Italia tra prestiti e trasferimenti nel periodo 2021, 2026, nell’ambito del progetto Next Generation EU per rilanciare l’Unione dopo la pandemia. Il susseguirsi dei provvedimenti rende sempre più necessaria una informazione precisa e puntuale sulle misure che vengono man mano adottate o modificate. Si accentua la copertura legislativa delle misure, in sintonia anche con quanto si sta verificando negli altri paesi Europei. Va ricordato, da ultimo, l’adozione da parte della Svezia di una legge pandemica che autorizza ulteriori misure restrittive, legge in vigore a partire dal 10 gennaio fino a fine settembre. La nuova legge consente di limitare gli orari di apertura delle attività commerciali, di imporne la chiusura, di ridurre o vietare l’accesso ai luoghi pubblici come i mercati, i parchi o le spiagge, e perfino di sospendere i trasporti collettivi. La legge segna una netta inversione di tendenza per un paese che aveva scelto di privilegiare le raccomandazioni rispetto ai divieti. E’ stata rivista la suddivisione del territorio nazionale in aree cromatiche. Sono state previste cinque zone dal bianco al rosso con misure restrittive crescenti in relazione alla curva epidemiologica con misure restrittive crescenti da bianca a rossa. E’ stato prorogato fino al 27 marzo il divieto di spostamento tra le regioni. Il primo D.P.C.M., firmato dal nuovo Presidente del Consiglio ,resterà in vigore per un mese dal 6 marzo al 6 aprile Pasqua compresa. Viene confermato il modello di divisione del Paese in aree colori, a seconda della diffusione del Covid. In Sardegna unica zona bianca è prevista una limitata liberalizzazione delle misure. Restano immutati mascherine, distanziamenti, con sospensione di tutti gli eventi a rischio, tipo assembramenti, fiere, congressi, discoteche e partite di calcio. Per i cinema e teatri sembra aprirsi uno spiraglio in zona gialla a decorrere dal 27 marzo. Il Consiglio dei Ministri ha deliberato l’adozione del D.L 13 marzo. Contiene misure urgenti per fronteggiare la diffusione del Covid 19 e sostegno per lavoratori, con figli minori in didattica a distanza. Una impennata della curva epidemiologica ha indotto il governo ad operare un giro di vite adottando misure più restrittive e ridisegnando la mappa cromatica delle regioni.10 risultano essere in fascia rossa, le altre in fascia arancione.
La sola Sardegna in bianca. La stessa regione è successivamente ritornata in zona rossa e poi in arancione.
L’uso dello strumento primario del decreto legge caratterizza la nuova fase. Segna un cambio di passo, che restituisce centralità al Parlamento. Il D.L. è stato varato a distanza di pochi giorni dall’ultimo intervento contenuto nel DPCM del 2 marzo. Le limitazioni coprono un arco di tempo che va dal 15 marzo al 6 aprile includendo le festività pasquali. Sono previsti nuovi parametri di pericolosità ed automatismi basati sul numero dei contagi in rapporto alla popolazione. I Presidenti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano possono disporre l’applicazione di misure restrittive per situazioni locali. Sono vietati gli spostamenti tra le regioni. Paolo Armaroli ha pubblicato un libro intitolato “Effetto Draghi, le metamorfosi di una Repubblica” con una prefazione di Enzo Cheli. Un primo recupero della legalità costituzionale. In linea con i principi sanciti dalla Corte Costituzionale. Compete allo Stato l’adozione delle misure di contrasto della pandemia in materia di profilassi internazionale. Il 19 marzo il governo ha varato un decreto di sostegno dell’economia. Previsti anche versamenti a partite IVA aumento del debito pubblico compatibile con la pandemia in corso. Le risorse dovrebbero essere erogate entro il mese di aprile. Prevista anche la cancellazione delle cartelle con importo limitato a 5.000 euro, debiti che risalgono a circa 10 anni fa. La misura si applica a soggetti con redditi sotto i 30.000 euro. Si tratta di una eliminazione contabile di 16 milioni di vecchi crediti, di fatto inesigibili.
15 Ricorso della Fondazione L. Einaudi . TAR Lazio 22 luglio 2020
La Fondazione Luigi Einaudi ha chiesto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri l’accesso ai verbali, relativi ai pareri dli comitato tecnico scientifico, sulla base dei quali erano stati emanati i vari decreti Covid. L’accesso è stato negato ex art.24 1comma lett. c l.241 del 1990. Il provvedimento è stato impugnato. Sono stati articolati cinque motivi. Sulla base del primo, ritenuto fondato ed assorbente dal TAR Lazio sezione prima quater, I D.P.C.M., per i quali sono state richieste le valutazioni del comitato tecnico scientifico, non costituiscono atti normativi o amministrativi generali, ma ordinanze contingibili e urgenti. Il TAR ritiene gli atti amministrativi generali sottratti alla disciplina di accesso, solo in quanto sono previste per essi particolari forme di pubblicità e trasparenza. Evidenzia, quanto ai DPCM, la particolare tipicità, che si connota per caratteristiche ben più assonanti con le ordinanze contingibili ed urgenti. Si tratta di provvedimenti, adottati sulla base di presupposti assolutamente eccezionali e temporaneamente limitati, che, a differenza degli atti normativi generali , consentono di derogare all’ordinamento giuridico ,anche imponendo obblighi di fare o di non fare. Nè sono state apposte ragioni attinenti alla segretezza o riservatezza degli stessi,tali da far prevalere l’interesse alla riservatezza rispetto a quella sulla trasparenza. L’art. 24 della legge 241 del 1990 consente di negare l’accesso per impugnare, solo quando non consente l’impugnazione, come per gli atti amministrativi generali e non come nel caso di specie. Non può non essere riconosciuto il diritto di accesso ex art 10 CEDU e 1,2,3,13,21,41 Costituzione. E’ necessario che, anche in periodi di emergenza, vengano rispettate le previsioni e i principi del sistema costituzionale. L’emergenza può e deve essere affrontata con strumenti adeguati, quale il Decreto legge, che non sottrae al Parlamento le sue attribuzioni. E’ indispensabile evitare che l’emergenza costituisca l’occasione per il passaggio allo stato di eccezione, che caratterizza i regimi autoritari. Le misure devono essere necessarie, proporzionate e limitate nel tempo. Le libertà costituzionali possono essere limitate solo con legge ordinaria. Siamo in presenza di una riserva di legge assoluta e rinforzata. Avverso la decisione del TAR è stato proposto ricorso al Consiglio di Stato. Con decreto presidenziale è stata concessa la sospensione della decisione,pur ritenendo impregiudicata la questione quanto al fumus boni iuris . Il 6 agosto il Governo ha deciso di rendere noti i verbali di cinque riunioni del comitato tecnico scientifico, per i quali la fondazione Einaudi aveva inutilmente chiesto l’accesso…Si tratta degli atti a supporto dei DPCM, emessi dal Presidente del consiglio, 200 pagine dal 28 febbraio al 9 aprile. I Il comitato tecnico scientifico il28 febbraio chiedeva per le tre regioni del nord, colpite nella fase iniziale del contagio, una serie di misure, molto simili a quelle che saranno poi adottate dieci giorni dopo. Il 7 marzo il CTS indicava le zone in cui applicare misure più rigorose, rispetto a quelle da applicarsi a tutto il paese. L’8 marzo veniva emesso il D.P.C.M. che prevede limitazioni agli spostamenti in Lombardia e altre zone. Sarà ricordata come la notte della grande fuga dei tanti fuori sede che cercano di lasciare la Lombardia per raggiungere il Sud. Dall’8 marzo scattano una serie di provvedimenti limitativi e chiusure di attività. Tra il 28 febbraio e l’8 marzo si è verificata una stasi decisionale. Provvedimenti tempestivi avrebbero, forse, potuto limitare i danni. L’11 marzo intervengono severe misure limitative ,che interessano l’intero paese. In altri termini la raccomandazione iniziale di misure diversificate in ragione della diversa incidenza epidemiologica si trasforma in un lockdown generalizzato che coinvolge anche le regioni del sud, colpite in misura minore dal virus. Ritardi decisionali, dunque, nel periodo 28 febbraio 8 marzo, ed estensione l’11 marzo delle misure proposte dal comitato tecnico scientifico a tutto il territorio nazionale. Non sono stati resi noti i verbali relativi alla istituzione della zona rossa ad Alzano e Nembro. La pubblicizzazione è stata decisa dal governo, probabilmente sulla base di una valutazione prognostica in ordine all’ esito del giudizio davanti al Consiglio di Stato, ricavabile, indirettamente, da alcuni passaggi del decreto presidenziale di sospensione. Sono emerse incertezze e ritardi dell’azione di governo. Al di là di un uso non meditato del divieto di accesso agli atti, la successione degli avvenimenti evidenzia la funzione essenziale della giurisdizione libera. E’ un contrappeso costituzionale all’eccessiva discrezionalità dell’azione di governo, tenuta pur nelle situazioni di criticità, al rispetto dei diritti fondamentali ed in particolare del diritto alla trasparenza e alla conoscenza.
16 Ulteriori Pronunce del Giudice amministrativo
TAR LAZIO 10047 e 10048 del 29 Settembre 2020
Annullata l’ordinanza della Presidenza della regione Lazio del 17 aprile che prevedeva l’obbligo di vaccinazione (peraltro comunque auspicata dal CTS) per influenza stagionale per tutte le persone che hanno superato i 65 anni, nonché per tutto il personale socio sanitario operante in ambito regionale. Il TAR ha puntualizzato che non è disconosciuta dalla Corte Costituzionale la possibilità che le regioni possano legiferare in settori riservati al legislatore statale, ma a condizione che vengano rispettati i principi fissati dalla legge statale, la soglia stabilita dal legislatore statale tra obbligo e raccomandazione del vaccino antinfluenzale poiché costituisce il frutto di una operazione di bilanciamento, complessa ed articolata tra libertà del singolo e tutela della salute individuale e collettiva. Non potrebbe essere derogata dalle regioni neppure in melius, ossia in senso più restrittivo” nel caso di specie al di là della ragionevolezza della misura (peraltro comunque auspicata dal CTS). La sua introduzione non rientra nella sfera di attribuzioni regionali ma, semmai, soltanto in quella statale. Sede quest’ultima, cui va dunque ascritta ogni competenza e responsabilità anche di matrice politica, in merito alla decisione di introdurre o meno obblighi di questo genere. La normativa emergenziale Covid non ammette simili interventi regionali in materia di vaccinazioni obbligatorie. Le disposizioni in materia di igiene e sanità nonché di protezione civile, non recano previsioni che possano autorizzare le regioni ad adottare questo tipo di ordinanze, allorchè il fenomeno assuma, come nella specie, un rilievo di carattere nazionale. L’ordinamento costituzionale non tollera interventi regionali di questo genere, diretti nella sostanza ad alterare taluni difficili equilibri, raggiunti dagli organi del potere centrale.
TAR Strasburgo
Il Tar di Strasburgo ha bocciato i decreto del Prefetto del Basso Reno che prevedeva l’obbligo per i cittadini di Strasburgo e altri 12 comuni del dipartimento l’uso obbligatorio della mascherina anche all’aperto. Il provvedimento va rimodulato e differenziato, in quanto l’obbligo generalizzato è una violazione e una grave violazione della libertà personale e di circolazione. Il provvedimento dovrà essere rivisto dalla Prefetta Josiane Chevalier escludendo i comuni e le fasce orarie che non sono caratterizzate da una forte densità di popolazione o da circostanze locali suscettibili di favorire al diffusione del coronavirus.
Consiglio di Stato Parere 5 aprile 2020 n.735.
Nell’interpretare le disposizioni del D. l-19 del 2020, il Consiglio di Stato ha emesso un parere positivo sulla proposta del Ministro dell’Interno di procedere all’annullamento dell’ordinanza 5 aprile 2020, n.105 del Sindaco di Messina in tema di emergenza covid. Ha in particolare ritenuto che “in presenza di emergenze di carattere nazionale, pur nel rispetto delle autonomie costituzionalmente tutelate, vi deve essere una gestione unitaria della crisi, per evitare che interventi regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva di gestione dell’emergenza, soprattutto in casi in cui non si tratta solo di erogare aiuti o effettuare interventi, ma anche di limitare le libertà costituzionali”.
17 Dinamica dei rapporti autorità- libertà
Nei periodi di emergenza si ripresenta, quasi ciclicamente, il rischio di oscillazioni del pendolo autorità- libertà. In presenza di situazioni che presentano forti criticità, tali da poter porre in pericolo lo stato di salute dei cittadini e della stessa repubblica. E’ in queste situazioni che non solo il potere ma lo stesso diritto dismettendo la natura di strumento di regolazione mite del vivere civili può rivelare il suo volto oscuro. Può verificarsi quella che, con un suggestivo neologismo, è stata definita la deinocrazia, vale a dire la torsione degli Stati contemporanei che, in conseguenza di un uso politico della paura verso forme di democrazia securitaria, nelle quali la necessità di affrontare con la massima efficacia situazioni emergenziali, non di rado di natura planetaria, finirebbe con il giustificare sospensioni più o meno estese e, soprattutto durature, dello stato costituzionale di diritto o meglio delle libertà di cui esso si alimenta (29). Va messo nel conto anche una situazione di deriva che si verifica ormai da svariati decenni il paradosso consiste nel fatto che ,pur nella sua ordinaria esistenza,precedente la pandemia, il nostro ordinamento giuridico ha depotenziato di qualsiasi valenza eccezionale strumenti che ,pur astrattamente ,avrebbero potuto essere invocati per situazioni di straordinaria necessità ed urgenza, a cominciare dal decreto legge, ormai normalizzato dall’abuso reiterato e costante. Ha, contemporaneamente, sviluppato strumenti, si pensi alle ordinanze di necessità abilitati, in una prospettiva di interventi tendenzialmente circoscritti e chirurgici, e a intervenire in deroga al regime ordinario delle competenze. Si sarebbe dunque sviluppata in Italia, prima della pandemia, una sorta di “normalità emergenziale a bassa intensità, fatta appunto di abusi costanti della decretazione d’urgenza o del proliferare di poteri emergenziali di autorità amministrativa, il cui utilizzo, pressochè abituale, ha finito per sfumare la distinzione ,fino a confonderla, tra normalità ed emergenza. (30)
18 Il Decreto Presidente Consiglio Ministri Pronunce del giudice ordinario.
Il Tribunale di Roma sesta sezione civile, pronunciandosi nell’ambito di una controversia ,inerente la richiesta di convalida di sfratto per morosità di un esercizio commerciale , morosità maturata nel periodo di tempo investito dall’epidemia, ha dichiarato la illegittimità dello strumento del DPCM con l’ordinanza n. 45896 del 2929 del 16 dicembre ,richiamando anche la precedente pronuncia del Giudice di pace di Frosinone. La compressione dei diritti fondamentali è stata operata in palese violazione della Costituzione e dei diritti. Ha precisato il Tribunale che la compressione dei diritti è avvenuta, usando uno strumento amministrativo. La natura del provvedimento è tale, anche se un atto avente forza di legge lo legittimi preventivamente. E’ stato ricordato che diverse ed autorevoli sono state le opinioni di coloro (per tutti i Presidenti emeriti della Corte Costituzionale Baldassare, Marini, Cassese) che hanno ritenuto incostituzionale il DPCM. Va aggiunto che la dichiarazione dello stato di emergenza con delibera consiglio dei Ministri del 31.1. fa riferimento ai sensi e per gli effetti all’art. 7 di cui all’art. 7 c deve ritenersi illegittima in quanto emanata in assenza dei presupposti legislativi, perchè nessuna fonte costituzionale o avente forza di legge ordinaria attribuisce il potere per rischio sanitario. Sono le calamità naturali che rilevano unicamente ex art. 7 v comma 1 lettera c del DLGS n.1 Viene anche richiamata l’ordinanza del TAR LAZIO 7468/2020, in tema di uso prolungato della mascherina in minori ,che, pronunciandosi con riferimento al DPCM del novembre 2020 ha rilevato “che dal DPCM impugnato non emergono elementi tali da far ritenere che l’amministrazione abbia effettuato un opportuno bilanciamento tra il diritto fondamentale alla salute della collettività e tutti gli altri diritti inviolabili parimenti riconosciuti e tutelati dalla Costituzione fra cui, primariamente, il diritto alla salute dei minori, di età compresa fra 6 e 11 anni, sì da poter connotare di ragionevolezza l’imposizione a questi ultimi dell’uso di un dispositivo di protezione, e di proporzionalità l’imposizione a questi ultimi dell’uso di un dispositivo di protezione individuale in modo prolungato e incondizionato. Il G.I.P. DI Reggio Emilia ha escluso la configurabilità del delitto di cui all’art. 483 c.p. nel caso di false dichiarazioni sulla sussistenza di una delle condizioni che possono giustificare gli spostamenti, in caso di restrizioni per ragioni di prevenzione epidemiologica, ai sensi del DPCM 8 marzo 2020. Sentenza 27 gennaio 2021 n.54. IlgGiudice ha disapplicato l’atto amministrativo .ai sensi dell’art. 5 legge n.2248 del 1865 all.e, in quanto costituzionalmente illegittimo. Ha ritenuto che di fatto si venisse a configurare un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare, casi in cui deve essere garantito il controllo giurisdizionale. Si tratta di una fonte regolamentare di secondo grado. In materia di libertà personale vi è una duplice riserva di legge e di giurisdizione .In altri termini ci si trova di fronte ad un obbligo imposto , in modo non conforme a costituzione.
19 Ordinanza n.4 della Corte Costituzionale del 14 gennaio 2021. La Consulta sospende la legge della Val d’Aosta n.11 del 9 dicembre 2020. Conferma dell’ordinanza. Sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 2021
La Corte ha ritenuto che sussista sia il fumus boni iuris che il periculum in mora. Ha, peraltro, ravvisato ragioni di urgenza per intervenire, sospendendo in via interinale la legge regionale. Ha stabilito che”la pandemia in corso ha richiesto e richiede interventi rientranti nella materia della profilassi internazionale di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art.117 secondo comma lett.q della Costituzione. L’eccezionalità dell’ordinanza è strettamente connessa allo stato di emergenza ed alla preoccupante situazione sanitaria. La decisione riguarda la Val d’Aosta e anche tutte le altre Regioni, Che, adesso dovranno muoversi nel rispetto delle direttive dello Stato (Enzo Cheli). Tra le righe la Corte ha chiarito un principio,ossia che sulle misure di contenimento deve esserci una gestione unitaria. La Consulta ha enunciato un principio forte, e cioè che le disposizioni rispetto a questa pandemia riguardano la profilassi internazionale, materia di competenza esclusiva dello Stato, il secondo principio forte è che vi sia un interesse pubblico di gestione unitaria. Si può configurare una applicazione del principio di sussidiarietà, ma bisogna salvaguardare il rapporto leale. Occorre una azione unitaria che spetta solo allo Stato. La cabina di regia deve essere unica e centrale. Sembra chiaro in quale direzione si proceda (Cesare Mirabelli). In definitiva, a fronte di una richiesta di sospensiva accolta, sempre delinearsi un orientamento generale in materia di rapporti Tra Stato e Regioni sulle restrizioni sanitarie in materia di pandemia. Gli interventi, resi necessari dalla pandemia, non rientrano tra quelli, nei quali Stato e Regioni si spartiscono i compiti,ma tra quelli che spettano, esclusivamente, al Governo,con cui le Regioni debbono collaborare.
Il Pluralismo antipandemia è una contraddizione (Sabino Cassese). L’intervento della Corte Costituzionale appare orientato a garantire oltre che il rispetto della noma Costituzionale ,un equilibrato rapporto Stato Regioni, Elementi di chiarezza in un orizzonte giuridico con iniziative pluralistiche contradditorie . Come è stato evidenziato “In nome dell’emergenza sanitaria ogni autorità costituita – locale regionale nazionale- dispensa in lungo e in largo i propri editti,senza mai curarsi del quadro complessivo. La Consulta lo aveva già scritto nella sentenza n.5 del 2018, lo ha ribadito con la sentenza n.37 del 2021. La gestione della pandemia reclama” una disciplina unitaria di carattere nazionale, idonea preservare l’uguaglianza delle persone nell’esercizio del fondamentale diritto alla salute e a tutelare contemporaneamente, l’interesse della collettività”. La profilassi internazionale è materia di competenza esclusiva dello Stato. (28) .
La sentenza della Corte Costituzionale n.37 del 2021. Conferma dell’ordinanza.
La Regione a statuto speciale Val d’Aosta, con la legge regionale 11 del 2020,ha disciplinato la gestione regionale dell’emergenza, dettando regole, in contrasto con quanto previsto in sede nazionale. La Corte ha ribadito la linea anticipata con l’ordinanza n. 14. La Costituzione assegna allo Stato competenza esclusiva nella profilassi internazionale, con pregiudizio dell’interesse pubblico e ai diritti delle persone(Art. 117 comma 2 lett.q Costituzione). Ha ribadito che la profilassi internazionale concerne norme che garantiscano uniformità anche nell’attuazione, in ambito nazionale di programmi elaborati in sede internazionale e sovranazionale (sentenza n.5 del 2018 in precedenza sent. 270 del 2016,n.173 del 2014, n. 406 del 2005 e n.12 del 2004).
Il Covid 19 deve considerarsi una malattia e, in quanto tale, “internazionale” in ragione della diffusività che la caratterizza. Il nuovo art.117 secondo comma Cost attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la cura degli interessi che emergono innanzi ad una malattia pandemica di larga distribuzione geografica ovvero tale da dover essere reputata internazionale,sulla base della diffusività che la connota.. Ragioni logiche prima che giuridiche (sent. 5 del 2018), radicano nell’ordinamento costituzionale l’esigenza di una disciplina unitaria di carattere nazionale, idonea a preservare l’uguaglianza delle persone nell’esercizio del fondamentale diritto alla salute e a tutelare l’interesse della collettività
(sent.. 169 del 2017,338 del 2003 e 282 del 2002). La Corte ha precisato che nel vigore del nuovo titolo V parte II della Costituzione, infine il l’indirizzo volto ad adattare il governo dell’emergenza,anche sanitaria,al carattere locale o nazionale di essa, ha trovato ulteriore sviluppo con il decreto legislativo 2 gennaio 2018 n. 8 (Codice della Protezione civile). Ha richiamato l’art.7 comma1 lettera c) in correlazione con l’art.24 seguente, che radica nello Stato il potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti di protezione civile, acquisita l’intesa con le regioni e le province autonome territorialmente interessate. Il coinvolgimento delle autonomie è previsto quando, pur a fronte di una localizzazione, l’emergenza assuma, ugualmente, carattere nazionale.
La Corte ha respinto la richiesta della Regione di autorimettere la questione di costituzionalità dei decreti legge su cui si fondano i DPCM (d.l. 19 del 2020 e e 33 del 2020) sia nella parte in cui tali disposizioni comprimerebbero l’autonomia regionale (artt. 117 e 118 cost.) sia nella parte in cui darebbero vita a fonti dell’emergenza, ovvero i DPCM.
Si tratta di questioni di legittimità costituzionale, prive di rilevanza, una volta che si sia accertato che si verte in materia, affidata alla competenza esclusiva statale.
Il ricorso è stato accolto, limitatamente alle disposizioni con le quali la legge impugnata ha introdotto misure di contrasto all’epidemia, differenti da quelle previste dalla normativa statale. Il legislatore regionale,anche se dotato di autonomia speciale,non può invadere, con una sua propria disciplina, una materia avente ad oggetto la pandemia da COVID 19,diffusa a livello globale e,perciò,affidata interamente alla competenza legislativa esclusiva dello Stato,a titolo di profilassi internazionale. La legge valdostana è stata dichiarata costituzionalmente illegittima. La Corte ha rilevato che, fin dal decreto legge 23 febbraio 2020 n.6, poi convertito nella legge 5 marzo 2020, il legislatore statale si è affidato ad una sequenza normativa e amministrativa che muove dall’introduzione,da parte di atti aventi forza di legge,di misure di quarantena e restrittive, per culminare nel dosaggio di queste ultime,nel tempo e nello spazio, a seconda dell’andamento della pandemia da parte dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri. Allo stato il quadro normativo vigente si articola soprattutto sul D.l. n.19 del 2020 e sul D.L. n. 33 del 2020, con i quali una tale sequela ha trovato ulteriore specificazione. Va ricordato quanto rilevato nel paragrafo 2 sul d.l.n.6. In particolare l’art. 2 consentiva l’adozione di ulteriori misure di contenimento e gestione dell’emergenza al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia da covid 19 anche fuori dei casi di cui all’art.1. Si tratta di amplissimi poteri con possibili limitazioni di diritti fondamentali. la norma ingenera consistenti perplessità, con particolare riguardo al rispetto della riserva di legge e di giurisdizione. Il D. L. faceva riferimento non a tutto il territorio nazionale, ma solo alle c.d. zone rosse.10 comuni in Lombardia e il comune di Vo in provincia di Padova Al D.L. hanno fatto seguito alcuni D.P.C.M. Le misure sono state estese all’intero territorio nazionale, introducendo limitazioni alla libera circolazione dei cittadini. Vanno anche richiamatele posizioni critiche assunte da numerosi giuristi. Nella sentenza n.37,in ogni caso, La Corte non si è, giova ribadirlo, pronunziata sui D.P.C.M. La Corte ha ritenuto che “non è in discussione in questo giudizio, che riguarda il riparto di competenze nel contrasto alla pandemia, la legittimità dei DPCM, adottati a tale scopo,comunque sottoposti al sindacato del Giudice amministrativo, ma è invece da affermare il divieto per le Regioni anche ad autonomia speciale di interferire legislativamente con la disciplina fissata dal competente legislatore statale”. In definitiva si è verificata la sovrapposizione della regolamentazione della Regione a quella prescelta dalla competente normativa dello Stato. Invadendo la sfera di attribuzione sottratta all’intervento del legislatore regionale”2l’art.2 del D.L. n.19 del 2020 ha reputato opportuno. Nell’esercizio della discrezionalità propria del legislatore in una materia di sua competenza esclusiva (sent. n. 7 del 2016) attivare un percorso di leale collaborazione con il sistema regionale, prevedendo che i D.P.C.M. siano preceduti, a seconda degli interessi coinvolti, dal parere dei Presidenti delle Regioni o da quello del Presidente della conferenza delle Regioni e delle Province autonome”. Si può parlare di garanzie volte a individuare le aree di intervento evitando eventuali invasioni.
20 Il Decreto legge 1 Aprile 2021 n.44 Il D.L 22 aprile 2021 n.52 La proroga dello stato di emergenza al 31 luglio 2021
Il 31 marzo il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge contenente misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da covid 19 in materia di vaccinazioni antisars covid, di giustizia e di concorsi pubblici. E’ prevista la proroga fino al 30 aprile dell’applicazione delle disposizioni del D.P.C.M. 2 marzo 2021. In particolare l’applicazione nelle zone gialle delle misure della zona arancione. Il testo prevede la possibilità di apportare modifiche alle misure adottate con deliberazioni del Consiglio dei Ministri. Viene esclusa la responsabilità penale del personale medico e sanitario, quando le vaccinazioni sono effettuate in conformità alle indicazioni del provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio e alle circolari del Ministero della salute. La riapertura delle scuole è prevista con modalità diverse nelle zone rosse ed arancione.
E’ stata Introdotta l’obbligatorietà della vaccinazione per il personale medico e sanitario con misure ,in caso di inottemperanza (assegnazione a diverse mansioni ovvero sospensione della retribuzione. Sono Previste norme sullo svolgimento dell’attività giudiziaria,la proroga al 31 luglio 2021 di alcune disposizioni in materia di giustizia civile,penale ,amministrativa ,contabile e tributaria,norme sullo svolgimento dell’attività giudiziaria in periodo di emergenza pandemica Reca infine modifiche al codice della giustizia contabile Sulla vaccinazione obbligatoria per i medici e il personale sanitario è sufficiente ricordare che l’art.32 della Costituzione prevede che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario ,se non per disposizione di legge. Nel caso di crisi pandemica e nel rispetto della riserva di legge l’obbligo di vaccinazione per il personale medico appare legittimo. Del resto l’ordinamento conosce ipotesi specifiche di trattamento sanitario obbligatorio, c.d. TSO previsto dalla legge 833 del 1978.
Il D.L. n. 52 conferma le zone rosse ed arancione, ripristina le zone gialle, in gran parte nel paese. Il testo individua il cronoprogramma per la graduale rimozione delle restrizioni, alla luce dei dati scientifici sull’epidemia e dell’andamento della campagna vaccinale.
Consente la riapertura dei servizi di ristorazione sia pure all’aperto e nei limiti orari stabiliti ore 22, che restano confermati. Dal 1 giugno sarà possibile anche l’attività in area chiusa dalle 5 alle 18. Le nuove regole dovrebbero valere fino al 31 luglio. Il Decreto Introduce misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali, nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia da coronavirus. Si va verso un lento ma progressivo alleggerimento delle misure restrittive, che hanno caratterizzato il periodo di pasqua. Nelle zone rosse ed arancione continuano ad applicarsi le regole già note. Dal 26 aprile riaprono sale teatrali e cinematografiche con misure di contenimento numerico. Dal 1 giugno riprendono le competizioni a livello agonistico riconosciute di preminente interesse nazionale dal CONI con limiti di capienza. Riaprono le piscine dal 15 maggio, le palestre dal 1 giugno. Dal 15 maggio le attività degli esercizi commerciali all’interno dei supermercati e dei centri commerciali, dal 1 luglio convegni, congressi, centri termali e parchi di divertimento. Il D.L. 18 maggio 2021, n.65, in considerazione dell’andamento della epidemia e dell’ attuazione del piano vaccinale, ha modificato i parametri di ingresso nelle zone di vario colore. Sono state apportate consistenti modifiche al calendario delle riaperture per la ripresa delle attività economiche e sociali nelle zone gialle. Il c.d. coprifuoco passa dalle 22 alle 23, dal 7 giugno alle 24 e dal 21 giugno abolizione totale. Dal 22 maggio centri commerciali e impianti di risalita in montagna riaprono nelle giornate festive prefestive. Dal 1 giugno è possibile la consumazione di cibi e bevande all’interno. In buona sostanza la regola adottata è quella di una graduale controllata riapertura. Salvo imprevisti un graduale ritorno alla normalità.
Il Consiglio dei Ministri ha deliberato la proroga dello stato di emergenza al 31 luglio 2021. Anche il Belgio e l’Olanda hanno deliberato un alleggerimento delle severe misure restrittive in atto. Il primo ministro olandese Mark Lutte ha annunciato martedì 20 aprile che il suo paese si accingeva a prendere “un rischio calcolato”. E’ la stessa espressione che ha utilizzato , nella sua strategia comunicativa, il Presidente del Consiglio dei Ministri i ,Prof. Draghi. Belgio e Olanda prevedono la chiusura alle ore 22, come in Italia. In Gran Bretagna sono state abolite le restrizioni, in ragione dei buoni risultati della campagna di vaccinazione. La Germania osserva la chiusura dalle 21 fino alle 5 del mattino. L’Austria prevede la chiusura alle 20. In Francia i locali pubblici sono chiusi dalla 19 alle 5. Le scuole sono state chiuse per tre settimane. In Spagna chiusura alle 23. Nella regione di Madrid vige un regime più ampio. Sono previsti limiti anche in Romania, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Lussemburgo, Grecia.
21 Il ruolo del Parlamento nella fase dell’emergenza
Il ridimensionamento del Parlamento non è realtà di questi ultimi mesi. La tendenza a minimizzarne le funzioni non è connessa al l’emergenza epidemiologica in atto, se si pone mente allo stato del dibattito pubblico degli ultimi anni. Nel disegno dei costituenti e nella dinamica dei rapporti tra organi costituzionali, il ruolo del Parlamento è centrale. Ruolo riaffermato in numerose sentenze dal Giudice delle Leggi. L’evoluzione della giurisprudenza costituzionale sull’esercizio della funzione legislativa del Governo, si snoda in un percorso che, con riferimento alla decretazione d’urgenza, esclude che in una Repubblica parlamentare, la legge di conversione abbia efficacia sanante dei vizi del decreto C.C.le sent. N 171 del 2007 e alla ritenuta indispensabilità sent. 22 del 2012 della omogeneità di contenuto delle norme oggetto del decreto “E’, in definitiva, l’eclissi del Parlamento il vero virus che rischia di uccidere la nostra democrazia La gestione della crisi per la pandemia in corso è stata caratterizzata d da eccessivo protagonismo del Presidente del consiglio.”(29 ) Le riserve esposte appaiono riferibili al presidente del Consiglio uscente.
E’ in atto nel Paese un delicato processo di trasformazione politico istituzionale.
E’ risalente una ricorrente critica nei confronti delle lentezze parlamentari, a fronte di una esigenza di incisività e velocità delle decisioni. Questa, in una certa misura, spiega anche talune forzature che si sono verificate sul piano dell’azione e dell’apparato normativo utilizzato per contrastare l’emergenza epidemiologica. I primi segnali di questa tendenza sono stati avvertiti anche in aree direttamente interessate. Va segnalato il rinnovato impegno dell’intergruppo parlamentare per la sussidiarietà composto da parlamentari aderenti a gruppi politici sia di maggioranza che di opposizione E’ stata segnalata la necessità di riscoprire la centralità del Parlamento, che si è palesata in modo più cosciente in molti durante i mesi del lockdown, quando il suo ruolo è stato messo esplicitamente inj discussione Nel corso degli ultimi anni ,il potere esecutivo ha, talvolta, preso il sopravvento rispetto al legislativo,sostituendosi ad esso. I mesi del Covid hanno accentuato e reso più palpabile questa tendenza, di cui il ricorso eccessivo al DPCM è uno dei segnali. C’e’ un contesto più ampio in cui questo decadimento è stato favorito, come segnalava Giuliano Amato in un seminario dell’intergruppo preparato e condotto sotto la guida scientifica della Fondazione per la sussidiarietà di Giorgio Vittadinini’. Venuta meno la propensione alla coesione sociale, Il comune riconoscimento di un patrimonio di base che si fondava su una democrazia non statalista, Il Parlamento è stato, a lungo, il luogo in cui i partiti riportavano questa tensione positiva della società- In una situazione caratterizzata dalla prospettiva di un futuro incerto o negativo è forte la tentazione della scorciatoia- leaderismo,decisionismo e tecnicismo,favorita dalla inconcludenza di un parlamentarismo autoreferenziale che ha trasformato in rito il processo legislativo sino all’incapacità di decidere E’ ovvio che ci vogliono norme che regolano l’attività di Camera e Senato. Come è ovvia la necessità di un riequilibrio tra i poteri legislativo esecutivo e giudiziario. E’ questo lo squilibrio segnalato con iniziative parlamentari durante la crisi epidemica: con forza è stato richiesto in modo trasversale che il Governo non solo informasse il Parlamento delle sue decisioni ,ma riprendesse la salutare consuetudine di riferire a Camera e Senato, di ascoltare deputati e senatori e soprattutto di sottoporre le sue decisioni al loro voto. Non c’è emergenza che giustifichi un ricorso continuativo al D.P.C.M. La Costituzione non prevede un diritto speciale per lo stato di emergenza”(Corriere della Sera del 18 agosto 2020. Una politica più responsabile che sia capace di decidere) .
Anche sui decreti legge sembra opportuna qualche riflessione. ll termine per la loro conversione è di 60 giorni ma il ramo del Parlamento che ne avvia l’esame finisce per esaurirli tutti. Sicchè il nostro bicameralismo perfetto funziona in modo imperfetto, una Camera istruisce, l’altra delibera. La Costituzione articolo 77- per mette l’adozione solo in casi straordinari di necessità e di urgenza. Ma in questa legislatura abbiamo sperimentato 15 decreti abrogati da altrettanti decreti. E’ una contraddizione pure l’approvazione dei decreti in Consiglio dei Ministri “salvo” intese” perché ne rinvia l’entrata in vigore, smentendo perciò l’urgenza che dovrebbe costituire il presupposto (28)
22 L’emergenza in materia di giustizia. Prospettive di riforma.
L’emergenza sanitaria ha prodotto effetti destabilizzanti sull’efficienza del sistema. Giustizia civile e penale sono in affanno. La lunghezza del processo costituisce la criticità maggiore e più insidiosa. Ulteriori ritardi, dovuti alla pandemia, sono suscettibili di aggravare gli effetti negativi sulla credibilità ed affidabilità del servizio giustizia. La crisi accentua le tensioni che investono la giurisdizione. Per lo svolgimento delle attività giudiziarie civili e penali, l’art 83 del decreto legge 17 marzo 2020 n.18 dispone il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini processuali dal 9 marzo al 15 aprile 2020, nonché la possibilità dal 16 aprile al 30 giugno di adottare misure organizzative, che possono comprendere l’ulteriore rinvio delle udienze volte ad evitare gli assembramenti negli uffici giudiziari. Il D.L. n. 28 ha prolungato le regole della fase 2 fino al 31 luglio 2020 per consentire la migliore organizzazione nella trattazione degli affari civili e penali. Specifiche disposizioni sono volte a potenziare il processo telematico anche penale ed a consentire, nella fase di emergenza, lo svolgimento di attività processuali, dalle indagini alle udienze di trattazione da remoto. Nel testo convertito si è tenuto conto che sulle scadenze dettate dall’art. 83 è intervenuto il decreto legge n. 23 del 2020 che ha prorogato il termine dal 15 aprile all’11 maggio e quello del 16 aprile per l’avvio della seconda fase al 12 maggio. In una prima fase dell’emergenza si mirava a sospendere o rinviare le attività processuali per attenuare i rischi da contagio. La sensazione è che sia mancata una gestione centralizzata della crisi, pur nel rispetto delle specificità territoriali. Gli interventi effettuati in base al D.L. n.137 del 2020 e le proroghe di cui al D.L. 44 del 2021, appaiono mirati a potenziare il processo telematico e le attività giudiziarie de remoto. Le misure saranno efficaci fino al 31 luglio 2021. Nel settore penale sono specificate le udienze che non possono essere tenute con modalità de remoto, tra cui, salvo che le parti vi consentano, le udienze preliminari e dibattimentali. Disposizioni specifiche riguardano le modalità di svolgimento de remoto dei procedimenti penali in Cassazione. Risulta aggravato il quadro di consistenti difficoltà: il ricorrente può chiedere espressamente la discussione orale. Per i procedimenti civili, disposizioni specifiche provvedono per le udienze in tema di separazione personale e divorzio. In Cassazione prevale la trattazione in Camera di Consiglio, salvo che sia espressamente richiesta da una delle parti o dal Procuratore generale la discussione orale. I ritardi hanno prodotto effetti sul processo civile e penale, in tutte le fasi. Le criticità sono risultate accentuate. Nei Tribunali i numeri sono chiari. Anche la Giustizia è stata paralizzata dagli effetti dell’epidemia. In base ai primi dati le sentenze civili in primo grado sono state pari a 128.000 circa e quelle in appello a 9.300 circa con diminuzioni rispettive del 43% e del 42% rispetto all’anno precedente, per il periodo 23 febbraio-31 marzo. Le sentenze penali e civili in Tribunale e Corte di Appello hanno subito significative riduzioni. Per il settore penale, in particolare, è risultata aggravata una situazione che già scontava insufficienze di sistema. Le inadeguatezze del rito accusatorio sono note. Il modello americano è stato quello di riferimento. Il codice vigente ha fuso tradizione europea e principi ispiratori dalla Common Law. Il Pubblico Ministero non dispone di alcun potere dispositivo analogo a quello che esercita il prosecutor nord-americano, il quale può disporre dell’imputazione, rinunciando a promuovere l’azione penale. Nel sistema americano arriva al dibattimento solo un numero estremamente basso di procedimenti. Nel sistema italiano, viceversa, è venuto a mancare il presupposto di fondo dello sfoltimento. Patteggiamento e giudizio abbreviato non superano il 10% degli affari penali. Vengono introdotte nuove tipologie, con una deriva panpenalistica, del tutto incongrua, e con un aumento esponenziale delle nuove fattispecie di reato. Nel sistema italiano vige il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, a differenza di quello americano, caratterizzato dal rapporto costi benefici, principio della discrezionalità. Gli effetti pratici di questa commistione di principi, anche per la mancanza di adeguati strumenti deflattivi, portano ad una rincorsa produttivistica di tipo aziendalista, che, peraltro, non produce effetti rilevanti.
Una ulteriore disfunzione di non trascurabile rilevanza, collegata ai tempi lunghi, è il disequilibrio tra la fase delle indagini e quella del giudizio. Situazione che, al di la delle intenzioni, enfatizza il ruolo del Pubblico Ministero e rinvia a tempi non fisiologici l’intervento del Giudice. La limitata incidenza del ruolo del Giudice delle indagini preliminari, pur necessario in una dimensione di garanzia, non modifica il quadro generale. Ulteriori ritardi dovuti ai rinvii accrescono le difficoltà del sistema. La previsione dello svolgimento di udienze da remoto, garantisce, in un momento particolare, la continuità della giurisdizione. La giustizia virtuale di emergenza deve però essere limitata ai tempi della crisi. Va, in particolare, garantito il principio di oralità e di immediatezza del contradditorio che è alla base della formazione della prova. L’udienza virtuale circoscrive la dimensione garantista del contradditorio, non consente la pienezza operativa e funzionale degli attori del processo e limita la pubblicità dell’udienza.
Esaurita la crisi, eventuali innovazioni, come un esame a distanza, introdurrebbero ulteriori elementi di disorientamento in un sistema, che è già sottoposto a dure prove di resistenza. La conclusione della fase dell’emergenza potrebbe fornire l’occasione per una approfondita riflessione sui rapporti tra modello processuale, quadro di garanzie ed efficienza del sistema, avendo come riferimento costante il modello del giusto processo delineato dagli artt. 111 e 112 della Costituzione. La fragilità del sistema penale dovuta all’eccesso di domanda potrebbe essere attenuata dall’adozione di una prospettiva diversa, con una radicale inversione di rotta, sfoltendo il campo degli illeciti penali e lasciando ampi spazi all’illecito amministrativo. Occorre valutare la possibilità, in casi particolari, di consentire la motivazione contestuale e semplificata delle sentenze, limitare i casi di appello generalizzato, come si verifica attualmente, inserire misure di disincentivazione delle impugnazioni. E’ necessario, infine, limitare il giudizio di Cassazione ai casi di violazione di legge. Verrebbero a prodursi benefici effetti a cascata su tutto il sistema. La Corte, nell’ottica costituzionale, non è strutturata in funzione dello ius litigatoris, bensì in quello della tutela dello ius constitutionis, del ruolo costituzionale della Corte di Cassazione. La logica dei numeri, l’assedio dei ricorsi, implica il rischio di un mutamento del ruolo costituzionale della Corte di Cassazione, avviata a diventare Giudice di terza istanza. La prevalenza della funzione nomofilattica rispetto a quella di garanzia del terzo grado, è ricollegabile al disegno costituzionale. La Suprema Corte deve garantire il controllo di legalità attraverso il valore della uniformità interpretativa, realizzando una unitarietà di indirizzo, posta a corredo della tendenziale unità della giurisdizione.
L’art.123 del D.L. n.18 del 2020 – Disposizioni in materia di detenzione domiciliare – modifica il modello operativo di cui alla legge 26 novembre 2010 n.199. Prevede che, per l’ammissione alla detenzione domiciliare, la pena da eseguire non deve essere superiore a diciotto mesi. Il condannato deve avere la disponibilità di un domicilio effettivo, idoneo a soddisfare le esigenze di protezione della persona offesa dal reato.
La scelta è quella di ampliare il numero dei condannati ,ammessi al beneficio. L’eccezionale gravità della situazione comporta il rischio di una diffusione del contagio all’interno degli istituti di pena. La necessità di scongiurare scelte più radicali e drammatiche, rende indifferibile l’adozione di soluzioni atte a ridurre le condizioni di sovraffollamento carcerario. L’emergenza sanitaria è forse l’occasione per una riflessione approfondita sulle misure da prendere. Eventuali provvedimenti di amnistia e di indulto possono solo costituire un alleggerimento. L’esperienza del passato insegna che gli effetti vengono rapidamente riassorbiti. La detenzione carceraria deve essere recuperata alla sua dimensione di extrema ratio, riservandola alle situazione più gravi di pericolosità sociale. Andrebbe incentivato il ricorso a misure alternative extracarcerarie, quali l’affidamento in prova ai servizi sociali e la detenzione domiciliare. Va valutata la possibilità di prevedere un differimento della esecuzione per soggetti condannati a pene di modesta entità, per reati non gravi per il periodo corrispondente alla durata dell’emergenza epidemiologica. Il quadro dell’epidemia in ambito carcerario si è ulteriormente aggravata. Il D.l. n.18 del 17 marzo 2020 aveva previsto interventi deflattivi in ambito penitenziario I d.l. 28 e 29 del 2020 miravano a ridurre le uscite e ad assicurare il rientro in carcere di persone condannate o imputate per delitti di consistente spessore criminale. L’aumento dei contagi ha riproposto situazioni di emergenza carceraria. Sono stati previsti interventi negli artt. 29 e 29 in materia di licenze e permessi. L’art.30 ripropone la misura della detenzione domiciliare per le pene anche residue non superiori ai diciotto mesi, già prevista adll’art.123 D. 17 del 2020. Tra i soggetti esclusi i destinatari di alcune tipologie di provvedimenti disciplinari o di reati di particolare gravità. In materia di mafia, terrorismo, corruzione, violenza carnale, maltrattamenti in famiglia, stalking. Nel pacchetto per fronteggiare l’emergenza sono previste numerose misure sulle indagini e sulla celebrazione dei processi. Il D.L. 19 dispiega i suoi effetti a partire dal 29 ottobre 2020 fino sino al termine massimo dello stato di emergenza al 31,1.2021 Il comma 2 dell’art.23 consente atti di indagine preliminare de remoto Il difensore ha facoltà di opporsi comma 3 dell’art.23 contiene la regola secondo cui ove è ammessa la presenza del P.M., anche ove ordinariamente le udienze siano pubbliche possono essere celebrate a porte chiuse ossia con rito camerali. Non è un ritorno al processo de remoto ma una versione più leggera che prevede, comunque, l’accordo tra le parti. E’ prevista una digitalizzazione delle indagini preliminari con alcuni atti eseguibili de remoto. Per le udienze penali nei casi in cui la presenza fisica dei detenuti non possa essere assicurata sarà possibile la videoconferenza. Le udienze si svolgeranno de remoto con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti. Ad esclusione delle udienze finali, in pubblica udienza o in camera di consiglio. La Corte di Cassazione procede sempre in camera di consiglio. Le parti hanno peraltro la facoltà di chiedere la discussione orale per quanto riguarda le udienze dei procedimenti civili e penali alle quali è ammessa la presenza del pubblico le stesse dovranno essere celebrate a porte chiuse. Prevista l’udienza cartolare per i processi civili in materia di separazione consensuale o di divorzio congiunto. Per quanto riguarda le deliberazioni collegiali possono essere assunte mediante collegamenti de remoto sia nel civile che nel penale. Previsto l’accesso de remoto ai registri per i cancellieri che sono in smart working.
In tema di emergenza criminale è stata rilevata la stretta connessione tra crisi sanitaria e crisi economica e sociale. Le crisi offrono una grande opportunità alle organizzazioni criminali. Le mafie nascono come agenzie di servizi. Proliferano là dove lo Stato non c’è, arriva in ritardo, manca o fa comunque fatica a svolgere il proprio ruolo. I mafiosi sono per definizione veloci, non hanno burocrazia, dispongono di grandi liquidità. In una fase sociale ed economica critica, le grandi organizzazioni – mafia, camorra, ndrangheta – tendono, ad accrescere il loro ruolo, nel tessuto economico e finanziario, con un’azione mirata di infiltrazioni. Le grandi mafie sono proiettate ormai su scala globale e dispongono di ingenti disponibilità finanziarie. Sono tra i migliori operatori di import ed export . Hanno rotte e canali con cui muovono, da decenni, droga su scala continentale. Il crimine organizzato è forte nel settore degli strumenti informatici. In alcune intercettazioni è emersa una delle caratteristiche delle organizzazioni criminali: per essere mafiosi bisogna essere grandi imprenditori. Gli introiti, solo per la ndrangheta, sono pari a 30 miliardi. Le mafie mirano ad entrare, massicciamente, nelle economie legali. Per difendere l’economia occorre sostenere le imprese sane e controllare, in modo capillare, i finanziamenti che saranno erogati per sostenere le imprese. Storicamente edilizia e Sanità sono i settori preferiti dalle mafie(31). A conferma di queste valutazioni e delle interconnessioni tra organizzazioni mafiose ed economia milita l’esito delle indagini condotte da numerose DDA che ha portato alla emissione di numerose ordinanze di custodia cautelare.
Gli effetti del virus e della crisi sanitaria lasceranno il segno anche nel campo della giustizia civile. Al di là dei profili organizzativi e strutturali la situazione di emergenza può influire in molti settori. Un autorevole giurista (32) ha analizzato i rischi della incertezza normativa, con particolare riguardo ai – contenziosi ed alle rinegoziazioni in materia contrattuale. Ha rilevato che la crisi ha determinato il collasso del circuito economico produzione-consumo restrizioni di libertà chiusura di territori divieti di circolazione di persone e cose, paralisi di imprese. Vanno inseriti, in tale contesto, effetti di turbativa del mercato, ingiustificate levitazioni dei prezzi crisi occupazionali dovute alla contrazione delle attività economiche. Anche i rapporti contrattuali sorti prima della crisi non possono restare indenni. Il contenuto dei rapporti va rivisto e modificato. Il codice civile, art.1467, recepisce il principio di sopravvenienza degli imprevisti, che interferiscono durante lo svolgimento del rapporto, portando un vulnus all’originale equilibrio delle prestazioni. La via da seguire è quella della rinegoziazione, modellando il contenuto del rapporto con un nuovo contratto. Nel caso di mancato accordo dovrebbe essere previsto il ricorso a commissioni tecniche di arbitratori che possono utilizzare correttivi di carattere neutrale. In questo caso sarebbe necessaria una legge apposita per definire criteri e campo di intervento. La decisione per ricostruire il contenuto del rapporto., dovrebbe essere definitiva e inappellabile. Soluzione, quest’ultima, già sperimentata dopo la fine delle due guerre mondiali. Sono stati previsti ulteriori slittamenti delle udienze, del rinvio d’ufficio delle udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso gli uffici giudiziari, come anche la sospensione del decorso dei termini per il compimento di atti dei procedimenti civile penali.
23 Riflessioni conclusive
Una situazione eccezionale, e del tutto inedita, richiede rapidità nelle decisioni, flessibilità degli strumenti da utilizzare, incisività, immediatezza, centralità della catena di comando. E’ diffusa la suggestione che, per conseguire questi obiettivi, sia necessario ricorrere ad un modello autoritario. Il modello cinese, con accentuata centralizzazione, ha, forse, consentito una sollecita uscita dalla crisi. In altri casi sono stati concessi pieni poteri, da parte dei rispettivi Parlamenti. Ai primi ministri per superare la crisi si sono avute compressioni dei diritti e limitazioni delle libertà non conciliabili con sistemi democratici. Le crisi possono essere affrontate in modi diversi. Nei sistemi totalitari il cittadino è in condizioni di estrema debolezza, i diritti non godono di tutela, il regime è onnipresente, manca il controllo della libera informazione. Diversa la situazione dei regimi parlamentari. Le democrazie occidentali incontrano difficoltà, quando devono affrontare uno stato di emergenza. I governi ricorrono a un meccanismo che consente verticalità e velocità delle decisioni. Questo potere va gestito con molta cautela. In Parlamento, sotto il controllo dell’opposizione. Il terzo metodo è quello delle c.d. democrazie autoritarie, in cui l’anomalia occasionale viene tesaurizzata per liberarsi dai lacci e dei controlli effettuati dalle autorità indipendenti, Magistratura, Corte Costituzionale, Stampa. Il Ministro francese dell’Istruzione, Jean Michel Blanquer, ha, significativamente, dichiarato: “Abbiamo preso coscienza dell’importanza della libertà di cui godevamo prima della crisi. E’ importante riconquistarla il più presto possibile. Vedo il rischio di abituarci alla sua privazione e non vorrei che qualcuno abbia preso gusto all’assenza di libertà, stiamo attenti”. Il monito del Ministro francese deve far riflettere sui rischi di assuefazione alle limitazioni della libertà. La tendenza ad utilizzare l’emergenza per una riduzione degli spazi di democrazia può essere insidiosa. Non va sottovalutata la spinta a consentire una limitazione delle libertà in cambio della sicurezza sanitaria. Secondo un recente sondaggio Demos e PI del marzo 2020, il 66% degli intervistati (rispetto al 68% del dicembre e al 91% del marzo 2020) ritiene che, per garantire la sicurezza di tutti, lo Stato deve limitare la libertà dei cittadini. Il dato più indicativo è che il 59% degli intervistati ritiene che il Paese ha bisogno di essere guidato da un leader forte. I dati meritano una riflessione. Manca la domanda cardine sul tipo di intervento e lo strumento da utilizzare, in particolare se D.L. o la larga utilizzazione del DPCM. Occorre riflettere sui pericoli insiti nelle crisi e negli stati di eccezione per essere preparati a gestirli, là dove si presentino in futuro, anche in forme diverse. E’ nei momenti di crisi che si misura la capacità, di far fronte alle difficoltà, non cedendo alle lusinghe dell’efficientismo. Il modello di stato democratico va garantito anche in situazioni eccezionali. Le emergenze devono essere gestite secondo i canoni classici delle democrazie parlamentari, garantendo una temporanea, limitata compressione dei diritti fondamentali e utilizzando strumenti normativi in linea con le previsioni della Carta Costituzionale. Deve essere garantito il ruolo centrale che, nelle democrazie, compete al Parlamento. Talune scelte, in materia di strumenti legislativi utilizzati, in particolare, nella prima fase dell’emergenza, hanno sollevato consistenti perplessità. Sono mancate scelte chiare, ondeggiando tra modelli diversi, in particolare nei rapporti con le Regioni. Il governo si è mosso in modo non chiaro, compromissorio nella scelta degli strumenti. L’iter degli interventi normativi, di carattere alluvionale ha fatto emergere un difetto di ponderazione, scelte confuse, con profili di contrasto con la Costituzione. La maggior parte della dottrina, gli interventi del giudice amministrativo e del giudice ordinario sono sufficientemente concordi nel delineare una parabola normativa non priva di criticità. In ogni caso anche nella diversità delle opinioni in materia “la guardia non può essere abbassata, soprattutto perché l’esperienza insegna che le regole emergenziali sopravvivono all’emergenza, normalizzando quella deminutio di libertà, che costituisce il costo di ogni legislazione emergenziale. Il rischio che all’uscita dall’emergenza ci si ritrovi con un saldo negativo in termini di libertà è alto, perchè le lusinghe di chi chiede di barattare libertà e sicurezza sono molto insidiose” (33). La sentenza n. 37 della Corte Costituzionale ha fatto definitiva chiarezza circa i rapporti tra Stato e Regione nella crisi pandemica. E’ emersa una inadeguatezza della gestione regionale dei servizi sanitari di cui andrà tenuto conto in futuro. Le criticità, emerse con la crisi pandemica, sollecitano una attenta riflessione sulla risistemazione del titolo V della Costituzione, che, dal 2001, ha ampliato notevolmente il ruolo delle Regioni. Particolari perplessità ha sollevato la scelta iniziale dello strumento del D.P.C.M., con la sottrazione al Parlamento della funzione essenziale di controllo. A fronte di taluni vantaggi operativi, vanno registrate torsioni costituzionali. Successivamente è intervenuto un parziale mutamento di rotta, in quanto è stata restituita alle Camere una posizione più in sintonia con il sistema costituzionale. Gli strumenti utilizzati hanno accentuato i poteri del Presidente, anche con il sacrificio della collegialità del Consiglio dei Ministri. Una sorta di regime presidenziale de facto,che può costituire un precedente rischioso. Con il nuovo Governo, a larga maggioranza parlamentare, lo strumento è stato ricondotto in una dimensione fisiologica. Continuano, peraltro, ad essere utilizzati termini che con la loro genericità ed indeterminatezza non aiutano in termini di chiarezza, alimentando possibili effetti distorsivi nella fase di esecuzione dei controlli. L’indeterminatezza del precetto può alimentare riserve sulla conformità al disegno costituzionale. Da ultimo il governo sembra aver scelto la via costituzionalmente praticabile del decreto legge. Il tutto va inquadrato in un dibattito più ampio che investe il ruolo del Presidente del Consiglio e i rapporti Stato Regione. Per quanto riguarda il primo la figura costituzionale del Presidente del Consiglio è sembrato oscillare tra il ruolo del premier e quello di primus inter pares. Naturalmente in situazioni eccezionali occorre duttilità ed elasticità, ma passata la fase di crisi acuta, bisognerà riflettere su talune criticità, che sono state rilevate per coniugare, nel modo migliore, efficienza e garanzie. Il modello democratico ha consentito, in passato di affrontare e superare altre emergenze, come quella sul terrorismo, senza intaccare i diritti fondamentali. E’ essenziale ripristinare e mantenere un rapporto equilibrato tra Esecutivo e Legislativo, assicurando il ruolo centrale del Parlamento e della sua funzione di controllo. Per garantire il recupero pieno della fisiologia funzionale del sistema e la centralità del Parlamento, occorre in definitiva evitare: il ricorso reiterato al DPCM, l’abuso dei decreti legge omnibus e delle leggi di conversione, blindate dal voto di fiducia, l’eccessivo ricorso ai disegni di legge delega, che relegano il Parlamento ad un ruolo marginale, turbando gli equilibri costituzionali.
(1) Di Vico, L’adattamento e l’ansia il sentimento doppio degli italiani sotto il Covid, Corriere della Sera del 28 marzo 2021
(1bis) Isabelle Rey-Lefebvre, Con la crisi la povertà si radica. Editoriale le Monde del 5 maggio 2021
(1 ter) Di Mauro, Libertà è inclusione. Editoriale di Repubblica del 3 maggio 2021.
(1quater) Scaccia D’orazi, La concorrenza fra Stato e autonomie territoriali nella gestione della crisi sanitaria fra uniformità e differenziazione. Emergenza covid 19 e ordinamento costituzionale
(2) Delle Donne, Padula, Accentramento e differenziazione nella gestione emergenza pandemica in Le Regioni, 2020, 4
(2bis) Cesare Pinelli, Il precario assetto delle fonti impiegate nell’emergenza sanitaria e gli squilibrati rapporti fra Stato e Regioni
(3)G.Azzariti, Il diritto costituzionale d’eccezione, in Costituzionalismo.it 1.2020
(4) Sorrentino, Riflessioni minime sull’emergenza coronavirus in Costituzionalismo.it
(5)M.Belletti, La confusione nel sistema delle fonti ai tempi della gestione dell’emergenza da Covid 19 mette a dura prova gerarchia e legalità
(5 bis) Guizzi, Stato costituzionale di diritto ed emergenza covid. Note minime Costituzionalismo.it
(6) Guido Neppi Modona, Stato della Costituzione
(7) Beniamino Caravita, L’Italia ai tempi del coronavirus: rileggendo la Costituzione italiana federalismi.it editoriale del 18 marzo
(8) Sabino Cassese, “Le regioni fanno troppe cose e male. Il Servizio sanitario deve essere nazionale Messaggero del 3 aprile
(9) Sergio Rizzo, Le Regioni Un guerra sulle leggi che stritola cittadini e imprese Repubblica del 15 febbraio 2021
(10) Grazia Ofelia Cesaro, La tutela dei diritti fondamentali nell’ambito dell’emergenza Covid
(11) Marta Cartabia, I principi di ragionevolezza e proporzionalità nella giurisprudenza costituzionale italiana Conferenza trilaterale delle Corti Costituzionali italiana portoghese e spagnola 24-26 ottobre 2013
(12) Mario Morelli, “E’ l’ora della solidarietà anche tra le istituzioni. Possibile ridurre i diritti nel giusto equilibrio intervista a Corriere della Sera del 28 ottobre
(13) Lucia Tria, Diritto interno Fonti sovranazionali tutela dei diritti fondamentali alla ricerca della massima espansione delle garanzie tra diritto interno, fonti nazionali e sovranazionali tecniche di interrelazione. European Rights
(14) Paola Severino, I valori che dobbiamo far convivere Corriere della sera del 2 aprile 2020
(15) Fiandaca, in Diritto alla difesa
(15 bis)Marini, Le deroghe costituzionali da parte dei decreti legge Emergenza Covid e ordinamento economico 2020
(16) Sabino Cassese, Il dovere di essere chiari. Corriere della Sera del24 marzo
(16 bis) Boggero, Paruzzo, Risposte regionali alla pandemia da covid 19 Piemonte
(16 ter) Isaia Sales, la pandemia rivela il fallimento del regionalismo, Repubblica del 13 aprile 2021
(17)Michele Ainis, Repubblica del 3 aprile, I fatti e i misfatti dei mille potentati
(17 bis) Di Genio, Una ordinanza regionale Covid19 come atto di proposta di DPCM. Diritti fondamentali.it
(18) Filice Locati, Lo stato democratico di diritto alla prova del contagio. Tweet 8
(18bis) Giorgio Lattanzi, La pandemia aggredisce anche il diritto, Giustizia insieme
(19) Massimo Luciani, La pandemia aggredisce anche il diritto, Giustizia insieme
(19 bis) Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, in Rivista AIC 2020
(20) G. Zagrebelsky, Fatto quotidiano del 1 maggio
(21) A.Baldassarre, Adnkronos del 4 maggio
(22) Maria Elisabetta Alberti Casellati, intervista Corriere della Sera 30 maggio e 5 ottobre
(23) Bignami cit. da Luciani
(23bis) Cassese, Corriere della sera del 2 settembre
(24) L.Cuocolo, I diritti costituzionali di fronte all’emergenza covid 19. La reazione italiana infederalismi.it
(24 bis) C.Sartoretti, La risposta francese all’emergenza sanitaria, dpc online
(25) Pier Luigi Portaluri, I Pericoli (Futuri) dell’Emergenza Corriere della sera del 22 ottobre
(25 bis) Giorgio Agamben, in Stato di eccezione
(26) Danilo Taino, Anche la democrazie è vittima del virus, Corriere della Sera del 22 ottobre
(27) Sorace, Montedoro, in Giustizia insieme
(27 bis) Enrico Camilleri, I Principles for the covid crisis 2 argini e contrappesi contro l’abuso dello stato di eccezione nello spazio giuridico europeo, in Giustizia Insieme
(28) Michele Ainis, Il confine fragile tra libertà e potere. il bicameralismo svuotato. Repubblica del 14 ottobre e del 27 dicembre
(28 Bis) Quirino Camerlengo, Il governo della Pandemia tra Stato e Regioni, in Le Regioni
(29) Stefano Guizzi, Stato costituzionale di diritto ed emergenza covid note minime Costiuzionalismo.it
(30) Guzzetta, Le fonti dell’emergenza alla prova della pandemia Emergenza covid e ordinamento costituzionale
(31) Federico Cafiero de Raho, intervista a tv3 5aprile e Repubblica 7 aprile
(32) Natalino Irti, L’emergenza e il diritto, cosa cambia nei contratti Corriere della Sera del 29 maggio 2020
(33) Betrand Henri Levy, Giù la maschera covid 19, Repubblica Venerdì 17 luglio
Un anno di Pandemia. Il Diritto dell’emergenza. Quadro normativo. Rassegna di dottrina e giurisprudenza
SOMMARIO
1 La Pandemia e i suoi effetti.
2 Diritto dell’emergenza. Le misure adottate per fare fronte alla emergenza sanitaria. La dichiarazione dello stato di emergenza. Il Decreto legge 23 febbraio 2020 n,6.
3 I diritti fondamentali nella Carta Costituzionale. Le norme della CEDU. Il Bilanciamento dei diritti.
4 Gli strumenti utilizzati. Eccesso di norme e mancanza di coordinamento.
5 Rimodulazione delle misure. Il D.L. 25 marzo 2020 n.19. La circolare del Mistero degli Interni del 31 marzo.
6 Profili sanzionatori.
7 L’esercizio della libertà religiosa nella Carta Costituzionale Il DPCM 8 marzo 2020.
8 Dal DPCM 26 aprile a quello del 7settembre. Proroga dello stato di emergenza. Consiglio dei Ministri del 7 ottobre 2020.
9 Pubblici poteri ed emergenza epidemiologica. Il Decreto Presidente Consiglio dei Ministri. Perplessità e riserve sull’uso dello strumento
10 La limitazione dei diritti di libertà nei vari paesi. La vicenda catalana. 11 Pronunce del Giudice amministrativo. Le Sentenze TAR Calabria, Catanzaro del 9 maggio 2020 n.8, TAR Sicilia de 27 agosto TAR Piemonte TAR Sardegna del 27 settembre.
12 La zona rossa non dichiarata per i Comuni di Alzano e Nembro in Lombardia
13 Proroga dell’emergenza. Soluzioni adottate in Europa. Lo stato di eccezione Risoluzione del Parlamento europeo del 13 novembre 2020.
14 Effetti dello stato di emergenza nel sistema delle fonti. I DPCM del 13 ,18,24 ottobre Il D.L. n. 137 del 2020.cd Decreto Ristori.
15 Ricorso della Fondazione L. Einaudi, TAR Lazio 22 luglio 2020
16 Ulteriori Pronunce del Giudice amministrativo.
17 Dinamica dei rapporti autorità-libertà
18 Il Decreto Presidente Consiglio Ministri.Pronunce del Giudice Ordinario 19 Ordinanza n.4 della Corte Costituzionale del 14 gennaio 2021. La Consulta sospende la legge della Val d’Aosta n.11 del 9 dicembre 2020. Conferma dell’ordinanza. Sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 2021
20 Il D.L. 1 aprile 2021 n.44. Il D.L. 22 aprile 2021 n.52. La proroga dello stato di emergenza al 31 luglio 2021.
21 Il ruolo del Parlamento nella fase dell’emergenza.
22 L’emergenza in materia di giustizia
23 Riflessioni conclusive
1. La Pandemia e i suoi effetti
La pandemia, causata dal coronavirus, ha prodotto effetti dirompenti.
Il primo Paese colpito è stata la Cina,con casi verificatesi nella città di Wuhan. Il virus si è diffuso anche in Italia. Successivamente in Europa, negli Stati Uniti, e, in misura diversa, in tutto il mondo. Da ultimo ha investito con particolare violenza India e Brasile. Una emergenza sanitaria globale. Il segretario Generale dell’O.N.U. Antonio Gutierres ha dichiarato che la pandemia da coronavirus “E’ la più grande prova che il mondo deve affrontare dalla seconda guerra mondiale.” L’epidemia, disaggregando il sistema complessivo, interessa vari campi: quello sanitario, economico,sociale, culturale, dell’istruzione e giuridico.L’emergenza spinge i cittadini a privilegiare la sicurezza rispetto ai diritti di libertà.Si affermano nuovi modelli di doveri e di diritti. Le strutture sanitarie sono messe a dura prova. Coinvolgono un numero altissimo di persone ed evidenziano l’esigenza di un ripensamento radicale della Sanità pubblica,con una revisione delle competenze Occorre,mutare radicalmente rotta, e incrementare gli investimenti del settore. Risorse economiche, mezzi finanziari, personale medico ed infermieristico dovranno essere potenziati in modo adeguato, per future emergenze.
Gli effetti sul sistema economico sono preoccupanti, particolarmente gravi. In una certa misura non quantificabili, con forti impatti sul mondo delle imprese, del commercio e del lavoro. Sono oltre dieci milioni, in Italia, i lavoratori a rischio.Una elaborazione dati del Censis,divide la società in soggetti titolari di reddito non penalizzati dal Covid e altri. Tra i soggetti garantiti figurano i dipendenti pubblici, circa tre milioni, i titolari di pensione circa sedici milioni, e i dipendenti privati a tempo indeterminato circa 9 milioni.Tra i soggetti non garantiti, i piccoli proprietari e i lavoratori autonomi, circa 6 milioni, a cui vanno aggiunti sei milioni di dipendenti privati sottoposti a CIG o in congedo parentale. Aiuti pubblici sono stati distribuiti tra vari soggetti e imprese. Nei nuclei familiari convivono soggetti garantiti e non garantiti. Sono emersi nuovi modelli di prestazione lavorativa come il c.d. lavoro da casa. Si ampliano i confini dell’area della povertà assoluta.(1) In Francia il Covid 19 ha moltiplicato le ineguaglianze ,secondo un rapporto del Consiglio Nazionale delle Politiche di lotta contro la povertà e le esclusioni Il rapporto di 150 pagine fa riferimento agli effetti multidimensionali,sanitari,sociali, economici, psicologici della crisi sanitaria .Crisi violenta che ha impedito alle persone che erano in una situazione precaria di uscirne ed ha precipitato nella povertà quelli che ne erano prossimi(1 bis)
Gli effetti sociali sono molto gravi. Modificano i confini delle varie classi di appartenenza e determinano ulteriori aggravamenti delle diseguaglianze. “Oggi si sta formando una classe di fuoriclasse che si sentono dimenticati, esclusi,tagliati fuori, ribelli a tutto: proprio nel momento in cui la stratificazione sociale del Paese si scompone, si aprono i cancelli dei ceti sociali, saltano le appartenenze culturali e le identificazioni tradizionali (1 ter). La cultura risente,in maniera sensibile, della chiusura di tutti gli spazi di aggregazione, quali musei, teatri e cinema, convegni di ogni genere. Nel mondo dell’istruzione,con la didattica a distanza si rischiano eventuali deficit formativi con le prevedibili conseguenze anche sul mercato del lavoro.
Mario Draghi ha definito la crisi “una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche”. Sono messi a dura prova equilibri consolidati. Sono emersi, all’interno dell’Europa, spaccature sugli strumenti con i quali affrontare la crisi ed egoismi di tipo nazionale, confliggenti con il principio solidaristico. Si creano divisioni profonde.
L’eventualità di una recessione in zona euro del 10% o maggiore appare concreta. Lo stesso spazio europeo senza frontiere rischia di essere messo in crisi. L’area Schengen ufficialmente non è sospesa, ma sono stati ristabiliti controlli sanitari e di polizia alle frontiere.La crisi è una prova per l’Europa e non possiamo permetterci di fallire (Ursula von der Leyen). Gli interventi si concretizzano in una specie di piano Marshall, il progetto americano per la ricostruzione dell’Europa dopo la seconda guerra mondiale. E’ stato varato un piano di aiuti straordinari. La Banca centrale Europea ha effettuato numerosi interventi di sostegno dei mercati, impiegando oltre mille miliardi. Sarà necessario ricorrere anche a forti strumenti comuni di stimolo fiscale. Strumenti che non devono pesare troppo sull’alto indebitamento dei vari paesi. Di qui l’esigenza di un Recovery Fund o Next Generation EU, ossia fondi di recupero, in sostanza, un fondo per la ripresa, ritenuto necessario e urgente per fare fronte alla crisi indotta dal Coronavirus. Il Fondo per la ripresa, di 750 miliardi, è stato stanziato dall’Unione Europea a fine luglio 2020 per rilanciare le economie dei 27 paesi membri, travolti dalla crisi del Covid 19. La disponibilità di risorse è fondamentale per la ripresa economica. L’Italia potrà disporre di 248 miliardi, di cui parte in sussidi e parte in prestiti. I Governi devono inviare i piani di ripresa e resilienza entro fine aprile 2021. La Commissione Europea ha definito delle linee guida per la stesura dei piani. Se nondovessero essererispettati i tempi degli adempimenti previsti, l’erogazione dei fondi sarà interrotta.
2 . Diritto dell’emergenza. Le misure adottate per far fronte all’emergenza sanitaria. La dichiarazione dello stato di emergenza. Il Decreto Legge 23 febbraio 2020 n.6
La Costituzione fa riferimento alla salute negli artt. 32 e 117. Nel primo, la salute è definita come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. L’art. 117 ricomprende la tutela della salute fra le materie a potestà legislativa concorrente fra Stato e Regioni. Riserva allo Stato la fissazione dei principi fondamentali, alle Regioni la disciplina di dettaglio. L’art. 117 comma 2 lett.q riserva la profilassi internazionale alla competenza esclusiva dello Stato e assegna alla protezione civile la competenza concorrente. La Costituzione non prevede una disciplina specifica per regolare le ipotesi di emergenza sanitaria. Tra le fonti: Il Codice della protezione civile, approvato con d.lgs. 1 del 1978. L’art.7 distingue le emergenze in tre categorie. Emergenze ordinarie, emergenze straordinarie di rilevanza non statale, emergenze di rilevo nazionale, per le quali è competente il Governo. L’esercizio dell’avocazione è subordinato alla deliberazione dello stato di emergenza. Le emergenze di rilievo nazionale si affrontano, fissandone la durata e determinando l’estensione territoriale. Se applicato integralmente alla materia sanitaria,il modello del
Codice, sarebbe equiparabile, in buona sostanza alla clausola di necessità, che, nell’ordinamento tedesco, consente alla Federazione di imporre la propria disciplina anche negli ambiti di legislazione concorrente dei Lander. Con la differenza che nel modello italiano difetta l’indicazione dei presupposti e delle modalità di esercizio di questa supremazia (1 quater). Assumono rilievo le ordinanze di protezione civile -art.25- che possono essere adottate in deroga ad ogni disposizione vigente nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento e delle norme dell’Unione Europea.
ll Consiglio dei Ministri, con delibera del 31 gennaio 2020, ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale, in conseguenza del rischio sanitario, connesso alla insorgenza di patologie, derivanti da agenti virali trasmissibili. Lo stato di emergenza sanitaria è stato dichiarato anche dall’Organizzazione mondiale della sanità. La dichiarazione di stato di emergenza è fissata con durata ed estensione territoriale (art.7 comma 1 lett.c e 24 comma 1 codice protezione civile), conferendo penetranti poteri, in deroga alle disposizioni vigenti ma nel rispetto delle norme della Costituzione. Lo stato di emergenza non può superare i 12 mesi ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi. Il Governo il 31 gennaio ha dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi con successive proroghe al 15.10 al 31.1, al 30 aprile e 15 luglio 2021. La proroga al 15 ottobre è stata illustrata, in via preventiva, dal Governo al Parlamento e poi disposta a mezzo di un decretolegge. La Costituzione prevede, per fronteggiare le emergenze, lo strumento del decreto legge, il sistema legislativo contempla anche ordinanze amministrative. Il 21 febbraio il Ministro della salute ha adottato due ordinanze. Si fondano sul potere di ordinanza, assegnato al Ministro dall’art.32 della legge n.833 del 1978, basato su un quadro normativo diverso da quello della protezione civile. Due giorni dopo si è passati al decreto legge,che però non è stato scelto direttamente. Il governo ha optato per una soluzione intermedia, dettando con decreto legge solo la cornice di successivi atti , adottati con Decreto Presidente Consiglio Ministri (2), Si passa dalla normativa sulla protezione civile a quella sull’emergenza sanitaria e poi ai decreti legge accompagnati da una devoluzione, di interventi puntuali, a decreti del Presidente del Consiglio,con una logica di accentramento di potere normativo (2bis). Il Decreto Legge n.6 del 23 febbraio 2020, convertito nella legge n.13 del 2020, è stato, inizialmente, la fonte normativa primaria delle misure di contenimento della emergenza epidemiologica da Covid 19.
Sono state previste numerose misure di contenimento, tra le quali vanno ricordate la misura del divieto di allontanamento dal comune o dall’area interessata e di accesso al comune o all’area interessata
Le autorità competenti possono adottare ulteriori misure di contenimento e gestione dell’emergenza,al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia da Covid 19 anche fuori dei casi di cui sopra. L’indeterminatezza della previsione, per la mancata individuazione delle autorità competenti, ha comportato l’autoindividuazione fatta da amministratori locali e da Presidenti di regione che, lungi da una corretta polifonia istituzionale, possono essere apparsi espressione di comportamenti precipitosi e irriflessivi (2 bis)
Sono stati, in buona sostanza, previsti amplissimi poteri con possibili limitazioni di diritti fondamentali. La norma di cui all’art.2, ingenera consistenti perplessità, con particolare riguardo al principio di tassatività e alla violazione del principio di legalità. Il Decreto legge fa riferimento non a tutto il territorio nazionale ma solo alle c.d. zone rosse: 10 comuni in Lombardia e il comune di Vo in provincia di Padova.
Al D.L. hanno fatto seguito alcuni Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M.). Le misure sono state estese all’intero territorio nazionale, introducendo limitazioni alla libera circolazione dei cittadini. Lo spostamento è possibile solo per comprovate ragioni lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute. Con il D.L. 25 marzo 2020 n.19 è mutato il quadro giuridico di riferimento,anche per superare i dubbi di costituzionalità. Sono state adottate misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale, misure speciali intema di ammortizzatori sociali, norme speciali in materia di riduzione dell’orario di lavoro,misure fiscali a sostegno della liquidita e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese, connesse all’emergenza epidemiologica da Covid 19. L’art. 83 prevede nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da covid19 e relativo agli effetti in materia di giustizia. Civile, penale,tributaria e militare.Il DPCM è uno strumento amministrativo , cui si è fatto ricorso con una notevole frequenza, astrattamente pari alla estrema urgenza della crisi sanitaria. Si è parlato di una piena e solitaria assunzione di responsabilità politica del Presidente del Consiglio in carica in materia di diritti fondamentali del cittadino ed ancora di autoassunzione di un potere extraordinem che si legittima per via di necessità” (3)
I D.P.C.M., per essere assistiti dal requisito di conformità al modello legale, devono contenere mere disposizioni di attuazione e non ulteriori limitazioni. Sono state, di contro, introdotte, come disposizioni di attuazione, ulteriori limitazioni, incidenti su diritti fondamentali quali la libertà di circolazione e i diritti di libertà. E’ stato rilevato che “si ha l’impressione che questa vicenda , all’esordio collocata nell’ambito della legislazione sulla protezione civile,sia sfuggita dal suo recinto naturale per approdare in quello più ampio della decretazione d’urgenza e soprattutto che ,con l’assegnazione ai decreti del Presidente del Consiglio del compito di stabilire e precisare le misure stabilite nei decreti legge, si sia determinata una sorta di corto circuito ,il cui esito è stato quello di esaltare la figura del primo ministro. Non come titolare di un potere di direzione della politica generale del Governo e di coordinamento dell’attività dei Ministri,ma più direttamente come titolare di un vero potere di decisione” (4). Sono state emanate, numerose ordinanze regionali, contenenti disposizioni più rigide,non coordinate con quelle previste nei D.P.C.M. nonchè disposizioni più flessibili. L’effetto di questa singolare produzione normativa è stato quello di evidenziare la debolezza della cooperazione. Mancanza di chiarezza e univocità nella comunicazione,hanno prodottodisorientamento e perplessità nella fase di concreta attuazione.
Le Disposizioni adottate incidono su diritti fondamentali.
Sono stati rilevati profili di criticità e di gravità crescente quali: La scelta di optare per la decretazione d’urgenza, quale base legale per i successivi atti normativi:l’eccessiva discrezionalità rimessa al destinatario della delega,stante il difetto di tassatività del decreto. Più di un dubbio di legittimità si pone con riferimento al destinatario della delega-il Presidente del Consiglio dei Ministri,e non il Consiglio dei Ministri,così da svincolare atti,già sottratti oltre a ogni controllo di legittimità da parte della Corte Costituzionale,anche al controllo preventivo e politico di legittimità costituzionale da parte del Presidente della Repubblica( (5)
3. I diritti fondamentali nella Carta Costituzionale. Le norme della C.E.D.U. Il bilanciamento dei diritti.
Viene spesso evocata la suggestiva immagine secondo cui“le Costituzioni sono catene con le quali gli uomini legano se stessi nei momenti di lucidità per non morire di mano suicida nei giorni della follia” L’affermazione,risale ad un giurista americano del XIX secolo John Potter Stockton. Il moderno costituzionalismo si pone come limitazione legale dell’esecutivo. Le norme costituzionali sono, in definitiva, poste a presidio dei diritti fondamentali degli individui. Quando si parla di Stato di diritto va aggiunta una ulteriore determinazione:la costituzionalizzazione dei diritti naturali che divengono diritti costituzionalmente protetti. Diritti, dunque. tutelati nei confronti del potere politico. La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, base del moderno costituzionalismo, all’art.2 faceva,significativamente,riferimento alla “conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo” (5bis).
L’art.2 della Costituzione vigente recita: la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali,ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Con il termine “riconosce” si vuole intendere che non è la Repubblica che attribuisce i diritti inviolabili, ma che questi esistono, indipendentemente da ogni attribuzione statale. La norma si riferisce al catalogo delle libertà civili ed è inserita nei principi fondamentali, a cui l’ordinamento si ispira. Le prospettive, in cui si esplica il valore giuridico dei principi fondamentali, sono tre: costituiscono orientamento e vincolo per l’interprete delle altre norme giuridiche, costituzionali e ordinarie; in quanto esprimono valori inderogabili dell’ordinamento, sono un limite implicito al potere di revisione costituzionale; la Corte Costituzionale può dichiarare illegittimi, e quindi eliminare dall’ordinamento leggi ordinarie e atti aventi forza di legge (6).
Il bilanciamento tra diritti e doveri è la prima chiave di lettura dell’equilibrio costituzionale, anche in una fase di crisi, derivata da una emergenza sanitaria. Il bilanciamento va costruito, con riguardo al diritto alla salute (art.32 Cost.) che la Costituzione definisce “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. In nome dell’interesse collettivo alla salute possono essere limitate situazioni soggettive, che rientrano nella dimensione dei diritti fondamentali. L’intervento limitativo sulle libertà, in particolare di domicilio, soggiorno e circolazione,è tutelato in funzione garantista, secondo una tradizionale ma insuperata ricostruzione, da una riserva di legge che viene definita rinforzata, in quanto è la stessa Costituzione che definisce gli interessi che possono giustificare l’intervento legislativo. La consolidata giurisprudenza costituzionale ritiene – che la riserva di legge sia assoluta, anche se si procede con i tradizionali atti aventi forza di legge (decreto legge,decreto legislativo delegato).
La Costituzione non contiene, a differenza di altri ordinamenti, disposizioni sulla distribuzione dei poteri in fase di emergenza. Nei casi di straordinaria necessità ed urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge che devono essere convertiti in legge entro sessanta giorni (art.77 Cost.).
Per quanto riguarda il rapporto tra Stato, Regioni e Autonomie locali, l’art.120 Cost prevede che l’esercizio dei poteri sostitutivi “nel caso di pericolo grave per la sicurezza e l’incolumità pubblica” deve avvenire nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di collaborazione, così come procedimentalizzati da apposita legge. Per la gestione di situazioni extra ordinem, la Costituzione richiede un rapporto, pur derogatorio tra legislatore e governo, affidando il ruolo di garanzia al Presidente della Repubblica. Lo schema seguito dal governo, appare, invero, scontare qualche incertezza nella scelta dello strumento e ha provocato, in dottrina,qualche dubbio(7).
Sulla notevole difficoltà dello Stato,nell’emergenza coronavirus, di coordinare gli interventi, è stato, in precedenza, puntualizzato che l’art. 117 della Costituzione riserva allo Stato i compiti in materia di profilassi internazionale. L’art. 120 della Costituzione consente già al Governo di sostituirsi alle Regioni, in casi di pericolo grave per l’incolumità. La legge 833 del 1978 assegna al Ministro della Salute il compito di intervenire in caso di epidemie.
E’ stato, altresì, rilevato che il Servizio sanitario è stato definito nazionale, perché deve avere una organizzazione e un funzionamento uniforme sul territorio. il diritto alla salute non cambia se si passa dalla Lombardia alla Sicilia. Finita questa vicenda, bisognerà trasferire il servizio allo Stato o a una guida centrale assicurata da un organo composito Stato-Regioni, ma che parli con una voce sola. E questa una proposta, che tiene conto anche del fatto che, dopo il 1970,alle Regioni sono state assegnate troppe funzioni,che svolgono con notevole affanno. Pare naturale, dopo esattamente cinquanta anni di esperienza regionale in Italia, fare un”check up”. Dopo tanti anni, compiti,che una volta era bene svolgere in periferia vanno assegnati a organi nazionali,e, viceversa (8).
L’esigenza di un ripensamento profondo sembra essere imposta dai dati emergenti da un rapporto del governo, rinvenibile in via telematica. Il conflitto è esploso negli ultimi anni. Dal 2010 al 2020 vari governi hanno impugnato 536 leggi regionali. Prevalgono le impugnazioni di norme in materia ambientale 67,segue la sanità 66, il pubblico impiego 59, la concorrenza 55. Un terzo del ruolo della Corte costituzionale è coperto dai ricorsi dello Stato contro leggi regionali. Negli ultimi quattro anni si è verificato un aumento esponenziale.Lo scorso anno quasi il 14 per cento di 719 leggi.”La copiosa produzione legislative regionale è finita per sconfinare in modo eccessivamente pervasivo in ambiti riservati allo Stato” (9) Le impugnazioni di leggi regionali, emanate per la crisi sanitaria sono destinate a far lievitare ulteriormente i contrasti. Per l’emergenza coronavirus, sono stati utilizzati mezzi diversi, suscitando notevoli perplessità. Non pare dubbio che lo strumento, in linea con il sistema costituzionale, sia quello del decretolegge. Utilizzato, e poisurrogato, dal Decreto Presidente Consiglio Ministri D.P.C.M., strumento più agile ma rischioso.
In estrema sintesi, va puntualizzato che in condizioni di emergenza sanitaria, come quelle innescate dall’epidemia, la limitazione dei diritti fondamentali prevista dalla Costituzione in situazioni eccezionali, è possibile, a condizione che le procedure seguite siano in sintonia con i precetti costituzionali.
L’art. 13 della Costituzione stabilisce che la libertà personale è inviolabile. Non è ammessa alcuna forma di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, nè qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessità e di urgenza, indicati tassativamente dalla legge l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati, entro quarantotto ore,all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di effetto.
L’Art. 16 Cost. prevede che”ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salve le limitazioni che la legge stabilisce, in via generale per motivi di sicurezza o di sanità”.
La formulazione dell’art. 13 appare rigida, in ragione della natura “inviolabile” del diritto di libertà. Per i diritti di circolazione e soggiorno,una compressione o limitazione degli spostamenti può, in condizioni eccezionali,quali l’emergenza epidemiologica, essere prevista. La condizione legittimante e imprescindibile è che sia utilizzato lo strumento, previsto dal sistema costituzionale in situazioni eccezionali, il decreto legge. L’uso del D.L. è in sintonia con il dettato costituzionale, in quanto prevede la delibazione del Presidente della Repubblica ed è soggetto all’approvazione del Parlamento.
Il D.P.C.M. è uno strumento più agile ma non è soggetto al controllo del Parlamento. La marginalizzazione delle Camere appare di dubbia legittimità costituzionale.
Possono, anche, essere richiamate, con riferimento alle norme giuridiche, le indicazioni ricavabili dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU) e delle libertà fondamentali,ratificate con legge 4 agosto 1955 n.8 La norma CEDU va a integrare il primo comma dell’art.117 Cost., come norma interpostae diviene oggetto di bilanciamento- Sent. 170 del 2013. Molte disposizioni della Convenzione prevedono clausole limitative dei diritti, in essa garantiti, per fini di sicurezza nazionale, difesa dell’ordine e prevenzione dei reati, protezione della salute. Le previsioni sono contenute negli articoli da 8 a 11 e tutelano, tra le altre, la libertà di pensiero, coscienza e religione, la libertà di espressione, di riunione e di associazione e la libertà di circolazione. In forza di tali clausole la limitazione dei diritti è ammissibile, a condizione che sia prevista per legge, sia imposta nel perseguimento di uno dei fini legittimi indicati, sia necessaria in una società democratica per il perseguimento dei citati scopi; nel senso che deve sussistere un ragionevole rapporto di proporzionalità tra la misura imposta e lo scopo perseguito.
L’art.15 della Convenzione disciplina espressamente le deroghe alla CEDU in caso di emergenza. Diritto di deroga, che può essere esercitato, qualora sussista una situazione di emergenza, che minacci la vita della Nazione, stabilendo i limiti che, anche in tale situazione, devono essere rispettati. La validità della deroga richiede che le misure adottate siano proporzionate(10). Il nostro ordinamento non conosce una generale gerarchia dei valori costituzionali lo stesso contenuto precettivo dell’art.3 comma 2 della Costituzione lo esclude. Nemmeno la Salute prevale sugli altri diritti o principi costituzionali. Non si colloca su un piano, gerarchicamente sovraordinato a quello degli altri diritti costituzionali.
La tecnica da seguire è quella del bilanciamento dei diritti. Il bilanciamento tra gli interessi in conflitto è praticata in molti ordinamenti, e in varie branche.
In Francia, ad esempio, nel giugno 2020, il Consiglio di Stato haannullato due precedenti decisioni del Ministero della Cultura. Ha concesso ad un ricercatore Francois Graner di consultare documenti,depositati dal presidente dell’epoca Francois Mitterandagli archivi nazionali sull’ eventuale coinvolgimento dei militari francesi che appoggiavano il movimento degli Hutu in Rwanda e che porto al genocidio di 800.000 Tutsi nella primavera del 1994. La richiesta del ricercatore è stata accolta, in quanto giustificata dalla pubblicazione di un libro sulla politica dell’ex capo dello Stato in Africa centrale. E’ stato ritenuto che “la protezione dei segreti di stato deve essere bilanciata con l’interesse di informare il pubblico su questi avvenimenti storici” Sul punto va ricordato che la Commissione, presieduta dallo storico Vincent Duclert, ha consegnato il 26 marzo 2021 il suo rapporto sul ruolo della Francia nel Rwanda. Senza concludere per la complicità del genocidio dei Tutsi,il rapporto elenca un insieme di pesanti responsabilità(Rwanda Histoire d’une faillite francaise Recit Le Monde del 28 marzo 2021).
Nella giurisdizione della Corte Costituzionale il bilanciamento è un settore privilegiato, in cui occorre fare ricorso al giudizio di ragionevolezza e di proporzionalità. Il giudizio di legittimità costituzionale deve aprirsi a giudizi di valore(C.C.le sent.n130 del 1988) e a forme di razionalità pratica(sent.n.172 del 1996), attenta agli effetti delle leggi,ai dati della realtà e alle caratteristiche del singolo caso. I diritti non sono mai affermati in termini assoluti,ma fanno parte di un tessuto costituzionale complesso, in cui altri diritti e altri interessi e beni possono legittimarne la portata. Nella Costituzione ogni diritto è sempre predicato assieme al suo limite. In questo ambito il bilanciamento è una tecnica interpretativa e argomentativa, che consente il necessario, ragionevole contemperamento. di una pluralità di interessi costituzionali concorrenti. Con la Sentenza Ilva n.85 del 2013. La Corte sottolinea il carattere non assoluto dei diritti fondamentali,da cui nasce l’esigenza del bilanciamento. Il punto di equilibrio non può essere prefissato in anticipo. Deve essere valutato dal legislatore nella statuizione delle norme, e dal Giudice delle Leggi in sede di controllo, secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale. Ha precisato,in particolare, che la qualificazione,come primari, dei valori dell’ambiente e della salute significa che gli stessi non possono essere sacrificati ad altri interessi che, ancorchè, costituzionalmente tutelati, siano posti alla sommità di un ordine gerarchico assoluto. Nessun diritto fondamentale è protetto in termini assoluti dalla Costituzione, ma, al contrario, è soggetto a limiti, per integrarsi con una pluralità di altri diritti e valori. In linea con le sentenze 348 e 349 del 2007 la Corte include, in questo approccio ai diritti fondamentali, anche i diritti protetti dalla Convenzione europea ,come applicati dalla giurisprudenza di Strasburgo,i quali non vanno esenti dal necessario bilanciamento con gli altri diritti protetti dalla Costituzione italiana (11). Il bilanciamento comporta un piccolo sacrificio di tutti i valori in campo, perchè non esistono diritti tiranni. La Corte lo ha scritto,nella sentenza sull’ILVA di Taranto,quando bisognava trovare un equilibrio tra diritto alla salute,il diritto al lavoro, il diritto d’impresa. Non ce n’è uno da tutelare in maniera integrale, a scapito di altri,ma in una situazione di conflitto,ciascuno può essere sacrificato,sia pure nella misura minima possibile, per consentire la tutela degli altri. (12). L’equo bilanciamento mira ad assicurare la massima espansione delle garanzie di tutti i diritti e principi rilevanti, costituzionali,sovranazionali e internazionali, complessivamente considerati che si trovano sempre in rapporto di integrazione reciproca (Corte Costituzionale sentenze n85 e 170 2013, 264 del 2012(13). Con quest’ultima sentenza La Corte ha ritenuto che “tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile,pertanto, individuare uno di essi,che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro” Nell’ottica, innanzi accennata, vanno esaminati eventuali criticità. In relazione ad alcune proposte , che hanno suscitato difformi opinioni .ci si è chiesti se l’uso di tecnologie informatiche, volte a raccogliere i dati sulla diffusione del virus,a monitorare le aree di contagio e a tracciare gli spostamenti dei lavoratori in modo da orientare, via via, la ripresa della produzione nelle aree non più infette, sia compatibile con quell’aspetto della libertà personale, tutelato dall’art.15 della Costituzione, oggi sinteticamente denominato diritto alla privacy. Se si vuole predisporre un tracciamento degli spostamenti occorrerà individuare quali presidi e quali garanzie vadano attivate per mantenere un sostanziale equilibrio tra valori costituzionali. (14) Il Garante per la privacy ha ipotizzato una norma di rango primario,anche un decreto-legge, per il trattamento dei dati e la previsione di specifici reati, nel caso in cui vengano violate le regole. E’ essenziale che venga garantito il ruolo centrale del Parlamento.
Il bilanciamento è diventato l’anima del diritto contemporaneo,sempre più pervasivamente costituzionalizzato in una prospettiva sovranazionale. Bilanciamento tra valori, tutti meritevoli di tutela che il costituzionalismo multilivello oggi impone pure (se non soprattutto nell’ambito della giustizia penale (15). Altra ipotesi di bilanciamento è quella tra diritto alla salute in ambito penitenziario e diritto alla sicurezza e alla certezza della pena.
4. Gli strumenti utilizzati. Eccesso di norme e mancanza di coordinamento
L’emergenza sanitaria ha richiesto una serie di misure. E’ stata prodotta una alluvionale e fisiologicamente disorganica, massa di atti normativi.” Atti derogatori a previsioni costituzionali, atti derogatori a fonti primarie, fonti secondarie, ordinanze contingibili e urgenti e atti interni all’amministrazione-circolari e note esplicative-; quanto alle competenze e all’ambito territoriale: atti statali-in particolare decreti legge e leggi di conversione, Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri ,decreti ministeriali,atti delle autorità indipendenti,atti commissariali- atti regionali prevalentemente ordinanze e atti dei Comuni e degli altri enti locali,anche in tal caso prevalentemente ordinanze. Il contenuto delle norme è caratterizzato da notevole disomogeneità ed incoerenza,previsioni normative che si sono sovrapposte, non coerenti tra i diversi livelli territoriali,caratterizzate da aporie e fonte di incertezza applicativa.Anche per lo strumento del decreto legge, la Costituzione impone l’osservanza di garanzie.Il diritto alla libertà personale può essere limitato per motivi di salute ,ma resta vincolato allariserva di giurisdizione nella concreta applicazione. Notevoli perplessità di ordine costituzionale, sollevano le previsioni derogatorie contenute nei decreti Presidente del Consiglio,anche se abilitati da decreto legge, e molteplicità di fonti,nazionali e regionali,che hanno previsto limitazioni ai diritti di libertà o ai diritti economici, in violazione della disciplina costituzionale o delle attribuzioni di competenze (15 bis).
Le consistenti criticità del quadro normativo hanno alimentato riserve e critiche. La problematica limitazione delle libertà fondamentali, previste dalla Costituzione in situazioni eccezionali, è di sconcertante attualità. Le restrizioni spingono al limite estremo il potere dello Stato sui cittadini. Ci si trova davanti a scelte difficilissime. Vanno ascoltate Regioni e Comuni. Di qui le esitazioni. Non può essere condivisa la scelta di creare un nuovo diritto dell’emergenza sanitaria, uscendo dai binari delle leggi di polizia sanitaria già esistenti, a partire dalle norme della Costituzione sulla profilassi internazionale fino a quelle del servizio sanitario sulle epidemie e al testo unico delle leggi sanitarie(16).Il sistema italiano non distribuisce in modo chiaro né i poteri né i doveri. Da qui il sovrapporsi delle competenze fra Stato,Regioni,Comuni da cui derivano contrasti e la nascita di contenziosi devoluti al Giudice amministrativo. Scontri si sono verificati anche all’interno delle regioni. Così tra il sindaco di Riccione e il Presidente della Regione sull’interdizione al pubblico delle spiagge. Così in Piemonte dove alla rapporto tra ordinanze regionali e ordinanze sindacali è stata data copertura medio tempore con la legge di conversione 23 maggio 2020 n.35 del D.L. 19 del 2020 che all’art 3 comma 2 ha stabilito l’inefficacia delle ordinanze adottate dai sindaci in contrasto non solo con le misure statali ma anche con quelle regionali (16 bis). In tale contesto non meraviglia che il governatore della Sicilia abbia adottato una circolare contrastante con quella del Governo (rectius la circolare del Capo di Gabinetto del Ministero degli Interni) In Friuli non è consentita nessuna attività all’aperto, nemmeno sotto casa. Lombardia e Veneto fissano il limite dei duecento metri. E’ difficile capire quale è il limite di comando. Al di là di ogni previsione si è prodotta più che una articolata catena istituzionale di comando,una vera e propria poliarchia con una dilatazione bulimica di poteri non disciplinati da una comune visione delle priorità e degli interessi nazionali (16 ter)L’eccesso di norme rallenta,ogni decisione,la rende incerta , quindi meno vincolante. La via di uscita potrebbe essere quella di rispolverare il modello uscito nel 1947 dalla penna dei costituenti. Un regionalismo separatista (anzichè cooperativo),con una rigida demarcazione dei poteri statali e regionali. (17)
5. Rimodulazione delle misure. Il D.L. 25 marzo 2020 n.19. La circolare del Ministero degli Interni del31 marzo
Le misure di contenimento ed il regime sanzionatorio applicabile, nei casi di violazione, sono stati in parte ristrutturati e razionalizzati, omogeneizzando le misure emanate in precedenza con D.P.C.M., Ordinanze di Ministri e Ordinanze Regionali.
Il D.L. n.19 è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 24 marzo, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 25 ed entrato in vigore dal 26 marzo. Le misure possono essere adottate per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiori a 30 giorni; la durata è predeterminata, temporalmente limitata, e sono reiterabili e modificabili sino al 31 luglio 2020. Vanno adottate secondo principi di adeguatezza e proporzionalità (art.1 e 2).
La tipizzazione delle misure si sostanzia in 19 ipotesi di limitazioni e sospensioni. E’ prevista, in particolare, la limitazione della circolazione delle persone, anche con limiti alla possibilità di allontanarsi dalla propria residenza, domicilio o dimora, se non per spostamenti individuali limitati, nel tempo e nello spazio o motivati da esigenze lavorative, da situazioni di necessità o urgenza, da motivi di salute o da altre specifiche ragioni.
Alla tipizzazione delle misure si accompagna la formulazione, peraltro ai limiti della genericità, del contenuto di alcune misure, come quella innanzi citata. Genericità ed approssimazione semantica, suscettibili di ampliare, eccessivamente, lo spazio di discrezionalità degli appartenenti alle forze di Polizia, che effettuano i controlli. In questa ottica va letta la circolare del 31 marzo 2020, diramata dal Capo di Gabinetto del Ministro degli Interni, avente ad oggetto chiarimenti in merito a profili applicativi su divieto di assembramento e di spostamenti di persone fisiche. In tale prospettiva si inseriscono il divieto di assembramento in luoghi pubblici, le restrizioni agli spostamenti sia intercomunali che infracomunali, il rispetto della distanza interpersonale di un metro fino alle limitazioni riguardanti l’attività motoria. Viene sottolineato, significativamente, che appare evidente come il perseguimento del fine implichi valutazioni ponderate, rispetto alla specificità delle situazioni concrete. Per quanto riguarda gli spostamenti di persone fisiche è da intendersi consentito ad un solo genitore camminare con i propri figli minori, in quanto tale attività può essere ricondotta alle attività motorie all’aperto, purchè in prossimità della propria abitazione. La stessa attività può essere svolta, inoltre nell’ambito di spostamenti motivati da situazioni di necessità o per motivi di salute. Sono consentiti spostamenti nei pressi della propria abitazione, giustificati da esigenze di accompagnamento di anziani o inabili, da parte di persone che ne curano l’assistenza. La Circolare prevede l’estensione delle indicazioni alle Forze di polizia quotidianamente impegnate, nella ricerca di un giusto equilibrio tra l’attenta vigilanza sulla corretta osservanza delle misure e la ragionevole verifica dei singoli casi.
Risulta di intuitiva evidenza che, a monte della circolare possono essersi verificate distorsioni applicative, tipo eccesso di zelo, determinate dalla insufficiente chiarezza dei Decreti e forse anche dalla mancanza occasionale di quel giusto equilibrio richiamato nella circolare. Alcuni Presidenti di Regione hanno sollevato riserve nei confronti della circolare, per una presunta opzione lassista. Stupisce che organi istituzionali di particolare rilievo non abbiamo ritenuto di approfondire le valutazioni su una materia di notevole complessità, per le sue implicazioni in tema di diritti fondamentali. Ulteriore riscontro della mancanza di chiarezza, derivante dal numero eccessivo di provvedimenti, e della difficoltà per il cittadino di seguire tutte le “evoluzioni normative” è data dal proliferare dei modelli di auto dichiarazione per giustificare gli spostamenti, da sottoscrivere e consegnare in sede di controllo agli organi di polizia. Nel modello bisogna dare atto della conoscenza non solo delle sanzioni,previste dall’art. 4 del D.L. 25 marzo n.19,ma anche delle ulteriori limitazioni disposte con provvedimenti del Presidente della Regione. Ci si può chiedere quante persone dispongano di tali conoscenze. La fattispecie del divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione per le persone sottoposte alla quarantena, perché risultate positive al virus, appare più caratterizzata rispetto alla analoga previsione di cui all’art.1 comma 3 del D.P.C.M. dell’8 marzo 2020. Le misure sono adottate, con uno o più D.P.C.M., su proposta del Ministro della Salute, sentiti i Ministri competenti nonché i Presidenti delle Regioni interessate nel caso in cui riguardino una Regione o alcune specifiche Regioni. I decreti possono essere adottati su proposta dei Presidenti delle Regioni interessate. Vengono delimitati, in misura più puntuale, i rapporti con le Regioni. E’ prevista la possibilità di introdurre misure ulteriormente restrittive, in relazione a specifiche situazioni, solo nelle more dell’adozione dei D.P.C.M. e con efficacia limitata a tale momento. E’ stato rilevato come sia nato un nuovo meccanismo propositivo e ricorrente di un atto singolare del Presidente del Consiglio, nel senso che, quanto meno in epoca di emergenza sanitaria covid, una ordinanza regionale viene ad assumere la veste di atto di proposta. c.d. ordinanza proposta -di un atto del Presidente del Consiglio. Novità interessante sul piano delle fonti del diritto (17 bis) Non è consentito ai Sindaci di adottare, a pena di inefficacia, ordinanze in contrasto con le misure statali. Il rapporto tra D.P.C.M e ordinanze regionali è stato, opportunamente, disciplinato in modo da evitare il ricorso plurimo all’ordinanza. E’ previsto che entro il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei provvedimenti emanati, il Presidente del Consiglio dei Ministri o un Ministro da lui delegato riferisca ogni quindici giorni alle Camere sulle misure adottate. Qualche perplessità permane sulla adeguatezza della misura. La norma, in ogni caso colma una lacuna.
Riattiva, in una certa misura, il raccordo Governo Parlamento, valorizzata la funzione di controllo, ed entro certi limiti, restituisce al Parlamento il ruolo di garanzia del sistema. Attenua i margini di tensione costituzionale, che il Presidente del Consiglio aveva riconosciuto nella Relazione di presentazione al Parlamento del Decreto Legge n.19, facendo riferimento alla limitazione di alcune delle libertà fondamentali garantite dalla Costituzione. Il D.L. n.6, già convertito in legge viene abrogato. Sui rapporti tra il D.L.originario e il D.L. 25 marzo è prevista, art.2 comma3, la conservazione degli atti di normazione secondaria, emessi sulla base del decreto abrogato. La norma è il frutto di un evidente compromesso politico istituzionale(19bis) Si realizza, così, una figura di D.L. meramente riproduttivo con formula ricettizia. Il decreto n.6, già convertito in legge, viene abrogato. Continuano ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure già adottate con i D.P.C.M. dell’8,9, e 11 marzo. Tra i profili di criticità va segnalato l’effetto singolare che viene a prodursi. Si verifica una situazione atipica. I D.P.C.M., non sottoposti all’approvazione del Parlamento, emessi sulla base del d.l. n,6, con tutte le problematicità in precedenza rilevate, possono, in virtù di un controllo differito delle Camere, essere ratificati, con tutti i vizi e le anomalie genetiche. Continua ad essere largamente utilizzato lo strumento amministrativo del D.P.C.M., in assenza di controlli. Unico controllo è quello della Corte dei Conti.
6 Profili sanzionatori.
Sui profili sanzionatori è stata attuata una marcata inversione di tendenza. lI ricorso alla figura di reato di cui all’art.650 del Codice Penale, prevista originariamente, non si è dimostrata una scelta meditata. Il numero delle denunce, inoltrate alle Procure della Repubblica, pari a poco meno di 100.000,aveva evidenziato i limiti dello strumento scelto. Poneva in evidenti difficoltà gli Uffici giudiziari. Una analisi meditata su criticità e problematicità, ha indotto a modificare lo strumento sanzionatorio, rinunciando all’opzione penalistica. Il mancato rispetto delle misuredi contenimento è sanzionato ora, esclusivamente, in via amministrativa,con il pagamento di una somma da euro 400 a 3.000. Le violazioni sono accertate ai sensi della legge 24.11.1981 n.689.con specialità ed esclusione della operatività dell’art. 650 c.p. Con una disposizione transitoria di coordinamento è stato previsto che le disposizioni, che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative, si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto. Si è introdotta una deroga al principio di irretroattività delle sanzioni amministrative contenuto nell’art.1 della legge n.689 del 1981, prevedendo l’applicazione di una sanzione in misura ridotta. Non pare siano stati oggetto di riflessione adeguata i principi di legalità e di tipicità per le sanzioni amministrative, consacrati nell’art1 della legge n.689. Il Giudice delle leggi con la sentenza n,134 del2019 ha chiarito che per le sanzioni amministrative deve essere assicurata la conoscibilità del precetto e la prevedibilità degli effetti sanzionatori; anche per le sanzioni amministrative deve essere assicurato il rispetto del principio di determinatezza, in quanto le norme che prevedono una sanzione vanno correlate con la previsione dell’art.25 secondo comma Costituzione (18).
7 L’esercizio della libertà religiosa nella Carta Costituzionale. Il D.P.C.M. 8 marzo 2020
L’art. 2 del DPCM 8 marzo prevede che l’apertura dei luoghi di culto è condizionata all’adozione di misure organizzate, tali da evitare assembramenti di persone, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispetta la distanza tra loro di almeno un metro. Sono sospese le cerimonie civili e religiose.La decisione, resa nota con dichiarazioni alla stampa, di non consentire,in vista di una parziale ripresa delle attività,la celebrazione della messa con i fedeli,ha sollevato riserve e critiche. E’ stata motivata dall’esigenza di contenere una possibile risalita dei contagi da coronavirus. Si è rilevato, di contro, che,verrebbe pregiudicato l’esercizio della libertà di culto. In altri termini si verrebbe ad incidere su un diritto garantito dalla Costituzione. ll Presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli,ha precisato la questione nei seguenti termini: “ C’è da chiedersi se è davvero incompatibile l’attività di esercizio del culto con la salute, O piuttosto non debbano essere individuate le modalità a garanzia della salute” L’i’infettivologo Matteo Bassetti,componente della Task Force della Regione Liguria per l’emergenza,ha precisato: ”Tutto ciò che contribuisce ad un progressivo ritorno alla normalità,evitando concentrazione di persone,va previsto .celebrazione negli spazi aperti ,quando concordato e possibile,proiezione delle liturgie attraverso degli schermi fuori delle chiese,utilizzo, per chi può, di spazi come il sagrato, intendiamoci, non è un liberi tutti,ma la presa di consapevolezza che si può accelerare,garantendo il massimo della sicurezza”(Avvenire del 28 Aprile). Sono intervenuti anche la Federazione delle Chiese evangeliche. la Presidenza della comunione delle Comunità ebraiche e il Presidente della comunità religiosa islamica italiana, che hanno espresso le preoccupazioni dei credenti di qualsiasi fede. L’esercizio della libertà religiosa è stato oggetto di un approfondito studio, pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri,ufficio del segretario generale, ufficio studi e rapporti istituzionali. L’introduzione fornisce un quadro costituzionale e normativo di notevole interesse. La libertà religiosa è disciplinata dalla legge fondamentale dello Stato,la Costituzione. Gli Articoli della Carta, che trattano,direttamente,della libertà religiosa sono gli articoli 3,7,8,19 e 20. In particolare l’art.19 garantisce la libertà di professare la propria fede religiosa in qualsiasi forma individuale o promuoverne la diffusione e di celebrare il culto in pubblico o in privato,a meno che i riti non siano contrari al buoncostume. L’art.19 Cost. anticipa,in termini espliciti il più generale principio dell’art.21 della Costituzione (Corte. cost. le sent. n.188 del 1975).Accanto a questi articoli va richiamato l’art.2,che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo. La Costituzione riconosce i diritti inviolabili dell’uomo – tra di essi la libertà di religione- artt. 8 e 19 -tutela il sentimento religioso (sent. n.14 del 1973). Vanno richiamati anche gli artt.17,18 e 21,che tutelano la libertà di espressione,di assemblea,di riunione e la libertà di organizzare associazioni religiose. L’art.117 secondo comma lett.c riserva alla potestà legislativa esclusiva dello stato la materia dei rapporti con le confessioni religiose. La libertà religiosa è garantita dall’art. 17 par.i del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, secondo il quale l’Unione rispetta e non pregiudica lo status di cui le Chiese, le associazioni o comunità religiose godono negli Stati membri, in virtù del diritto nazionale. Ulteriore garanzia è offerta dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Il tessuto normativo, costituzionale e comunitario, fornisce il quadro di riferimento, utilizzabile dal legislatore,per garantire una effettiva tutela della libertà religiosa. L’esercizio della libertà religiosa rientra tra i diritti fondamentali garantiti dall’art.2. Lo Stato deve. garantire il libero esercizio delle libertà ,con un obbligo negativo di astensione da atti limitativi ingiustificati. Costituisce un diritto pubblico subiettivo inviolabile. L’art. 19 tutela: la libertà di fede,inclusa anche la libertà religiosa negativa o rifiuto di ogni credo religioso. (La sentenza della Corte Cost, la n. 117 del 1979 ha modificato la formula del giuramento dei testimoni nei processi in parte qua, in cui si assumeva la responsabilità “davanti a Dio “); la libertà di propaganda o di proselitismo; la libertà di compiere atti di culto sia in privato che in pubblico.
La problematica è analoga a quella dei diritti di libertà ed il sistema di composizione tra diritti concorrenti è ispirato agli stessi principi. La tecnica da utilizzare è quella del bilanciamento dei diritti, ben nota ai costituzionalisti, a cui sembrano far riferimento le dichiarazioni del Presidente emerito della Corte Costituzionale, Mirabelli. L’esercizio della libertà religiosa rientra tra i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione e in sede sovranazionale. In una fase di emergenza sanitaria,va operato un bilanciamento con riguardo al diritto alla salute tutelato dall’art.32 della Carta costituzionale La limitazione dei diritti fondamentali, in situazioni eccezionali, è possibile. Contemperando la pluralità di interessi costituzionali in potenziale conflitto, secondo criteri di proporzionalità e ragionevolezza, garantendo una limitata compressione. Le modalità di contemperamento vanno attuate con una tecnica, che consenta il minor sacrificio tutelando il nucleo fondamentale dei diritti co-stituzionali. Lo strumento da utilizzare non è quello del D.P.C.M. ma del decreto legge, che consente al Parlamento di esercitare la sua funzione di controllo. Da ultimo è stato sottoscritto un protocollo,entrato in vigore il 18 maggio 2020, tra Conferenza Episcopale Italiana e Governo che garantisce la ripresa delle funzioni religiose con le opportune cautele. Con il D.L. 16 Maggio 2020 n.33 viene consentita la ripresa delle funzioni religiose con il rispetto del protocollo.
8 Dal D.PC.M. del 26 aprile a quello del 7 settembre .Proroga dello stato di emergenza Consiglio dei Ministri del 7 ottobre, proroga dello stato di emergenza. Consiglio dei Ministri del 7 ottobre 2020
Con il D.P.C.M. del 10 aprile si apre una fase di limitata riapertura, prevedendo delle eccezioni alla sospensione di tutte le attività produttive,industriali e commerciali. Tra le altre disposizioni limitative, sono consentiti solo gli spostamenti per comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute con divieto di recarsi in comune diverso rispetto a quello in cui ci si trova. è vietata ogni forma di assembramento. è vietato l’accesso ai parchi e alle ville. E’ consentito svolgere attività motoria in prossimità della propria abitazione
Con il D.p.c.m. del 26 Aprile sono state emanate ulteriori disposizioni attuative del Decreto Legge n.6, introducendo regole più elastiche per gli spostamenti e inserendo la regola, secondo cui si considerano necessari gli spostamenti per incontrare congiunti. Nella dizione sono ricompresi anche i rapporti affettivi con connotati di stabilità. Fra le novità, la riapertura delle attività manifatturiere, di costruzione, di intermediazione immobiliare e di commercio all’ingrosso E’ mantenuto il divieto di assembramento e il distanziamento interpersonale. È consentito l’accesso alle ville e ai parchi e l’attività sportiva, mantenendo il divieto di competizioni sportive. Consentita la ristorazione con asporto.
Con il Decreto legge 6 maggio 2020 n.33 viene disposta la cessazione delle misure limitative della circolazione, all’interno della regione di appartenenza, con possibilità di reiterazione delle limitazioni in aree specifiche, per aggravamento della situazione epidemiologica. Restano non consentiti gli spostamenti tra Regioni diverse. Fino al 2 giugno permane il divieto di spostamento da e per l’estero sono previsti il divieto di assembramento e il rispetto della distanza interpersonale di un metro in luoghi pubblici o aperti al pubblico E’ consentita la ripresa delle funzioni religiose con il rispetto dei protocolli. Modificando le prescrizioni, rispetto alle previsioni che hanno dato luogo alla sentenza del TAR,di cui si è fatto cenno in precedenza,viene previsto che le Regioni,informando il Ministero della Salute,possono introdurre misure derogatorie ampliative o restrittive.
Il D.P.C.M. del 17 maggio 2020 disciplina le misure per la fase 2 dell’emergenza sanitaria, in vigore a partire dal 18 maggio; misure che segnano la ripresa dei rapporti e delle relazioni interpersonali, autorizzando la riapertura di una serie di attività e di esercizi pubblici.
Il DPCM dell’11 giugno segna la fase 3. Consentita l’apertura di centri estivi per bambini sale giochi, sale bingo,centri benessere e termali,centri culturali e sociali, riprendono gli spettacoli aperti al pubblico,le sale teatrali e di concerto, e sale cinematografiche sempre nel rispetto delle precauzioni obbligatorie.
IL DPCM del 7 agosto proroga fino al 7 settembre le misure precauzionali minime per contrastare la diffusione del virus
Il DCPM del 7 settembre proroga al 7 ottobre le misure precauzionali di contrastare e contenere IL DPCM del 6 settembre prevede l’obbligo di mascherine al chiuso e nei luoghi aperti,dove non e possibile mantenere il distanziamento, divieto di assembramento, limite di capienza per i trasporti pubblici fissato all’ 80%, Per garantire l’efficienza della misura cardine antivirus, non risulta siano stati effettuati adeguati controlli o misure di alleggerimento Confermate le regole stabilite il 7 agosto in particolare l’obbligo di sottoporsi a tampone, per chi torna da sedici paesi ritenuti a rischio. Permangono i divieti per i concerti e per gli stadi. Resta valida l’ordinanza del12 agosto del Ministro della Salute, per controllare le persone che tornano dalle vacanze, o comunque da un periodo trascorso all’estero, fermo l’obbligo di isolamento fiduciario o di sottoporsi al test nel caso di provenienza da zone o paesi con accentuata presenza del virus. Resta valida l’ordinanza 16 agosto del Ministro della salute, che ha chiuso le discoteche Le partite di calcio si giocano a porte chiuse. Mascherine obbligatorie al chiuso e nei luoghi aperti dove non sia possibile mantenere il distanziamento. Sono esenti i bambini con meno di sei anni e le persone con disabilità.
Il Consiglio dei Ministri del 7 ottobre ha prorogato fino al 31 gennaio 2021 lo stato di emergenza, connessa alla dichiarazione di emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Il Decreto legge n.125 del 7 ottobre 2020 contiene misure urgenti, connesse con la proroga, tra cui l’ultra attività del DPCM di settembre.
9 Pubblici poteri ed emergenza epidemiologica. Il Decreto Presidente Consiglio dei Ministri. Perplessità e riserve sull’uso dello strumento
Sull’ampiezza dei poteri del Governo in materia di crisi sanitaria, sui rapporti tra Stato e Regioni e in generale sulla legittimità dei provvedimenti, emanati, con particolare riguardo ai D.P.C.M., si è sviluppato un ampio dibattito
Netta è la distinzione tra il contenuto dei diversi provvedimenti adottati per fronteggiare la pandemia, con i relativi sacrifici e la forma in cui sono stati adottati. La compressione dei diritti fondamentali non può avvenire in modo invasivo, utilizzando fonti diverse da quella legislativa, per legittimare i provvedimenti talora contradditori, adottati da Presidente del Consiglio, Ministri, Presidenti di regione e Sindaci. Non è sufficiente un decreto legge che attribuisce, in modo generico, poteri. Il Parlamento è rimasto assente, senza svolgere la funzione di controllo sul governo e intervenire. In particolare, in sede di conversione del Decreto Legge n.6, per eliminare i difetti dai quali era affetto. A tutto questo si sono aggiunti vistosi difetti di comunicazione, con effetti negativi. In futuro non potrà mancare una legge che riconsideri le norme oggi in vigore e disciplini compiutamente, in modo conforme alla Costituzione, le situazioni di emergenza,alla luce dell’attuale esperienza e delle indicazioni della Corte Costituzionale,che,verosimilmente, non mancheranno (18bis).Prima del decreto n.19, ai sensi del decreto n.6, le ordinanze regionali potevano intervenire solo nelle more del D.P.C.M. Viceversa, si consente un intervento regionale, derogatorio e indeterminato. La Corte Costituzionale ,con la sentenza 307 del 2003, ha chiarito che misure regionali di più rigorosa tutela della salute interferiscono comunque con interessi nazionali essenziali, tipo la produzione,la circolazione, che dovrebbero essere oggetto di bilanciamento da parte del legislatore statale (19) Si è ritenuto che i D.PC.M. siano stati legittimamente emanati,in quanto autorizzati da due Decreti Legge,uno dei quali votato dal Parlamento. Il Governo non avrebbe usurpato poteri non concessi. E’ stato anche ricordato che una delle più frequenti prestazioni dei Giuristi nel loro insieme è di rendere meravigliosamente oscure persino le questioni chiare. I D.P.C.M. sono autorizzati dalla legge il Governo ha fatto uso dell’autorizzazione, in quanto Autorità competente, anche se sono stati emanati numerosi D.P.C.M. L’Autorizzazione data al Governo prevede che l’attuazione segua l’andamento dell’epidemia(19). E’ stato, di contro, ritenuto che i D.P.C.M per tutto il territorio nazionale non sono autorizzati da nessuna legge e neppure dal Decreto Legge n.6 il quale si riferisce soltanto a interventi in particolari aree, località interessate dal covid-19. Il Governo ha sanato la situazione con i decreti successivi e in emergenza epidemiologica. In particolare con il numero 19 del 25 marzo convertito in legge solo il 30 aprile. Il decreto n.6 poi abrogato, non contiene l’obbligo di stare a casa,mentre su questa imposizione sono basati i decreti successivi a partire dal 10 marzo. Ne consegue che, dal 10 al 25 marzo il relativo potere, così come esercitato, non aveva alcuna base legislativa. Sul rapporto Stato Regioni è stata lamentata la mancata differenziazione, a fronte di situazioni diverse. Nel caso di emergenza la questione è risolta dall’art.120 della Costituzione, dal principio di sussidiarietà a cui va aggiunto il principio di leale collaborazione, con un confronto sui contenuti che è stato invece molto limitato (20). La problematica connessa all’uso dello strumento del D.P.C.M. ha sollevato perplessità, anche di ordine istituzionale. “il D.P.C.M. è un provvedimento unilaterale del Governo, calato dall’alto senza alcun voto del Parlamento…può rappresentare un rischioso precedente soprattutto quando si tratta di diritti fondamentali,come la libera circolazione, e l’iniziativa economica. Il ruolo delle Istituzioni è quello di vigilare sull’attività di governo. Ciò che è precluso dal DPCM. Il Parlamento è il luogo dove ci si confronta si dibatte e si vota. E’ la voce dei cittadini, perché coinvolgendo tutte le forze politiche, raccoglie le istanze di persone, categorie, territori. E nessuna emergenza può far venir meno la sua centralità, specie quando si toccano le libertà personali(21). In sede di dichiarazioni relative al d.l. di rilancio dell’economia, che consta di 254 articoli e prevede impegni di spesa per 55 miliardi, il Presidente del Consiglio ha precisato che, per i prossimi interventi, proporrà al Consiglio dei Ministri di adottare un Decreto Legge per coinvolgere di più il Parlamento. Restano, così,indirettamente confermate le perplessità di ordine costituzionale sullo strumento del D.P.C.M., atto amministrativo e non normativo. In questo quadro si inseriscono problematiche di estrema delicatezza che non possono essere trascurate. E’ stato incisivamente rilevato che “il Parlamento è innanzitutto organo legislativo ma la legislazione è a prevalente trazione governativa. (Rapporto sulla legislazione del 2018 dell’Osservatorio sulla legislazione della Camera. Solo un quarto delle leggi di questa legislatura sono state di iniziativa parlamentare Il governo ha avuto una corsia privilegiata,i tempi medi di approvazione delle leggi di iniziativa parlamentare,sei mesi, si dimezzano per quelle di iniziativa governativa. Il Parlamento è sempre più a rimorchio del governo, non legifera ma emenda. Il comitato parlamentare ha inoltre dimostrato una inesausta capacità trasformativa. Nel periodo dell’emergenza sanitaria ,fino a metà luglio, sono stati approvati 860 emendamenti ai decreti legge che sono cresciuti nell’iter parlamentare Decreto Cura Italia da 127 a 176 articoli Decreto rilancio da 266 a 341 articoli. Il comitato per la legislazione della Camera dei Deputati ha lamentato l’attribuzione di un improprio potere normativo e regolamentare ai Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri. Ha criticato il modo in cui il governo “gioca” con i decreti legge,abrogando le norme di un decreto legge in sede di conversione o inserendo nella legge di conversione proroghe in blocco dei termini di deleghe in scadenza,oppure tutte le deleghe alla legislazione vigente con la proroga dell’emergenza. Il Parlamento lavora molto ma decide poco. Alla massa di norme si aggiungono le ulteriori norme applicative – regolamenti ed atti amministrativi(23 bis)) Il panorama innanzi riportato rende evidente che siamo alle prese con una fase distorsiva, sotto il profilo legislativo ed istituzionale,che, facendo leva sulla emergenza, introduce elementi di rottura del quadro ordinamentale, di non facile recuperabilità. Va registrata la tendenza ad introdurre, in sede di conversione, norme regolatrici, che hanno per oggetto situazioni che non hanno attinenza alcuna con la materia regolamentata. Si inserisce nel quadro anche il ricorso singolare alla formula” salvo intese” che accompagna l’approvazione di alcuni provvedimenti, rimettendo la ricerca delle intese a momenti successivi e introducendo ulteriori limitazioni alle prerogative del Parlamento. Il risalente fenomeno dello strisciante antiparlamentarismo, originato anche dalla antipolitica riceve nuova linfa dal consolidarsi delle prassi innanzi richiamate. Si inserisce in questo panorama anche un richiamo del Presidente della Repubblica. Nel promulgare la legge di conversione del decreto legge sulle semplificazioni ha inviato nel settembre 2020 una lettera ai Presidenti del Senato e della Camera e al Presidente del Consiglio dei Ministri , in cui ha rilevato che”attraverso un solo emendamento approvato dalla Commissione di merito al Senato in prima lettura,si è intervenuti in modo rilevante su una disciplina, la circolazione stradale ,che tra l’altro ha immediati riflessi sulla vita quotidiana delle persone. L’emendamento è stato trasfuso nel più ampio emendamento, interamente sostitutivo dell’articolo unico del provvedimento, testo sul quale il governo,sia al Senato che alla Camera, ha posto la questione di fiducia. Il Presidente ha fatto riferimento alla prassi discutibile dei decreti di urgenza c.d.omnibus che raccolgono materie più disparate e che, come nel decreto semplificazioni, vengono votati dal Parlamento, ponendo la questione di fiducia.
Il Presidente invita il governo “a vigilare affinché, nel corso dell’esame parlamentare dei decreti legge, non vengano inserite norme palesemente eterogenee, rispetto all’oggetto e alle finalità dei provvedimenti d’urgenza” invita i Presidenti delle Camere a rappresentare al Parlamento l’esigenza di operare in modo che l’attività emendativa si svolga in piena coerenza con i limiti di contenuto derivanti dal dettato costituzionale” I quindici articoli che modificano il Codice della strada non risultano riconducibili alle predette finalità e non attengono a materia originariamente disciplinata dal provvedimento”. Va ricordato che la legge 400del 1988 include tra i requisiti dei decreti legge l’omogeneità dei contenuti. La legge di conversione non può aprirsi a qualsiasi contenuto, come del resto prescrive l’art. 96 bis del regolamento della Camera dei Deputati. E’ auspicabile che il monito presidenziale non resti inascoltato per il futuro. Perplessità sono state manifestate anche dal Presidente del Senato. Ha ripreso alcuni spunti critici, già espressi sulla eccessiva utilizzazione dello strumento del D.P.C.M. lamentando la marginalizzazione del Parlamento.(22)
Si sono levate voci secondo cui, pur in presenza dell’odierna pandemia la Costituzione è salva e soprattutto ci salva e che le restrizioni imposte debbano essere intese come volte ad assicurare l’adempimento di un dovere di solidarietà sociale ex art.2 Cost. Senza che ciò equivalga ad una abiura dei principi del liberalismo politico e dello stato costituzionale di diritto (230)
10 La limitazione dei diritti di libertà nei vari Paesi. La vicenda catalana.
La pandemia ha prodotto effetti, nelle diverse aree nazionali, sia a livello di gestione sanitaria, sia sulle misure necessarie per evitare la diffusione del contagio. E’ netta la differenza tra l’ordinamento cinese e gli altri ordinamenti. L’assetto autoritario dello Stato ed i limitati strumenti di tutela dei diritti, hanno consentito, anche se non in modo indolore,una risposta alla crisi estremamente energica. Oltre alle limitazioni della libertà di circolazione, di riunione, di parola, è stata prevista la pena di morte per coloro che non si conformino alle misure restrittive. Anche con riferimento al rapporto tra i diversi livelli di governo, la Cina mostra tutte le sue peculiarità. A fronte di una articolazione territoriale composita, l’art. 96 comma 1 della Costituzione,vede nelle autonomie territoriali organi locali del potere statale. Anche la reazione all’emergenza degli ordinamenti democratici si si sostanzia in limitazioni delle principali libertà costituzionali, ma di ben diverso impatto. Alla frammentazione, peraltro tipica degli Stati federali,Stati Uniti Canada si affianca la parziale eccezione della Germania. La nuova legge sulla difesa dalle infezioni accentua i poteri del governo federale, a scapito dei lander e dei comuni. Per la prima volta corregge il federalismo. In pratica si è assistito al fallimento della strategia di contrasto, a causa dell’ordine differenziato con cui è stato affrontato il virus nelle diverse regioni. A questo si è affiancato il collasso dei Getsndheiitsamt gli uffici sanitari, che, nella prima ondata avevano costituito la più efficace barriera alla pandemia. In Francia è stata rafforzata la regia centrale del governo, che opera attraverso i Prefetti. La costituzione prevede tre tipologie di stato di emergenza. Nel caso di grave pericolo per le istituzioni statali poteri sono attribuiti al Presidente della Repubblica. L’art. 36 prevede la dichiarazione di stato di assedio da parte del Consiglio dei Ministri, per un tempo determinato con possibile proroga. La legge 2020 n.2020-290 è stata varata per gestire lo stato di emergenza covid 19 sia attraverso rinvii al Code de la santè publique, così come modificato dalla stessa legge, che a mezzo di disposizioni contemplate nell’atto. E’ previsto un nuovo regime di emergenza sanitaria, formalmente dichiarato dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute. Le Camere devono essere immediatamente informate delle misure adottate e possono richieder ogni informazione necessaria nell’ambito del controllo e della valutazione delle misure.. Sono state sollevate, dalla dottrina in particolare, critiche e riserve sulle misure limitative dei diritti e l’eccessiva estensione de poteri dell’esecutivo, ritenuta lesiva delle prerogative parlamentari 24 bis).
La problematica della limitazione dei diritti di libertà a causa dell’impatto dell’epidemia ha sollecitato ampie critiche in tutto il mondo. Secondo quanto risulta da uno studio de Fredom House, organizzazione fondata nel 1941con sede a Washington, quasi un quarto dei paesi ha sofferto abusi di potere e in metà degli Stati sono state introdotte limitazioni ai diritti fondamentali Una Risoluzione Del Parlamento Europeo su Pandemia e diritti fondamentali ha esaminato la condizione dei valori democratici europei nel contesto delle misure di contenimento del Covid 19. La risoluzione è stata approvata con 496 voti favorevoli,138 contrari e 49 astensioni. Comunicato stampa del 13 novembre 2020. Viene sottolineato “che le misure di emergenza rappresentano un rischio di abuso di potere” e che sono soggette” a tre condizioni generali, ovvero la necessità, la proporzionalità in senso stretto e la temporaneità”,quando producono effetti sullo Stato di diritto, sulla democrazia e sul rispetto dei diritti fondamentali. I governi nazionali sono invitati a non abusare dei poteri di emergenza per approvare norme non legate agli obiettivi dell’emergenza sanitaria da covid 19. Si richiede in particolare di garantire un efficace controllo parlamentare e giudiziario, garantire il diritto all’istruzione e l’effettivo accesso all’educazione a tutti gli studenti, trovare soluzioni per garantire e tutelare i diritti e la salute di tutte le persone detenute, dare prova della massima moderazione nel momento di valutare la possibilità di imporre nuove restrizioni alla libertà di circolazione,garantire i diritti degli imputati, valutando la possibilità di udienze on line. Uno studio dell’International Institute for democracy and electoral assistance di Stoccolma, una organizzazione intergovernativa, analizza ogni anno lo stato di salute delle libertà nel mondo. L’ultimo monitoraggio non è rassicurante. La pandemia costituisce una dura prova “per la libertà di espressione e la sicurezza personale nel mondo” Divieti e restrizioni vengono largamente utilizzati per contenere l’epidemia. Nei regimi autoritari l’occasione viene colta per concentrare e rafforzare i poteri dell’esecutivo, scavalcando il Parlamento. Ben 97 dei 163 stati, presi in considerazione, hanno utilizzato poteri extra ordinem. Mentre “le democrazie stanno usando strumenti democratici per arrivare all’approvazione degli stati di emergenza, questo non succede nei regimi autoritari o nei paesi che sono a metà strada tra autocrazie e democrazie (Alberto Gibaja senior programme officer). Libertà di espressione e sicurezza personale dei cittadini sono limitate: “Ci sono paesi come il Niger in cui la Polizia ha usato un forza eccessiva per reprimere le proteste contro la creazione di un cordone sanitario intorno alla capitale Per i regimi autoritari la crisi sanitaria fornisce l’occasione per stigmatizzare la democrazia come debole. Servono volontà disciplina e solidarietà per difenderla. Il documento “Eli Pricipies forthe covid 19 crisis pubblicato nel mese di maggio dal European law Institute ha pubblicato una lista di 15 principi quasi un sestante di valori democratici. Ampia parte è dedicata alla preoccupazione che le misure eccezionali adottate in sede nazionale in funzione anticovid, d‘urgenza al fine di assicurarsi specifici privilegi o anche solo l’ampliamento dei propri poteri, e soprattutto che rimettano quanto prima possibile al fisiologico vaglio e dibattito parlamentare quei provvedimenti,che sia stato necessario adottare in condizioni emergenziali,ma che si reputi poi,comportare molteplici restrizioni dei diritti fondamentali e possano esorbitare dalla cornice di principi democratici e di libertà. Di qui l’auspicio che Parlamenti e Corti non patiscano che limitazioni, strettamente necessarie al contenimento del virus. Il ruolo del Parlamento è richiamato, in ordine alla produzione normativa,laddove è sottolineata la necessità che i governi non abusino degli strumenti tipici della normazione d’urgenza. In Italia diritti fondamentali quali quelli di culto di istruzione,di iniziativa economica sono stati compressi sulla base di esigue ed incerte basi normative (per lo più decreti legge incompleti ed accavallati tanto da dare luogo ai c.d. decreti minotauro) con atti amministrativi. Il bicameralismo è diventato monocameralismo alternato(per una legge una Camera discute e approva, l’altra ratifica, per quella successiva le parti si invertono e il potere normativo trasferito ad accordi tra le forze politiche. Tra Stato e Regioni un alternarsi di accordi, conflitti di competenze,rincorse legislative e amministrative Per bilanciare sicurezza e libertà basta rispettare la Costituzione, limitando la proporzione tra limitazione e pericolo. La rinuncia a spazi di libertà è possibile ma è prevista,regolata, limitata, bilanciata. La Pandemia ha ridotto il ruolo del Parlamento a organo di ratifica,diminuendo il peso del doppio controllo richiesto dal bicameralismo, concentrando i poteri nei vertici dell’esecutivo,riducendo lo spazio di discussione. Per bilanciare sicurezza e democrazia i rimedi sono nella Costituzione. Infine per bilanciare globalizzazione e sicurezza l’unica soluzione sarà quella di rafforzare l’Organizzazione mondiale della Sanità la conclusione è che per regole per far convivere libertà e sicurezza ci sono occorre rispettarli (S. Cassese).
In Spagna la gestione dell’emergenza è stata rivendicata dal Governo centrale,che ha attivato la procedura di Estado de Alarma, previsto dall’art. 116 della Costituzione e disciplinato dalla Ley Organica del 1981, scelta criticata dalle comunità autonome. In Catalogna la regione ha chiesto che si rimettano quanto prima possibile al vaglio fisiologico parlamentare quei provvedimenti che sia stato necessario adottare in condizioni emergenziali ma che si reputi poi utile mantenere anche oltre il venir meno delle originarie ragioni di urgenza. E’ inoltre ribadita la necessità che tutte le fonti del diritto, quantunque variate in fase emergenziale,soddisfino comunque un criterio di conformità alla Costituzione,al diritto della UE nonché alle altre fonti di rango superiore e,specie in merito alla tutela dei diritti fondamentali. (24)
In Catalogna la regione ha varato misure restrittive il 12 luglio. La Corte Superiore di Giustizia della Catalogna ha confermato la decisione del Tribunale di Leida, con la quale non sono state ratificate le misure perché contrarie alla legge. Il provvedimento della Generalitat è stata ritenuto sproporzionato (quotidiano La Vanguardia) il Tribunale ha ritenuto che le autorità regionali non sarebbero competenti per emanare una decisione che spetta al governo centrale. Non può essere limitata per decreto la libertà dei cittadini. La limitazione è ritenuta lesiva dei diritti fondamentali. Difetta il parametro di proporzionalità delle misure restrittive. La decisione deve essere basata sulla esistenza di una di una situazione di trasmissione seria e molto significativa del virus L’Isolamento generale,in difetto di tale condizione,non appare consentito.
11. Le pronunce del Giudice amministrativo La Sentenza del T.A.R.- Calabria,Catanzaro 9 Maggio 2020 n. 8, TAR Sicilia del 27 agosto TAR Piemonte TAR Sardegna del 17 settembre
E’ illegittima l’ordinanza del Presidente della Regione Calabria del 29 aprile 2020 n.37, recante “Ulteriori misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019. Ordinanza ai sensi dell’art.32 comma 3 della legge 23 dicembre in materia di igiene e sanità pubblica. Disposizioni relative alle attività di ristorazione e somministrazione di alimenti e bevande,attività sportive e amatoriali individuali e agli spostamenti delle persone fisiche nel territorio regionale” in relazione al suo punto 6 nel quale è stato disposto che, a partire dalla data di adozione dell’ordinanza medesima, sul territorio della Regione Calabria è “consentita la ripresa delle attività di Bar, Pasticcerie, Ristoranti, Pizzerie, Agriturismo con somministrazione e servizio con tavoli all’aperto”. Spetta infatti al Presidente del Consiglio dei Ministri individuare le misure necessarie a contrastare la diffusione del virus COVID19mentre alle Regioni è dato intervenire solo nei limiti delineati dall’art.3 comma 1 D.L. n.19 del 2020, limiti che vale ai sensi del successivo terzo comma, anche per tutti gli atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente”
La competenza legislativa all’adozione del decreto si rinviene nell’art. 117, comma 2 lett.q Costituzione, che gli attribuisce competenza esclusiva in materia di profilassi internazionale, nonché nel terzo comma del medesimo art. 117 che attribuisce allo Stato competenza concorrente in materia di “tutela della salute “e “protezione civile”. Sul rilievo critico, secondo cui l’impianto normativo delineato dal D.L. n. 19 del 2020 comporterebbe una inammissibile delega al Presidente del Consiglio del potere di restringere le libertà costituzionali dei cittadini .Il T.A.R. ha , significativamente limitato,”per evidenti ragioni il campo dell’analisi alla sola possibilità di limitare o sospendere le attività di somministrazione al pubblico di cibo e bevande. Ribadendo che è la legge a predeterminare il contenuto della restrizione alla libertà di iniziativa demandando ad un atto amministrativo la commisurazione dell’estensione di tale limitazione. Potere di individuazione in concreto, che trova giustificazione nell’art.118 comma 1 della Costituzione. Il principio di sussidiarietà impone che, trattandosi di una emergenza a carattere internazionale, l’individuazione delle misure precauzionali sia operata al livello amministrativo unitario. Una volta accertato che l’individuazione nel Presidente del Consiglio dell’autorità che deve individuare le misure specifiche. E’ conforme al principio di sussidiarietà di cui all’art.118 deve altresì essere affermato che ciò giustifica l’attrazione in capo allo Stato della competenza legislativa pur in materie concorrenti quali la tutela della salute e della Protezione civile. Il D.P.C.M. 26 aprile 2020 non è un atto a carattere normativo ma bensì un atto amministrativo generale. Le Regioni possono intervenire solo nei limiti di cui all’art 3 comma 1 d.l. n. 19 che nel caso di specie non risultano integrati. Il principio di precauzione deve guidare l’operato dei pubblici poteri in un contesto di emergenza sanitaria. Il contrasto nei contenuti tra l’ordinanza regionale ed il DPCM denota un evidente difetto di coordinamento tra i due diversi livelli amministrativi e dunque la violazione da parte della Regione Calabria del dovere di leale collaborazione tra i vari soggetti che compongono la Repubblica, principio fondamentale nell’assetto di competenze del titolo V della Costituzione. La motivazione appare condivisibile. Va, peraltro ribadito che l’intervento limitativo sui diritti di libertà, in particolare domicilio, soggiorno, circolazione è tutelato in funzione garantista da una riserva di legge rinforzata, ritenuta assoluta dalla consolidata giurisprudenza costituzionale.
La chiusura delle discoteche. L’ordinanza del Ministro della salute del 16 agosto. Il ricorso al TAR Lazio. La richiesta di sospensiva. Il decreto di rigetto con ordinanza del Ministro della salute del 16 agosto, emessa in tema di misure urgenti per il contenimento e per la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid 19, era stata disposta la chiusura delle discoteche e introdotto l’obbligo delle mascherine nei luoghi pubblici, nel caso di rischio di assembramenti Il Sindacato Silb-Fipe- Associazione imprese da intrattenimento da ballo e da spettacolo aveva presentato ricorso al TAR. Il presidente della terza sezione quater del TAR del Lazio ha emesso un decreto con il quale ha respinto la richiesta di sospensione cautelare urgente. Il Provvedimento sottolinea che nel bilanciamento degli interessi in contrasto, la richiesta dell’Associazione r risulta recessiva rispetto all’interesse pubblico alla tutela della salute, nel contesto della grave epidemia in atto, il TAR Lazio osserva anche che la natura dei danni ne consente, in linea di principio, la successiva reintegrazione per equivalente nel caso che il giudizio abbia esito favorevole alla parte ricorrente Il TAR ha correttamente fatto applicazione del principio di bilanciamento degli interessi di cui si è fatto cenno in precedenza
Ordinanza del Presidente della Regione Sicilia per la chiusura degli hotspot e dei porti. TARSicilia. Decreto presidenziale del 27 agosto iI TAR Sicilia con decreto presidenziale cautelare del 27 agosto ha sospeso l’esecutività dell’ordinanza che prevedeva la chiusura di tutti gli hotspot e dei porti dell’isola. E’ stato rilevato che “le misure adottate sembrano esorbitare dai poteri attribuiti alle regioni, laddove,sebbene disposte con la dichiarata finalità di tutela della salute in conseguenza del dilagare dell’epidemia da covid 19 sul territorio regionale involvono e impattano in modo decisivo sulla organizzazione e gestione del fenomeno migratorio nel territorio italiano,che rientra pacificamente nell’ambito della competenza esclusiva dello Stato. L’esistenza di un aggravamento del rischio sanitario legato alla diffusione del covid 19 tra la popolazione locale, come conseguenza del fenomeno migratorio,appare in modo marginale nell’ordinanza,senza che risulti essere sorretta da una adeguata e rigorosa istruttoria”.
TAR Piemonte. TAR Sardegna del 17 settembre
l Tar Piemonte, con decreto presidenziale, ha respinto la richiesta di sospensiva dell’ordinanza con cui il presidente della regione ha disposto che la verifica della temperatura febbrile degli studenti prima dell’inizio delle lezioni sia effettuata dagli istituti scolastici Il provvedimento regionale non si pone in contrasto con la normativa nazionale ma la integra aggiungendo una ulteriore garanzia. Il TAR Sardegna ha sospeso l’ordinanza della regione che prevedeva test per il coronavirus per tutti coloro che arrivavano nell’isola dal 14 settembre al 7 ottobre a meno che non esibisse un certificato di negatività. L’ordinanza regionale è stata ritenuta in contrasto con il diritto costituzionale della libera circolazione tra le regioni.
12 La zona rossa non dichiarata per i comuni di Alzano e Nembro in Lombardia
Il 2 marzo l’Istituto superiore di sanità segnala la possibilità di prevedere, in ragione dei contagi sviluppatisi, una zona rossa a chiusura dei due comuni, come nel Lodigiano. Il 3 marzo non viene disposta la chiusura dei comuni. Cinque giorni dopo interviene con il D.P.C.M. dell’8 marzo la decisione di chiudere tutta la Lombardia . Sulla mancata istituzione della zona rossa viene aperto un fascicolo dalla Procura della Repubblica di Bergamo. Vengono sentiti, in qualità di persone informate sui fatti, il Presidente e l’assessore alla sanità della regione Lombardia, successivamente il Presidente del Consiglio dei Ministri,il Ministro dell’Interno il Ministro della Salute.
La prima questione che si pone è quella del rapporto tra valutazioni degli organi tecnici e decisioni da assumere. La risposta è alquanto agevole, le proposte e le relative valutazioni tecnico amministrative non sono vincolanti, compete agli organi deputati, in sede centrale o locale, l’adozione degli strumenti concreti da utilizzare nelle situazioni di crisi sanitaria ed epidemiologica, nel rispetto dei canoni di prevenzione e di precauzione. Il profilo più delicato è quello della individuazione degli organi competenti all’emanazione dell’atto. In altri termini se la chiusura doveva essere disposta dal Governo o dalla Regioni. Si è sostenuto che la Regione aveva tutti gli strumenti tecnici per disporre la chiusura. L’art. 32 della legge 23 dicembre 1978 n.833 prevede che ”in materia di igiene sanità pubblica e di polizia veterinaria possono essere emesse dal Presidente della Giunta regionale ordinanze di carattere contingibile e urgente con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale”fatti salvi “le attività di istituto delle forze armate che,nel quadro delle suddette misure sanitarie, ricadono sotto la responsabilità delle competenti autorità” e “i poteri degli organi dello Stato preposti in base alle leggi vigenti alla tutela dell’ordine pubblico” L’art. 6 della stessa legge attribuisce alla competenza dello Stato le funzioni amministrative concernenti i rapporti internazionali e la profilassi delle malattie infettive e diffusive per le quali siano imposti gli interventi contro le epidemie e misure di quarantena. La Costituzione art. 117 lett. q attribuisce alla Stato le competenze sulla profilassi internazionale. La istituzione delle zone rosse, tra le prime VO Euganeo, i comuni del basso lodigiano, è stata decisa dal governo nel febbraio, così come l’8 marzo e stata decisa la zona rossa l’intera Lombardia. La risposta al quesito sembra essere che sia il governo nazionale che il governo regionale potevano provvedere. Per sei giorni però nessuno provvide ad istituirne una ad Alzano e a Nembro. A fronte delle diverse posizioni potrebbe essersi determinato un cortocircuito istituzionale, determinato dalla scarsa chiarezza legislativa. Le perplessità in ordine alla titolarità del potere di disporre la chiusura vanno eliminate con una approfondita riflessione ed una iniziativa legislativa chiarificatrice, sulla base di un criterio territoriale, regionale o nazionale. Particolari criticità potrebbero profilarsi in ordine al nesso di causalità tra omessa chiusura della zona chiusura con cinque giorni di ritardo, e incremento dei contagi da covid a Codogno .
La pubblicazione sul sito della Fondazione Einaudi dei cinque verbali delle riunioni del Comitato tecnico scientifico per l’emergenza sanitaria chiarisce meglio quanto successo in una area critica del paese per l’emergenza epidemiologica. Il verbale n.5 riassume le conclusioni a cui giungono gli esperti il 3 Marzo. I componenti del CTS propongono di adottare le opportune misure restrittive, già adottate nei comuni della zona rossa anche ai comuni di Nembro e Alzan e, al fine di limitare la diffusione dell’infezione nelle aree contigue. Il CTS pone in luce il rischio elevato, invitando il governo ad adottare misure più restrittive in una zona assimilabile per numero di contagi a Vo Euganeo e Codogno. L’invito non viene recepito. In un appunto di Palazzo Chigi pubblicato da Repubblica dell’8 Agosto e non smentito, si legge che il 3 marzo il Presidente Conte, in accordo con il Ministro della Salute interloquiva con il CTS al fine di approfondire le ragioni della richiesta di applicare il regime della zona rossa limitatamente ai comuni di Alzano e Nembro. Viene chiesto un supplemento di istruttoria al CTS. Nella tarda serata del giovedì 5 marzo il presidente del ISS rispondeva con una nota nella quale segnalava che, pur riscontrandosi un trend simile ad altri comuni della regione,i dati in possesso rendevano opportuna l’adozione di un provvedimento volto ad inserire Alzano e Nembro nella zona rossa. Il 6 marzo il CTS visto l’evolversi della situazione suggerisce al governo di superare la distinzione tra zona rossa, zona arancione e resto del territorio nazionale a favore di una soluzione più rigorosa. La notte del 7 marzo viene imposto con DPCM il lockdown in Lombardia. Il 9 marzo viene chiuso l ‘intero territorio nazionale. IL DPCM dell’11 marzo dispone la chiusura di tutte le attività commerciali e di vendita al dettaglio ad eccezione dei negozi di generi alimentari, prima necessità farmacie e parafarmacie IL DPCM del 22 marzo dispone la chiusura di ogni attività produttiva non essenziale o strategica. Sono vietati gli spostamenti in comuni diversi da quello in cui ci si trova salvo che per casi eccezionali. Le indagini della Procura bergamasca, iniziate nell’aprile 2020, sono coperte dal segreto investigativo Per comprendere meglio i termini della vicenda occorre attendere l’esito delle indagini in corso. Il perimetro dell’indagine sembrerebbe ruotare attorno a due filoni: la zona rossa e il piano pandemico nazionale non aggiornato Tra le varie persone sentite anche il direttore aggiunto dell’Organizzazione mondiale della sanità, di recente iscritto nel registro degli indagati per false informazioni al Pubblico Ministero sul piano pandemico e sul rapporto preparato dalla sede di Venezia dell’Oms relativo alla gestione della pandemia. Quanto all’Oms la Procura lamenta la scarsa collaborazione in quanto non ha consentito ai soggetti, facenti parte del personale, convocati quali persone informate sui fatti ,di essere ascoltate dai magistrati inquirenti affermando di godere dell’immunità diplomatica e non trasmettendo le informazioni richieste. Sarà disposta una rogatoria. E’ stata chiesta la proroga di altri sei mesi al GIP di Bergamo per potere esperire ulteriori indagini.
La Procura ha nominato consulente il dott. Andrea Crisanti. La relazione dovrà valutare la correlazione tra contagi e decessi alla luce della mancata attuazione della zona rossa,inizialmente prevista a marzo,e mai attuata ( AGI del 13 aprile 2021).
13 Proroga dell’emergenza. Soluzioni adottate in Europa. Lo stato di eccezione. Risoluzione del Parlamento europeo del 13 novembre 2020
Il Parlamento ha approvato la proroga dello stato di emergenza sino al 15 ottobre richiesta dal governo. Il Presidente del Consiglio ha dichiarato “Lo stato di emergenza è previsto da una norma di rango primario, i codice della protezione civile. Non deve apparire fuor d’opera che si debba prorogare lo stato di emergenza” La proroga sarebbe giustificata dalla presenza e dalla circolazione del virus sul territorio nazionale. In Europa si registrano situazioni differenziate. La proroga dell’emergenza ha suscitato perplessità. E’ stato osservato che “lo stato di emergenza era giusto e giustificato il 31 gennaio, nell’immediatezza dell’esplosione del Covid. Invece adesso, in fase di fuoriuscita dall’emergenza dovremmo tornare a utilizzare gli ordinari strumenti che il nostro ordinamento costituzionale prevede, come il decreto legge, mentre tutti gli atti temporanei prodotti fin qui che il premier giustamente non vuol far decadere,possono essere conservati tramite un atto avente forza di legge” (3i). E’ stato rilevato che nel campo della straordinarietà rientrano situazioni profondamente diverse :.l’emergenza e l’eccezionalità. L’emergenza include i poteri finalizzati allo scopo predeterminato di rientrare nella normalità. Lo stato di eccezione prevede poteri indeterminati, liberi nei fini e nei mezzi e quindi compatibile con i pieni poteri, con sospensione a tempo indeterminato dei diritti,la concentrazione dei potere e la soppressione dei controlli. Lo stato di eccezione è una nozione elaborata da Carl Schmitt. Lo stato d’eccezione è stato rivisitato in epoca contemporanea come un vuoto giuridico, una sospensione del diritto, paradossalmente legalizzata, uno ius-stitium,differente dalla dittatura. Si contrappone allo stato di diritto (25) L’emergenza non è l’eccezione e l’eccezione non è il grado ultimo dell’emergenza (Gustavo Zagrebelsky). L’emergenza ha una finalità conservativa, lo stato di eccezione una finalità di forte modificazione. In linea teorica può convenirsi sulla distinzione netta, in linea pratica lo stato di emergenza può stimolare tendenze ad un rafforzamento radicale dell’esecutivo con sostanziale limitazione dei poteri di controllo delle Camere. Lo stato di eccezione è una sospensione dell’ordinamento vigente in vista di un assetto nuovo, di una cesura col passato Il nazismo è l’esempio tragico:una legittima eccezione lunga dodici anni. Il mezzo usato fu l’abuso sistematico dell’articolo 48 della Costituzione di Weimar, il quale consentiva di congelare i diritti fondamentali se l’ordine pubblico fosse stato significativamente in pericolo. Di qui l’astratta evocazione con riferimento la situazione determinata dalla pandemia. I diritti fondamentali alla vita, alla circolazione, alla libertà divengono oggetto di un bilanciamento,i cui criteri tendono ad evitare, in nome dell’emergenza, un effettivo sindacato parlamentare: l’uso eccessivo della decretazione d’urgenza con emendamento governativo accompagnato dalla fiducia e il ricorso alle fonti secondarie (i molteplici D.P.C.M.) appaiono significativi.
Le perplessità manifestate trovano conferma nel panorama sovranazionale. Almeno 28 paesi su 65, studiati da Freedom House hanno,in qualche modo,censurato i siti web per impedire di parlare liberamente del virus e della sua diffusione. L’analisi dell’organizzazione che compie da decenni un monitoraggio sull’andamento delle libertà nel mondo calcola che almeno tredici governi abbiano deciso la chiusura di internet in intere aree dei loro paesi durante la pandemia. Tra questi l’Etiopia, il Myanmar, il Venezuela. In venti paesi sono state introdotte nuove leggi o altre esistenti sono state rafforzate per limitare le libertà di parola e in almeno quaranta nazioni si sono registrate repressioni contro giornalisti attivisti e cittadini comuni perchè hanno espresso opinioni legate al coronavirus: Cina, Turchia, Thailandia, Filippine, Zimbabwe,Cambogia, tra le altre. In quarantacinque paesi si è proceduto ad arresti e fermi per n reati di opinione espressi sulla pandemia: per esempio in India, Egitto e persino Ungheria. In nessun paese la censura è stata più sofisticata e sistematica che in Cina. Il balzo della censura in corso arriva dopo 14 anni consecutivi di riduzione e declino delle libertà democratiche nel mondo. Il 2020 segnerà un salto ulteriore verso l’autoritarismo.
Nel panorama italiano, la proroga dello stato di emergenza è stato giudicato un provvedimento illegittimo e inopportuno. E’ un provvedimento sproporzionato perché le procedure urgenti che la avrebbero motivata sono previste dal le norme esistenti. Il comitato Rodotà ha rilevato che “la sola presenza di sparuti focolai peraltro circoscritti in alcune zone del paese e ad oggi perfettamente gestibili dal servizio sanitario,non costituisce requisito sufficiente a introdurre un regime di eccezione potrebbe dichiarare ufficialmente in una ora perché basta la delibera del Consiglio che consenta di derogare alla dialettica democratica di uno stato di diritto”. Si è sviluppato un ampio dibattito, con focus su problematiche giuridiche derivanti dall’evento pandemico. La questione di fondo è quella che investe la maggiore valenza o meno del diritto alla vita dignitosa rispetto al diritto alla vita di tutti e ancora se il diritto alla salute e il diritto alla vita come prevalenti o meno, dibattito già vivo nella dottrina germanica. Le riflessioni sono state al centro di un convegno dell’Associazione Professori di Diritto amministrativo AIPDA – Convegno svoltosi di recente con tema Decidere nell’emergenza Limitazione e bilanciamento dei diritti fondamentali nell’emergenza,prendendo spunto dall’intervista Jurgen Habermas e Klaus Gunter Il dialogo Habermas Gunter è stato riletto dalla cultura giuridica italiana. E’ stato ricordato che mancano nella costituzione disposizioni che si ritrovano nella legge fondamentale tedesca, nel primo articolo la dignità umana e nel secondo il diritto alla vita. Le limitazioni delle libertà possono disporsi da un minimo a un massimo, in una gamma molto ampia. Lo stato deve sempre cercare di conciliare vita e dignità della vita promuovendo più che sanzionando e riducendo al minimo il sacrificio delle libertà. La scelta, fatta con leggi o atto avente forza di legge è scelta politica, la scelta fatta con DPCM è scelta amministrativa. Stiamo assistendo ad una ampia violazione del sistema delle fonti con conseguente riduzione degli spazi di controllo della Corte Costituzionale, ampliamento del ruolo del Giudice amministrativo (27). La forte centralizzazione decisionale, il dirigismo con venature presidenzialistiche, il rafforzamento del giudice amministrativo, con una gerarchia delle fonti capovolta, fanno pensare, con un salto all’indietro di duecento anni, alla dimensione del centralismo bonapartista, che si inseriva nella esplosiva situazione postrivoluzionaria. All’epoca al Consiglio di Stato era affidato un ruolo cardine nel meccanismo di formazione delle leggi, in quanto formulava le proposte di legge. I poteri forti attribuiti dal sistema vigente al Presidente della Repubblica Francese comprendono anche il potere di dichiarare lo stato di emergenza, facoltà quest’ultima che si ricollega ai poteri eccezionali attribuiti a Bonaparte da un decreto del dicembre 1811 in materia di etat de siege o stato di assedio. Il Parlamento Europeo ha adottato il 13 novembre 2020 una risoluzione che fa il punto sullo stato dei valori democratici europei nel contesto delle misure nazionali adottate per affrontare la pandemia covid 19. Quasi tutti i deputati intervenuti hanno espresso preoccupazione per i diritti dei cittadini e dei gruppi vulnerabili in diversi paesi UE, in cui sono state adottate delle misure di emergenza. Il PE sottolinea che le misure di emergenza rappresentano un rischio di abuso di potere e che sono soggette a tre condizioni generali, ovvero la necessità,la proporzionalità in senso stretto e la temporaneità,quando hanno effetti sullo Stato di diritto sulla democrazia e sul rispetto dei diritti fondamentali. I deputati chiedono ai Paesi UE di porre fine allo stato di emergenza o definire chiaramente la delega dei poteri ai loro esecutivi;garantire un efficace controllo parlamentare e giudiziario,astenersi dall’adottare misure che incidono profondamente sui diritti fondamentali, dare prova della massima moderazione al momento di valutare la possibilità di imporre nuove restrizioni alla libertà di circolare e rispettare il diritto alla vita familiare, in particolare delle famiglie che vivono e lavorano in diversi Stati membri,garantire il diritto all’istruzione e l’effettivo accesso all’educazione a tutti gli studenti, trovare soluzioni per garantire i diritti degli imputati valutando la possibilità di udienze on line, o il trasferimento in altri Stati membri dell’UE, di tutelare i diritti e la salute di tutte le persone in carcere. Il relatore Juan Fernando Lopez ha dichiarato “Questa pandemia si sta rivelando la peggiore crisi nella storia dell’UE”.
La commissione e gli Stati membri devono intensificare i loro sforzi per sostenere i diritti fondamentali, la democrazia e lo stato di diritto, e garantire che i governi sostengano i principi democratici nelle loro misure.
14 Effetti dello stato di emergenza nel sistema delle fonti. I D.P.C.M. 13 18 e 24 ottobre. Il D.L. n.137 del 2020 c.d. Decreto Ristori
Il 7 ottobre il Governo ha deliberato la proroga al 31 gennaio 2021 dello stato di emergenza. Con approvazione da parte del Consiglio dei Ministri di un Decreto Legge che introduce misure urgenti connesse con lo stato di emergenza, agli atti normativi primari si aggiungono ordinanze regionali, decreti presidenziali, provvedimenti, circolari interpretative o sedicenti tali, dichiarazioni, ricorsi all’autorità giudiziaria, presentati o solo minacciati. Il momento politico ha generato quelle divisioni, che sono incompatibili con un governo razionale ed efficiente della pandemia in uno Stato policentrico le Regioni, in particolare, hanno custodito gelosamente le loro prerogative e competenze in materia, non hanno ispirato la loro azione al necessario coordinamento con le autorità nazionali e le altre Regioni. Anche se una epidemia interessa solo una regione, di fatto è improbabile che gli organi di quella Regione siano in grado di gestire autonomamente la crisi sanitaria senza pericolo per le altre Regioni. Spetta allo Stato fissare una disciplina di rango legislativo per autorizzare limitazioni alle libertà fondamentali, prima fra tutte la libertà di circolazione e soggiorno, e per autorizzare il Governo ad adottare i conseguenti atti di coordinamento tecnico. Alle Regioni vanno lasciati ragionevoli margini di adattamento alle specifiche e concrete circostanze di fatto che caratterizzano, in un dato momento il territorio di riferimento (28 bis). Sugli effetti dello stato di emergenza nel sistema delle fonti, viene in evidenza il vulnus inflitto al principio di gerarchia. La consolidata dimensione differenziata di legge, decreto ordinanza, viene aggirata nel disegno del costituente. La legge espressione del Parlamento prevale sul decreto espressione dell’esecutivo, il decreto prevale sull’ordinanza del singolo ministro o di una autorità amministrativa. Viene rilevato che con lo stato di emergenza si assiste ad un radicale capovolgimento del tradizionale e consolidato principio di gerarchia (28). L’art. 25 del Codice della Protezione civile dispone che le misure di emergenza intervengono “in deroga ad ogni disposizione vigente”. Questo nuovo ordinamento viene sottolineato “Sovverte anche la catena di comando, rompe gli equilibri costituzionali” il Parlamento non è più il fulcro del sistema bensì un comprimario se non proprio una comparsa E’ il potere esecutivo viceversa a incarnare tutta l’autorità dello Stato e al suo interno il Presidente del Consiglio attraverso il DPCM “ Atto quest’ultimo sottratto, a differenza dei D.L. al controllo del Capo dello Stato ed alla ratifica del Parlamento. Si attua una torsione statalista, che comprime le regioni, e ancor più presidenziale con connotazioni che alterano la dimensione fisiologica della figura del Presidente del Consiglio nel nostro sistema. Il 31 Gennaio il governo aveva fissato la scadenza della dichiarazione di emergenza al 31 luglio, poi slittata fino al 15 luglio 20121. Le proroghe presentano elementi di criticità in quanto si tratta di provvedimenti che, ontologicamente, si collocano extra ordinem. Appare dubbia la gestione frazionata della crisi con proroghe successive. Resta in ogni caso marginalizzato il ruolo centrale del Parlamento e intaccato l’equilibrio costituzionale, assicurato dal bilanciamento dei poteri ,con possibili effetti a catena sullo stato di diritto. Nè può ritenersi sufficiente il voto delle Camere su una risoluzione di carattere generale
Il D.P.C.M..13 ottobre 2020 è composto di 12 articoli e 22 allegati. Vengono adottate misure di contrasto e contenimento dell’emergenza coronavirus. Misure che vanno dall’obbligo delle mascherine reso più stringente, al distanziamento, ai limiti alle riunioni, al divieto delle feste ,di ricevere persone non conviventi in numero superiore a sei. Su l’attività didattica. va registrata una ordinanza delle Regione Campania, che introduce disposizioni più limitative. I l decreto presidenziale si occupa anche di attività sportive di discoteche ed eventi di vario genere., quali limitazione a partecipazione a cerimonie civili e religiose. E’ stata formulata la raccomandazione, con riguardo alle abitazioni private di non ricevere persone non conviventi in numero superiore a sei. Ha suscitato perplessità la precisazione sulla non previsione dell’intervento di controllo degli organi di polizia per verificare il rispetto della raccomandazione. La precisazione è superflua. Come è noto il domicilio è qualificato inviolabile, gode di copertura costituzionale e l’accesso è possibile solo in forza di atto motivato dell’Autorità giudiziaria .
Il D.P.C.M. 18 ottobre integra il precedente Dpcm con un moderato giro di vite rispetto alle prescrizioni del precedente. Sono state introdotte nuove restrizioni, modificando gli orari di apertura e chiusura per servizi di bar e ristorazione con servizio al banco fino alle 18, seduti con un massimo di sei persone al tavolo fino alle 24. Piazze c.d. della movida prevista facoltà di imporre la chiusura in un primo momento attribuita ai sindaci poi con modificazione in itinere attribuita al Comitato provinciale per la sicurezza e l’ordine pubblico Per le scuole lezioni in classe ad eccezione dei licei e degli istituti superiori con rimodulazione degli orari e turni anche pomeridiani stop alle attività di contatto negli sport e divieti vari Sale gioco e bingo chiuse alle 21. Cinema e teatri non toccati dalle modifiche. Divieto di sagre, fiere di comunità, convegni. Novità per il lavoro pubblico e privato, nel pubblico il 75% del personale dovrà essere in smart working lavoro da casa. Le nuove disposizioni vengono adottate asseritamente per evitare un nuovo lockdown che può meglio essere definito in lingua italiana “confinamento”o “clausura”(Augias) o chiusura.
Un ulteriore intervento governativo ha trovato attuazione con il DPCM 24 ottobre il terzo in circa 12 giorni, le misure più appariscenti e in un certo senso più criticate sono state la chiusura netta del circuito cultura teatri e cinema, delle palestre e piscine, e la sospensione delle competizioni sportive. La sospensione dei convegni. Per i ristoranti e bar viene prevista la chiusura alle ore 18. Prevista anche la possibile chiusura disposta in sede locale delle piazze con concentrazione di persone. Chiuse le discoteche, sale da ballo, vietati gli sport di contatto. Per le scuole superiori 75% lezioni da casa. Il decreto legge 137 del 2020 prevede nuovi contributi a fondo perduto. Per gli operatori dei settori economici oggetto delle nuove restrizioni introdotte dal D.P.C.M. ottobre Allungamento cassa integrazione cancellazione rata IMU per le categorie interessate misure per i lavoratori dello spettacolo del turismo e dello sport il blocco dei licenziamenti viene prorogato al 31 gennaio 2021 con alcune esclusioni. Viene esteso lo smart working. Con l’ordinanza n. 49 del Presidente della provincia autonoma di Bolzano Alto Adige vengono stabilite regole diverse rispetto alle restrizioni previste dal D.P.C.M. Le modifiche sarebbero frutto di alcuni adattamenti alla realtà locale. L’ordinanza stabilisce anche il coprifuoco dalle 23 alle 5. le modifiche più restrittive rispetto al territorio nazionale sono consentite. Il D.P.C.M. 3 novembre 2020, il quarto, emanato in venti giorni Il testo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Divide l’Italia in tre diverse fasce di rischio e contiene provvedimenti validi su tutto il territorio nazionale riservando alle Regioni la facoltà di adottare provvedimenti più restrittivi, ritenuti più efficaci in relazione ai singoli territori. La tripartizione è stata operata sulla base di 21 parametri elencati nel testo. Le norme in vigore dal 5 novembre, con efficacia fino al 3 dicembre, sono contenute in alcune norme applicabili a livello regionale. Le zone sono tre: rossa, arancione e gialla. In tutte le zone è previsto il cd. Coprifuoco dalle 22 alle 5 con spostamenti ,consentiti. come in passato, da comprovate esigenze lavorative,situazioni di necessità e motivi di salute. La zona rossa comprende 5 regioni. Lombardia Piemonte,Calabria, Alto Adige e Valle d’Aosta, in cui si applicano le misure più restrittive, quali divieto di spostamenti, Didattica a distanza (DAD) nelle scuole a partire dalla seconda media. In buona sostanza a differenza delle eccezioni per parrucchieri viene riproposta la stessa situazione del precedente Lockdown. In sintesi tutto chiuso ad eccezione dei servizi essenziali, vietata la mobilità all’interno e all’esterno tra regioni nella zona arancione, Sicilia e Puglia, vietati gli spostamenti in comuni diversi da quello di residenza, Bar e ristoranti chiusi negozi aperti. Zona gialla le restanti regioni,consentita la mobilità fino alle 22 Scuole didattica a distanza per le superiori, chiusi i centri commerciali nel fine settimana. Bar e ristoranti chiusi alle 18. Chiusi cinema teatri musei e mostre. Nelle tre zone il trasporto pubblico dovrà essere utilizzato al 50% della capienza. Misura di improbabile applicazione. Il D.P.C.M. è stato accompagnato da insistenti polemiche, alimentate da dichiarazioni di vari esponenti politici e da un documento della conferenza dei Presidenti delle regioni, che sollecita al Governo centrale la previsione di una disciplina uniforme per tutto il territorio nazionale. Il suggerimento non è stato accolto. Sembra corretto ritenere che situazioni territoriali diverse sotto il profilo epidemiologico siano oggetto di regolamentazione differenziata. Le tre zone sono oggetto di modifiche per trasformazione o inclusione in zone diverse con disciplina più restrittiva. Da ultimo in zona gialla sono comprese 5 regioni. Il disegno di legge sul bilancio per il triennio 2021-2023 contiene la settima manovra economica dell’anno. E’ stato preceduto dai Decreti Legge “Cura Italia”, “Liquidità”, “Rilancio,”Ristori I”. Il 27 ottobre con stanziamenti per 5,4 miliardi Ristori II, il 7 novembre per 2,8 miliardi, il Ristori III, per 2 miliardi di prestiti e di trasferimenti del “Recovery fund”. Il 20 novembre è stato emesso il decreto ristori 3 contenente ulteriori provvidenze per i settori e le categorie in difficoltà per 2 miliardi. Il Decreto Legge 2 dicembre 2020 n.158. Contiene disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi, divieti di spostamenti sanitari connessi alla diffusione del Virus COVID 19, contenente il calendario del periodo natalizio con le limitazioni previste. Per fronteggiare l’emergenza sanitaria divieti di spostamenti. L’art.1 reca modificazioni urgenti della legislazione emergenziale. In particolare divieti di spostamenti tra regioni diverse fatte salve le situazioni di necessità o motivi di salute 25, 26 dicembre, 1 gennaio, vietati anche gli spostamenti tra comuni diversi. Previsto un prolungamento del limite massimo di vigenza dei DPCM attuativi delle norme emergenziali portandolo dagli attuali 30 a 50 giorni. Con il DPCM del 3 dicembre vengono fissate le regole definitive per bar ristoranti negozi per il periodo natalizio. In estrema sintesi si tratta di misure restrittive specifiche per evitare una ulteriore recrudescenza dell’epidemia, scongiurando il rischio di una terza ondata. Le Regioni lamentano il mancato coinvolgimento nel momento conoscitivo e decisionale. Si ripropone ancora una volta il problema del coordinamento Stato Regioni. Con il Decreto Legge 18 dicembre 2020 n.172 sono state emanate Ulteriori disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del virus Covid 19. Il D. L. esordisce facendo salve le disposizioni dal D.L. n. 158 del 2 dicembre. Prevede in particolare che tutto il territorio nazionale è qualificato Zona Rossa dal 24 dicembre al 6 gennaio nei giorni festivi e prefestivi. E’ qualificata zona arancione nei giorni feriali, il 28 29 30 dicembre e 4 gennaio possibile nei periodi rossi. Sono consentiti gli spostamenti per comprovate ragioni, esigenze lavorative, situazioni di necessità o di salute. E’ consentita l’attività motoria nelle vicinanze della propria abitazione e attività sportiva da soli. Nei giorni feriali è consentito spostarsi una sola volta al giorno verso una abitazione privata nel limite di due persone, sono aperti negozi alimentari farmacie parafarmacie edicole tabaccai. In Spagna la comunità di Madrid concede fino a sei persone alla stessa tavola. La Catalogna autorizza fino a dieci commensali. A differenza della Germania. limite di quattro persone, in Slovenia sei, in Austria massimo dieci a tavola, stessa misura in Svizzera dove è consentita l’apertura delle piste da sci. Nei giorni feriali è consentito spostarsi nel proprio comune. In arancione Centri commerciali chiusi. Sono sempre aperti negozi alimentari farmacie parafarmacie, tabaccai, lavanderie, parrucchieri. Nei giorni rossi bar e ristoranti sono chiusi, è consentito prendere cibo da asporto nei giorni arancione In definitiva sia pur con piccole differenze le restrizioni sono applicate in tutta l’Europa. L’anno 2021 è iniziato con il decreto legge 14 gennaio 2021 che, tra l’altro, proroga, la dichiarazione dello stato di emergenza al 30 aprile. Con il Dpcm 15 gennaio è stata confermata per il periodo dal 16 gennaio al 5 marzo la ripartizione del territorio nazionale in zone gialle e arancione, in quattordici la maggioranza e rosso con l’applicazione di parametri più restrittivi e l’adozione di un ulteriore decreto Ristori contenente misure di sostegno per le categorie in difficoltà economiche. Il decreto legge e il D.P.C.M. si collocano nel segno del tentativo di recupero di margini di legalità. Con particolare riguardo ai diritti di libertà e alla necessaria copertura legislativa. Appare significativa la dimensione sommaria del d.l. Il DPCM contenente ulteriori disposizioni attuative e caratterizzato dal carattere diffuso che si delinea in 14 articoli e 25 allegati. Valgono al riguardo le osservazioni già formulate sulla dimensione assorbente del DPCM Cfr. retro. Il governo ha approvato nel Consiglio dei Ministri del 13 gennaio il Recovery Plan che contiene i programmi di spesa con i quali il governo chiederà alla Commissione Europea i 209 miliardi di euro destinati all’Italia tra prestiti e trasferimenti nel periodo 2021, 2026, nell’ambito del progetto Next Generation EU per rilanciare l’Unione dopo la pandemia. Il susseguirsi dei provvedimenti rende sempre più necessaria una informazione precisa e puntuale sulle misure che vengono man mano adottate o modificate. Si accentua la copertura legislativa delle misure, in sintonia anche con quanto si sta verificando negli altri paesi Europei. Va ricordato, da ultimo, l’adozione da parte della Svezia di una legge pandemica che autorizza ulteriori misure restrittive, legge in vigore a partire dal 10 gennaio fino a fine settembre. La nuova legge consente di limitare gli orari di apertura delle attività commerciali, di imporne la chiusura, di ridurre o vietare l’accesso ai luoghi pubblici come i mercati, i parchi o le spiagge, e perfino di sospendere i trasporti collettivi. La legge segna una netta inversione di tendenza per un paese che aveva scelto di privilegiare le raccomandazioni rispetto ai divieti. E’ stata rivista la suddivisione del territorio nazionale in aree cromatiche. Sono state previste cinque zone dal bianco al rosso con misure restrittive crescenti in relazione alla curva epidemiologica con misure restrittive crescenti da bianca a rossa. E’ stato prorogato fino al 27 marzo il divieto di spostamento tra le regioni. Il primo D.P.C.M., firmato dal nuovo Presidente del Consiglio ,resterà in vigore per un mese dal 6 marzo al 6 aprile Pasqua compresa. Viene confermato il modello di divisione del Paese in aree colori, a seconda della diffusione del Covid. In Sardegna unica zona bianca è prevista una limitata liberalizzazione delle misure. Restano immutati mascherine, distanziamenti, con sospensione di tutti gli eventi a rischio, tipo assembramenti, fiere, congressi, discoteche e partite di calcio. Per i cinema e teatri sembra aprirsi uno spiraglio in zona gialla a decorrere dal 27 marzo. Il Consiglio dei Ministri ha deliberato l’adozione del D.L 13 marzo. Contiene misure urgenti per fronteggiare la diffusione del Covid 19 e sostegno per lavoratori, con figli minori in didattica a distanza. Una impennata della curva epidemiologica ha indotto il governo ad operare un giro di vite adottando misure più restrittive e ridisegnando la mappa cromatica delle regioni.10 risultano essere in fascia rossa, le altre in fascia arancione.
La sola Sardegna in bianca. La stessa regione è successivamente ritornata in zona rossa e poi in arancione.
L’uso dello strumento primario del decreto legge caratterizza la nuova fase. Segna un cambio di passo, che restituisce centralità al Parlamento. Il D.L. è stato varato a distanza di pochi giorni dall’ultimo intervento contenuto nel DPCM del 2 marzo. Le limitazioni coprono un arco di tempo che va dal 15 marzo al 6 aprile includendo le festività pasquali. Sono previsti nuovi parametri di pericolosità ed automatismi basati sul numero dei contagi in rapporto alla popolazione. I Presidenti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano possono disporre l’applicazione di misure restrittive per situazioni locali. Sono vietati gli spostamenti tra le regioni. Paolo Armaroli ha pubblicato un libro intitolato “Effetto Draghi, le metamorfosi di una Repubblica” con una prefazione di Enzo Cheli. Un primo recupero della legalità costituzionale. In linea con i principi sanciti dalla Corte Costituzionale. Compete allo Stato l’adozione delle misure di contrasto della pandemia in materia di profilassi internazionale. Il 19 marzo il governo ha varato un decreto di sostegno dell’economia. Previsti anche versamenti a partite IVA aumento del debito pubblico compatibile con la pandemia in corso. Le risorse dovrebbero essere erogate entro il mese di aprile. Prevista anche la cancellazione delle cartelle con importo limitato a 5.000 euro, debiti che risalgono a circa 10 anni fa. La misura si applica a soggetti con redditi sotto i 30.000 euro. Si tratta di una eliminazione contabile di 16 milioni di vecchi crediti, di fatto inesigibili.
15 Ricorso della Fondazione L. Einaudi . TAR Lazio 22 luglio 2020
La Fondazione Luigi Einaudi ha chiesto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri l’accesso ai verbali, relativi ai pareri dli comitato tecnico scientifico, sulla base dei quali erano stati emanati i vari decreti Covid. L’accesso è stato negato ex art.24 1comma lett. c l.241 del 1990. Il provvedimento è stato impugnato. Sono stati articolati cinque motivi. Sulla base del primo, ritenuto fondato ed assorbente dal TAR Lazio sezione prima quater, I D.P.C.M., per i quali sono state richieste le valutazioni del comitato tecnico scientifico, non costituiscono atti normativi o amministrativi generali, ma ordinanze contingibili e urgenti. Il TAR ritiene gli atti amministrativi generali sottratti alla disciplina di accesso, solo in quanto sono previste per essi particolari forme di pubblicità e trasparenza. Evidenzia, quanto ai DPCM, la particolare tipicità, che si connota per caratteristiche ben più assonanti con le ordinanze contingibili ed urgenti. Si tratta di provvedimenti, adottati sulla base di presupposti assolutamente eccezionali e temporaneamente limitati, che, a differenza degli atti normativi generali , consentono di derogare all’ordinamento giuridico ,anche imponendo obblighi di fare o di non fare. Nè sono state apposte ragioni attinenti alla segretezza o riservatezza degli stessi,tali da far prevalere l’interesse alla riservatezza rispetto a quella sulla trasparenza. L’art. 24 della legge 241 del 1990 consente di negare l’accesso per impugnare, solo quando non consente l’impugnazione, come per gli atti amministrativi generali e non come nel caso di specie. Non può non essere riconosciuto il diritto di accesso ex art 10 CEDU e 1,2,3,13,21,41 Costituzione. E’ necessario che, anche in periodi di emergenza, vengano rispettate le previsioni e i principi del sistema costituzionale. L’emergenza può e deve essere affrontata con strumenti adeguati, quale il Decreto legge, che non sottrae al Parlamento le sue attribuzioni. E’ indispensabile evitare che l’emergenza costituisca l’occasione per il passaggio allo stato di eccezione, che caratterizza i regimi autoritari. Le misure devono essere necessarie, proporzionate e limitate nel tempo. Le libertà costituzionali possono essere limitate solo con legge ordinaria. Siamo in presenza di una riserva di legge assoluta e rinforzata. Avverso la decisione del TAR è stato proposto ricorso al Consiglio di Stato. Con decreto presidenziale è stata concessa la sospensione della decisione,pur ritenendo impregiudicata la questione quanto al fumus boni iuris . Il 6 agosto il Governo ha deciso di rendere noti i verbali di cinque riunioni del comitato tecnico scientifico, per i quali la fondazione Einaudi aveva inutilmente chiesto l’accesso…Si tratta degli atti a supporto dei DPCM, emessi dal Presidente del consiglio, 200 pagine dal 28 febbraio al 9 aprile. I Il comitato tecnico scientifico il28 febbraio chiedeva per le tre regioni del nord, colpite nella fase iniziale del contagio, una serie di misure, molto simili a quelle che saranno poi adottate dieci giorni dopo. Il 7 marzo il CTS indicava le zone in cui applicare misure più rigorose, rispetto a quelle da applicarsi a tutto il paese. L’8 marzo veniva emesso il D.P.C.M. che prevede limitazioni agli spostamenti in Lombardia e altre zone. Sarà ricordata come la notte della grande fuga dei tanti fuori sede che cercano di lasciare la Lombardia per raggiungere il Sud. Dall’8 marzo scattano una serie di provvedimenti limitativi e chiusure di attività. Tra il 28 febbraio e l’8 marzo si è verificata una stasi decisionale. Provvedimenti tempestivi avrebbero, forse, potuto limitare i danni. L’11 marzo intervengono severe misure limitative ,che interessano l’intero paese. In altri termini la raccomandazione iniziale di misure diversificate in ragione della diversa incidenza epidemiologica si trasforma in un lockdown generalizzato che coinvolge anche le regioni del sud, colpite in misura minore dal virus. Ritardi decisionali, dunque, nel periodo 28 febbraio 8 marzo, ed estensione l’11 marzo delle misure proposte dal comitato tecnico scientifico a tutto il territorio nazionale. Non sono stati resi noti i verbali relativi alla istituzione della zona rossa ad Alzano e Nembro. La pubblicizzazione è stata decisa dal governo, probabilmente sulla base di una valutazione prognostica in ordine all’ esito del giudizio davanti al Consiglio di Stato, ricavabile, indirettamente, da alcuni passaggi del decreto presidenziale di sospensione. Sono emerse incertezze e ritardi dell’azione di governo. Al di là di un uso non meditato del divieto di accesso agli atti, la successione degli avvenimenti evidenzia la funzione essenziale della giurisdizione libera. E’ un contrappeso costituzionale all’eccessiva discrezionalità dell’azione di governo, tenuta pur nelle situazioni di criticità, al rispetto dei diritti fondamentali ed in particolare del diritto alla trasparenza e alla conoscenza.
16 Ulteriori Pronunce del Giudice amministrativo
TAR LAZIO 10047 e 10048 del 29 Settembre 2020
Annullata l’ordinanza della Presidenza della regione Lazio del 17 aprile che prevedeva l’obbligo di vaccinazione (peraltro comunque auspicata dal CTS) per influenza stagionale per tutte le persone che hanno superato i 65 anni, nonché per tutto il personale socio sanitario operante in ambito regionale. Il TAR ha puntualizzato che non è disconosciuta dalla Corte Costituzionale la possibilità che le regioni possano legiferare in settori riservati al legislatore statale, ma a condizione che vengano rispettati i principi fissati dalla legge statale, la soglia stabilita dal legislatore statale tra obbligo e raccomandazione del vaccino antinfluenzale poiché costituisce il frutto di una operazione di bilanciamento, complessa ed articolata tra libertà del singolo e tutela della salute individuale e collettiva. Non potrebbe essere derogata dalle regioni neppure in melius, ossia in senso più restrittivo” nel caso di specie al di là della ragionevolezza della misura (peraltro comunque auspicata dal CTS). La sua introduzione non rientra nella sfera di attribuzioni regionali ma, semmai, soltanto in quella statale. Sede quest’ultima, cui va dunque ascritta ogni competenza e responsabilità anche di matrice politica, in merito alla decisione di introdurre o meno obblighi di questo genere. La normativa emergenziale Covid non ammette simili interventi regionali in materia di vaccinazioni obbligatorie. Le disposizioni in materia di igiene e sanità nonché di protezione civile, non recano previsioni che possano autorizzare le regioni ad adottare questo tipo di ordinanze, allorchè il fenomeno assuma, come nella specie, un rilievo di carattere nazionale. L’ordinamento costituzionale non tollera interventi regionali di questo genere, diretti nella sostanza ad alterare taluni difficili equilibri, raggiunti dagli organi del potere centrale.
TAR Strasburgo
Il Tar di Strasburgo ha bocciato i decreto del Prefetto del Basso Reno che prevedeva l’obbligo per i cittadini di Strasburgo e altri 12 comuni del dipartimento l’uso obbligatorio della mascherina anche all’aperto. Il provvedimento va rimodulato e differenziato, in quanto l’obbligo generalizzato è una violazione e una grave violazione della libertà personale e di circolazione. Il provvedimento dovrà essere rivisto dalla Prefetta Josiane Chevalier escludendo i comuni e le fasce orarie che non sono caratterizzate da una forte densità di popolazione o da circostanze locali suscettibili di favorire al diffusione del coronavirus.
Consiglio di Stato Parere 5 aprile 2020 n.735.
Nell’interpretare le disposizioni del D. l-19 del 2020, il Consiglio di Stato ha emesso un parere positivo sulla proposta del Ministro dell’Interno di procedere all’annullamento dell’ordinanza 5 aprile 2020, n.105 del Sindaco di Messina in tema di emergenza covid. Ha in particolare ritenuto che “in presenza di emergenze di carattere nazionale, pur nel rispetto delle autonomie costituzionalmente tutelate, vi deve essere una gestione unitaria della crisi, per evitare che interventi regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva di gestione dell’emergenza, soprattutto in casi in cui non si tratta solo di erogare aiuti o effettuare interventi, ma anche di limitare le libertà costituzionali”.
17 Dinamica dei rapporti autorità- libertà
Nei periodi di emergenza si ripresenta, quasi ciclicamente, il rischio di oscillazioni del pendolo autorità- libertà. In presenza di situazioni che presentano forti criticità, tali da poter porre in pericolo lo stato di salute dei cittadini e della stessa repubblica. E’ in queste situazioni che non solo il potere ma lo stesso diritto dismettendo la natura di strumento di regolazione mite del vivere civili può rivelare il suo volto oscuro. Può verificarsi quella che, con un suggestivo neologismo, è stata definita la deinocrazia, vale a dire la torsione degli Stati contemporanei che, in conseguenza di un uso politico della paura verso forme di democrazia securitaria, nelle quali la necessità di affrontare con la massima efficacia situazioni emergenziali, non di rado di natura planetaria, finirebbe con il giustificare sospensioni più o meno estese e, soprattutto durature, dello stato costituzionale di diritto o meglio delle libertà di cui esso si alimenta (29). Va messo nel conto anche una situazione di deriva che si verifica ormai da svariati decenni il paradosso consiste nel fatto che ,pur nella sua ordinaria esistenza,precedente la pandemia, il nostro ordinamento giuridico ha depotenziato di qualsiasi valenza eccezionale strumenti che ,pur astrattamente ,avrebbero potuto essere invocati per situazioni di straordinaria necessità ed urgenza, a cominciare dal decreto legge, ormai normalizzato dall’abuso reiterato e costante. Ha, contemporaneamente, sviluppato strumenti, si pensi alle ordinanze di necessità abilitati, in una prospettiva di interventi tendenzialmente circoscritti e chirurgici, e a intervenire in deroga al regime ordinario delle competenze. Si sarebbe dunque sviluppata in Italia, prima della pandemia, una sorta di “normalità emergenziale a bassa intensità, fatta appunto di abusi costanti della decretazione d’urgenza o del proliferare di poteri emergenziali di autorità amministrativa, il cui utilizzo, pressochè abituale, ha finito per sfumare la distinzione ,fino a confonderla, tra normalità ed emergenza. (30)
18 Il Decreto Presidente Consiglio Ministri Pronunce del giudice ordinario.
Il Tribunale di Roma sesta sezione civile, pronunciandosi nell’ambito di una controversia ,inerente la richiesta di convalida di sfratto per morosità di un esercizio commerciale , morosità maturata nel periodo di tempo investito dall’epidemia, ha dichiarato la illegittimità dello strumento del DPCM con l’ordinanza n. 45896 del 2929 del 16 dicembre ,richiamando anche la precedente pronuncia del Giudice di pace di Frosinone. La compressione dei diritti fondamentali è stata operata in palese violazione della Costituzione e dei diritti. Ha precisato il Tribunale che la compressione dei diritti è avvenuta, usando uno strumento amministrativo. La natura del provvedimento è tale, anche se un atto avente forza di legge lo legittimi preventivamente. E’ stato ricordato che diverse ed autorevoli sono state le opinioni di coloro (per tutti i Presidenti emeriti della Corte Costituzionale Baldassare, Marini, Cassese) che hanno ritenuto incostituzionale il DPCM. Va aggiunto che la dichiarazione dello stato di emergenza con delibera consiglio dei Ministri del 31.1. fa riferimento ai sensi e per gli effetti all’art. 7 di cui all’art. 7 c deve ritenersi illegittima in quanto emanata in assenza dei presupposti legislativi, perchè nessuna fonte costituzionale o avente forza di legge ordinaria attribuisce il potere per rischio sanitario. Sono le calamità naturali che rilevano unicamente ex art. 7 v comma 1 lettera c del DLGS n.1 Viene anche richiamata l’ordinanza del TAR LAZIO 7468/2020, in tema di uso prolungato della mascherina in minori ,che, pronunciandosi con riferimento al DPCM del novembre 2020 ha rilevato “che dal DPCM impugnato non emergono elementi tali da far ritenere che l’amministrazione abbia effettuato un opportuno bilanciamento tra il diritto fondamentale alla salute della collettività e tutti gli altri diritti inviolabili parimenti riconosciuti e tutelati dalla Costituzione fra cui, primariamente, il diritto alla salute dei minori, di età compresa fra 6 e 11 anni, sì da poter connotare di ragionevolezza l’imposizione a questi ultimi dell’uso di un dispositivo di protezione, e di proporzionalità l’imposizione a questi ultimi dell’uso di un dispositivo di protezione individuale in modo prolungato e incondizionato. Il G.I.P. DI Reggio Emilia ha escluso la configurabilità del delitto di cui all’art. 483 c.p. nel caso di false dichiarazioni sulla sussistenza di una delle condizioni che possono giustificare gli spostamenti, in caso di restrizioni per ragioni di prevenzione epidemiologica, ai sensi del DPCM 8 marzo 2020. Sentenza 27 gennaio 2021 n.54. IlgGiudice ha disapplicato l’atto amministrativo .ai sensi dell’art. 5 legge n.2248 del 1865 all.e, in quanto costituzionalmente illegittimo. Ha ritenuto che di fatto si venisse a configurare un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare, casi in cui deve essere garantito il controllo giurisdizionale. Si tratta di una fonte regolamentare di secondo grado. In materia di libertà personale vi è una duplice riserva di legge e di giurisdizione .In altri termini ci si trova di fronte ad un obbligo imposto , in modo non conforme a costituzione.
19 Ordinanza n.4 della Corte Costituzionale del 14 gennaio 2021. La Consulta sospende la legge della Val d’Aosta n.11 del 9 dicembre 2020. Conferma dell’ordinanza. Sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 2021
La Corte ha ritenuto che sussista sia il fumus boni iuris che il periculum in mora. Ha, peraltro, ravvisato ragioni di urgenza per intervenire, sospendendo in via interinale la legge regionale. Ha stabilito che”la pandemia in corso ha richiesto e richiede interventi rientranti nella materia della profilassi internazionale di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art.117 secondo comma lett.q della Costituzione. L’eccezionalità dell’ordinanza è strettamente connessa allo stato di emergenza ed alla preoccupante situazione sanitaria. La decisione riguarda la Val d’Aosta e anche tutte le altre Regioni, Che, adesso dovranno muoversi nel rispetto delle direttive dello Stato (Enzo Cheli). Tra le righe la Corte ha chiarito un principio,ossia che sulle misure di contenimento deve esserci una gestione unitaria. La Consulta ha enunciato un principio forte, e cioè che le disposizioni rispetto a questa pandemia riguardano la profilassi internazionale, materia di competenza esclusiva dello Stato, il secondo principio forte è che vi sia un interesse pubblico di gestione unitaria. Si può configurare una applicazione del principio di sussidiarietà, ma bisogna salvaguardare il rapporto leale. Occorre una azione unitaria che spetta solo allo Stato. La cabina di regia deve essere unica e centrale. Sembra chiaro in quale direzione si proceda (Cesare Mirabelli). In definitiva, a fronte di una richiesta di sospensiva accolta, sempre delinearsi un orientamento generale in materia di rapporti Tra Stato e Regioni sulle restrizioni sanitarie in materia di pandemia. Gli interventi, resi necessari dalla pandemia, non rientrano tra quelli, nei quali Stato e Regioni si spartiscono i compiti,ma tra quelli che spettano, esclusivamente, al Governo,con cui le Regioni debbono collaborare.
Il Pluralismo antipandemia è una contraddizione (Sabino Cassese). L’intervento della Corte Costituzionale appare orientato a garantire oltre che il rispetto della noma Costituzionale ,un equilibrato rapporto Stato Regioni, Elementi di chiarezza in un orizzonte giuridico con iniziative pluralistiche contradditorie . Come è stato evidenziato “In nome dell’emergenza sanitaria ogni autorità costituita – locale regionale nazionale- dispensa in lungo e in largo i propri editti,senza mai curarsi del quadro complessivo. La Consulta lo aveva già scritto nella sentenza n.5 del 2018, lo ha ribadito con la sentenza n.37 del 2021. La gestione della pandemia reclama” una disciplina unitaria di carattere nazionale, idonea preservare l’uguaglianza delle persone nell’esercizio del fondamentale diritto alla salute e a tutelare contemporaneamente, l’interesse della collettività”. La profilassi internazionale è materia di competenza esclusiva dello Stato. (28) .
La sentenza della Corte Costituzionale n.37 del 2021. Conferma dell’ordinanza.
La Regione a statuto speciale Val d’Aosta, con la legge regionale 11 del 2020,ha disciplinato la gestione regionale dell’emergenza, dettando regole, in contrasto con quanto previsto in sede nazionale. La Corte ha ribadito la linea anticipata con l’ordinanza n. 14. La Costituzione assegna allo Stato competenza esclusiva nella profilassi internazionale, con pregiudizio dell’interesse pubblico e ai diritti delle persone(Art. 117 comma 2 lett.q Costituzione). Ha ribadito che la profilassi internazionale concerne norme che garantiscano uniformità anche nell’attuazione, in ambito nazionale di programmi elaborati in sede internazionale e sovranazionale (sentenza n.5 del 2018 in precedenza sent. 270 del 2016,n.173 del 2014, n. 406 del 2005 e n.12 del 2004).
Il Covid 19 deve considerarsi una malattia e, in quanto tale, “internazionale” in ragione della diffusività che la caratterizza. Il nuovo art.117 secondo comma Cost attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la cura degli interessi che emergono innanzi ad una malattia pandemica di larga distribuzione geografica ovvero tale da dover essere reputata internazionale,sulla base della diffusività che la connota.. Ragioni logiche prima che giuridiche (sent. 5 del 2018), radicano nell’ordinamento costituzionale l’esigenza di una disciplina unitaria di carattere nazionale, idonea a preservare l’uguaglianza delle persone nell’esercizio del fondamentale diritto alla salute e a tutelare l’interesse della collettività
(sent.. 169 del 2017,338 del 2003 e 282 del 2002). La Corte ha precisato che nel vigore del nuovo titolo V parte II della Costituzione, infine il l’indirizzo volto ad adattare il governo dell’emergenza,anche sanitaria,al carattere locale o nazionale di essa, ha trovato ulteriore sviluppo con il decreto legislativo 2 gennaio 2018 n. 8 (Codice della Protezione civile). Ha richiamato l’art.7 comma1 lettera c) in correlazione con l’art.24 seguente, che radica nello Stato il potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti di protezione civile, acquisita l’intesa con le regioni e le province autonome territorialmente interessate. Il coinvolgimento delle autonomie è previsto quando, pur a fronte di una localizzazione, l’emergenza assuma, ugualmente, carattere nazionale.
La Corte ha respinto la richiesta della Regione di autorimettere la questione di costituzionalità dei decreti legge su cui si fondano i DPCM (d.l. 19 del 2020 e e 33 del 2020) sia nella parte in cui tali disposizioni comprimerebbero l’autonomia regionale (artt. 117 e 118 cost.) sia nella parte in cui darebbero vita a fonti dell’emergenza, ovvero i DPCM.
Si tratta di questioni di legittimità costituzionale, prive di rilevanza, una volta che si sia accertato che si verte in materia, affidata alla competenza esclusiva statale.
Il ricorso è stato accolto, limitatamente alle disposizioni con le quali la legge impugnata ha introdotto misure di contrasto all’epidemia, differenti da quelle previste dalla normativa statale. Il legislatore regionale,anche se dotato di autonomia speciale,non può invadere, con una sua propria disciplina, una materia avente ad oggetto la pandemia da COVID 19,diffusa a livello globale e,perciò,affidata interamente alla competenza legislativa esclusiva dello Stato,a titolo di profilassi internazionale. La legge valdostana è stata dichiarata costituzionalmente illegittima. La Corte ha rilevato che, fin dal decreto legge 23 febbraio 2020 n.6, poi convertito nella legge 5 marzo 2020, il legislatore statale si è affidato ad una sequenza normativa e amministrativa che muove dall’introduzione,da parte di atti aventi forza di legge,di misure di quarantena e restrittive, per culminare nel dosaggio di queste ultime,nel tempo e nello spazio, a seconda dell’andamento della pandemia da parte dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri. Allo stato il quadro normativo vigente si articola soprattutto sul D.l. n.19 del 2020 e sul D.L. n. 33 del 2020, con i quali una tale sequela ha trovato ulteriore specificazione. Va ricordato quanto rilevato nel paragrafo 2 sul d.l.n.6. In particolare l’art. 2 consentiva l’adozione di ulteriori misure di contenimento e gestione dell’emergenza al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia da covid 19 anche fuori dei casi di cui all’art.1. Si tratta di amplissimi poteri con possibili limitazioni di diritti fondamentali. la norma ingenera consistenti perplessità, con particolare riguardo al rispetto della riserva di legge e di giurisdizione. Il D. L. faceva riferimento non a tutto il territorio nazionale, ma solo alle c.d. zone rosse.10 comuni in Lombardia e il comune di Vo in provincia di Padova Al D.L. hanno fatto seguito alcuni D.P.C.M. Le misure sono state estese all’intero territorio nazionale, introducendo limitazioni alla libera circolazione dei cittadini. Vanno anche richiamatele posizioni critiche assunte da numerosi giuristi. Nella sentenza n.37,in ogni caso, La Corte non si è, giova ribadirlo, pronunziata sui D.P.C.M. La Corte ha ritenuto che “non è in discussione in questo giudizio, che riguarda il riparto di competenze nel contrasto alla pandemia, la legittimità dei DPCM, adottati a tale scopo,comunque sottoposti al sindacato del Giudice amministrativo, ma è invece da affermare il divieto per le Regioni anche ad autonomia speciale di interferire legislativamente con la disciplina fissata dal competente legislatore statale”. In definitiva si è verificata la sovrapposizione della regolamentazione della Regione a quella prescelta dalla competente normativa dello Stato. Invadendo la sfera di attribuzione sottratta all’intervento del legislatore regionale”2l’art.2 del D.L. n.19 del 2020 ha reputato opportuno. Nell’esercizio della discrezionalità propria del legislatore in una materia di sua competenza esclusiva (sent. n. 7 del 2016) attivare un percorso di leale collaborazione con il sistema regionale, prevedendo che i D.P.C.M. siano preceduti, a seconda degli interessi coinvolti, dal parere dei Presidenti delle Regioni o da quello del Presidente della conferenza delle Regioni e delle Province autonome”. Si può parlare di garanzie volte a individuare le aree di intervento evitando eventuali invasioni.
20 Il Decreto legge 1 Aprile 2021 n.44 Il D.L 22 aprile 2021 n.52 La proroga dello stato di emergenza al 31 luglio 2021
Il 31 marzo il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge contenente misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da covid 19 in materia di vaccinazioni antisars covid, di giustizia e di concorsi pubblici. E’ prevista la proroga fino al 30 aprile dell’applicazione delle disposizioni del D.P.C.M. 2 marzo 2021. In particolare l’applicazione nelle zone gialle delle misure della zona arancione. Il testo prevede la possibilità di apportare modifiche alle misure adottate con deliberazioni del Consiglio dei Ministri. Viene esclusa la responsabilità penale del personale medico e sanitario, quando le vaccinazioni sono effettuate in conformità alle indicazioni del provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio e alle circolari del Ministero della salute. La riapertura delle scuole è prevista con modalità diverse nelle zone rosse ed arancione.
E’ stata Introdotta l’obbligatorietà della vaccinazione per il personale medico e sanitario con misure ,in caso di inottemperanza (assegnazione a diverse mansioni ovvero sospensione della retribuzione. Sono Previste norme sullo svolgimento dell’attività giudiziaria,la proroga al 31 luglio 2021 di alcune disposizioni in materia di giustizia civile,penale ,amministrativa ,contabile e tributaria,norme sullo svolgimento dell’attività giudiziaria in periodo di emergenza pandemica Reca infine modifiche al codice della giustizia contabile Sulla vaccinazione obbligatoria per i medici e il personale sanitario è sufficiente ricordare che l’art.32 della Costituzione prevede che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario ,se non per disposizione di legge. Nel caso di crisi pandemica e nel rispetto della riserva di legge l’obbligo di vaccinazione per il personale medico appare legittimo. Del resto l’ordinamento conosce ipotesi specifiche di trattamento sanitario obbligatorio, c.d. TSO previsto dalla legge 833 del 1978.
Il D.L. n. 52 conferma le zone rosse ed arancione, ripristina le zone gialle, in gran parte nel paese. Il testo individua il cronoprogramma per la graduale rimozione delle restrizioni, alla luce dei dati scientifici sull’epidemia e dell’andamento della campagna vaccinale.
Consente la riapertura dei servizi di ristorazione sia pure all’aperto e nei limiti orari stabiliti ore 22, che restano confermati. Dal 1 giugno sarà possibile anche l’attività in area chiusa dalle 5 alle 18. Le nuove regole dovrebbero valere fino al 31 luglio. Il Decreto Introduce misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali, nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia da coronavirus. Si va verso un lento ma progressivo alleggerimento delle misure restrittive, che hanno caratterizzato il periodo di pasqua. Nelle zone rosse ed arancione continuano ad applicarsi le regole già note. Dal 26 aprile riaprono sale teatrali e cinematografiche con misure di contenimento numerico. Dal 1 giugno riprendono le competizioni a livello agonistico riconosciute di preminente interesse nazionale dal CONI con limiti di capienza. Riaprono le piscine dal 15 maggio, le palestre dal 1 giugno. Dal 15 maggio le attività degli esercizi commerciali all’interno dei supermercati e dei centri commerciali, dal 1 luglio convegni, congressi, centri termali e parchi di divertimento. Il D.L. 18 maggio 2021, n.65, in considerazione dell’andamento della epidemia e dell’ attuazione del piano vaccinale, ha modificato i parametri di ingresso nelle zone di vario colore. Sono state apportate consistenti modifiche al calendario delle riaperture per la ripresa delle attività economiche e sociali nelle zone gialle. Il c.d. coprifuoco passa dalle 22 alle 23, dal 7 giugno alle 24 e dal 21 giugno abolizione totale. Dal 22 maggio centri commerciali e impianti di risalita in montagna riaprono nelle giornate festive prefestive. Dal 1 giugno è possibile la consumazione di cibi e bevande all’interno. In buona sostanza la regola adottata è quella di una graduale controllata riapertura. Salvo imprevisti un graduale ritorno alla normalità.
Il Consiglio dei Ministri ha deliberato la proroga dello stato di emergenza al 31 luglio 2021. Anche il Belgio e l’Olanda hanno deliberato un alleggerimento delle severe misure restrittive in atto. Il primo ministro olandese Mark Lutte ha annunciato martedì 20 aprile che il suo paese si accingeva a prendere “un rischio calcolato”. E’ la stessa espressione che ha utilizzato , nella sua strategia comunicativa, il Presidente del Consiglio dei Ministri i ,Prof. Draghi. Belgio e Olanda prevedono la chiusura alle ore 22, come in Italia. In Gran Bretagna sono state abolite le restrizioni, in ragione dei buoni risultati della campagna di vaccinazione. La Germania osserva la chiusura dalle 21 fino alle 5 del mattino. L’Austria prevede la chiusura alle 20. In Francia i locali pubblici sono chiusi dalla 19 alle 5. Le scuole sono state chiuse per tre settimane. In Spagna chiusura alle 23. Nella regione di Madrid vige un regime più ampio. Sono previsti limiti anche in Romania, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Lussemburgo, Grecia.
21 Il ruolo del Parlamento nella fase dell’emergenza
Il ridimensionamento del Parlamento non è realtà di questi ultimi mesi. La tendenza a minimizzarne le funzioni non è connessa al l’emergenza epidemiologica in atto, se si pone mente allo stato del dibattito pubblico degli ultimi anni. Nel disegno dei costituenti e nella dinamica dei rapporti tra organi costituzionali, il ruolo del Parlamento è centrale. Ruolo riaffermato in numerose sentenze dal Giudice delle Leggi. L’evoluzione della giurisprudenza costituzionale sull’esercizio della funzione legislativa del Governo, si snoda in un percorso che, con riferimento alla decretazione d’urgenza, esclude che in una Repubblica parlamentare, la legge di conversione abbia efficacia sanante dei vizi del decreto C.C.le sent. N 171 del 2007 e alla ritenuta indispensabilità sent. 22 del 2012 della omogeneità di contenuto delle norme oggetto del decreto “E’, in definitiva, l’eclissi del Parlamento il vero virus che rischia di uccidere la nostra democrazia La gestione della crisi per la pandemia in corso è stata caratterizzata d da eccessivo protagonismo del Presidente del consiglio.”(29 ) Le riserve esposte appaiono riferibili al presidente del Consiglio uscente.
E’ in atto nel Paese un delicato processo di trasformazione politico istituzionale.
E’ risalente una ricorrente critica nei confronti delle lentezze parlamentari, a fronte di una esigenza di incisività e velocità delle decisioni. Questa, in una certa misura, spiega anche talune forzature che si sono verificate sul piano dell’azione e dell’apparato normativo utilizzato per contrastare l’emergenza epidemiologica. I primi segnali di questa tendenza sono stati avvertiti anche in aree direttamente interessate. Va segnalato il rinnovato impegno dell’intergruppo parlamentare per la sussidiarietà composto da parlamentari aderenti a gruppi politici sia di maggioranza che di opposizione E’ stata segnalata la necessità di riscoprire la centralità del Parlamento, che si è palesata in modo più cosciente in molti durante i mesi del lockdown, quando il suo ruolo è stato messo esplicitamente inj discussione Nel corso degli ultimi anni ,il potere esecutivo ha, talvolta, preso il sopravvento rispetto al legislativo,sostituendosi ad esso. I mesi del Covid hanno accentuato e reso più palpabile questa tendenza, di cui il ricorso eccessivo al DPCM è uno dei segnali. C’e’ un contesto più ampio in cui questo decadimento è stato favorito, come segnalava Giuliano Amato in un seminario dell’intergruppo preparato e condotto sotto la guida scientifica della Fondazione per la sussidiarietà di Giorgio Vittadinini’. Venuta meno la propensione alla coesione sociale, Il comune riconoscimento di un patrimonio di base che si fondava su una democrazia non statalista, Il Parlamento è stato, a lungo, il luogo in cui i partiti riportavano questa tensione positiva della società- In una situazione caratterizzata dalla prospettiva di un futuro incerto o negativo è forte la tentazione della scorciatoia- leaderismo,decisionismo e tecnicismo,favorita dalla inconcludenza di un parlamentarismo autoreferenziale che ha trasformato in rito il processo legislativo sino all’incapacità di decidere E’ ovvio che ci vogliono norme che regolano l’attività di Camera e Senato. Come è ovvia la necessità di un riequilibrio tra i poteri legislativo esecutivo e giudiziario. E’ questo lo squilibrio segnalato con iniziative parlamentari durante la crisi epidemica: con forza è stato richiesto in modo trasversale che il Governo non solo informasse il Parlamento delle sue decisioni ,ma riprendesse la salutare consuetudine di riferire a Camera e Senato, di ascoltare deputati e senatori e soprattutto di sottoporre le sue decisioni al loro voto. Non c’è emergenza che giustifichi un ricorso continuativo al D.P.C.M. La Costituzione non prevede un diritto speciale per lo stato di emergenza”(Corriere della Sera del 18 agosto 2020. Una politica più responsabile che sia capace di decidere) .
Anche sui decreti legge sembra opportuna qualche riflessione. ll termine per la loro conversione è di 60 giorni ma il ramo del Parlamento che ne avvia l’esame finisce per esaurirli tutti. Sicchè il nostro bicameralismo perfetto funziona in modo imperfetto, una Camera istruisce, l’altra delibera. La Costituzione articolo 77- per mette l’adozione solo in casi straordinari di necessità e di urgenza. Ma in questa legislatura abbiamo sperimentato 15 decreti abrogati da altrettanti decreti. E’ una contraddizione pure l’approvazione dei decreti in Consiglio dei Ministri “salvo” intese” perché ne rinvia l’entrata in vigore, smentendo perciò l’urgenza che dovrebbe costituire il presupposto (28)
22 L’emergenza in materia di giustizia. Prospettive di riforma.
L’emergenza sanitaria ha prodotto effetti destabilizzanti sull’efficienza del sistema. Giustizia civile e penale sono in affanno. La lunghezza del processo costituisce la criticità maggiore e più insidiosa. Ulteriori ritardi, dovuti alla pandemia, sono suscettibili di aggravare gli effetti negativi sulla credibilità ed affidabilità del servizio giustizia. La crisi accentua le tensioni che investono la giurisdizione. Per lo svolgimento delle attività giudiziarie civili e penali, l’art 83 del decreto legge 17 marzo 2020 n.18 dispone il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini processuali dal 9 marzo al 15 aprile 2020, nonché la possibilità dal 16 aprile al 30 giugno di adottare misure organizzative, che possono comprendere l’ulteriore rinvio delle udienze volte ad evitare gli assembramenti negli uffici giudiziari. Il D.L. n. 28 ha prolungato le regole della fase 2 fino al 31 luglio 2020 per consentire la migliore organizzazione nella trattazione degli affari civili e penali. Specifiche disposizioni sono volte a potenziare il processo telematico anche penale ed a consentire, nella fase di emergenza, lo svolgimento di attività processuali, dalle indagini alle udienze di trattazione da remoto. Nel testo convertito si è tenuto conto che sulle scadenze dettate dall’art. 83 è intervenuto il decreto legge n. 23 del 2020 che ha prorogato il termine dal 15 aprile all’11 maggio e quello del 16 aprile per l’avvio della seconda fase al 12 maggio. In una prima fase dell’emergenza si mirava a sospendere o rinviare le attività processuali per attenuare i rischi da contagio. La sensazione è che sia mancata una gestione centralizzata della crisi, pur nel rispetto delle specificità territoriali. Gli interventi effettuati in base al D.L. n.137 del 2020 e le proroghe di cui al D.L. 44 del 2021, appaiono mirati a potenziare il processo telematico e le attività giudiziarie de remoto. Le misure saranno efficaci fino al 31 luglio 2021. Nel settore penale sono specificate le udienze che non possono essere tenute con modalità de remoto, tra cui, salvo che le parti vi consentano, le udienze preliminari e dibattimentali. Disposizioni specifiche riguardano le modalità di svolgimento de remoto dei procedimenti penali in Cassazione. Risulta aggravato il quadro di consistenti difficoltà: il ricorrente può chiedere espressamente la discussione orale. Per i procedimenti civili, disposizioni specifiche provvedono per le udienze in tema di separazione personale e divorzio. In Cassazione prevale la trattazione in Camera di Consiglio, salvo che sia espressamente richiesta da una delle parti o dal Procuratore generale la discussione orale. I ritardi hanno prodotto effetti sul processo civile e penale, in tutte le fasi. Le criticità sono risultate accentuate. Nei Tribunali i numeri sono chiari. Anche la Giustizia è stata paralizzata dagli effetti dell’epidemia. In base ai primi dati le sentenze civili in primo grado sono state pari a 128.000 circa e quelle in appello a 9.300 circa con diminuzioni rispettive del 43% e del 42% rispetto all’anno precedente, per il periodo 23 febbraio-31 marzo. Le sentenze penali e civili in Tribunale e Corte di Appello hanno subito significative riduzioni. Per il settore penale, in particolare, è risultata aggravata una situazione che già scontava insufficienze di sistema. Le inadeguatezze del rito accusatorio sono note. Il modello americano è stato quello di riferimento. Il codice vigente ha fuso tradizione europea e principi ispiratori dalla Common Law. Il Pubblico Ministero non dispone di alcun potere dispositivo analogo a quello che esercita il prosecutor nord-americano, il quale può disporre dell’imputazione, rinunciando a promuovere l’azione penale. Nel sistema americano arriva al dibattimento solo un numero estremamente basso di procedimenti. Nel sistema italiano, viceversa, è venuto a mancare il presupposto di fondo dello sfoltimento. Patteggiamento e giudizio abbreviato non superano il 10% degli affari penali. Vengono introdotte nuove tipologie, con una deriva panpenalistica, del tutto incongrua, e con un aumento esponenziale delle nuove fattispecie di reato. Nel sistema italiano vige il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, a differenza di quello americano, caratterizzato dal rapporto costi benefici, principio della discrezionalità. Gli effetti pratici di questa commistione di principi, anche per la mancanza di adeguati strumenti deflattivi, portano ad una rincorsa produttivistica di tipo aziendalista, che, peraltro, non produce effetti rilevanti.
Una ulteriore disfunzione di non trascurabile rilevanza, collegata ai tempi lunghi, è il disequilibrio tra la fase delle indagini e quella del giudizio. Situazione che, al di la delle intenzioni, enfatizza il ruolo del Pubblico Ministero e rinvia a tempi non fisiologici l’intervento del Giudice. La limitata incidenza del ruolo del Giudice delle indagini preliminari, pur necessario in una dimensione di garanzia, non modifica il quadro generale. Ulteriori ritardi dovuti ai rinvii accrescono le difficoltà del sistema. La previsione dello svolgimento di udienze da remoto, garantisce, in un momento particolare, la continuità della giurisdizione. La giustizia virtuale di emergenza deve però essere limitata ai tempi della crisi. Va, in particolare, garantito il principio di oralità e di immediatezza del contradditorio che è alla base della formazione della prova. L’udienza virtuale circoscrive la dimensione garantista del contradditorio, non consente la pienezza operativa e funzionale degli attori del processo e limita la pubblicità dell’udienza.
Esaurita la crisi, eventuali innovazioni, come un esame a distanza, introdurrebbero ulteriori elementi di disorientamento in un sistema, che è già sottoposto a dure prove di resistenza. La conclusione della fase dell’emergenza potrebbe fornire l’occasione per una approfondita riflessione sui rapporti tra modello processuale, quadro di garanzie ed efficienza del sistema, avendo come riferimento costante il modello del giusto processo delineato dagli artt. 111 e 112 della Costituzione. La fragilità del sistema penale dovuta all’eccesso di domanda potrebbe essere attenuata dall’adozione di una prospettiva diversa, con una radicale inversione di rotta, sfoltendo il campo degli illeciti penali e lasciando ampi spazi all’illecito amministrativo. Occorre valutare la possibilità, in casi particolari, di consentire la motivazione contestuale e semplificata delle sentenze, limitare i casi di appello generalizzato, come si verifica attualmente, inserire misure di disincentivazione delle impugnazioni. E’ necessario, infine, limitare il giudizio di Cassazione ai casi di violazione di legge. Verrebbero a prodursi benefici effetti a cascata su tutto il sistema. La Corte, nell’ottica costituzionale, non è strutturata in funzione dello ius litigatoris, bensì in quello della tutela dello ius constitutionis, del ruolo costituzionale della Corte di Cassazione. La logica dei numeri, l’assedio dei ricorsi, implica il rischio di un mutamento del ruolo costituzionale della Corte di Cassazione, avviata a diventare Giudice di terza istanza. La prevalenza della funzione nomofilattica rispetto a quella di garanzia del terzo grado, è ricollegabile al disegno costituzionale. La Suprema Corte deve garantire il controllo di legalità attraverso il valore della uniformità interpretativa, realizzando una unitarietà di indirizzo, posta a corredo della tendenziale unità della giurisdizione.
L’art.123 del D.L. n.18 del 2020 – Disposizioni in materia di detenzione domiciliare – modifica il modello operativo di cui alla legge 26 novembre 2010 n.199. Prevede che, per l’ammissione alla detenzione domiciliare, la pena da eseguire non deve essere superiore a diciotto mesi. Il condannato deve avere la disponibilità di un domicilio effettivo, idoneo a soddisfare le esigenze di protezione della persona offesa dal reato.
La scelta è quella di ampliare il numero dei condannati ,ammessi al beneficio. L’eccezionale gravità della situazione comporta il rischio di una diffusione del contagio all’interno degli istituti di pena. La necessità di scongiurare scelte più radicali e drammatiche, rende indifferibile l’adozione di soluzioni atte a ridurre le condizioni di sovraffollamento carcerario. L’emergenza sanitaria è forse l’occasione per una riflessione approfondita sulle misure da prendere. Eventuali provvedimenti di amnistia e di indulto possono solo costituire un alleggerimento. L’esperienza del passato insegna che gli effetti vengono rapidamente riassorbiti. La detenzione carceraria deve essere recuperata alla sua dimensione di extrema ratio, riservandola alle situazione più gravi di pericolosità sociale. Andrebbe incentivato il ricorso a misure alternative extracarcerarie, quali l’affidamento in prova ai servizi sociali e la detenzione domiciliare. Va valutata la possibilità di prevedere un differimento della esecuzione per soggetti condannati a pene di modesta entità, per reati non gravi per il periodo corrispondente alla durata dell’emergenza epidemiologica. Il quadro dell’epidemia in ambito carcerario si è ulteriormente aggravata. Il D.l. n.18 del 17 marzo 2020 aveva previsto interventi deflattivi in ambito penitenziario I d.l. 28 e 29 del 2020 miravano a ridurre le uscite e ad assicurare il rientro in carcere di persone condannate o imputate per delitti di consistente spessore criminale. L’aumento dei contagi ha riproposto situazioni di emergenza carceraria. Sono stati previsti interventi negli artt. 29 e 29 in materia di licenze e permessi. L’art.30 ripropone la misura della detenzione domiciliare per le pene anche residue non superiori ai diciotto mesi, già prevista adll’art.123 D. 17 del 2020. Tra i soggetti esclusi i destinatari di alcune tipologie di provvedimenti disciplinari o di reati di particolare gravità. In materia di mafia, terrorismo, corruzione, violenza carnale, maltrattamenti in famiglia, stalking. Nel pacchetto per fronteggiare l’emergenza sono previste numerose misure sulle indagini e sulla celebrazione dei processi. Il D.L. 19 dispiega i suoi effetti a partire dal 29 ottobre 2020 fino sino al termine massimo dello stato di emergenza al 31,1.2021 Il comma 2 dell’art.23 consente atti di indagine preliminare de remoto Il difensore ha facoltà di opporsi comma 3 dell’art.23 contiene la regola secondo cui ove è ammessa la presenza del P.M., anche ove ordinariamente le udienze siano pubbliche possono essere celebrate a porte chiuse ossia con rito camerali. Non è un ritorno al processo de remoto ma una versione più leggera che prevede, comunque, l’accordo tra le parti. E’ prevista una digitalizzazione delle indagini preliminari con alcuni atti eseguibili de remoto. Per le udienze penali nei casi in cui la presenza fisica dei detenuti non possa essere assicurata sarà possibile la videoconferenza. Le udienze si svolgeranno de remoto con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti. Ad esclusione delle udienze finali, in pubblica udienza o in camera di consiglio. La Corte di Cassazione procede sempre in camera di consiglio. Le parti hanno peraltro la facoltà di chiedere la discussione orale per quanto riguarda le udienze dei procedimenti civili e penali alle quali è ammessa la presenza del pubblico le stesse dovranno essere celebrate a porte chiuse. Prevista l’udienza cartolare per i processi civili in materia di separazione consensuale o di divorzio congiunto. Per quanto riguarda le deliberazioni collegiali possono essere assunte mediante collegamenti de remoto sia nel civile che nel penale. Previsto l’accesso de remoto ai registri per i cancellieri che sono in smart working.
In tema di emergenza criminale è stata rilevata la stretta connessione tra crisi sanitaria e crisi economica e sociale. Le crisi offrono una grande opportunità alle organizzazioni criminali. Le mafie nascono come agenzie di servizi. Proliferano là dove lo Stato non c’è, arriva in ritardo, manca o fa comunque fatica a svolgere il proprio ruolo. I mafiosi sono per definizione veloci, non hanno burocrazia, dispongono di grandi liquidità. In una fase sociale ed economica critica, le grandi organizzazioni – mafia, camorra, ndrangheta – tendono, ad accrescere il loro ruolo, nel tessuto economico e finanziario, con un’azione mirata di infiltrazioni. Le grandi mafie sono proiettate ormai su scala globale e dispongono di ingenti disponibilità finanziarie. Sono tra i migliori operatori di import ed export . Hanno rotte e canali con cui muovono, da decenni, droga su scala continentale. Il crimine organizzato è forte nel settore degli strumenti informatici. In alcune intercettazioni è emersa una delle caratteristiche delle organizzazioni criminali: per essere mafiosi bisogna essere grandi imprenditori. Gli introiti, solo per la ndrangheta, sono pari a 30 miliardi. Le mafie mirano ad entrare, massicciamente, nelle economie legali. Per difendere l’economia occorre sostenere le imprese sane e controllare, in modo capillare, i finanziamenti che saranno erogati per sostenere le imprese. Storicamente edilizia e Sanità sono i settori preferiti dalle mafie(31). A conferma di queste valutazioni e delle interconnessioni tra organizzazioni mafiose ed economia milita l’esito delle indagini condotte da numerose DDA che ha portato alla emissione di numerose ordinanze di custodia cautelare.
Gli effetti del virus e della crisi sanitaria lasceranno il segno anche nel campo della giustizia civile. Al di là dei profili organizzativi e strutturali la situazione di emergenza può influire in molti settori. Un autorevole giurista (32) ha analizzato i rischi della incertezza normativa, con particolare riguardo ai – contenziosi ed alle rinegoziazioni in materia contrattuale. Ha rilevato che la crisi ha determinato il collasso del circuito economico produzione-consumo restrizioni di libertà chiusura di territori divieti di circolazione di persone e cose, paralisi di imprese. Vanno inseriti, in tale contesto, effetti di turbativa del mercato, ingiustificate levitazioni dei prezzi crisi occupazionali dovute alla contrazione delle attività economiche. Anche i rapporti contrattuali sorti prima della crisi non possono restare indenni. Il contenuto dei rapporti va rivisto e modificato. Il codice civile, art.1467, recepisce il principio di sopravvenienza degli imprevisti, che interferiscono durante lo svolgimento del rapporto, portando un vulnus all’originale equilibrio delle prestazioni. La via da seguire è quella della rinegoziazione, modellando il contenuto del rapporto con un nuovo contratto. Nel caso di mancato accordo dovrebbe essere previsto il ricorso a commissioni tecniche di arbitratori che possono utilizzare correttivi di carattere neutrale. In questo caso sarebbe necessaria una legge apposita per definire criteri e campo di intervento. La decisione per ricostruire il contenuto del rapporto., dovrebbe essere definitiva e inappellabile. Soluzione, quest’ultima, già sperimentata dopo la fine delle due guerre mondiali. Sono stati previsti ulteriori slittamenti delle udienze, del rinvio d’ufficio delle udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso gli uffici giudiziari, come anche la sospensione del decorso dei termini per il compimento di atti dei procedimenti civile penali.
23 Riflessioni conclusive
Una situazione eccezionale, e del tutto inedita, richiede rapidità nelle decisioni, flessibilità degli strumenti da utilizzare, incisività, immediatezza, centralità della catena di comando. E’ diffusa la suggestione che, per conseguire questi obiettivi, sia necessario ricorrere ad un modello autoritario. Il modello cinese, con accentuata centralizzazione, ha, forse, consentito una sollecita uscita dalla crisi. In altri casi sono stati concessi pieni poteri, da parte dei rispettivi Parlamenti. Ai primi ministri per superare la crisi si sono avute compressioni dei diritti e limitazioni delle libertà non conciliabili con sistemi democratici. Le crisi possono essere affrontate in modi diversi. Nei sistemi totalitari il cittadino è in condizioni di estrema debolezza, i diritti non godono di tutela, il regime è onnipresente, manca il controllo della libera informazione. Diversa la situazione dei regimi parlamentari. Le democrazie occidentali incontrano difficoltà, quando devono affrontare uno stato di emergenza. I governi ricorrono a un meccanismo che consente verticalità e velocità delle decisioni. Questo potere va gestito con molta cautela. In Parlamento, sotto il controllo dell’opposizione. Il terzo metodo è quello delle c.d. democrazie autoritarie, in cui l’anomalia occasionale viene tesaurizzata per liberarsi dai lacci e dei controlli effettuati dalle autorità indipendenti, Magistratura, Corte Costituzionale, Stampa. Il Ministro francese dell’Istruzione, Jean Michel Blanquer, ha, significativamente, dichiarato: “Abbiamo preso coscienza dell’importanza della libertà di cui godevamo prima della crisi. E’ importante riconquistarla il più presto possibile. Vedo il rischio di abituarci alla sua privazione e non vorrei che qualcuno abbia preso gusto all’assenza di libertà, stiamo attenti”. Il monito del Ministro francese deve far riflettere sui rischi di assuefazione alle limitazioni della libertà. La tendenza ad utilizzare l’emergenza per una riduzione degli spazi di democrazia può essere insidiosa. Non va sottovalutata la spinta a consentire una limitazione delle libertà in cambio della sicurezza sanitaria. Secondo un recente sondaggio Demos e PI del marzo 2020, il 66% degli intervistati (rispetto al 68% del dicembre e al 91% del marzo 2020) ritiene che, per garantire la sicurezza di tutti, lo Stato deve limitare la libertà dei cittadini. Il dato più indicativo è che il 59% degli intervistati ritiene che il Paese ha bisogno di essere guidato da un leader forte. I dati meritano una riflessione. Manca la domanda cardine sul tipo di intervento e lo strumento da utilizzare, in particolare se D.L. o la larga utilizzazione del DPCM. Occorre riflettere sui pericoli insiti nelle crisi e negli stati di eccezione per essere preparati a gestirli, là dove si presentino in futuro, anche in forme diverse. E’ nei momenti di crisi che si misura la capacità, di far fronte alle difficoltà, non cedendo alle lusinghe dell’efficientismo. Il modello di stato democratico va garantito anche in situazioni eccezionali. Le emergenze devono essere gestite secondo i canoni classici delle democrazie parlamentari, garantendo una temporanea, limitata compressione dei diritti fondamentali e utilizzando strumenti normativi in linea con le previsioni della Carta Costituzionale. Deve essere garantito il ruolo centrale che, nelle democrazie, compete al Parlamento. Talune scelte, in materia di strumenti legislativi utilizzati, in particolare, nella prima fase dell’emergenza, hanno sollevato consistenti perplessità. Sono mancate scelte chiare, ondeggiando tra modelli diversi, in particolare nei rapporti con le Regioni. Il governo si è mosso in modo non chiaro, compromissorio nella scelta degli strumenti. L’iter degli interventi normativi, di carattere alluvionale ha fatto emergere un difetto di ponderazione, scelte confuse, con profili di contrasto con la Costituzione. La maggior parte della dottrina, gli interventi del giudice amministrativo e del giudice ordinario sono sufficientemente concordi nel delineare una parabola normativa non priva di criticità. In ogni caso anche nella diversità delle opinioni in materia “la guardia non può essere abbassata, soprattutto perché l’esperienza insegna che le regole emergenziali sopravvivono all’emergenza, normalizzando quella deminutio di libertà, che costituisce il costo di ogni legislazione emergenziale. Il rischio che all’uscita dall’emergenza ci si ritrovi con un saldo negativo in termini di libertà è alto, perchè le lusinghe di chi chiede di barattare libertà e sicurezza sono molto insidiose” (33). La sentenza n. 37 della Corte Costituzionale ha fatto definitiva chiarezza circa i rapporti tra Stato e Regione nella crisi pandemica. E’ emersa una inadeguatezza della gestione regionale dei servizi sanitari di cui andrà tenuto conto in futuro. Le criticità, emerse con la crisi pandemica, sollecitano una attenta riflessione sulla risistemazione del titolo V della Costituzione, che, dal 2001, ha ampliato notevolmente il ruolo delle Regioni. Particolari perplessità ha sollevato la scelta iniziale dello strumento del D.P.C.M., con la sottrazione al Parlamento della funzione essenziale di controllo. A fronte di taluni vantaggi operativi, vanno registrate torsioni costituzionali. Successivamente è intervenuto un parziale mutamento di rotta, in quanto è stata restituita alle Camere una posizione più in sintonia con il sistema costituzionale. Gli strumenti utilizzati hanno accentuato i poteri del Presidente, anche con il sacrificio della collegialità del Consiglio dei Ministri. Una sorta di regime presidenziale de facto,che può costituire un precedente rischioso. Con il nuovo Governo, a larga maggioranza parlamentare, lo strumento è stato ricondotto in una dimensione fisiologica. Continuano, peraltro, ad essere utilizzati termini che con la loro genericità ed indeterminatezza non aiutano in termini di chiarezza, alimentando possibili effetti distorsivi nella fase di esecuzione dei controlli. L’indeterminatezza del precetto può alimentare riserve sulla conformità al disegno costituzionale. Da ultimo il governo sembra aver scelto la via costituzionalmente praticabile del decreto legge. Il tutto va inquadrato in un dibattito più ampio che investe il ruolo del Presidente del Consiglio e i rapporti Stato Regione. Per quanto riguarda il primo la figura costituzionale del Presidente del Consiglio è sembrato oscillare tra il ruolo del premier e quello di primus inter pares. Naturalmente in situazioni eccezionali occorre duttilità ed elasticità, ma passata la fase di crisi acuta, bisognerà riflettere su talune criticità, che sono state rilevate per coniugare, nel modo migliore, efficienza e garanzie. Il modello democratico ha consentito, in passato di affrontare e superare altre emergenze, come quella sul terrorismo, senza intaccare i diritti fondamentali. E’ essenziale ripristinare e mantenere un rapporto equilibrato tra Esecutivo e Legislativo, assicurando il ruolo centrale del Parlamento e della sua funzione di controllo. Per garantire il recupero pieno della fisiologia funzionale del sistema e la centralità del Parlamento, occorre in definitiva evitare: il ricorso reiterato al DPCM, l’abuso dei decreti legge omnibus e delle leggi di conversione, blindate dal voto di fiducia, l’eccessivo ricorso ai disegni di legge delega, che relegano il Parlamento ad un ruolo marginale, turbando gli equilibri costituzionali.
(1) Di Vico, L’adattamento e l’ansia il sentimento doppio degli italiani sotto il Covid, Corriere della Sera del 28 marzo 2021
(1bis) Isabelle Rey-Lefebvre, Con la crisi la povertà si radica. Editoriale le Monde del 5 maggio 2021
(1 ter) Di Mauro, Libertà è inclusione. Editoriale di Repubblica del 3 maggio 2021.
(1quater) Scaccia D’orazi, La concorrenza fra Stato e autonomie territoriali nella gestione della crisi sanitaria fra uniformità e differenziazione. Emergenza covid 19 e ordinamento costituzionale
(2) Delle Donne, Padula, Accentramento e differenziazione nella gestione emergenza pandemica in Le Regioni, 2020, 4
(2bis) Cesare Pinelli, Il precario assetto delle fonti impiegate nell’emergenza sanitaria e gli squilibrati rapporti fra Stato e Regioni
(3)G.Azzariti, Il diritto costituzionale d’eccezione, in Costituzionalismo.it 1.2020
(4) Sorrentino, Riflessioni minime sull’emergenza coronavirus in Costituzionalismo.it
(5)M.Belletti, La confusione nel sistema delle fonti ai tempi della gestione dell’emergenza da Covid 19 mette a dura prova gerarchia e legalità
(5 bis) Guizzi, Stato costituzionale di diritto ed emergenza covid. Note minime Costituzionalismo.it
(6) Guido Neppi Modona, Stato della Costituzione
(7) Beniamino Caravita, L’Italia ai tempi del coronavirus: rileggendo la Costituzione italiana federalismi.it editoriale del 18 marzo
(8) Sabino Cassese, “Le regioni fanno troppe cose e male. Il Servizio sanitario deve essere nazionale Messaggero del 3 aprile
(9) Sergio Rizzo, Le Regioni Un guerra sulle leggi che stritola cittadini e imprese Repubblica del 15 febbraio 2021
(10) Grazia Ofelia Cesaro, La tutela dei diritti fondamentali nell’ambito dell’emergenza Covid
(11) Marta Cartabia, I principi di ragionevolezza e proporzionalità nella giurisprudenza costituzionale italiana Conferenza trilaterale delle Corti Costituzionali italiana portoghese e spagnola 24-26 ottobre 2013
(12) Mario Morelli, “E’ l’ora della solidarietà anche tra le istituzioni. Possibile ridurre i diritti nel giusto equilibrio intervista a Corriere della Sera del 28 ottobre
(13) Lucia Tria, Diritto interno Fonti sovranazionali tutela dei diritti fondamentali alla ricerca della massima espansione delle garanzie tra diritto interno, fonti nazionali e sovranazionali tecniche di interrelazione. European Rights
(14) Paola Severino, I valori che dobbiamo far convivere Corriere della sera del 2 aprile 2020
(15) Fiandaca, in Diritto alla difesa
(15 bis)Marini, Le deroghe costituzionali da parte dei decreti legge Emergenza Covid e ordinamento economico 2020
(16) Sabino Cassese, Il dovere di essere chiari. Corriere della Sera del24 marzo
(16 bis) Boggero, Paruzzo, Risposte regionali alla pandemia da covid 19 Piemonte
(16 ter) Isaia Sales, la pandemia rivela il fallimento del regionalismo, Repubblica del 13 aprile 2021
(17)Michele Ainis, Repubblica del 3 aprile, I fatti e i misfatti dei mille potentati
(17 bis) Di Genio, Una ordinanza regionale Covid19 come atto di proposta di DPCM. Diritti fondamentali.it
(18) Filice Locati, Lo stato democratico di diritto alla prova del contagio. Tweet 8
(18bis) Giorgio Lattanzi, La pandemia aggredisce anche il diritto, Giustizia insieme
(19) Massimo Luciani, La pandemia aggredisce anche il diritto, Giustizia insieme
(19 bis) Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, in Rivista AIC 2020
(20) G. Zagrebelsky, Fatto quotidiano del 1 maggio
(21) A.Baldassarre, Adnkronos del 4 maggio
(22) Maria Elisabetta Alberti Casellati, intervista Corriere della Sera 30 maggio e 5 ottobre
(23) Bignami cit. da Luciani
(23bis) Cassese, Corriere della sera del 2 settembre
(24) L.Cuocolo, I diritti costituzionali di fronte all’emergenza covid 19. La reazione italiana infederalismi.it
(24 bis) C.Sartoretti, La risposta francese all’emergenza sanitaria, dpc online
(25) Pier Luigi Portaluri, I Pericoli (Futuri) dell’Emergenza Corriere della sera del 22 ottobre
(25 bis) Giorgio Agamben, in Stato di eccezione
(26) Danilo Taino, Anche la democrazie è vittima del virus, Corriere della Sera del 22 ottobre
(27) Sorace, Montedoro, in Giustizia insieme
(27 bis) Enrico Camilleri, I Principles for the covid crisis 2 argini e contrappesi contro l’abuso dello stato di eccezione nello spazio giuridico europeo, in Giustizia Insieme
(28) Michele Ainis, Il confine fragile tra libertà e potere. il bicameralismo svuotato. Repubblica del 14 ottobre e del 27 dicembre
(28 Bis) Quirino Camerlengo, Il governo della Pandemia tra Stato e Regioni, in Le Regioni
(29) Stefano Guizzi, Stato costituzionale di diritto ed emergenza covid note minime Costiuzionalismo.it
(30) Guzzetta, Le fonti dell’emergenza alla prova della pandemia Emergenza covid e ordinamento costituzionale
(31) Federico Cafiero de Raho, intervista a tv3 5aprile e Repubblica 7 aprile
(32) Natalino Irti, L’emergenza e il diritto, cosa cambia nei contratti Corriere della Sera del 29 maggio 2020
(33) Betrand Henri Levy, Giù la maschera covid 19, Repubblica Venerdì 17 luglio
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