Pubblichiamo la relazione del Massimario della Corte di Cassazione che esamina la legge 9 dicembre 2024, n. 187, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 11 ottobre 2024, n. 145, recante «Disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali» ed in particolare le modifiche relative a tutte le ipotesi di ricorribilità per cassazione dei provvedimenti di trattenimento “amministrativo” delle persone straniere, a qualunque titolo. In vigore a far data dal 10 gennaio 2025.
La novella non precisa quale debba essere il giudice di legittimità – se civile o penale – chiamato a decidere dei ricorsi per cassazione proposti avverso i decreti di convalida (o di proroga) del provvedimento col quale il Questore dispone il trattenimento (o misure alternative) del richiedente protezione internazionale o della persona straniera in condizione di irregolarità. La relazione esamina la questione rilevando che si tratta degli stessi procedimenti di convalida (o di proroga) dei trattenimenti che, in prime cure, sono stati contestualmente attribuiti – in luogo delle Sezioni specializzate in materia di immigrazione dei Tribunali [civili] – alle Corti d’appello «di cui all’articolo 5, comma 2, della legge 22 aprile 2005, n. 69», chiamate a deciderli in prime cure in (inedita) composizione monocratica.
La nuova formulazione dell’art. 14, comma 6, t.u.imm., in vigore dal 10 gennaio 2025 esplicitata (in corsivo, i richiami normativi inseriti– tra parentesi quadre, i periodi esclusi):
«Contro i decreti di convalida e di proroga di cui al comma 5 è proponibile ricorso per cassazione entro cinque giorni dalla comunicazione, solo per i motivi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo 606 del codice di procedura penale:
a) esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri;
b) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale;
c) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità o di decadenza».
Il relativo ricorso non sospende l’esecuzione della misura. Si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 22, comma 5-bis, secondo e quarto periodo, della legge 22 aprile 2005, n. 69.
[5-bis. Contro l’ordinanza di cui all’articolo 14, comma 5, la persona interessata, il suo difensore e il procuratore generale presso la corte di appello possono proporre ricorso per cassazione, entro tre giorni dalla conoscenza legale dell’ordinanza, solo per i motivi, contestualmente enunciati, di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo 606 del codice di procedura penale.]
Il ricorso è presentato nella cancelleria della Corte di appello che ha emesso il provvedimento, la quale lo trasmette alla Corte di cassazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare e comunque entro il giorno successivo, unitamente al provvedimento impugnato e agli atti del procedimento. [La presentazione del ricorso sospende l’esecuzione della ordinanza di cui all’articolo 14, comma 4.] La Corte, nel termine di sette giorni dalla ricezione degli atti, giudica in camera di consiglio sui motivi di ricorso e sulle richieste del procuratore generale senza intervento dei difensori e deposita la decisione con la contestuale motivazione a conclusione dell’udienza, provvedendo altresì, fuori dei casi di cui al comma 6, agli adempimenti indicati al comma 5››.
Anzitutto, dunque, i termini per proporre ricorso per cassazione si riducono a cinque giorni in luogo degli ordinari termini del ricorso per cassazione civile di cui all’art. 360 cod. proc. civ.: di sessanta giorni, se il provvedimento è notificato (art. 325 cod. proc. civ.); di sei mesi, se non è notificato (art. 327 cod. proc. civ.).
In secondo luogo – ed assai più significativamente – si riducono i motivi (e, quindi, si limita la facoltà di ricorrere) per i quali si può chiedere la cassazione dei decreti di convalida (o proroga) dei trattenimenti (e delle misure alternative), che d’ora in poi potranno riguardare, esclusivamente, ai sensi del richiamato art. 606, comma 1, cod. proc. pen.:
- lett. a) esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri;
- lett. b) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale;
- lett. c) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità o di decadenza».
Il richiamo alla lett. b) non sembra neppure pertinente giacché riguarda l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale, all’evidenza non “coinvolta” nella materia dei trattenimenti (se non per i profili generalissimi delle garanzie enucleabili dall’art. 13 Cost.), sicché – a ben vedere – i tre motivi si riducono, in concreto, a due.
Le tempistiche, inoltre, sono state imposte ex abrupto alla materia dei trattenimenti, la quale, tuttavia, nel quadro della disciplina unionale di riferimento, esige il rispetto del diritto di difesa col conseguente obbligo degli Stati membri di normare termini ragionevoli e azioni necessarie per l’esercizio, da parte del richiedente, del diritto ad un ricorso effettivo (art. 46 direttiva 32/2013/UE e, più in generale, art. 47 della CDFUE). Potrebbero profilarsi, pertanto, criticità rispetto ai nuovi termini – soli cinque giorni per ricorrere per cassazione – che potrebbero rendere eccessivamente difficile, in concreto, l’accesso al rimedio impugnatorio.
La “misura” della portata dell’operata “contrazione” dei casi di ricorribilità in cassazione è ricavabile dalle principali fattispecie esaminate dalla Cassazione civile in sede di esame dei ricorsi proposti avverso i decreti di convalida e proroga del trattenimento, per omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione, ai sensi degli artt. 360, comma 1, nn. 4 e 5, cod. proc. civ., vizi che sul versante del codice di rito penale corrisponderebbe alla lett. e) dell’art. 606 cod. proc. pen., non richiamata dalla novella. Sino ad ora, la S.C. ha effettuato, «in virtù del rango costituzionale e della natura inviolabile del diritto inciso, la cui conformazione e concreta limitazione è garantita dalla riserva assoluta di legge prevista dall’art. 13 Cost.» (Sez. 1 civ., n. 6064 del 28/02/2019, Rv. 653101-01) un controllo penetrante della sufficienza ed adeguatezza della motivazione dei decreti adottati in sede di convalida e proroga del trattenimento che, alla luce della novella, potrebbe non poter più essere possibile.
È sottolineata la specialità della disciplina impugnatoria dettata dalla legge sul M.A.E. – ora resa applicabile anche alla materia delle convalide dei trattenimenti – secondo la quale il ricorso per cassazione deve essere presentato unicamente presso la cancelleria della corte d’appello e non nelle forme generali dell’art. 582, cod. proc. pen.Sino alla data di redazione della relazione, acquisite informazioni presso le diverse corti d’appello, non risulta che alcuna di esse abbia assegnato i procedimenti in materia di convalida e proroga dei trattenimenti alle Sezioni penali.
La relazione, in conclusione, pur ritenendo preferibile l’attribuzione della competenza sui ricorsi alla Sezione penale della Corte di cassazione, sottolinea anche come la devoluzione della competenza sulla convalida e proroga di tutti i trattenimenti alle Sezioni civili delle Corti d’appello rivelerà una intuibile distonia.