Corte europea dei diritti dell’uomo, Prima Sezione, decisione del 21 gennaio 2025, Garofalo e altri c. Italia, ricorsi n. 47269/18, 47426/18, 47793/18 e 47996/18
La decisione segnalata ha ad oggetto la compatibilità della confisca di prevenzione di cui all’art. 24, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 con gli artt. 6, par. 2, 7, par. CEDU e l’art. 4 Prot. Add. CEDU.
Nello specifico, la Corte di Strasburgo ritiene che la confisca di prevenzione non sia una misura equiparabile alla sanzione penale sulla scorta di una serie di osservazioni.
Innanzitutto, la nozione di “pena” presuppone non solo una condanna per un “reato”, ma di considerare la natura e lo scopo della misura, la qualificazione nel diritto nazionale, le procedure relative all’elaborazione e all’attuazione della misura e la sua severità. Tuttavia, la severità della misura non è di per sé decisiva, poiché molte misure non penali di natura preventiva possono avere un impatto sostanziale sulla persona interessata.
Generalmente, la Corte ha costantemente ritenuto che l’esistenza di una condanna per un reato fosse solo uno dei criteri da prendere in considerazione, e che tale circostanza non potesse essere ritenuta determinante per stabilire la natura della misura.
Nella questione affrontata, la Corte ha dovuto accertare se la confisca in questione costituisca una “pena”, constatando non solo che la misura non è stata imposta a seguito di una condanna per un reato – elemento non determinante –, ma anche che la confisca di prevenzione possiede una natura ripristinatoria e non punitiva, poiché funzionale a garantire che il crimine non paghi e di impedire l’ingiusto arricchimento («ensure that crime does not pay and to prevent unjust enrichment»).
Normativa di riferimento
Art. 6, par. 2 e 7 CEDU
Art. 4, Prot. Add. CEDU
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