Cerca
Close this search box.

Alle Sezioni unite una questione sulla rilevanza penale del saluto romano

Cass., sez. I, 6 settembre 2023 (dep. 22 settembre 2023), n. 38686, Boni, Presidente, Centonze (relatore)

Il caso

La vicenda trae origine dall’impugnazione dinanzi alla Suprema Corte della sentenza d’appello che ha condannato gli imputati, precedentemente assolti in prime cure, per il reato di cui all’art. 2, d.l. 26 aprile 1993, n. 122, conv. con modif. dalla l. 25 giugno 1993, n. 205 (cosiddetta Legge Mancino). La condotta incriminata consisteva nell’aver partecipato al cosiddetto “rito del presente”, eseguendo il saluto romano, in occasione di una manifestazione pubblica tenutasi a Milano per la commemorazione di Sergio Ramelli, Enrico Pedenovi e Carlo Borsani (in precedenza, la rilevanza penale di simili condotte, era stata esclusa da Cass., sez. I, 2 marzo 2016, n. 11038, in C.E.D. Cass., n. 269753).

A fronte delle molteplici questioni poste dai ricorrenti, la I sezione penale ha ritenuto necessario rimettere la decisione alle Sezioni unite, ravvisando un contrasto sul rapporto tra le due norme apparentemente applicabili al caso di specie.

Le questioni dibattute 

Un primo orientamento ritiene che il saluto romano sia sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 2 della Legge Mancino. Tale norma svolge una funzione di tutela preventiva – propria dei reati di pericolo astratto – e, pertanto, non richiede che le manifestazioni siano caratterizzate da elementi di violenza. In quest’ottica, il gesto costituirebbe una rappresentazione tipica di organizzazioni o gruppi volti al perseguimento e alla diffusione di ideologie discriminatorie su base razziale, etnica o religiosa (Cass., sez.  I, 27 marzo 2019, n. 21409, in Dir. pen. proc., 2020, p. 215, con nota di Costantini, Il saluto romano nel quadro dei crimini d’odio razziale: dimensione offensiva e rapporti con la libertà di espressione). In linea di continuità con tale indirizzo, altra decisione ha aggiunto che gli schieramenti non necessitano di alcun collegamento con organizzazioni di ispirazione fascista (Cass., sez. III, 10 luglio 2007, n. 37390, Sposato, in C.E.D. Cass., n. 237311).  

Una diversa opzione ermeneutica ritiene invece che il saluto romano sia riconducibile all’art. 5, l. 20 giugno 1952, n. 645 (cosiddetta Legge Scelba), postulandone l’idoneità a determinare il pericolo di ricostituzione di organizzazioni ispirate, direttamente o indirettamente, all’ideologia del disciolto partito fascista (Cass., sez. V, 18 aprile 2019, n. 36162, in C.E.D. Cass., n. 277526; Cass., sez. I, 25 marzo 2014, n. 37577, in C.E.D. Cass., n. 259826). Da ciò discende la qualificazione del delitto di cui all’art. 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645 quale reato di pericolo concreto. Ciò in quanto la fattispecie non sanziona le manifestazioni del pensiero e dell’ideologia fascista in sé, rientranti dell’àmbito delle libertà di cui all’art. 21 Cost., ma soltanto quelle che possano determinare il pericolo di ricostituzione di organizzazioni fasciste. La valutazione delle condotte deve essere compiuta considerando il tempo e il luogo in cui sono realizzate, dovendo emergere la loro attitudine ad attentare concretamente alla tenuta dell’ordine democratico e dei valori a esso sottesi (così Cass., sez. I, 2 marzo 2016, n. 11038, in Dir. pen. proc., 2017, p. 1585, con nota di Caroli, Commemorare i caduti della Repubblica Sociale Italiana con il saluto romano non costituisce reato; sul delicato rapporto tra l’art. 21 Cost. e il diritto penale vedi Piccione, L’antifascismo e i limiti alla manifestazione del pensiero tra difesa della Costituzione e diritto penale dell’emotività, in Giur. cost., 2017, p. 1941 e Pelissero, La parola pericolosa. Il confine incerto del controllo penale del dissenso, in Quest. giust., 2015, p. 37).

Ciò posto, in riferimento alla riconducibilità del gesto in questione all’art. 5 l. 26 giugno 1952, n. 645 ovvero all’art. 2 d.l. 26 aprile 1993, n. 122, sorgono due ulteriori questioni interpretative, concernenti, in prima battuta, l’inquadramento delle condotte quali reati di pericolo concreto o astratto, e, in seconda battuta, il rapporto tra le due fattispecie. 

Con riguardo alla prima questione, la Corte costituzionale ha a più riprese ribadito la compatibilità dei reati di pericolo astratto con la Carta fondamentale, a condizione che siano rinvenibili elementi che conferiscano attitudine offensiva alle condotte illecite, precisando che l’indagine dovrà considerare le circostanze – di tempo e di luogo – in cui si concretizza il comportamento criminoso dell’imputato, valutato secondo una prospettiva ex ante (in tal senso, più di recente, Corte cost., 20 giugno 2008, n. 225, in Giur. cost., 2008, p. 2528).

Con riferimento alla seconda questione, sul versante del rapporto tra il reato di cui all’art. 5 della Legge Scelba e quello di cui all’art. 2 della Legge Mancino si contrappongono due orientamenti giurisprudenziali.

Il primo postula un rapporto di specialità ex art. 15 c.p., in quanto il reato di cui all’art. 2, d.l. 26 aprile 1993, n. 122 sarebbe volto a sanzionare le manifestazioni esteriori, suscettibili di concreta diffusione, di simboli e rituali dei gruppi o associazioni che propugnano idee discriminatorie o razziste. In ciò si differenzia da quello previsto dall’art. 5 l. 26 giugno 1952, n. 645, che richiede che le medesime condotte siano idonee a determinare il pericolo concreto di riorganizzazione del disciolto partito fascista (Cass., sez. I, 19 novembre 2021, n. 3806, in C.E.D. Cass., n. 282500). 

Il secondo non individua invece alcun rapporto di specialità fra le due incriminazioni, caratterizzate da un diverso àmbito applicativo: la prima incrimina infatti le manifestazioni esteriori, suscettibili di concreta diffusione, di simboli e rituali dei gruppi o associazioni che propugnano nell’attualità idee discriminatorie o razziste; l’altra, diversamente, sanziona il compimento in pubbliche riunioni di manifestazioni simboliche usuali o di gesti evocativi del disciolto partito fascista (Cass., sez. I, 12 ottobre 2021, n. 7904, in C.E.D. Cass., n. 282914). 

Il quesito

In definitiva, sul contrasto interpretativo sono state chiamate a pronunciarsi le Sezioni Unite che decideranno: «Se la condotta consistente nel protendere in avanti il braccio nel “saluto fascista”, evocativa della gestualità tipica del disciolto partito fascista, tenuta nel corso di una manifestazione pubblica, senza la preventiva identificazione dei partecipanti quali esponenti di un’associazione esistente che propugni gli ideali del predetto partito, integri la fattispecie di reato di cui all’art. 2 d.l. 26 aprile 1993, n. 122, convertito dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, ovvero quella prevista dall’art. 5 legge 30 giugno 1952, n. 645; se entrambe le disposizioni configurino un reato di pericolo concreto o di pericolo astratto e se le stesse siano tra loro in rapporto di specialità oppure possano concorrere».

L’udienza è fissata per il 18 gennaio 2024 e il relatore designato è il Consigliere Andreazza.

Condividi su:

Articoli Correlati
Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit, sed do eiusmod tempor incididunt ut labore et dolore
Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit, sed do eiusmod tempor incididunt ut labore et dolore