Cass., sez. IV, 20 ottobre 2020 (dep. 5 novembre 2020), Izzo, Presidente, Ferranti, Relatore, Pedicini, p.m. (Concl. parz. diff.)
1. Il tema della decisione.
La Suprema Corte di Cassazione ha affrontato due problematiche concernenti i profili civilistici delle impugnazioni penali: per un verso, ha trattato la questione della necessità di rinnovare l’istruttoria in appello anche qualora la sentenza di assoluzione sia stata impugnata dalla parte civile sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità della prova dichiarativa; per altro verso, si è soffermata su un profilo connesso, ovvero sull’individuazione del giudice competente per il giudizio di rinvio nel caso in cui l’omissione di tale adempimento comporti l’annullamento della sentenza. Su quest’ultimo punto, la decisione è stata rimessa alle Sezioni unite, affinchè compongano il contrasto insorto.
2. Appello della parte civile e rinnovazione dell’istruttoria.
L’obbligo per il giudice di appello di procedere alla rinnovazione dell’istruttoria anche in caso di appello proposto dalla parte civile, ancorchè non espressamente contemplato dall’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. sorge, come precisa l’ordinanza in rassegna, alla luce del principio affermato da Sez. un., 28 aprile 2016, n. 27620, in Cass. pen., 2016, p. 3203, con nota di Aiuti, Poteri d’ufficio della Cassazione e diritto all’equo processo.
Pur enunciato prima della riforma del dato codicistico ad opera della l. 23 giugno 2016, n. 103, tale insegnamento è stato seguito anche successivamente: Sez. V, 18 febbraio 2020, n. 15259, in C.E.D. Cass., n. 279255, ha ribadito che il giudice di appello che riformi, anche su impugnazione della sola parte civile e ai soli effetti civili, la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, è obbligato a rinnovare, anche d’ufficio, l’istruzione dibattimentale. In questa ottica, la Suprema Corte ha precisato che la previsione in parola, pur prescrivendo l’obbligo di rinnovazione istruttoria nel giudizio d’appello se celebrato su impugnazione del pubblico ministero, non ha inteso escludere la sussistenza di un identico obbligo nel caso di impugnazione della sola parte civile e che tale interpretazione corrisponde al principio di ragionevolezza delle scelte normative che ispira l’art. 3 Cost.
In effetti, la necessità che il contraddittorio sia rafforzato anche in grado di appello, con applicazione del principio dell’oralità, costituisce il metodo più corretto ed idoneo a superare l’intrinseca contraddittorietà fra due sentenze che, pur sulla base dello stesso materiale probatorio, giungano ad opposte conclusioni, non apparendo influente, sotto detto aspetto la circostanza che l’impugnazione sia proposta dal pubblico ministero piuttosto che dalla parte civile. Il nostro sistema processuale – prosegue la Corte – non prevede differenziazioni delle regole probatorie ai fini dell’accertamento della responsabilità penale e civile nel contesto unitario del processo penale, non potendosi, sotto il profilo del diritto di difesa, diversamente declinarsi le regole poste a presidio dello stesso, a seconda se vengano in rilievo profili penali o esclusivamente civili, non essendo ciò in alcun modo desumibile dai principi della Convenzione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, come sviluppati dalla Corte comunitaria e recepita e recepita nella Carta Costituzionale all’art. 111, nonchè dalla prospettiva posta a fondamento dell’elaborazione giurisprudenziale della Suprema Corte (così, tra le tante, Sez. V, 15 aprile 2019, n. 32854, in C.E.D. Cass., n. 277000).
3. I termini del contrasto.
Ciò posto, dinanzi alla necessità di annullare la sentenza impugnata, la Corte si interroga sull’individuazione del giudice competente per il giudizio di rinvio e intravede l’esigenza di rimettere la decisione del ricorso alle Sezioni unite.
Sull’interpretazione dell’art. 622 c.p.p. si è infatti radicato un contrasto in seno alle sezioni semplici.
Conviene premettere che in questo ambito le Sezioni unite si sono già pronunciate, esaminando, tuttavia, la differente fattispecie del ricorso proposto dall’imputato avverso la sentenza di appello che, dichiarando il non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato (ovvero per amnistia), confermi la sentenza ai fini civili senza motivare in ordine alla sussistenza della responsabilità penale. In simili ipotesi, si è stabilito che l’eventuale accoglimento del ricorso per cassazione impone l’annullamento della sentenza e del giudizio di rinvio deve essere investito il giudice civile competente per valore in grado di appello, a norma dell’art. 622 c.p.p. (Sez. un., 18 luglio 2013, n. 40109, in Cass. pen., 2014, p. 831, con nota di Musio, Ambito di operatività dell’art. 622 c.p.p. e individuazione del giudice del rinvio). La conclusione poggia sull’assunto che esigenze di economia processuale vietano il permanere del giudizio in sede penale in mancanza di un interesse penalistico alla vicenda.
A tale insegnamento si sono attenute le successive pronunce di legittimità (ex plurimis, Sez. IV, 23 settembre 2015, n. 44685, in C.E.D. Cass., n. 265561), alcune delle quali, peraltro, hanno esteso il campo di applicazione fino a includere l’ipotesi di concorso di un vizio di motivazione sulla penale responsabilità dell’imputato con la sopravvenienza di una causa estintiva nel corso del giudizio di legittimità (Sez. IV, 8 giugno 2017, n. 34878, in C.E.D. Cass., n. 271065).
Il dissidio, dunque, è sorto tra le decisioni che hanno ritenuto di poter applicare analoga regula iuris nel caso di annullamento della sentenza per omessa rinnovazione dell’istruttoria e decisioni che, invece, rifiutano una simile esegesi.
Seguono la prima strada alcune pronunce della Quinta sezione: Sez. V, 18 febbraio 2020, n. 16988, Sez. V, 13 luglio 2020, n. 262717; Sez. V, 21 settembre 2020, n. 27565. Tali sentenze ribadiscono che la ratio della scelta del rinvio al giudice civile, operata dall’art. 622 c.p.p., è da ravvisarsi nel principio di economia che, come detto, vieta il permanere del giudizio in sede penale in mancanza di un interesse penalistico alla vicenda. A sostegno di tale convinzione osservano che l’ampia dizione della norma non ammette distinzioni di sorta in relazione alla natura del vizio che inficia le statuizioni civili assunte dal giudice penale, che, pertanto, potranno riguardare sia vizi di motivazione in relazione ai capi o ai punti oggetto del ricorso, sia violazioni di legge comprese quelle afferenti a norme di natura procedurale, relative al rapporto processuale scaturente dall’azione civile nel processo penale.
Accolgono, invece, la diversa soluzione del rinvio al giudice penale, tra le altre, Sez. III, 9 gennaio 2020, n. 14229, in C.E.D. Cass., n. 278762, Sez. IV, 13 febbraio 2020, n. 11958, ivi, n. 278746, e Sez. II, 19 febbraio 2020, n. 9542, ivi, n. 278589.
Tali decisioni enunciano una lettura restrittiva dell’art. 622 c.p.p., poichè in simili casi permarrebbe, nonostante l’irrevocabilità della sentenza di assoluzione, un interesse penalistico alla vicenda, sotto il profilo della necessaria applicazione del “giusto processo” di rilievo costituzionale, anche in presenza di questioni relative ai soli profili civilistici della stessa.
Questo indirizzo, peraltro, ha punti di contatto nella giurisprudenza delle sezioni civili, secondo la quale nel giudizio civile di rinvio ex art. 622 c.p.p., si determina una piena translatio del giudizio sulla domanda, sicché la Corte di appello competente per valore, cui la Cassazione in sede penale abbia rimesso il procedimento ai soli effetti civili, applica le regole processuali e probatorie proprie del processo civile (Cass., civ., sez. III, 25 giugno 2019, n. 16916, in Foro it., 2020, p. I, c. 621, con ampia nota redazionale; in tema, Proto Pisani, Note in tema di annullamento della sentenza ai soli effetti civili, ivi, 2020, p. I, c. 679).
La conseguenza di tale ultimo approccio è significativa poichè nel giudizio di rinvio in sede civile non è consentita l’“utilizzazione”, alla stregua di una testimonianza, delle dichiarazioni rese dalla persona offesa sentita quale testimone nel corso del processo penale, dovendo trovare applicazione, viceversa, il divieto sancito dall’art. 264 c.p.c. di assumere come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che ne potrebbe legittimare la partecipazione al giudizio, fermo restando che le medesime dichiarazioni, potendo costituire fonte di convincimento ai fini della decisione, sono liberamente valutabili dal giudice, purché idonee a fornire elementi di giudizio sufficienti nell’ambito delle complessive risultanze istruttorie.
In questo senso, è utile sottolineare che proprio la diversità di disciplina, soprattutto per quanto concerne le prove, è uno degli argomenti – insieme al rilievo che il processo penale rappresenta una garanzia per i diritti di tutte le parti e alla considerazione che ancora sussiste un interesse penalistico alla vicenda – che sostengono l’orientamento in parola (sul profilo concernente le regole in materia di istruzione, Sez. II, 19 febbraio 2020, n. 9542, in C.E.D. Cass., n. 278589).
Un’ultima interpretazione, ancora differente, è stata elaborata da Sez. VI, 6 giugno 2019, n. 31921, in C.E.D. Cass., n. 277285, che ha escluso il rinvio al giudice civile qualora l’annullamento delle disposizioni o dei capi della sentenza impugnata concernenti l’azione civile dipenda dalla fondatezza del ricorso dell’imputato agli effetti penali. Anche qui, tra le motivazioni, spicca la considerazione che il rinvio al giudice civile imporrebbe a quest’ultimo di procedere all’accertamento del fatto applicando, con distonia del sistema, principi di oralità e immediatezza della prova avulsi dal sistema processualcivilistico.
4. La questione devoluta alle Sezioni unite.
In conclusione, è stata rimessa alle Sezioni unite la questione se, in caso di annullamento, ai soli effetti civili, da parte della Corte di cassazione, per la mancata rinnovazione in appello di prove dichiarative ritenute decisive, della sentenza di secondo grado che, in accoglimento dell’appello della parte civile avverso la sentenza di assoluzione in primo grado, abbia condannato l’imputato al risarcimento del danno, il rinvio vada disposto dinanzi al giudice civile competente per valore in grado di appello ovvero dinanzi al giudice penale.