I riflettori tutti puntati sulla riforma della prescrizione consentono di sviluppare qualche breve riflessione sulla riforma del processo penale da parte dell’AC 2435 che costituisce la delega che il Governo regolerà nel giro di un anno.
Considerato che le previsioni sono direttive, il lavoro sarà impegnativo ed è ora fonte di diversificati approdi. Basterebbe considerare tutta la tematica della fase delle indagini preliminari: notizia di reato soggettiva e oggettiva, controllo sull’iscrizione nei registri, tempi delle indagini, fase di chiusura, criteri di priorità e regole di giudizio.
Ogni direttiva prospetta questioni applicative sicuramente significative.
Va, però, detto, come peraltro più volte sottolineato, che non si tratta della “riforma” del processo penale, ma piuttosto della correzione – variamente orientata – di quelle che si reputano alcune sue criticità.
L’aspetto più interessante è costituito dal fatto che seppur condizionato dalla proposta Bonafede, la successione degli elaborati Lattanzi e Cartabia, complice l’intervento del PNRR e della richiesta europea, evidenzia approcci molto diversificati, configurando modelli processuali assai diversi. Ancorché frutto di una interlocuzione – peraltro molto parziale – tra l’ANM e l’UCPI, la riforma targata Bonafede cercava di affrontare alcune tematiche della disciplina delle indagini preliminari e dei riti speciali, ma si connotava per non pochi profili autoritari.
Per convincersi di quest’ultima affermazione basterebbe considerare: la elezione del domicilio; la monocraticità in appello; la disciplina più restrittiva della rinnovazione probatoria in caso di mutamento del Collegio, più restrittiva delle Sezioni Unite Bajrami; la nuova procura per appellare.
Anche in ragione del mutato quadro politico e della necessità di rispettare le indicazioni del PNRR europeo, un diverso approccio è maturato nella proposta della Commissione Lattanzi, chiamata dal Ministro Cartabia ad emendare l’AC 2435 targato Bonafede.
Anche se molte delle previsioni erano già venute meno nel corso dell’interlocuzione tra le forze politiche in sede di Commissione Giustizia della Camera dei deputati, le proposte Lattanzi e Cartabia evidenziano grandi novità.
Quanto alla proposta Lattanzi, questa muove da una profonda rivisitazione del sistema sanzionatorio, con deciso superamento dei profili carcero-centrici.
Su questo elemento, si inseriscono molteplici meccanismi premiali e deflattivi, a ridotto tasso punitivo e fortemente incentivi, con l’obiettivo di favorire negli sviluppi procedurali l’uscita dal processo ed il conseguente decongestionamento.
Due ulteriori elementi agevolano la strategia, soprattutto, mirata sulla criminalità medio bassa a debole intensità, che tuttavia statisticamente è molto numerosa: le regole di giudizio ispirate da valutazioni fattuali proiettate sul giudizio di condanna e la riduzione selettiva (motivi specifici) dei giudizi d’appello.
Condizionato dalla mediazione politica, la riforma Cartabia perde i suoi elementi di qualità, pur nella conservata prospettiva di riforma del sistema sanzionatorio.
I due termini sui quali si inseriscono le modifiche sono costituiti dalla riduzione della premialità e della rimodulazione dell’appello.
I due elementi stanno insieme, nel senso che prospettano e avevano prospettato un equilibrio di ipotesi deflattive e giudizio di accertamento nel merito, complice una regola di giudizio dell’archiviazione e della sentenza di non luogo che torna di natura prognostica.
Scompare l’archiviazione meritata, l’abbreviato condizionato ritorna alla competenza del g.i.p., lo stesso si può dire per l’accesso alla messa alla prova e per la soglia alta della tenuità del fatto.
La restituzione all’appello del suo ruolo tradizionale e, quindi, presente negli sviluppi processuali, unito a quanto detto non realizza la deflazione richiesta dall’Europa.
Si segnalano, positivamente, l’incremento di risorse materiali ed umane, l’informatizzazione della macchina amministrativa, l’avvio del processo telematico.
Si tratta, allora, di intervenire sui tempi dell’appello e sulle conseguenze del loro mancato rispetto. Nasce la prescrizione processuale e tutti i problemi che solleva, trattandosi – pur sempre – di una ipotesi estintiva del reato.
Bonafede, Lattanzi, Cartabia: tre concezioni (molto diverse) della riforma del processo penale
I riflettori tutti puntati sulla riforma della prescrizione consentono di sviluppare qualche breve riflessione sulla riforma del processo penale da parte dell’AC 2435 che costituisce la delega che il Governo regolerà nel giro di un anno.
Considerato che le previsioni sono direttive, il lavoro sarà impegnativo ed è ora fonte di diversificati approdi. Basterebbe considerare tutta la tematica della fase delle indagini preliminari: notizia di reato soggettiva e oggettiva, controllo sull’iscrizione nei registri, tempi delle indagini, fase di chiusura, criteri di priorità e regole di giudizio.
Ogni direttiva prospetta questioni applicative sicuramente significative.
Va, però, detto, come peraltro più volte sottolineato, che non si tratta della “riforma” del processo penale, ma piuttosto della correzione – variamente orientata – di quelle che si reputano alcune sue criticità.
L’aspetto più interessante è costituito dal fatto che seppur condizionato dalla proposta Bonafede, la successione degli elaborati Lattanzi e Cartabia, complice l’intervento del PNRR e della richiesta europea, evidenzia approcci molto diversificati, configurando modelli processuali assai diversi. Ancorché frutto di una interlocuzione – peraltro molto parziale – tra l’ANM e l’UCPI, la riforma targata Bonafede cercava di affrontare alcune tematiche della disciplina delle indagini preliminari e dei riti speciali, ma si connotava per non pochi profili autoritari.
Per convincersi di quest’ultima affermazione basterebbe considerare: la elezione del domicilio; la monocraticità in appello; la disciplina più restrittiva della rinnovazione probatoria in caso di mutamento del Collegio, più restrittiva delle Sezioni Unite Bajrami; la nuova procura per appellare.
Anche in ragione del mutato quadro politico e della necessità di rispettare le indicazioni del PNRR europeo, un diverso approccio è maturato nella proposta della Commissione Lattanzi, chiamata dal Ministro Cartabia ad emendare l’AC 2435 targato Bonafede.
Anche se molte delle previsioni erano già venute meno nel corso dell’interlocuzione tra le forze politiche in sede di Commissione Giustizia della Camera dei deputati, le proposte Lattanzi e Cartabia evidenziano grandi novità.
Quanto alla proposta Lattanzi, questa muove da una profonda rivisitazione del sistema sanzionatorio, con deciso superamento dei profili carcero-centrici.
Su questo elemento, si inseriscono molteplici meccanismi premiali e deflattivi, a ridotto tasso punitivo e fortemente incentivi, con l’obiettivo di favorire negli sviluppi procedurali l’uscita dal processo ed il conseguente decongestionamento.
Due ulteriori elementi agevolano la strategia, soprattutto, mirata sulla criminalità medio bassa a debole intensità, che tuttavia statisticamente è molto numerosa: le regole di giudizio ispirate da valutazioni fattuali proiettate sul giudizio di condanna e la riduzione selettiva (motivi specifici) dei giudizi d’appello.
Condizionato dalla mediazione politica, la riforma Cartabia perde i suoi elementi di qualità, pur nella conservata prospettiva di riforma del sistema sanzionatorio.
I due termini sui quali si inseriscono le modifiche sono costituiti dalla riduzione della premialità e della rimodulazione dell’appello.
I due elementi stanno insieme, nel senso che prospettano e avevano prospettato un equilibrio di ipotesi deflattive e giudizio di accertamento nel merito, complice una regola di giudizio dell’archiviazione e della sentenza di non luogo che torna di natura prognostica.
Scompare l’archiviazione meritata, l’abbreviato condizionato ritorna alla competenza del g.i.p., lo stesso si può dire per l’accesso alla messa alla prova e per la soglia alta della tenuità del fatto.
La restituzione all’appello del suo ruolo tradizionale e, quindi, presente negli sviluppi processuali, unito a quanto detto non realizza la deflazione richiesta dall’Europa.
Si segnalano, positivamente, l’incremento di risorse materiali ed umane, l’informatizzazione della macchina amministrativa, l’avvio del processo telematico.
Si tratta, allora, di intervenire sui tempi dell’appello e sulle conseguenze del loro mancato rispetto. Nasce la prescrizione processuale e tutti i problemi che solleva, trattandosi – pur sempre – di una ipotesi estintiva del reato.
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La Consulta si pronuncia sulla incompatibilità del G.i.p. a pronunciarsi sulla nuova richiesta di decreto penale di condanna: inammissibili le q.l.c.
Sospensione della pena e non menzione della condanna nel casellario: illegittimità costituzionale parziale.
Foglio di via del Questore: per la Consulta non è necessaria la convalida del giudice.
La Consulta sull’obbligo di testimoniare del prossimo congiunto dell’imputato che sia persona offesa dal reato.
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