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Brevi considerazioni sulle acquisizioni dei dati del cellulare: il DM n. 247
Davvero scandalosa la vicenda emersa in questi giorni in Commissione giustizia della Camera !
La bozza del decreto ministeriale in tema di intercettazioni, predisposta dall’ex guardasigilli Bonafede, prevedeva una serie di tabelle che indicavano le prestazioni di intercettazione svolte dalle aziende private e il loro costo giornaliero, indicato tra un minimo e un massimo. Ma nel decreto era indicato, tra le “prestazioni funzionali” del trojan, lo scaricamento sul server delle Procure non solo dei flussi delle comunicazioni intercettate, ma anche di tutti i contenuti “statici” presenti su telefoni e p.c. (come rubrica telefonica, foto conservate nella galleria, files custoditi, password), non scambiati via SMS o chat e quindi non oggetto di comunicazione e perciò non rientranti nell’ambito dell’intercettazione, ma di una perquisizione informatica ed eventuale sequestro, da autorizzare con distinto provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria.
Tale impostazione del decreto conferma la concezione che l’ex Ministro della Giustizia aveva del trojan, da lui evidentemente considerato uno strumento di “ispe-perqui-intercettazione” che avrebbe consentito una vera e propria “pesca a strascico”, come purtroppo avevamo paventato in tempi non sospetti.
L’aspetto più grave della vicenda sta nel fatto che questa elementare distinzione tra due diverse categorie giuridiche (l’intercettazione è atto che non può essere confuso con la perquisizione) emerge solo ora che si decide a livello regolamentare, mentre dovrebbe essere stata chiara e ben definita dalla legge sulle intercettazioni.
Ma attenzione, non si può ancora abbassare la guardia. Perché, sventato questo pericolo, resta ancora da garantire davvero la riservatezza delle comunicazioni intercettate, che restano troppo a lungo e senza controllo nelle mani delle aziende private.
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