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“Caso Ferri”: accolto il ricorso per conflitto di attribuzione.

Segnaliamo la sentenza n. 157, depositata oggi 20 luglio, con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato che non spettava alla Camera dei deputati deliberare il diniego all’autorizzazione successiva all’utilizzo di captazioni informatiche nei confronti del deputato Cosimo Maria Ferri, richiesta dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, ai sensi dell’art. 6 della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), nell’ambito del procedimento disciplinare R.G. n. 93/2019, sul presupposto che le stesse fossero state acquisite, nel diverso procedimento penale R.G. n. 6652/18, in assenza dell’autorizzazione preventiva di cui all’art. 4 della stessa legge n. 140 del 2003.

Di seguito il comunicato stampa:

La deliberazione in data 12 gennaio 2022 con cui la Camera dei deputati ha negato alla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura l’autorizzazione all’utilizzo delle captazioni che hanno coinvolto l’on. Cosimo Maria Ferri, magistrato fuori ruolo per mandato parlamentare, è stata annullata, perché ritenuta in contrasto con l’art. 68, terzo comma, della Costituzione.
All’origine del conflitto, deciso con la sentenza n. 157 del 2023 (red. Stefano Petitti), vi era la richiesta di
autorizzazione della Sezione disciplinare del CSM all’utilizzo di intercettazioni acquisite nell’ambito del
procedimento penale promosso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia a carico di altri. La Corte costituzionale ha stabilito che l’utilizzo delle intercettazioni non richiedesse, come invece sostenuto dalla Camera dei deputati, l’autorizzazione preventiva a norma dell’art. 4 della legge n. 140 del 2003, non risultando che l’attività di indagine “fosse univocamente diretta a intercettare anche le comunicazioni dell’on. Ferri”.
Per il fatto di aver negato l’autorizzazione sul presupposto dell’assenza di un’autorizzazione preventiva, in
realtà non necessaria, senza invece pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione successiva a norma dell’art. 6 della legge n. 140 del 2003, la Camera dei deputati ha quindi “esercitato sì attribuzioni ad essa in astratto spettanti, ma, in concreto, travalicandone i limiti”. La Corte ha stabilito pertanto che “la richiesta di autorizzazione avanzata dalla Sezione disciplinare richiede una nuova valutazione, da parte della stessa Camera dei deputati, della sussistenza dei presupposti ai quali l’utilizzazione delle intercettazioni effettuate in un diverso procedimento è condizionata”.

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