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SECONDO LA CORTE DI CASSAZIONE IL P.M. NON È TENUTO A TRASMETTERE AL TRIBUNALE DEL RIESAME REALE GLI ELEMENTI SOPRAVVENUTI A FAVORE DELL’INDAGATO

Cass., Sez.III, sentenza 3 ottobre 2024, n. 37949.

1. La Corte di cassazione, nella sentenza in esame, ha affermato un principio di diritto che può ritenersi discutibile.

La pronuncia ha chiarito che, in materia di riesame avverso i provvedimenti cautelari reali, l’autorità giudiziaria procedente deve trasmettere al tribunale cautelare “gli atti su cui si fonda il provvedimento oggetto di riesame“, ai sensi dell’art. 324, comma 3, c. p. p., disposizione che non contiene alcun rinvio all’art. 309, comma 5, c.p.p., che, con riferimento al riesame delle misure coercitive, prescrive, invece, la trasmissione, oltre che degli atti presentati a norma dell’art. 291 c. p. p., anche di tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini.

Secondo la Corte regolatrice, in assenza di un siffatto rinvio normativo, deve, dunque, affermarsi, in tema di riesame dei provvedimenti di sequestro, che il pubblico ministero ha l’obbligo di trasmettere i soli atti posti a sostegno del provvedimento impugnato e non anche gli “elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini”.

La Corte, in questo modo, segue i precedenti conformi che hanno dato luogo ad una giurisprudenza consolidata: Cass., Sez. VI,11.11.2016, n. 53160, Rv. 269497; Cass., Sez. VI, 9.3.2022, n. 13937, Rv. 283141.

2. La pronuncia è tecnicamente aderente al dato normativo specificamente dettato in materia di riesame contro i provvedimenti di sequestro. Infatti, è indubbio che l’art. 324 c.p.p. non prescriva al pubblico ministero l’obbligo di trasmettere al tribunale del riesame gli “elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini”, prescrizione che rimane così relegata solo in riferimento al riesame delle ordinanze che dispongono una misura cautelare personale.

Tuttavia, la soluzione non può non suscitare qualche dubbio nell’interprete.

L’ordinamento giudiziario non attribuisce al Pubblico ministero il compito di «veglia[re] alla osservanza delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia…»? (art. 73 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, Ordinamento giudiziario)?

Non esiste una disposizione del codice di procedura penale che prescrive al Pubblico ministero di svolgere accertamenti “su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini” (art. 358 c.p.p.)?

Ma allora come è possibile che il Pubblico ministero che abbia nel suo fascicolo delle indagini elementi a favore dell’indagato li tenga nascosti al tribunale del riesame che deve giudicare sul sequestro?

Non esiste un principio di lealtà processuale che impone ad un organo pubblico di non celare al giudice fatti che possono portare all’assoluzione dell’imputato o anche soltanto al dissequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato ?

Viene in mente il recente caso dei due Pubblici ministeri milanesi condannati per aver occultato al tribunale le prove a difesa dell’imputato.

 Purtroppo, dobbiamo constatare, ancora oggi, che persino la suprema Corte di cassazione ha necessità di una disposizione specifica che autorizzi il P.M. a divulgare le prove dell’innocenza, ignorando il principio costituzionale della presunzione di innocenza e quello generale che considera il Pubblico ministero “organo imparziale di giustizia”.

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