Cass., Sez. III, 26.9.2024 (dep. 3.12.2024), n. 44047, Morabito
Dopo le sentenze “gemelle” delle S.U. (la n. 23755/2024, in C.E.D. Cass., n. 286573 e la n. 23756/2024, non massimata, entrambe pronunciate il 29 febbraio e depositate il 14 giugno 2024), che hanno risolto il contrasto giurisprudenziale dichiarando utilizzabili in Italia, mediante Ordine Europeo di Indagine (O.E.I.), le intercettazioni e chat già acquisite e decriptate nei procedimenti penali francesi con metodi coperti dal segreto di Stato, la Corte di cassazione conferma la linea della loro utilizzabilità. Ma la sentenza ribadisce anche altri discutibili principi di diritto, tra i quali quello del legittimo impiego da parte della p.g. del “cacciatore di identità”.
La messaggistica criptata sulla piattaforma Sky ECC
La sentenza annotata, esaminando un complesso ricorso in cassazione, risolve diverse questioni. La più rilevante è sicuramente quella che, in linea con le recenti Sezioni unite (n. 23755/2024 e n. 23756/2024), conferma l’utilizzabilità in Italia delle chat e delle comunicazioni transitate sulla piattaforma Sky ECC, già acquisite e decriptate in Francia con metodi coperti dal segreto di Stato.
Ma la pronuncia si caratterizza anche per l’affermazione di altri interessanti principi di diritto.
Tra questi spicca la questione dell’ IMSI Catcher (International Mobile Subscriber Identity), che è un dispositivo portatile, di ridotte dimensioni, che può essere facilmente sistemato ovunque, capace di infilarsi nelle reti di comunicazione, simulando un ponte radio, con l’effetto di individuare i cellulari che si trovano nei dintorni e ne ricava il codice numerico identificativo che contrassegna la SIM Card.
Negli U.S.A. è impiegato dalla polizia, previo order del giudice, da diversi decenni per registrare le informazioni provenienti da tutti i cellulari che si trovano in una certa area e anche in Italia, pur in assenza di qualsiasi disciplina legislativa, è usato da molto tempo.
La Corte europea dei diritti dell’uomo
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha affermato che la richiesta della polizia, senza autorizzazione del giudice, al gestore delle telecomunicazioni e l’utilizzo da parte sua delle informazioni sull’utenza dell’abbonato che hanno portato alla sua identificazione costituiscono un’ingerenza nei suoi diritti ai sensi dell’art. 8 Conv. e.d.u., che tutela il rispetto della vita privata (Corte e.d.u., Sez. IV, 24.4.2018, Benedik c. Slovenia).
Nonostante la pronuncia della Corte e.d.u. la Corte di cassazione da anni elude il problema perché afferma che il provvedimento del G.I.P. che autorizza le intercettazioni delle conversazioni legittimerebbe la polizia giudiziaria anche al compimento delle operazioni tecniche necessarie alla individuazione delle utenze da intercettare. Pertanto, trattandosi di una operazione tecnica strumentale alla individuazione delle “utenze bersaglio”, non sarebbe necessario un autonomo provvedimento autorizzativo, trovando la sua legittimazione nel precedente decreto di autorizzazione delle intercettazioni (Cass., Sez. VI, 18.6.2024 (dep. 5.8.2024), Della Monica, n. 31938/2024;Cass., Sez. IV, 12.6.2018, n. 41385, Chirico e altro, CED 273929).
La pronuncia in esame
La sentenza in commento ribadisce tale orientamento, precisando che l’acquisizione delIMSI Catcher non attiene a conversazioni o comunicazioni, ma solamente al soggetto utente. Esso infatti rappresenta uno strumento di identificazione e geolocalizzazione, mediante un’attività di individuazione dell’utenza da sottoporre a intercettazione telefonica con monitoraggio delle utenze presenti in una determinata area, che non è, dunque, di per sé esecutiva di un’intercettazione di conversazioni, ma è ad essa necessariamente prodromica. Si tratterebbe pertanto di un’attività di individuazione che si rivolge esclusivamente all’identità del singolo apparecchio telefonico e che neppure è finalizzata ad acquisire elementi sugli eventuali contatti telefonici che tale apparecchio intrattiene in un determinato arco temporale, cosicchè non potrebbe parlarsi di attività assimilabile all’acquisizione di tabulati telefonici, potendo essere ricondotta tra gli atti che la polizia giudiziaria compie di propria iniziativa ai fini di cui all’art. 55 c.p.p., in vista di successive attività investigative e non potrebbe quindi essere assimilato ad un mezzo di ricerca della prova. Ne deriverebbe che per l’effettuazione del monitoraggio teso ad individuare le utenze da sottoporre a intercettazione non è necessario un decreto autorizzativo, che è invece indispensabile – e condizione di utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni – per poter captare le conversazioni che transitano sull’utenza da monitorare dopo che quest’ultima è stata individuata.
Osservazioni
In realtà, le potenzialità operative dell’IMSI Catcher sono assai più invasive di quelle rappresentate dalla Corte di cassazione, in quanto tale strumento si sostituisce alla cella telefonica (perciò è chiamato anche cell-site simulator) e quindi non solo individua e localizza l’utilizzatore del dispositivo ma capta le comunicazioni in corso che vengono fatte transitare in una cella fake e, se i messaggi non sono criptati end to end, possono anche essere intercettati.
Si tratta perciò di un mezzo di ricerca della prova non disciplinato dalla legge ma che incide sui dati personali, sulla riservatezza e potrebbe anche intaccare la segretezza delle comunicazioni, in contrasto con gli artt. 15 Cost e 8 Conv. europea dei diritti dell’uomo.
Il Parlamento, quindi, dovrebbe quanto prima disciplinare la materia, nel rispetto della riserva di legge e di giurisdizione, prevedendo con legge i “casi” e i “modi” di impiego di questo invasivo strumento e riservandone al giudice l’autorizzazione.
La Cassazione conferma l’utilizzabilità delle chat Sky-ECC ma legittima anche l’uso dell’ I.M.S.I. Catcher da parte della polizia giudiziaria
Cass., Sez. III, 26.9.2024 (dep. 3.12.2024), n. 44047, Morabito
Dopo le sentenze “gemelle” delle S.U. (la n. 23755/2024, in C.E.D. Cass., n. 286573 e la n. 23756/2024, non massimata, entrambe pronunciate il 29 febbraio e depositate il 14 giugno 2024), che hanno risolto il contrasto giurisprudenziale dichiarando utilizzabili in Italia, mediante Ordine Europeo di Indagine (O.E.I.), le intercettazioni e chat già acquisite e decriptate nei procedimenti penali francesi con metodi coperti dal segreto di Stato, la Corte di cassazione conferma la linea della loro utilizzabilità. Ma la sentenza ribadisce anche altri discutibili principi di diritto, tra i quali quello del legittimo impiego da parte della p.g. del “cacciatore di identità”.
La messaggistica criptata sulla piattaforma Sky ECC
La sentenza annotata, esaminando un complesso ricorso in cassazione, risolve diverse questioni. La più rilevante è sicuramente quella che, in linea con le recenti Sezioni unite (n. 23755/2024 e n. 23756/2024), conferma l’utilizzabilità in Italia delle chat e delle comunicazioni transitate sulla piattaforma Sky ECC, già acquisite e decriptate in Francia con metodi coperti dal segreto di Stato.
Ma la pronuncia si caratterizza anche per l’affermazione di altri interessanti principi di diritto.
Tra questi spicca la questione dell’ IMSI Catcher (International Mobile Subscriber Identity), che è un dispositivo portatile, di ridotte dimensioni, che può essere facilmente sistemato ovunque, capace di infilarsi nelle reti di comunicazione, simulando un ponte radio, con l’effetto di individuare i cellulari che si trovano nei dintorni e ne ricava il codice numerico identificativo che contrassegna la SIM Card.
Negli U.S.A. è impiegato dalla polizia, previo order del giudice, da diversi decenni per registrare le informazioni provenienti da tutti i cellulari che si trovano in una certa area e anche in Italia, pur in assenza di qualsiasi disciplina legislativa, è usato da molto tempo.
La Corte europea dei diritti dell’uomo
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha affermato che la richiesta della polizia, senza autorizzazione del giudice, al gestore delle telecomunicazioni e l’utilizzo da parte sua delle informazioni sull’utenza dell’abbonato che hanno portato alla sua identificazione costituiscono un’ingerenza nei suoi diritti ai sensi dell’art. 8 Conv. e.d.u., che tutela il rispetto della vita privata (Corte e.d.u., Sez. IV, 24.4.2018, Benedik c. Slovenia).
Nonostante la pronuncia della Corte e.d.u. la Corte di cassazione da anni elude il problema perché afferma che il provvedimento del G.I.P. che autorizza le intercettazioni delle conversazioni legittimerebbe la polizia giudiziaria anche al compimento delle operazioni tecniche necessarie alla individuazione delle utenze da intercettare. Pertanto, trattandosi di una operazione tecnica strumentale alla individuazione delle “utenze bersaglio”, non sarebbe necessario un autonomo provvedimento autorizzativo, trovando la sua legittimazione nel precedente decreto di autorizzazione delle intercettazioni (Cass., Sez. VI, 18.6.2024 (dep. 5.8.2024), Della Monica, n. 31938/2024;Cass., Sez. IV, 12.6.2018, n. 41385, Chirico e altro, CED 273929).
La pronuncia in esame
La sentenza in commento ribadisce tale orientamento, precisando che l’acquisizione delIMSI Catcher non attiene a conversazioni o comunicazioni, ma solamente al soggetto utente. Esso infatti rappresenta uno strumento di identificazione e geolocalizzazione, mediante un’attività di individuazione dell’utenza da sottoporre a intercettazione telefonica con monitoraggio delle utenze presenti in una determinata area, che non è, dunque, di per sé esecutiva di un’intercettazione di conversazioni, ma è ad essa necessariamente prodromica. Si tratterebbe pertanto di un’attività di individuazione che si rivolge esclusivamente all’identità del singolo apparecchio telefonico e che neppure è finalizzata ad acquisire elementi sugli eventuali contatti telefonici che tale apparecchio intrattiene in un determinato arco temporale, cosicchè non potrebbe parlarsi di attività assimilabile all’acquisizione di tabulati telefonici, potendo essere ricondotta tra gli atti che la polizia giudiziaria compie di propria iniziativa ai fini di cui all’art. 55 c.p.p., in vista di successive attività investigative e non potrebbe quindi essere assimilato ad un mezzo di ricerca della prova. Ne deriverebbe che per l’effettuazione del monitoraggio teso ad individuare le utenze da sottoporre a intercettazione non è necessario un decreto autorizzativo, che è invece indispensabile – e condizione di utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni – per poter captare le conversazioni che transitano sull’utenza da monitorare dopo che quest’ultima è stata individuata.
Osservazioni
In realtà, le potenzialità operative dell’IMSI Catcher sono assai più invasive di quelle rappresentate dalla Corte di cassazione, in quanto tale strumento si sostituisce alla cella telefonica (perciò è chiamato anche cell-site simulator) e quindi non solo individua e localizza l’utilizzatore del dispositivo ma capta le comunicazioni in corso che vengono fatte transitare in una cella fake e, se i messaggi non sono criptati end to end, possono anche essere intercettati.
Si tratta perciò di un mezzo di ricerca della prova non disciplinato dalla legge ma che incide sui dati personali, sulla riservatezza e potrebbe anche intaccare la segretezza delle comunicazioni, in contrasto con gli artt. 15 Cost e 8 Conv. europea dei diritti dell’uomo.
Il Parlamento, quindi, dovrebbe quanto prima disciplinare la materia, nel rispetto della riserva di legge e di giurisdizione, prevedendo con legge i “casi” e i “modi” di impiego di questo invasivo strumento e riservandone al giudice l’autorizzazione.
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