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CODICE ROSSO: ALCUNE BREVI CONSIDERAZIONI DI SISTEMA

Già dall’intestazione “Codice Rosso” la disciplina del tema segnala alcune specifiche connotazioni. In primo luogo, proprio dalla sua risalente disciplina sovranazionale, la Convenzione di Istanbul del 2011, la materia – sotto il profilo penale-processuale – si segnala per essere un cantiere normativamente in progress l’ultima delle quali la l. n. 168 del 2023.

Sono infatti molte le leggi che si sono succedute in materia.

Ciò significa che il legislatore è costretto ad adeguare la normativa al variare delle situazioni e alla loro incapacità di affrontare e risolvere le questioni che sono sottese alla materia.

Quest’ultimo elemento è collegato all’evoluzione delle modalità di manifestazione dei fatti delittuosi e della necessità di correggere le lacune normative.

Il dato, già evidenziato dal “Codice Rosso”, si determina per effetto delle nozioni di “lotta”, “contrasto”, nonché di “volenza” (concetti diversi da conflitti) mirata sulle “donne”.

Queste espressioni evidenziano l’oggetto dell’intervento, ma anche il suo obiettivo che conseguentemente finisce per permeare i dati normativi.

Si tratta in qualche modo di qualcosa di simile rispetto a Caivano, cioè, di un dato che esplode che non è stato monitorato in anticipo pur essendo da tempo la criminalità minorile evolutasi rispetto al 1988 anno della riforma del processo minorile.

Si tratta all’evidenza di un “fenomeno” e come nel caso dei fenomeni impone e suggerisce risposte più ampie della mera repressione (reati e pene).

Anche in questo caso il legislatore sviluppa una cosiddetta manovra complessiva che richiede attività collaterali: informazioni alle vittime, luoghi protetti, sostegni economici, iniziative culturali (si pensi che fino al 1981 in Italia c’era l’omicidio per causa d’onore).

Non è un procedimento speciale, ma qualcosa di complesso, articolato, integrato affinché il profilo sanzionatorio non risulti fine a se stesso e punti al superamento di ciò che determina l’allarme sociale: questo è appunto il fenomeno.

Il dato è rafforzato dal fatto che la situazione può coinvolgere una ampia fascia di persone non essendo facilmente prevedibili i suoi profili soggettivi anzi potendo riguardare una larga entità di persone e fatti (familiari, domestici e affettivi).

Un altro elemento significativo, a questo collegato, dell’evoluzione della materia è costituito dallo spostamento dall’iniziale tutela della vittima ad una più ampia dimensione orientata alla tutela collettiva.

Se certamente non mancano numerose previsioni tese a tutelare la persona offesa dal reato (informazioni dei diritti, comunicazione degli sviluppi processuali) e l’iniziale obiettivo della previsione (misure cautelari, arresti, fermi) era orientato a tutelare la vittima, lasciando al margine la collettività, in un secondo momento è emerso il problema dell’interesse collettivo alla punizione e repressione.

La dimensione del fenomeno cioè ha spostato l’attenzione sul più generale piano che integra quello individuale con quello collettivo.

Una considerazione ulteriore riguarda la particolarità della legge e conseguentemente come venga regolata la sua disciplina.

L’obiettivo della legge è quello che muovendo da dati prognostici e sintomatici si tende ad evitare che l’azione già di per sé delittuosa sfoci in reati più gravi (il femminicidio appunto).

Sotto questo profilo, un elemento significativo è il fattore tempo anche in considerazione del fatto che proprio i ritardi nelle iniziative processuali possono pregiudicare il temuto esito della vicenda: attività di pg; indagini e richieste del p.m.; decisioni del giudice; corsie preferenziali per l’instaurazione del giudizio, sono da un lato rigorosamente cadenzate (ancorché apparentemente non sanzionati), dall’altro supportate dalla richiesta professionalità dei loro interpreti.

Questi dati sono inseriti nell’ulteriore elemento di connotazione del procedimento di violenza contro le donne.

L’elemento nella riferita logica del citato finalismo, innestato anche nei tempi, tenuto conto della possibile tipicità di alcuni “passaggi comportamentali” di soggetti attivi e passivi, possibili autori dei fatti e possibili vittime degli stessi, suggerisce al legislatore di metter in campo gli strumenti processuali maggiormente adeguati.

Dal punto di vista formale la legge espone in progress secondo un itinerario che muove seppur sempre con riferimento al caso concreto, dalla minor afflittività, per poi individuare situazioni più gravi e invasive.

In altri termini l’intervento si fonda sulla entità e gravità del pericolo innestato dai comportamenti dell’autore e dai possibili rischi per la vittima, valutata in termini prognostici (IA).

Si tratta quindi di una attività di attenzionamento, di richiamo, di monito, di prevenzione, di contenimento, di comportamenti che sono suscettibili di evolversi in qualcosa di più grave.

Più che la reiterazione del reato, sempre possibile si tende a verificare il suo sviluppo evolutivo in termini più accentuati e mai regressivi.

Nella formulazione delle leggi, ma non necessariamente nell’ordine di applicazione, vanno segnalati: l’ammonimento del questore; l’ammonimento del prefetto; le misure di prevenzione; le misure precautelari; l’inserimento del braccialetto elettronico; la disciplina della flagranza differita; l’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare; il divieto di avvicinamento alla vittima e alle persone con cui si relaziona; l’azione civile di supporto e sostegno; le misure cautelari.

Si tratta dell’ampio armamentario a disposizione della pg, del p.m. e del giudice delle indagini preliminari.

Trovano spazio anche le sanzioni processuali in presenza della violazione alle prescrizioni e alle misure restrittive, anche queste proporzionate alle entità delle violazioni e al segnalato rischio per la vittima indotto dall’autore del fatto.

Naturalmente per mettere in campo questo armamentario il legislatore colloca nelle varie situazioni processuali i reati spia connessi al grado della loro gravità – pericolosità e a volte per renderli applicabili interviene sulle soglie di pena così da evitare le situazioni generali preclusive.

Spetterà all’indagato – imputato operare le scelte riabilitative per uscire dalle condizioni restrittive che gli sono state imposte nonché attraverso il suo legale attivare gli strumenti difensivi che possono escludere i fatti o ridimensionarli attraverso gli strumenti ordinari, ma anche quelli che possono definire la vicenda processuale con le “offerte” premiali.

Invero, nei limiti di pena operanti per le diverse vicende processuali, gli strumenti del patteggiamento, della messa alla prova, delle condotte riparatorie, del rito abbreviato, nonché alla condanna alle pene sostitutive appaiono applicabili.

Non va trascurato poi, nonostante il mancato riferimento nella legge 168 del 2023, che sia possibile il ricorso alla giustizia riparativa stante la mancanza di preclusioni e la generale operatività della legge Cartabia e gli avvertimenti disseminati in termini generalissimi nei diversi passaggi processuali.

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