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Daspo urbano: non doversi procedere. Quando una cosa “piccola” non necessariamente richiede una “piccola” attenzione
Trib. Trieste, GIP Tomassini, 14 luglio 2021
Si segnala l’interessante sentenza del Gip del Tribunale di Trieste, relativa all’imputazione del divieto di accesso (art.10, comma 2 Legge 48/2017), che conclude per il non doversi procedere perché il fatto non sussiste (art.129 c.p.p.).
L’imputato, persona senza fissa dimora, è destinatario di un provvedimento questorile che gli vieta di accedere per 12 mesi ad un’area sostanzialmente coincidente con l’intera città di Trieste, al punto da far ritenere che sia stato surrettiziamente applicato un foglio di via.
In base a costante orientamento giurisprudenziale di legittimità, secondo un opportuno parallelismo, la misura di prevenzione dell’ordine di rimpatrio con foglio di via obbligatorio si caratterizza per la duplice intimazione di fare rientro nel luogo di residenza e di non ritornare nel Comune oggetto dell’ordine di allontanamento, con la conseguenza che la mancanza di una delle due prescrizioni determina l’illegittimità del provvedimento (Cass. Pen. Sez. I, 5 marzo-7 maggio 2020, n. 13975, in www.dirittifondamentali.it).
Essendo in presenza di soggetto privo di residenza ed essendo stato di fatto allontanato dal comune di Trieste, il Giudice ritiene che sia venuta meno la legittimità del provvedimento.
Infine, un’ulteriore importante sollecitazione emerge dall’affermazione di un difetto di motivazione del provvedimento amministrativo in analisi, là dove estende, in maniera uniforme e senza distinzioni, il divieto di accesso al prevenuto.
È del tutto carente ogni spiegazione sulla scelta delle zone interessate da un divieto, per così dire uniforme, sebbene le aree siano tra loro profondamente differenti.
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