Segnaliamo la sentenza n. 105, depositata il 26 maggio 2023, con la quale Corte costituzionale, si è pronunciata in tema di 41 bis o.p. e ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto, affermando – tuttavia – che il regime del 41 bis non impone sempre l’impiego del vetro divisorio c.d. “a tutta altezza” durante i colloqui con i familiari minori di età, atteso che le soluzioni per impedire il passaggio di oggetti durante i colloqui devono adeguarsi alla situazione concreta, tenendo conto sia dei diritti del detenuto, sia di quelli del familiare minorenne.
Di seguito il comunicato stampa della Corte Costituzionale.
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«In presenza di una disposizione di legge che indica con chiarezza l’obiettivo – impedire il passaggio di oggetti durante i colloqui tra i detenuti sottoposti al regime detentivo dell’articolo 41-bis e i loro familiari – le soluzioni per raggiungerlo vanno necessariamente adeguate alla situazione concreta, tenendo conto sia dei diritti del detenuto, sia di quelli del familiare minorenne.
Lo ha stabilito la sentenza n. 105 del 2023 (redattore Nicolò Zanon), dichiarando non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto.
Il giudice rimettente riteneva che l’articolo 41-bis, comma 2-quater, lettera b), dell’ordinamento penitenziario imponesse che i colloqui del detenuto in regime differenziato, anche con i familiari minori d’età, avvengano sempre con l’impiego del vetro divisorio “a tutta altezza”. Per questo, dubitava che la disposizione violasse la Costituzione (in particolare l’articolo 27), la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e quella sui diritti del fanciullo.
La sentenza chiarisce che è possibile, invece, fornire una interpretazione costituzionalmente orientata del testo di legge, che garantisca un trattamento penitenziario non contrastante con il senso di umanità, anche a tutela del preminente interesse dei minori.
Infatti, una disciplina che escluda totalmente la possibilità di mantenere, durante i colloqui visivi, un contatto fisico con i familiari, finanche nei confronti di quelli in età più giovane, si porrebbe in contrasto con quanto disposto dall’articolo 27 della Costituzione. La Corte è peraltro consapevole che i colloqui con i familiari o con terze persone rappresentano uno dei momenti a più alto rischio per l’obbiettivo perseguito dal regime detentivo differenziato, cioè quello di impedire i collegamenti degli appartenenti alle organizzazioni criminali tra loro e con i membri di queste che si trovino in libertà.
A questo scopo, quindi, è legittima, durante i colloqui, l’adozione di rigorose misure per impedire il passaggio di oggetti. Il legislatore, però, non ha specificato le pertinenti soluzioni tecniche, limitandosi a richiedere che i locali destinati ai colloqui siano «attrezzati» in modo da impedire tale passaggio.
La sentenza, quindi, chiarisce che l’impiego del vetro divisorio, pur essendo la soluzione maggiormente idonea a raggiungere l’obbiettivo di legge, non è imposto dal testo della disposizione.
Ne deriva, in particolare, che non è illegittima la circolare dell’amministrazione penitenziaria, la quale consente colloqui senza schermatura con i familiari in linea retta minori di dodici anni.
La Corte precisa, inoltre, che l’indicazione contenuta nella circolare non impone, a sua volta, una scelta rigida, che potrebbe non risultare adeguata, per eccesso o per difetto, alle specifiche esigenze del caso singolo. Questa indicazione, da un lato, non può impedire una deroga puntuale, adeguatamente motivata, alla regola del vetro divisorio, anche per i colloqui con minori ultradodicenni; dall’altro lato, e all’inverso, non attribuisce una pretesa intangibile alla condivisione del medesimo spazio libero, nemmeno durante i colloqui con minori infradodicenni».