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Direttiva europea sulla presunzione di innocenza e sulla partecipazione al processo.

La direttiva UE n. 343 del 9 marzo 2016, ad un lustro dalla sua emanazione, è stata finalmente recepita.

Nata con l’intento di rafforzare i diritti processuali dell’imputato, deve essere inquadrata anche nell’arduo percorso di armonizzazione degli ordinamenti processuali penali degli Stati membri.

Le premesse del provvedimento si fondano sui principi della CEDU e sulla necessità del riconoscimento reciproco e della reciproca fiducia tra gli Stati.

Il dibattito italiano si è focalizzato soprattutto sul tema della presunzione di innocenza (Considerandum n. 19) che si articola nel divieto di presentare in pubblico l’indagato o l’imputato come colpevole (artt. 4 e 5); l’onere della prova (art. 6); e, infine, il diritto al silenzio e alla non autoincriminazione (art. 7).

In tema di “conferenze stampa”, si vieta espressamente a tutti i funzionari pubblici di “presentare” un imputato come colpevole del reato ascrittogli prima della condanna (art. 4). Si tratta di principi di civiltà che a ben guardare sono già consolidati nella Carta costituzionale, ma che nella direttiva prevedono un impegno degli Stati a “predisporre misure appropriate in caso di violazione dell’obbligo di non presentare gli indagati o imputati come colpevoli” (paragrafo 2).

Il principio dell’equo processo si dipana anche attraverso l’affermazione del diritto a presenziare al processo (art. 8) connesso con la presunzione di innocenza e con il diritto di difesa.

Tali chiare disposizioni dovrebbero indurre ad una radicale rivalutazione circa la disciplina interna in tema di videoconferenza prevista dall’art. 146 bis delle norme di attuazione come novellato dalla Legge n.103 del 2017.

L’ampio ricorso alla partecipazione a distanza, accentuato dalla contingente emergenza sanitaria, trova un fermo argine nelle norme sovranazionali che stabiliscono il diritto alla partecipazione dell’imputato al processo quale cardine del sistema.

La direttiva prevede infine la predisposizione di un “ricorso effettivo in caso di violazione dei diritti conferiti” dalla direttiva (art. 10) di cui l’Italia dovrà presto dotarsi.

Direttiva UE n. 343/2016

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