Trib Sorv. Spoleto, ord. 26maggio20
1. Nel profluvio di disposizioni emergenziali, una è stata definita dal Ministro preposto “provvedimento straordinario per momenti straordinari”, si tratta del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29.
I fatti sono recenti e noti, i Magistrati di Sorveglianza, con gli strumenti esistenti, hanno fronteggiato l’epidemia nel mondo del carcere concedendo alcuni differimenti della pena nelle forme della detenzione domiciliare, anche a soggetti appartenenti all’area della criminalità organizzata mafiosa e camorristica.
È stata così introdotta la previsione di urgente rivalutazione delle scarcerazioni disposte per ragioni legate alla emergenza sanitaria. Una disposizione transitoria ha previsto che, entro quindici giorni, venissero riesaminate anche le decisioni provvisorie assunte.
Il Magistrato di Sorveglianza di Spoleto, svolta l’istruttoria prevista, ha sollevato il dubbio di contrasto delle nuove disposizioni con gli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione.
2. Il Giudice umbro, dopo aver sentito l’autorità sanitaria regionale, sulla situazione sanitaria locale e acquisite dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria le informazioni sulle proposte attuabili nel caso concreto, ha sottoposto, come prescritto, la documentazione al parere della pubblica accusa “rappresentata in modo inedito” dalla Procura distrettuale antimafia.
Giunto a questo punto del procedimento, rilevando il mancato coinvolgimento della difesa e l’assenza del contraddittorio, in modo anche questo inedito rispetto al sistema della esecuzione penale, ha ritenuto di sollevare la questione di legittimità costituzionale con riferimento agli articoli 24 e 111 Cost.
L’ordinanza rileva che non è previsto dalla novella, alcun avviso all’interessato di “riavvio” del procedimento.
La prima fase, già espletata, con la quale era stata assunta in via provvisoria la decisione di concessione della detenzione domiciliare, era stata avviata su istanza della difesa ed assunta de plano, attesa la natura interinale ed urgente.
Il ripristino del contraddittorio pieno, tuttavia, restava garantito dalle disposizioni tipiche del procedimento di Sorveglianza ed era destinato all’approdo in sede collegiale, previsto entro il termine acceleratorio, benché ordinatorio, di sessanta giorni. Nelle more il provvedimento era destinato a conservare i suoi effetti.
La novella ha introdotto un nuovo avvio, d’ufficio, senza che alla parte, che era in attesa della valutazione collegiale, spetti alcun avviso, né conoscenza o interlocuzione sulla istruttoria svolta. Il provvedimento (eventuale) di revoca avrebbe effetti immediatamente esecutivi.
Benché la denominazione utilizzata non sia “sospensione”, tuttavia si può ritenere, per analogia alla ipotesi di rigetto di un provvedimento provvisorio favorevole, che successivamente a questa nuova fase, si incardini comunque la competenza del Collegio. Sembra però escluso il presidio della perdita di efficacia della revoca, nel caso in cui la decisione non intervenisse nei termini.
La fase collegiale verrebbe ad avere così contestualmente ad oggetto, la concessione provvisoria e la successiva revoca.
Le nuove disposizioni, dunque, delineano una procedura che il remittente definisce marcatamente “atipica”, con una limitazione del contraddittorio con la parte privata, a fronte della piena cognizione, interlocuzione e facoltà di replica, assicurata alla parte pubblica.
3. Segue una dettagliata ed attenta disamina dei variegati modelli procedimentali analoghi, che, ad avviso del Giudice, rimarca l’atipicità della nuova procedura:
-
- La Iiberazione anticipata (ex art. 69 bis o.p.), decisa in camera di consiglio, ma su istanza della difesa e volta ad una finalità sostanzialmente premiale.
- La tutela dei diritti introdotta dagli artt. 35 bis e ter o.p., anche questa avviata su impulso dell’interessato e ricorribile in Cassazione (salvo casi che non implichino valutazioni discrezionali).
- Procedimenti de plano ex art. 678 comma 1 e comma 1 bis c.p.p., il cui merito è strettamente legato a valutazioni a bassissimo margine di discrezionalità o con esiti largamente in senso favorevole e, se sfavorevoli, non immediatamente esecutivi ed opponibili.
- Concessione misure alternative alla detenzione nei confronti di soggetti liberi con pena sino a diciotto mesi ex art. 678 comma 1 ter c.p.p., anche in questo caso, analogamente ai precedenti, l’impulso dell’interessato, l’esecuzione sospesa e la previsione della facoltà di presentare opposizione, garantiscono il contraddittorio.
- Nella ipotesi di cumulo pene ex art. 51 bis o.p., la decisione attiene una mera valutazione aritmetica priva di discrezionalità.
- Infine, la procedura prevista per la sospensione cautelativa delle misure alternative ex art. 51 ter o.p., dove il contraddittorio è differito innanzi al Tribunale di Sorveglianza, con perdita di efficacia della (eventuale) sospensione della misura alternativa, in caso di vano decorso del termine di trenta giorni.
La disamina offre argomenti puntuali contro la tentazione di interpretazioni “analogiche”, dei procedimenti a contraddittorio limitato e consente, dunque, di ritenere che la procedura introdotta dalla novella, sia aliena rispetto al sistema.
4. Una ulteriore criticità è data, ad avviso del Giudice remittente, dalla violazione dell’art. 3 Cost.
Lo stravolgimento della ordinaria scansione procedimentale e la previsione di retroattività determinerebbero un contraddittorio pieno solo per i soggetti per i quali sia già avvenuta la decisione definitiva innanzi al Tribunale di Sorveglianza ponendo un (casuale) discrimine oggettivo, in ragione del carico dei ruoli ovvero della solerzia degli Uffici, in violazione anche del principio di uguaglianza.
Il contrasto con tale principio è tuttavia ancor più allarmante ed illogico, laddove pone un perimetro soggettivo, esclusivamente per alcune tipologie di reati.
L’elenco, peraltro, neppure coincide con il consueto catalogo di cui al 4 bis o.p., ma riunisce in modo originale: i condannati e gli internati per associazioni varie (sovversive, terroristiche, mafiose o finalizzate allo spaccio) ovvero per delitti aggravati, ma solo dalla finalità di agevolare una associazione mafiosa o con finalità di terrorismo; oltre a tutti coloro che siano sottoposti al regime previsto dall’articolo 41-bis.
L’opzione scelta dal legislatore induce il remittente a rilevare come si determini un procedimento meno garantito per “alcuni autori di reato soltanto”.
La presunzione di speciale pericolosità, derivante dalla commissione di una specifica tipologia di reati, appare irragionevole se commisurata alla tutela del diritto alla salute, di cui si tratta; ma anche ingiustificata in ragione di una valutazione individualizzata, già compiuta nel caso concreto con il provvedimento provvisorio.
L’ordinanza afferma espressamente e con chiarezza che l’art. 2 del d.l. 10 maggio 2020 n. 29 appare “fortemente orientato verso il ripristino della detenzione” e di questo il suo promotore si è fatto espresso vanto.
Ancora una volta spetta alla Corte Costituzionale verificare se la norma trovi cittadinanza nel sistema, ovvero si ponga in contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost.
Va, tuttavia rilevato che le argomentazioni svolte dal Magistrato di Spoleto sono ancor più persuasive se rapportate al successivo art. 3 del Decreto Legge, che replica analoghe previsioni riferite a soggetti imputati in custodia cautelare.
In tali casi l’iniziativa è rimessa direttamente al pubblico ministero, mentre l’istruttoria, riservata al Giudice che sente l’autorità sanitaria regionale ed acquisisce informazioni dal DAP, può essere sufficiente a ripristinare la custodia cautelare in carcere, anche in questo caso senza contraddittorio.
Dubbi sulla costituzionalità del decreto legge in materia di “scarcerazioni”
Trib Sorv. Spoleto, ord. 26maggio20
1. Nel profluvio di disposizioni emergenziali, una è stata definita dal Ministro preposto “provvedimento straordinario per momenti straordinari”, si tratta del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29.
I fatti sono recenti e noti, i Magistrati di Sorveglianza, con gli strumenti esistenti, hanno fronteggiato l’epidemia nel mondo del carcere concedendo alcuni differimenti della pena nelle forme della detenzione domiciliare, anche a soggetti appartenenti all’area della criminalità organizzata mafiosa e camorristica.
È stata così introdotta la previsione di urgente rivalutazione delle scarcerazioni disposte per ragioni legate alla emergenza sanitaria. Una disposizione transitoria ha previsto che, entro quindici giorni, venissero riesaminate anche le decisioni provvisorie assunte.
Il Magistrato di Sorveglianza di Spoleto, svolta l’istruttoria prevista, ha sollevato il dubbio di contrasto delle nuove disposizioni con gli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione.
2. Il Giudice umbro, dopo aver sentito l’autorità sanitaria regionale, sulla situazione sanitaria locale e acquisite dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria le informazioni sulle proposte attuabili nel caso concreto, ha sottoposto, come prescritto, la documentazione al parere della pubblica accusa “rappresentata in modo inedito” dalla Procura distrettuale antimafia.
Giunto a questo punto del procedimento, rilevando il mancato coinvolgimento della difesa e l’assenza del contraddittorio, in modo anche questo inedito rispetto al sistema della esecuzione penale, ha ritenuto di sollevare la questione di legittimità costituzionale con riferimento agli articoli 24 e 111 Cost.
L’ordinanza rileva che non è previsto dalla novella, alcun avviso all’interessato di “riavvio” del procedimento.
La prima fase, già espletata, con la quale era stata assunta in via provvisoria la decisione di concessione della detenzione domiciliare, era stata avviata su istanza della difesa ed assunta de plano, attesa la natura interinale ed urgente.
Il ripristino del contraddittorio pieno, tuttavia, restava garantito dalle disposizioni tipiche del procedimento di Sorveglianza ed era destinato all’approdo in sede collegiale, previsto entro il termine acceleratorio, benché ordinatorio, di sessanta giorni. Nelle more il provvedimento era destinato a conservare i suoi effetti.
La novella ha introdotto un nuovo avvio, d’ufficio, senza che alla parte, che era in attesa della valutazione collegiale, spetti alcun avviso, né conoscenza o interlocuzione sulla istruttoria svolta. Il provvedimento (eventuale) di revoca avrebbe effetti immediatamente esecutivi.
Benché la denominazione utilizzata non sia “sospensione”, tuttavia si può ritenere, per analogia alla ipotesi di rigetto di un provvedimento provvisorio favorevole, che successivamente a questa nuova fase, si incardini comunque la competenza del Collegio. Sembra però escluso il presidio della perdita di efficacia della revoca, nel caso in cui la decisione non intervenisse nei termini.
La fase collegiale verrebbe ad avere così contestualmente ad oggetto, la concessione provvisoria e la successiva revoca.
Le nuove disposizioni, dunque, delineano una procedura che il remittente definisce marcatamente “atipica”, con una limitazione del contraddittorio con la parte privata, a fronte della piena cognizione, interlocuzione e facoltà di replica, assicurata alla parte pubblica.
3. Segue una dettagliata ed attenta disamina dei variegati modelli procedimentali analoghi, che, ad avviso del Giudice, rimarca l’atipicità della nuova procedura:
La disamina offre argomenti puntuali contro la tentazione di interpretazioni “analogiche”, dei procedimenti a contraddittorio limitato e consente, dunque, di ritenere che la procedura introdotta dalla novella, sia aliena rispetto al sistema.
4. Una ulteriore criticità è data, ad avviso del Giudice remittente, dalla violazione dell’art. 3 Cost.
Lo stravolgimento della ordinaria scansione procedimentale e la previsione di retroattività determinerebbero un contraddittorio pieno solo per i soggetti per i quali sia già avvenuta la decisione definitiva innanzi al Tribunale di Sorveglianza ponendo un (casuale) discrimine oggettivo, in ragione del carico dei ruoli ovvero della solerzia degli Uffici, in violazione anche del principio di uguaglianza.
Il contrasto con tale principio è tuttavia ancor più allarmante ed illogico, laddove pone un perimetro soggettivo, esclusivamente per alcune tipologie di reati.
L’elenco, peraltro, neppure coincide con il consueto catalogo di cui al 4 bis o.p., ma riunisce in modo originale: i condannati e gli internati per associazioni varie (sovversive, terroristiche, mafiose o finalizzate allo spaccio) ovvero per delitti aggravati, ma solo dalla finalità di agevolare una associazione mafiosa o con finalità di terrorismo; oltre a tutti coloro che siano sottoposti al regime previsto dall’articolo 41-bis.
L’opzione scelta dal legislatore induce il remittente a rilevare come si determini un procedimento meno garantito per “alcuni autori di reato soltanto”.
La presunzione di speciale pericolosità, derivante dalla commissione di una specifica tipologia di reati, appare irragionevole se commisurata alla tutela del diritto alla salute, di cui si tratta; ma anche ingiustificata in ragione di una valutazione individualizzata, già compiuta nel caso concreto con il provvedimento provvisorio.
L’ordinanza afferma espressamente e con chiarezza che l’art. 2 del d.l. 10 maggio 2020 n. 29 appare “fortemente orientato verso il ripristino della detenzione” e di questo il suo promotore si è fatto espresso vanto.
Ancora una volta spetta alla Corte Costituzionale verificare se la norma trovi cittadinanza nel sistema, ovvero si ponga in contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost.
Va, tuttavia rilevato che le argomentazioni svolte dal Magistrato di Spoleto sono ancor più persuasive se rapportate al successivo art. 3 del Decreto Legge, che replica analoghe previsioni riferite a soggetti imputati in custodia cautelare.
In tali casi l’iniziativa è rimessa direttamente al pubblico ministero, mentre l’istruttoria, riservata al Giudice che sente l’autorità sanitaria regionale ed acquisisce informazioni dal DAP, può essere sufficiente a ripristinare la custodia cautelare in carcere, anche in questo caso senza contraddittorio.
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