Nota a Cass., Sez. IV, 13 ottobre 2020 (dep. 16 ottobre 2020), n. 28739, Pres. Fumu, Rel. Ranaldi
L’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non può essere l’unico elemento in base al quale il Giudice può dichiarare l’assenza dell’imputato. Per poter avere la certezza che l’imputato sia a conoscenza del procedimento penale a suo carico il Giudice, oltre a valutare la regolarità della notifica, deve anche verificare l’avvenuta instaurazione di un effettivo collegamento tra il prevenuto e il luogo in cui è domiciliato d’ufficio.
L’autore condivide il principio enunciato dalla sentenza in commento, che, seguendo l’insegnamento di Cass. S.U., 28.11.2019, n. 23948, consolida la regola secondo la quale la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio da parte dell’indagato non è presupposto idoneo per l’instaurazione del rito dell’assente. In questa ottica, la sentenza ha il pregio di stabilire che il Giudice deve verificare di volta in volta che, anche in presenza di altri elementi, vi sia l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra legale domiciliatario e imputato, tale da far ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento o si sia sottratto volontariamente allo stesso.
The author agrees with the principle set out in the judgment in commentary, which, in line with what Cass. S.U., 28.11.2019, n. 23948 has already established, crystallizes the dictum according to which the only election of domicile to the lawyer of his office by the suspect is not a suitable prerequisite for the establishment of the rite of absenteeism. The judgment in the comment had the advantage of establishing that the Judge must verify from time to time that, even in the presence of other elements, there is the effective establishment of a professional relationship between domicile lawyer and defendant, such as to suggest with certainty that the latter has had knowledge of the procedure or voluntarily avoided it.
SOMMARIO 1. La sentenza – 2. La rescissione del giudicato – 3. Il processo in assenza – 4. Istituti restitutori in appello e in cassazione – 5. Le sezioni unite sull’elezione di domicilio – 6. Conclusioni.
1. La sentenza
L’intervento della Suprema Corte origina dall’impugnazione dell’ordinanza con la quale la Corte d’Appello di Venezia ha rigettato la richiesta di rescissione di una sentenza emessa dal Tribunale della stessa città, divenuta irrevocabile il 19 luglio 2017, con la quale l’imputato era stato condannato per il reato di furto in abitazione.
Nel ricorso per cassazione, il difensore deduceva che il condannato era venuto a conoscenza della condanna solo a seguito della notifica dell’ordine di esecuzione, poichè non gli era mai stato notificato nessun atto qualificabile alla stregua di una “vocatio in iudicium”, e aggiungeva che da tale circostanza era derivata l’impossibilità per l’imputato di essere presente al processo e di proporre appello. Affermava poi che il difensore d’ufficio che lo aveva assistito in tale processo aveva dichiarato di non aver mai avuto contatti con il condannato e quindi di non averlo mai potuto notiziare circa lo sviluppo del processo e la sua conclusione.
A fronte di tale situazione la Suprema Corte ha revocato la sentenza di condanna, disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Venezia per la celebrazione di un nuovo processo.
La statuizione ha un saldo punto di riferimento in una recente sentenza delle Sezioni Unite che ha affermato il principio secondo il quale, ai sensi dell’art. 420-bis c.p.p., la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio da parte dell’indagato non è presupposto idoneo per l’instaurazione del rito dell’assente[1].
Il Giudice, infatti, deve verificare di volta in volta che, anche in presenza di altri elementi, vi sia l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra legale domiciliatario e imputato, tale da far ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento o si sia sottratto volontariamente allo stesso.
Nel caso di specie, la carenza di un simile rapporto era acclarata dalle dichiarazioni rese dal difensore d’ufficio che, in vista del giudizio di rescissione, aveva affermato di non aver mai avuto contatti con l’imputato.
Inoltre, dall’esame degli atti processuali, emergeva che il decreto di citazione a giudizio era stato notificato al domicilio eletto presso il difensore d’ufficio e che il Tribunale di Venezia aveva dichiarato l’assenza dell’imputato sulla base della sola regolarità formale della notifica, senza premurarsi di controllare se l’imputato avesse avuto effettivamente conoscenza del procedimento.
Ciò posto, la Suprema Corte ha stabilito che non si poteva affermare che l’imputato fosse a conoscenza del processo: la ratifica del modus procedendi dei giudici di merito, infatti, avrebbe vanificato le innovazioni introdotte rispetto al precedente sistema di conoscenza legale del processo basato sull’istituto della contumacia e più volte ritenuto incompatibile con le disposizioni della CEDU[2].
2. La rescissione del giudicato
La rescissione del giudicato, ora disciplinata dall’art. 629-bis c.p.p.[3], è un mezzo di impugnazione straordinario[4], “ultimo arrivato nell’eterogenea famiglia degli istituti processuali che permettono di travolgere, per iniquità processuale, il giudicato penale”, che consente al condannato e al sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato di ottenere un nuovo processo qualora dimostrino che l’assenza fu determinata da una incolpevole mancata conoscenza dello stesso[5].
Si tratta di uno strumento introdotto a compimento dell’ambiziosa riforma che nel 2014 ha inciso sulla materia del giudizio contumaciale[6], seguendo i vari dicta della Corte Edu e le indicazioni del legislatore europeo[7] che ritenevano l’ordinamento italiano lacunoso dal punto di vista dei diritti difensivi e dei rimedi idonei a sanare eventuali ingiustizie.
Tale istituto[8], dal punto di vista meccanico, consente agli interessati di presentare apposito ricorso, entro trenta giorni dal momento in cui sono venuti a conoscenza del procedimento svoltosi nei loro confronti, alla Corte di Appello nel cui distretto ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento[9]. La richiesta può essere presentata sia dall’interessato, sia dal difensore munito di procura speciale[10]. Dinanzi a tale istanza la Corte di Appello ha due possibilità: accogliere la richiesta, revocare la sentenza e trasmettere gli atti al giudice di primo grado oppure rigettare con ordinanza la richiesta (come è avvenuto nel caso de quo). Contro l’ordinanza di rigetto è comunque ammesso ricorso per Cassazione.
L’art. 629-bis c.p.p., puntualizza che sulla richiesta di rescissione la Corte di Appello osserva le forme del procedimento in camera di consiglio: in questo modo si forniscono maggiori garanzie rispetto al previgente art. 625-ter c.p.p., per il quale non era specificato alcun dettaglio procedurale prima di un provvidenziale intervento delle Sezioni Unite della Cassazione[11] che puntualizzò come “sulla richiesta di rescissione del giudicato, di cui all’art. 625-ter c.p.p., la Corte di cassazione delibera secondo la procedura camerale non partecipata di cui all’art. 611 c.p.p.”.
3. Il processo in assenza
Nel disegno del legislatore del 2014, la rescissione del giudicato è uno strumento di carattere restitutorio che affianca le disposizioni di carattere preventivo contenute nell’art. 420-bis c.p.p.[12]
Tale ultima previsione è finalizzata a salvaguardare il diritto dell’imputato a presenziare al processo a suo carico anticipando l’accertamento sulla conoscenza del procedimento[13].
Dunque, prima dell’introduzione dell’art 420-bis c.p.p. si procedeva in contumacia ove l’imputato, ritualmente avvisato o citato, non compariva all’udienza senza addurre alcun legittimo impedimento. Pertanto, successivamente alla verifica della mera regolarità delle notificazioni si poteva desumere la conoscenza del processo da parte dell’imputato e il giudice poteva immediatamente dichiararne la contumacia[14].
Ora, invece, si può proseguire in assenza sia quando sia certo che l’imputato conosca il procedimento ed abbia rinunciato espressamente alla partecipazione, sia in presenza di precise condizioni che la legge pone come prova di consapevolezza del processo, tra cui la dichiarazione o elezione di domicilio, la nomina di un difensore di fiducia o la notificazione personale dell’avviso dell’udienza (cd. fatti sintomatici). Soltanto ove ricorrano tali presupposti si può presumere che l’imputato sia a conoscenza del processo a suo carico e che, probabilmente, non abbia voluto prendervi parte.
Qualora invece l’imputato non sia a conoscenza del processo a suo carico e non sia possibile notificargli l’atto introduttivo neppure a seguito delle ricerche svolte iussu iudicis dalla polizia giudiziaria, il giudice dovrà sospendere il processo ex art. 420-quater e dichiarare l’imputato irreperibile sino al momento in cui non si riuscirà a raggiungere l’imputato[15].
4. Istituti restitutori in appello e in cassazione
Va peraltro aggiunto che, in relazione agli istituti restitutori introdotti in favore dell’imputato, il legislatore del 2014 ha stabilito rilevanti novità anche nella disciplina del giudizio d’appello e di Cassazione[16].
Con riguardo all’appello, è stato inserito il comma 5-bis all’ interno dell’art. 604 del c.p.p., il quale, tra i casi di annullamento della sentenza con trasmissione degli atti al giudice di prime cure inserisce l’ipotesi in cui il condannato riesca dimostrare una sua assenza incolpevole.
In relazione al giudizio in Cassazione, è stata inserita la lett. b) nel testo dell’art. 623 c.p.p. sui casi di annullamento con rinvio disposto dalla Corte di cassazione: come accade nel giudizio di appello il procedimento regredirà dinnanzi al giudice di primo grado avanti al quale si potranno richiedere i riti premiali.
Quest’ultima previsione chiude il cerchio degli strumenti, preventivi e restitutori, volti ad assicurare che il processo in absentia – specie nei casi in cui questa sia stata dichiarata in ragione dei fatti sintomatici previsti dall’art. 420-bis c.p.p. – si instauri sulla base di una reale conoscenza del processo.
5. Le sezioni unite sull’elezione di domicilio
Ciononostante, in un primo momento, l’assetto appena delineato non eliminava i dubbi relativi all’elezione di domicilio effettuata dal prevenuto, antecedentemente alla vocatio in iudicium, presso il difensore d’ufficio: era infatti controverso se tale atto potesse essere prova della conoscenza del procedimento o della volontà di sottrarsi allo stesso.
Prima dell’introduzione del comma 4-bis all’art. 162 c.p.p.[17], che ha definitivamente risolto la questione anzidetta per tutti i procedimenti incardinati dopo il 2017, la Corte Cost., con sentenza n. 31 del 2017, già si era pronunciata su tale vexata quaestio, sancendo che “l’elezione di domicilio presso il difensore di ufficio può ritenersi efficace, al fine non solo della regolarità formale della notifica ma per poter avere la certezza che l’atto così notificato giunga a conoscenza del destinatario, solo quando vi sia un effettivo collegamento tra la persona ed il luogo eletto. Se un tale collegamento non vi sia, ricorre un’ipotesi di domicilio “inidoneo”[18].
Malgrado ciò la giurisprudenza di legittimità, sino al 2019, ha continuato a controvertere sulla validità di tale elezione di domicilio, finchè l’approdo raggiunto dalla Corte Costituzionale non è stato finalmente recepito dalle Sezioni Unite n. 23948 del 28.11.2019, le quali hanno definitivamente risolto la questione della conoscenza del procedimento in relazione alla sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio compiuta prima della modifica dell’art. 162 comma 4-bis c.p.p. da parte della L. n. 103 del 2017, ovvero per tutti i procedimenti incardinati prima del 2017.
Il contrasto insorto internamente alle sezioni semplici vedeva contrapposti due indirizzi.
Un primo orientamento[19] riteneva che una concreta consapevolezza del procedimento ai fini del processo in absentia non potesse farsi corrispondere all’elezione di domicilio effettuata in sede di identificazione d’iniziativa della polizia giudiziaria prima dell’inizio del procedimento, momento corrispondente all’iscrizione del nome della persona sottoposta alle indagini nel registro ex art. 335 c.p.p.
Un secondo orientamento[20] sosteneva che dall’elezione di domicilio si potesse trarre una presunzione di conoscenza del processo che avallava la decisione del giudice di procedere in assenza dell’imputato e che l’onere di attivarsi per tenere contatti informativi con il proprio difensore sullo sviluppo del procedimento fosse in capo all’imputato. Altre decisioni, a conferma di tale secondo orientamento, escludevano che potesse darsi luogo alla rescissione del giudicato se l’imputato avesse avuto notizia del procedimento nella fase delle indagini, sul presupposto che l’art. 420-bis, comma 2, c.p.p. introducesse delle presunzioni assolute di conoscenza del procedimento[21].
Le Sezioni Unite, come accennato, definivano il contrasto nei seguenti termini: “La sola elezione di domicilio presso il difensore di ufficio, da parte dell’indagato, non è di per sé presupposto idoneo per la dichiarazione di assenza di cui all’articolo 420-bis c.p.p., dovendo il giudice in ogni caso verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata un’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla conoscenza del procedimento stesso“.
Ne deriva che gli indici di conoscenza di cui all’art. 420-bis c.p.p. non possono ritenersi né presunzioni assolute né relative e che di conseguenza ogni qualvolta non vi siano dati processuali che facciano desumere con certezza una conoscenza del procedimento da parte dell’imputato, il giudice, seguendo il disposto di cui all’art. 420-quater c.p.p. dovrà disporre la notifica a mani e, in caso di esito negativo delle ricerche, sospendere il giudizio.
6. Conclusioni
Il summenzionato principio di diritto è stato ripreso anche dalla sentenza in commento, emanata in relazione ad un procedimento incardinato prima dell’entrata in vigore dell’art. 162, comma 4-bis c.p.p. La sentenza de qua ha peraltro aggiunto come “la ratio della disciplina del processo in absentia introdotta dall’art. 420-bis cit., rifugga, in linea generale, da interpretazioni della norma che individuino presunzioni legali assolute di conoscenza del processo da parte dell’imputato, sia pure in presenza delle condizioni indicate dalla norma, posto che altrimenti la disciplina non avrebbe alcuna portata innovativa rispetto al precedente sistema di conoscenza legale del processo basato sull’istituto della contumacia, ormai superato in quanto incompatibile con le disposizioni convenzionali per come interpretate dalla Corte Edu”.
La Corte Edu ha, infatti, più volte chiarito che la decisione di non comparire nel processo debba risultare sempre da una volontà libera dell’imputato, che sia conscio dei reati per i quali si procede nei suoi confronti, del materiale su cui si fonda l’accusa e del giorno in cui dovrà celebrarsi il dibattimento[22].
Tali considerazioni si pongono in continuità col precedente arresto delle Sezioni Unite, che ha impresso un cambio di direzione nell’interpretazione delle regole sul processo in absentia e nell’applicazione dell’art. 420-bis c.p.p.
In conclusione, la pronuncia in commento appare coerente con i principi enunciati a più riprese dagli organi giurisdizionali sovranazionali – che da anni chiedono agli Stati membri di applicare effettivamente i contenuti dell’art. 6 della CEDU oltrechè della direttiva 2016/343 – in modo che il diritto di difesa dei prevenuti posti in situazioni di incolpevole mancata conoscenza del procedimento penale a loro carico sia effettivamente garantito.
Il pregio di tale arresto è dunque quello di aver fornito un ulteriore contributo nell’interpretazione delle norme nazionali sul procedimento in assenza d’accordo con i dicta sovranazionali e rafforzare così il diritto di difesa dell’imputato, insieme alla tutela dell’interesse pubblico a evitare l’inutile celebrazione di processi contro imputati irreperibili.
[1] Cass. S.U., 28.11.2019, n. 23948, in questa rivista, con nota di G. D’Urso, Il superamento del formalismo e la conoscenza effettiva del procedimento da parte dell’imputato.
[2] Il sistema contumaciale era ritenuto lesivo del diritto dell’imputato di partecipare al processo a suo carico. Tra le sentenze della Corte EDU che hanno condannato l’Italia sono le più note sono: C. eur. dir. uomo, 12.021985, Colozza c. Italia; C. eur. dir. uomo, 12.06.2007, Pittito c. Italia; C. eur. dir. uomo 10.11.2004, Sejdovic c. Italia; C. eur. dir. uomo, 18.05.2004, Somogyi c. Italia. Sul tema, ex plurimis, E. Dei Cas, Il procedimento penale nei confronti di imputati irreperibili tra giurisprudenza della Corte Europea e normativa interna, in C. Conti – A. Marandola – G. Varraso, Le nuove norme sulla giustizia penale. Liberazione anticipata, stupefacenti, traduzione degli atti, irreperibili, messa alla prova, delega in tema di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio, Cedam, 2014, p.191 ss.
[3] L’istituto, introdotto nel 2014, ha subito un mutamento nella sua veste formale già nel 2017, in virtù dell’abrogazione da parte dell’art. 1, comma 70, Legge 23.06.2017, n. 103 dell’istituto di cui all’art. 625-ter c.p.p. e della pedissequa introduzione di quello di cui all’art. 629-bis c.p.p. Sull’art. 629-bis c.p.p. G. Conti, Il processo in absentia: le ricadute su giudicato, Relazione svolta all’incontro in ricordo dei Presidenti Torquato Gemelli e Giovanni Silvestri in Diritto Penale Contemporaneo, 2 marzo 2015, p. 1; G. Di Paolo, La rescissione del giudicato ex art. 625 ter c.p.p., rimedio effettivo o meccanismo virtuale, in Diritto Penale Contemporaneo, 20 novembre 2015, p. 1.
[4] Inizialmente alcuni ritenevano che l’istituto potesse essere qualificato alla stregua di un incidente d’esecuzione poiché consente di ottenere solo la revoca della sentenza e la trasmissione degli atti al giudice di primo grado e non la sostituzione della sentenza impugnata. In questo modo la rescissione veniva parificata all’istanza di restituzione del termine proposta dal condannato ex art. 670 c.p.p. (in questo senso, G. Ranaldi, La rescissione del giudicato alle Sezioni unite “anche al fine di prevenire possibili contrasti giurisprudenziali”, in Arch. pen., n. 2, 2014, p. 4). Tuttavia, come illustra F. Alonzi, Le sezioni Unite sulla rescissione del giudicato, in Dir. pen. e proc., 2015, n. 3, p. 296, la rescissione del giudicato ha il fine di censurare un arresto ingiusto e sostituirlo con un nuovo provvedimento giusto e dunque deve essere considerato un rimedio impugnatorio.
[5] La dottrina lo definisce “rimedio restitutorio finale”. Si veda M. Bargis, La rescissione del giudicato ex art. 625 ter c.p.p.: un istituto da rimediare, in Diritto Penale Contemporaneo, 16 gennaio 2015, p. 1. Prima dell’entrata in vigore dell’art. 625-ter c.p.p. l’unico rimedio previsto dall’ordinamento per essere restituiti nel termine per impugnare la sentenza di condanna in caso di assenza incolpevole era quello di cui all’art. 175 c.p.p. Sul punto, ex multis, G. Ubertis, sub art. 175 c. p.p., in Commentario al nuovo codice di procedura penale, vol. II, a cura di O. Dominioni, Giuffrè, 1989, p. 250.
[6] Sul nuovo processo in assenza, D. Vigoni, Il giudizio in assenza dell’imputato, a cura di D. Vigoni, Giappichelli, 2014; C. Conti, Processo in absentia a un anno dalla riforma: praesumptum de praesumpto e spunti ricostruttivi, in Dir. pen. e proc., 2015, p. 461 ss.
[7] “Si tratta degli obblighi derivanti dalla Decisione quadro 2002/ 584/GAI in tema di mandato di arresto europeo, la quale prevedeva che lo Stato di esecuzione potesse subordinare l’esecuzione del mandato avente ad oggetto una sentenza di condanna contumaciale – qualora l’interessato non fosse stato citato personalmente né altrimenti informato della data e del luogo del processo – alla condizione che l’autorità emittente fornisse assicurazioni «considerate sufficienti a garantire alle persone oggetto del mandato d’arresto europeo la possibilità di richiedere un nuovo processo nello Stato membro emittente e di essere presenti al giudizio». L’obbligo di assicurare, nelle predette circostanze, la possibilità di ottenere la riapertura del processo è stato successivamente ribadito dalla Decisione 2009/299/GAI, anche se in una prospettiva del tutto diversa: la contumacia è stata elevata a motivo di rifiuto facoltativo; il riconoscimento, in capo al condannato in absentia, della garanzia di un nuovo giudizio sul merito dell’accusa, è passata da causa di condizionamento dell’esecuzione a situazione che inibisce il rifiuto dell’esecuzione” (G. Di Paolo, I presupposti della rescissione del giudicato, in P. Corvi, Le impugnazioni straordinarie nel processo penale, Giappichelli, 2016, p. 202).
[8] Affrontano la rescissione del giudicato in dottrina: C. Conti – P. Tonini, Il tramonto della contumacia, l’alba radiosa della sospensione e le nubi dell’assenza consapevole, in dir. pen. e proc. 2014, p. 509 ss.; R.B Ricchetti – L. Pistorelli, Così scompare il processo in contumacia, in GDir, 2014, n. 21, p. 92 ss.; G. Di Paolo, La rescissione del giudicato ex art. 625 ter c.p.p., rimedio effettivo o meccanismo virtuale, op. cit., P. Corvi (a cura di), Le impugnazioni straordinarie nel processo penale, op. cit.
[9] Nella formulazione originaria (art. 625-ter c.p.p.), la richiesta di rescissione andava presentata dinnanzi alla Corte di Cassazione. Per una critica a tale opzione si cita M. Bargis, La rescissione del giudicato ex art. 625 ter c.p.p.: un istituto da rimediare, op. cit.
[10] Sulla necessità della procura speciale è intervenuta la Cass. Sez. II, 09.07.2020, n. 23364 che ha stabilito che: “In tema di rescissione del giudicato ex art. 629-bis cod. proc. pen., è inammissibile, per difetto di legittimazione soggettiva, il ricorso per cassazione presentato, nell’interesse del condannato, dal difensore non munito di procura speciale autenticata, atteso il rinvio della norma citata all’art. 640 cod. proc. pen. in tema di revisione, che prevede quale condizione di legittimazione per la proposizione del ricorso per cassazione che il difensore sia munito di procura speciale”.
[11] Cass. S.U., 17.05.2014, n. 36848, con nota di J. Della Torre, Le sezioni unite sulla rescissione del giudicato: nonostante i primi chiarimenti l’istituto rimane problematico in www.dirittopenalecontemporaneo.it.
[12] Un approfondito studio di tutto l’impianto normativo nazionale e sovranazionale relativo al processo in assenza è offerto da A. Procaccino, Informazione e consapevolezza dell’imputato per la presenza al suo processo. Suggestioni europee e problemi nazionali, in www.lalegislazionepenale.eu.
[13] Come ha sottolineato Cass. S.U., 28.11.2019, n. 23948 “Sul piano generale il modello è semplice e chiaro: […] l’imputato deve essere portato direttamente e personalmente a conoscenza della vocatio in ius restando in sua facoltà il non partecipare al processo. Solo in tale caso, il processo si svolge in sua assenza, venendo rappresentato dal suo difensore. Nel caso in cui, invece, non sia acquisita la certezza della conoscenza della chiamata in giudizio, il processo verrà sospeso. Questo è il rilevante punto di diversità rispetto al processo in contumacia, che si svolgeva comunque, sulla sola base della notifica formalmente regolare, riconoscendosi all’imputato inconsapevole il solo diritto alla impugnazione”.
[14] Sul processo in contumacia si leggano M. Cassano – E. Calvanese, Giudizio in contumacia e restituzione in termini, Giuffrè, 2008, e C. Papagno, Contumacia e processo equo, Giuffrè, 2008. Per una critica all’istituto della contumacia prima della sua abrogazione si legga G. Ubertis, Sistema multilivello dei diritti fondamentali e prospettiva abolizionista del processo contumaciale, in Giur. cost., 2009, p. 4765 ss..
[15] Evidenzia il ruolo dell’irreperibile S. Quattrocolo, Il contumace cede la scena processuale all’assente, mentre l’irreperibile l’abbandona, in www.penalecontemporaneo.it.
[16] G. Canzio, Il processo in absentia a un anno dalla riforma: le ricadute sui giudizi di appello e cassazione, in Dir. pen. e proc., 2015, n. 7, p. 873 ss.
[17] “L’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non ha effetto se l’autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l’assenso del difensore domiciliatario”. Il comma 4-bis dell’art. 162 c.p.p. ha avuto il pregio di risolvere l’annosa questione relativa all’elezione di domicilio effettuata presso il difensore d’ufficio prima del giudizio. Sul punto L. Fideio in Il processo in assenza preso sul serio in www.questionegiustizia.it, scrive che “l’introduzione dell’art. 162 comma 4-bis c.p.p. va nel senso di rendere effettivo e concreto il rapporto tra difensore e assistito con conseguente scambio di flussi informativi”.
[18] Si riporta la rielaborazione della sentenza della Corte Cost. effettuata da Cass. S.U., 28.11.2019, n. 23948, cit..
[19] Cass. pen. Sez. II, 24.01.2017, n. 9441.
[20] Cass. pen. Sez. IV,16.10.2018, n. 49916.
[21] Cass. Pen. Sez. II, 23.05.2018, n. 25996.
[22] L. Fideio, Il processo in assenza preso sul serio, op. cit.