Il sistema ordinamentale e quello processuale si tengono e si devono tenere insieme.
Nel 1930 il sistema inquisitorio (con la significativa presenza del processo pretorile – giudice accusatore nella stessa persona – come dice Cordero, fossile del sistema inquisitorio) si basa sul ruolo dell’“autorità giudiziaria” (giudice e Pubblico Ministero, fungibili in molte attività processuali) che trova consolidamento nella riforma ordinamentale del 1942, secondo l’impostazione dell’epoca (Rocco – Manzini).
La Costituzione del 1948 pur in un contesto di garanzie (parte I, titolo I) recepisce la struttura processuale dell’autorità giudiziaria e la trasferisce nella struttura ordinamentale della Costituzione (parte II, titolo VI; significativo art. 109 sulla polizia giudiziaria) pur nella consapevolezza che l’ordinamento giudiziario andava cambiato (settima disposizione transitoria della Costituzione), ma nessuno farà queste modifiche.
Nel 1988 cambia il modello processuale, non più fondato sull’autorità giudiziaria, ma sulla riserva di giurisdizione, con le inevitabili ricadute processuali e sul diverso ruolo del P.M. (anche sulla polizia giudiziaria ex art. 109 Cost.).
Nel riferito contesto costituzionale la corte costituzionale trova nel 1992 il modo di affossare il codice del 1988 – di impronta accusatoria – sulla base del principio, ritenuto implicito in Costituzione, della non dispersione della prova proprio del Pubblico Ministero.
Si rende necessario modificare la Costituzione introducendo l’art. 111 Cost. e ridefinendo i ruoli processuali: accusa, giudice, difesa (si suggerisce di introdurre l’avvocato in costituzione diverso dall’art. 24 Cost.).
Domanda: è adeguato questo modello del giusto processo della Cedu e della Corte di Giustizia all’ordinamento giudiziario, seppur modificato da varie riforme?
Anche chi non vuole la Riforma, implicitamente riconosce la fondatezza del problema: dalla disposizione di attuazione da parte della commissione Zagrebesky, dai ridotti passaggi di sede e di ruolo e quant’altro, fino ai protocolli protocomportamentali.
Delle varie, stesso contrapposte critiche, alcune sono del tutto insignificanti, al di là della non ricevibile affermazione dell’ANM per la quale l’avvocato sarebbe portatore di interessi privati, dimenticando così l’art. 24 Cost.
Così con riferimento al paventato condizionamento della magistratura da parte dell’esecutivo, non si considera come invece sia la politica ad essere ostaggio della magistratura (dove non tutti possono difendersi: open arms) come emerso dalle dimissioni di ministri e da crisi di governo (Mastella Ministro di Giustizia), ma più recentemente dalle modifiche normative richieste e ottenute come nel caso delle sezioni unite Cavallo, ma non più tardi di ieri di fronte al dictat della Procura Nazionale Antimafia in relazione a una singola decisione della Cassazione.
I riferimenti ai condizionamenti dei procedimenti disciplinari dentro il CSM devono tenere conto del fatto che il problema non è quello dei Pubblici Ministeri dei giudici, ma quello della corrente di appartenenza come è emerso anche dall’atteggiamento della Procura Generale della Cassazione nella vicenda Palamara dove l’azione è stata esercitata in pochissimi casi.
Forse si dimentica che esistono ormai solide strutture dell’accusa: Procura Nazionale Antimafia, Procura Europea, Eurojust, poteri del Procuratore Generale di Roma in materia di intercettazioni preventive. Va sottolineato che la Costituzione nell’art. 106 consente solo la nomina di giudici onorari di consiglieri di Cassazione, che l’ufficio del massimario è composto da giudici e i giudici possono sollevare questioni di legittimità costituzionale e ricorsi pregiudiziali.
È evidente che avendo fatto consolidare una situazione strutturale e di potere (perché tale è) è difficile modificare il sistema ed allora si punta a piccoli aggiustamenti, a soluzioni compromissorie e transitorie, per guadagnare tempo.
Fra un po’ saranno cento anni governati dal sistema dell’“Autorità giudiziaria”.
Deve ritenersi che sia giunto il momento di fare la riforma. La politica farà le sue scelte: certamente non è più possibile che giudici e P.M. condividano la stessa casa anche se non è detto che le due case siano necessariamente la fotocopia una dell’altra.
Dei progetti, non condivido la formulazione dell’art. 112 Cost. dove si parla di casi e modi dell’esercizio dell’azione penale. Preferisco la formulazione della delega della Riforma Cartabia.
Ritengo che con la riserva di legge di cui all’art. 107 Cost. il P.M. anche separato possa ritenersi garantito. In ogni caso le garanzie e le tutele potranno essere rinforzate.
Si faccia la riforma, anche affrontando il referendum. La stessa ANM ha detto che bisogna investire la società del problema prospettando pregiudizi per la democrazia che sarebbero insiti nella riforma. Spetterà alla società, al popolo, ex art. 1 Cost. nel cui nome ai sensi dell’art. 101 Cost. e art. 546 c.p.p. nel cui nome sono emesse le sentenze, decidere se è proprio così.
Giudici e pubblici ministeri. Due ruoli e due funzioni: due statuti
Il sistema ordinamentale e quello processuale si tengono e si devono tenere insieme.
Nel 1930 il sistema inquisitorio (con la significativa presenza del processo pretorile – giudice accusatore nella stessa persona – come dice Cordero, fossile del sistema inquisitorio) si basa sul ruolo dell’“autorità giudiziaria” (giudice e Pubblico Ministero, fungibili in molte attività processuali) che trova consolidamento nella riforma ordinamentale del 1942, secondo l’impostazione dell’epoca (Rocco – Manzini).
La Costituzione del 1948 pur in un contesto di garanzie (parte I, titolo I) recepisce la struttura processuale dell’autorità giudiziaria e la trasferisce nella struttura ordinamentale della Costituzione (parte II, titolo VI; significativo art. 109 sulla polizia giudiziaria) pur nella consapevolezza che l’ordinamento giudiziario andava cambiato (settima disposizione transitoria della Costituzione), ma nessuno farà queste modifiche.
Nel 1988 cambia il modello processuale, non più fondato sull’autorità giudiziaria, ma sulla riserva di giurisdizione, con le inevitabili ricadute processuali e sul diverso ruolo del P.M. (anche sulla polizia giudiziaria ex art. 109 Cost.).
Nel riferito contesto costituzionale la corte costituzionale trova nel 1992 il modo di affossare il codice del 1988 – di impronta accusatoria – sulla base del principio, ritenuto implicito in Costituzione, della non dispersione della prova proprio del Pubblico Ministero.
Si rende necessario modificare la Costituzione introducendo l’art. 111 Cost. e ridefinendo i ruoli processuali: accusa, giudice, difesa (si suggerisce di introdurre l’avvocato in costituzione diverso dall’art. 24 Cost.).
Domanda: è adeguato questo modello del giusto processo della Cedu e della Corte di Giustizia all’ordinamento giudiziario, seppur modificato da varie riforme?
Anche chi non vuole la Riforma, implicitamente riconosce la fondatezza del problema: dalla disposizione di attuazione da parte della commissione Zagrebesky, dai ridotti passaggi di sede e di ruolo e quant’altro, fino ai protocolli protocomportamentali.
Delle varie, stesso contrapposte critiche, alcune sono del tutto insignificanti, al di là della non ricevibile affermazione dell’ANM per la quale l’avvocato sarebbe portatore di interessi privati, dimenticando così l’art. 24 Cost.
Così con riferimento al paventato condizionamento della magistratura da parte dell’esecutivo, non si considera come invece sia la politica ad essere ostaggio della magistratura (dove non tutti possono difendersi: open arms) come emerso dalle dimissioni di ministri e da crisi di governo (Mastella Ministro di Giustizia), ma più recentemente dalle modifiche normative richieste e ottenute come nel caso delle sezioni unite Cavallo, ma non più tardi di ieri di fronte al dictat della Procura Nazionale Antimafia in relazione a una singola decisione della Cassazione.
I riferimenti ai condizionamenti dei procedimenti disciplinari dentro il CSM devono tenere conto del fatto che il problema non è quello dei Pubblici Ministeri dei giudici, ma quello della corrente di appartenenza come è emerso anche dall’atteggiamento della Procura Generale della Cassazione nella vicenda Palamara dove l’azione è stata esercitata in pochissimi casi.
Forse si dimentica che esistono ormai solide strutture dell’accusa: Procura Nazionale Antimafia, Procura Europea, Eurojust, poteri del Procuratore Generale di Roma in materia di intercettazioni preventive. Va sottolineato che la Costituzione nell’art. 106 consente solo la nomina di giudici onorari di consiglieri di Cassazione, che l’ufficio del massimario è composto da giudici e i giudici possono sollevare questioni di legittimità costituzionale e ricorsi pregiudiziali.
È evidente che avendo fatto consolidare una situazione strutturale e di potere (perché tale è) è difficile modificare il sistema ed allora si punta a piccoli aggiustamenti, a soluzioni compromissorie e transitorie, per guadagnare tempo.
Fra un po’ saranno cento anni governati dal sistema dell’“Autorità giudiziaria”.
Deve ritenersi che sia giunto il momento di fare la riforma. La politica farà le sue scelte: certamente non è più possibile che giudici e P.M. condividano la stessa casa anche se non è detto che le due case siano necessariamente la fotocopia una dell’altra.
Dei progetti, non condivido la formulazione dell’art. 112 Cost. dove si parla di casi e modi dell’esercizio dell’azione penale. Preferisco la formulazione della delega della Riforma Cartabia.
Ritengo che con la riserva di legge di cui all’art. 107 Cost. il P.M. anche separato possa ritenersi garantito. In ogni caso le garanzie e le tutele potranno essere rinforzate.
Si faccia la riforma, anche affrontando il referendum. La stessa ANM ha detto che bisogna investire la società del problema prospettando pregiudizi per la democrazia che sarebbero insiti nella riforma. Spetterà alla società, al popolo, ex art. 1 Cost. nel cui nome ai sensi dell’art. 101 Cost. e art. 546 c.p.p. nel cui nome sono emesse le sentenze, decidere se è proprio così.
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