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Giudizio direttissimo e termine a difesa: la Consulta interviene sul termine per la scelta del rito.

La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 451, commi 5 e 6, e 558, commi 7 e 8, c.p.p. in quanto interpretati nel senso che la concessione del termine a difesa nel giudizio direttissimo preclude all’imputato di formulare, nella prima udienza successiva allo spirare del suddetto termine, la richiesta di giudizio abbreviato o di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p.

Per la Corte dunque la scelta del rito non può necessariamente avvenire seduta stante e incognita causa, senza cioè un’adeguata ponderazione delle implicazioni che derivano da tale strategia processuale. Proprio al fine della salvaguardia di un imprescindibile spatium deliberandi, il giudice, ove l’imputato ne faccia richiesta, è quindi tenuto a concedere il termine non solo in vista dell’approntamento della migliore difesa nella prosecuzione della fase dibattimentale, ma anche in funzione dell’esercizio consapevole della scelta sull’accesso al giudizio abbreviato e all’applicazione della pena a norma dell’art. 444 c.p.p.

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