Cerca
Close this search box.

La Corte costituzionale salva la nuova causa di sospensione della prescrizione introdotta dal decreto cura Italia

Nota a Corte cost., sent. 18 novembre 2020, n. 278 (dep.il 23 dicembre 2020) – Pres. Coraggio, Red. Amoroso

Corte cost., 18 novembre 2020, n. 278

Abstract

La sospensione della prescrizione disposta dai decreti legge n. 18 e n. 23 del 2020, emanati per contrastare l’emergenza COVID-19, non è costituzionalmente illegittima in quanto è ancorata alla sospensione dei processi dal 9 marzo all’11 maggio 2020, prevista per fronteggiare l’emergenza sanitaria. La cosiddetta “sospensione COVID” rientra infatti nella causa generale di sospensione della prescrizione stabilita dall’articolo 159 del Codice penale – che prevede, appunto, che il corso della prescrizione rimanga sospeso ogniqualvolta la sospensione del procedimento o del processo penale sia imposta da una particolare disposizione di legge – e quindi non contrasta con il principio costituzionale di irretroattività della legge penale più sfavorevole.

 

Sommario: 1. Introduzione – 2. La questione controversa e il quadro normativo di riferimento 3. Le diverse tesi a confronto – 4. La sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 2020 – 5. Considerazioni conclusive

  1. Introduzione

La prescrizione è un istituto dalle mille criticità e la sua sopravvivenza all’interno dell’ordinamento risulta oggi, forse più che mai, condizionata da una serie di interventi legislativi e ricostruzioni ermeneutiche in grado di modificarne, se non addirittura di stravolgerne, i connotati essenziali.

Tale scenario, per la verità, non sorprende affatto se solo si considera che la prescrizione, come autorevolmente sostenuto, è un istituto ‘assiologicamente ambiguo’[1]: se da un lato esso consente a ogni cittadino di non essere sottoposto ad un giudizio penale senza fine e, parallelamente, allo Stato di risparmiare risorse economiche in relazione a fatti di reato assai risalenti nel tempo, dall’altro lato non c’è dubbio che lo stesso sia espressione della rinuncia statale alla propria potestà punitiva.

A questa ambiguità di fondo, che si riflette inevitabilmente anche sull’esatta individuazione della ratio della prescrizione[2], si ricollega un ulteriore profilo di criticità che trae origine, a ben vedere, dalla presa di coscienza di un dato incontrovertibile: la prescrizione, per quanto rappresenti nel nostro sistema penale una causa di estinzione del reato, incidente quindi sulla sua punibilità, ha delle innegabili ricadute processuali, non solo perché concorre a stabilire il tempo massimo di celebrazione di qualsiasi procedimento penale (esclusi quelli concernenti i reati imprescrittibili) ma anche perché la sua disciplina include l’individuazione di cause di sospensione o di interruzione legate a singole o generali vicende processuali.

E’ dunque innegabile la perdurante tensione tra la dimensione sostanziale e processuale della prescrizione nonostante, è opportuno sottolinearlo, la Corte costituzionale abbia sempre sostenuto a gran voce, emblematicamente in occasione della vicenda Taricco[3] ma anche in termini più sfumati ma comunque significativi nella sentenza che qui ci occupa, che la prescrizione è un istituto di diritto sostanziale in tutti i suoi aspetti sottoposto, in quanto tale, al principio di legalità e al suo, forse più importante, corollario del divieto di applicazione retroattiva delle norme penali sfavorevoli di cui all’art. 25 comma 2 della Costituzione.

 

  1. La questione controversa e il quadro normativo di riferimento

L’occasione dei vari incidenti di costituzionalità è stata fornita dall’introduzione di una nuova causa di sospensione della prescrizione inserita nel Decreto c.d. Cura Italia (d.l. 18 del 2020) con il quale è stata dettata una disciplina volta a provocare la stasi di tutta l’attività giurisdizionale al fine di contenere l’emergenza sanitaria dovuta allo sviluppo della pandemia legata alla diffusione del virus Sars-Covid 2.

Più precisamente è stato stabilito, al comma 1 dell’art. 83, in via generale e obbligatoria, il rinvio d’ufficio delle udienze a data successiva al 15 aprile 2020 e, al comma 2, la sospensione dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali dal 9 marzo al 15 aprile 2020.

In relazione a tali fattispecie il comma 4 dell’art. 83 ha previsto che, per lo stesso periodo, fosse disposta la sospensione sia dei termini di prescrizione sia di quelli di durata massima delle misure cautelari personali.

Con l’art. 36 del d.l. 23 del 2020 l’originario termine del 15 aprile 2020 di cui all’art. 83 d.l. 18/2020 è stato ulteriormente prorogato all’11 maggio 2020.

Per effetto di tali decreti legge, poi convertiti in legge, il legislatore ha così determinato la sospensione della prescrizione per un periodo di 64 giorni, dal 9 marzo all’11 maggio 2020.

Con riferimento all’individuazione del termine da cui far decorrere l’inizio della sospensione va peraltro precisato che il 9 marzo coincide non con il giorno dell’entrata in vigore del d.l. 18 del 2020 ma con quello dell’emanazione del d.l. 11 del 2020 – a sua volta preceduto dal d.l. 9 del 2020 che aveva introdotto delle misure di contenimento nell’ambito delle c.d. ‘zone rosse’ – che aveva disposto, nella fase ancora iniziale dell’evolversi della pandemia, il rinvio delle udienze nonché la sospensione dei termini processuali dal 9 marzo al 22 marzo 2020, con contestuale sospensione dei relativi termini prescrizionali.

Tuttavia, a distanza di soli nove giorni, il Governo è intervenuto con il d.l. 18 del 2020, prima ancora quindi che maturassero i termini previsti dai decreti legge precedentemente emanati. Questi ultimi sono stati infatti abrogati per mancata conversione, con salvezza degli effetti a norma dell’art. 1 comma 2 della Legge 27 del 2020 che ha convertito in legge il d.l. 18 del 2020.

A tal proposito si può fin da ora sottolineare come la Corte costituzionale abbia ritenuto legittima la scelta di far retroagire gli effetti dell’art. 83 d.l. 18/2020 al 9 marzo 2020, essendovi continuità normativa tra la disposizione del d.l. 11 del 2020 e quella di salvezza degli effetti della legge 24 del 2020[4].

Ebbene la ratio della nuova causa di sospensione della prescrizione è chiara: le inevitabili ricadute che stava producendo l’aggravamento e il protrarsi della situazione emergenziale sulla funzionalità degli uffici giudiziari ha reso opportuno affiancare alla generalizzata sospensione dei termini processuali anche la sospensione del termine della prescrizione, oltre quello di durata massima delle misure cautelari personali[5].

Se questo è lo spirito della novella non sorprende affatto che la stessa fosse destinata ad essere applicata retroattivamente, cioè ai reati commessi prima della sua entrata in vigore.

Ed è proprio su questo punto che la novità legislativa è stata tacciata di incostituzionalità: si può ammettere l’applicazione retroattiva di una norma che, introducendo ex post una nuova causa di sospensione della prescrizione, incide sfavorevolmente sulla sfera giuridica del soggetto sottoposto a procedimento penale?

La prescrizione è un istituto di diritto sostanziale che, al pari delle fattispecie che descrivono le figure di reato e stabiliscono il loro trattamento sanzionatorio, è sottoposto in quanto tale al divieto di applicazione retroattiva delle norme penali sfavorevoli in base a quanto espressamente sancito dall’art. 25 comma 2 della Costituzione[6].

I giudici a quibus si sono pertanto chiesti se il principio di irretroattività in malam partem consenta l’applicazione anche ai fatti pregressi di una causa di sospensione della prescrizione introdotta dal legislatore successivamente al loro compimento.

L’analisi della questione merita la valorizzazione, in via preliminare, di un duplice aspetto.

Innanzitutto è necessario sottolineare come l’art. 83 comma 4 d.l. 18/2020, letteralmente, impone la sospensione del corso della prescrizione nei procedimenti penali in cui opera la sospensione di cui al comma 2.

La norma, quindi, sembra non fare espresso riferimento alle ipotesi previste dal comma 1 del medesimo articolo, vale a dire quelle caratterizzate dal rinvio d’ufficio delle udienze fissate nel periodo 9 marzo -15 aprile 2020, poi successivamente prorogato.

Ciò nonostante la disposizione in esame è stata interpretata nel senso che il comma 4 si riferisce sia alle ipotesi contemplate dal comma 1 che dal comma 2 dell’art. 83 e ciò sul presupposto, tutt’altro che scontato, che via sia una stretta correlazione tra rinvio delle udienze e sospensione del processo, nel senso che il rinvio delle udienze comporterebbe automaticamente anche la sospensione del processo in corso.

Inoltre, in merito al legame tra sospensione del procedimento e della prescrizione non si può prescindere, per un corretto inquadramento della questione controversa, da quanto disposto dall’art. 159 c.p., il quale stabilisce al primo comma che il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge.

Non solo non si può prescindere da tale norma ma, anzi, è proprio alla luce di essa che va affrontato il problema della compatibilità della nuova causa di sospensione introdotta dal d.l. Cura Italia con il principio del divieto della lex durior.

Si tratta infatti di capire se il comma 4 dell’art. 83 d.l. 18/2020 introduca una causa di sospensione che rientri nell’alveo dell’art. 159 comma 1 c.p. (in quanto anch’esso caratterizzato dal legame tra sospensione del processo e sospensione della prescrizione a cui la norma codicistica fa riferimento) e se, in caso di risposta affermativa, sia ammessa per tale via l’introduzione di cause sospensive destinate ad essere applicate a fatti di reato posti in essere precedentemente alla loro entrata in vigore.

 

  1. Le diverse tesi a confronto

La complessità della questione emerge se solo si considerano le numerose occasioni in cui, nell’arco di pochissimi mesi, la giurisprudenza di merito e quella di legittimità hanno avuto modo di pronunciarsi sulla neo-introdotta causa di sospensione della prescrizione[7].

L’analisi di siffatti provvedimenti consente di ravvisare l’esistenza di una diversità di vedute tra i giudici di merito, concordi nell’incostituzionalità della norma censurata, e i giudici di legittimità che, al contrario, hanno sempre mostrato di ritenere compatibile la nuova causa di sospensione della prescrizione con il principio di legalità e con il divieto di applicazione retroattiva in malam partem.

In particolare i vari giudici a quibus che hanno affrontato la questione ritengono incostituzionale l’applicazione retroattiva dell’art. 83 comma 4 d.l. 18/2020 in quanto l’assolutezza e l’inderogabilità del principio di irretroattività sfavorevole dovrebbero, a rigore, riflettersi anche sulle norme che introducono nuove cause di sospensione o di interruzione dei termini prescrizionali, a prescindere dal contesto emergenziale e straordinario in cui le stesse possono essere state dettate.

Anzi, si legge espressamente in una delle ordinanze di rimessione, “è la stessa logica dello stato di diritto a frapporre un argine invalicabile alla possibilità di individuare spazi di deroga a quei principi che costituiscono elementi identificativi dell’ordinamento costituzionale”[8] e tra questi vi è, senza dubbio, anche il principio di legalità con i suoi corollari.

In quest’ottica l’art. 159 c.p., nella parte in cui consente la sospensione della prescrizione ogniqualvolta sia disposta la sospensione del procedimento, non può essere letto come una sorta di passpartout che legittima sempre il legislatore ad intervenire con l’inserimento di cause di sospensione destinate a trovare applicazione retroattiva.

Tale interpretazione, infatti, si risolverebbe in una facile elusione del divieto di retroattività in ambito penale, cosicché il rinvio in bianco operato dall’art. 159 comma 1 c.p. va interpretato nel senso che lo stesso “può valere unicamente per le leggi extracodicistiche preesistenti al codice penale ovvero successive ma entrate in vigore prima della commissione del fatto di reato di cui si occupa il processo penale”[9].

Le considerazioni che precedono sarebbero, oltretutto, le uniche possibili alla luce delle numerose pronunce in cui i Giudici costituzionali – in alcuni casi anche in aperto contrasto con la giurisprudenza sovranazionale come il caso Taricco dimostra – hanno affermato che la prescrizione è un istituto di diritto sostanziale nonostante presenti un profilo ‘statico’, attinente alla disciplina sostanziale del reato, e uno ‘dinamico’ relativo, invece, alla progressione nel procedimento penale.

Il principio di legalità, invero, non può limitarsi alla sola descrizione degli elementi che compongono il reato, dovendo altresì includere tutti i profili concernenti il regime della punibilità.

A conclusioni diametralmente opposte è giunta la Corte di Cassazione.

Quest’ultima ha seguito, per la verità, un percorso argomentativo tendenzialmente omogeneo che, non a caso, la stessa Corte costituzionale ha ritenuto che possa assumere le forme del diritto vivente.

Più precisamente i Giudici di legittimità sono partiti dal presupposto che la sospensione dei termini stabiliti dal comma 2 dell’art. 83 debba collegarsi al rinvio d’ufficio, disposto nello stesso arco temporale, delle udienze dei procedimenti penali a norma del comma 1 del medesimo articolo, traendone una considerazione unitaria delle due discipline, nel senso che la sospensione dei termini e il rinvio del processo sono, di regola e a differenza di quanto ritenuto da alcuni giudici di merito[10], inscindibilmente collegati.

Fatta questa necessaria premessa la Corte ha affermato che il comma 4 dell’art. 83 d.l. 18/2020 altro non è che un’ipotesi applicativa dell’art. 159 comma 1 c.p. che contiene “la regola, generale ed astratta, di carattere sostanziale cui di volta in volta, attraverso il meccanismo del rinvio mobile può dare contenuto alla norma – questa sì di carattere processuale e dunque direttamente applicabile – che, disciplinando il processo, possa prevedere eventuali eventi che ne determinano la sospensione”[11].

In altri termini la violazione del principio di irretroattività sarebbe scongiurata dalla previsione del comma 1 dell’art. 159 c.p. che è la norma che direttamente prevede il collegamento tra la sospensione del procedimento e la sospensione della prescrizione e rispetto alla quale, quindi, la singola disposizione di legge funge solo da presupposto applicativo alla sua concreta operatività.

Un diverso iter argomentativo, peraltro rimasto isolato, è stato seguito dalla Corte di Cassazione in un’unica sentenza in cui i Giudici di legittimità, invece che battere la strada dell’applicabilità dell’art. 159 c.p. attraverso il meccanismo del c.d. rinvio mobile, hanno affermato che il principio del divieto di applicazione retroattiva delle norme penali sfavorevoli può, come accade per altri principi di rango costituzionale, essere derogato o, quantomeno, relativizzato non esistendo, nel nostro ordinamento, alcun diritto ‘tiranno’[12].

Si tratta di una soluzione che, per quanto possa apparire ardita alla luce dell’impostazione giurisprudenziale che non ha mai messo in dubbio il carattere assoluto del principio in questione, viene argomentata in base alla considerazione che anche il principio di irretroattività in malam partem può essere relativizzato e “sacrificato” quando si tratta di far fronte ad una situazione connotata da particolare straordinarietà ed urgenza, quale sicuramente è lo sviluppo di una pandemia, in cui è necessario tutelare ulteriori principi e valori costituzionali che, al pari di quello di irretroattività, sono meritevoli di tutela e, in determinate circostanze, anche di una maggior tutela[13].

 

  1. La sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 2020

In un contesto interpretativo così intricato, caratterizzato da un vero e proprio groviglio di tesi, alcune volte a relativizzare il principio di irretroattività, altre inclini ad affermarne la sua assolutezza e altre ancora incentrate sul meccanismo del rinvio mobile di cui all’art. 159 comma 1 c.p., l’intervento della Corte costituzionale si era ormai reso necessario.

La Corte, nell’affrontare la questione, ribadisce a gran voce che la prescrizione, oltre ad essere espressione della diminuzione dell’interesse dello Stato a perseguire reati risalenti nel tempo e del diritto all’oblio dell’imputato, è un istituto che ricade a tutti gli effetti nell’orbita del principio di legalità ex art. 25 comma 2 della Costituzione.

La prescrizione, infatti, attiene alla punibilità che ha, a ben vedere, una proiezione ‘diacronica’ “ nel senso che non solo l’autore del fatto deve essere posto in grado di conoscere ex ante qual è la condotta penalmente sanzionata (ossia la fattispecie di reato) e quali saranno le conseguenze della sua azione in termini di sanzioni applicabili (ossia la pena), ma deve egli avere consapevolezza della disciplina concernente la dimensione temporale in cui sarà possibile l’accertamento nel processo, con carattere di definitività, della sua responsabilità penale” (§ 9).

Ciò peraltro non significa, ed è questo l’argomento decisivo per le ulteriori considerazioni sviluppate dalla Corte, che la persona sottoposta a procedimento penale possa individuare precisamente il dies ad quem in cui maturerà la prescrizione.

Questo perché la prescrizione, nonostante attenga alla punibilità e si identifichi in una causa di estinzione del reato e non semplicemente in un’ipotesi di arresto della procedibilità dell’azione penale, si colloca nel processo e, anzi, lo condiziona dal momento che sono previste delle cause di interruzione e di sospensione del decorso del termine prescrizionale che impediscono, di fatto, di stabilire il momento preciso in cui il reato cadrà effettivamente in prescrizione.

Ma se la prescrizione è sottoposta al principio di legalità non c’è dubbio che tale principio copra anche “le implicazioni sostanziali delle norme processuali” (§ 10).

Di conseguenza il rispetto del principio di legalità coinvolge inevitabilmente anche la disciplina della decorrenza, della sospensione e dell’interruzione della prescrizione “perché essa, nelle sue varie articolazioni, concorre a determinare la durata del tempo il cui decorso estingue il reato” (§ 12).

La sottoposizione delle norme con effetti processuali – quali sono indubbiamente quelle che attengono all’interruzione o alla sospensione della prescrizione – al principio di legalità non si traduce quindi nella possibilità di prevedere ex ante il momento esatto in cui la causa di estinzione del reato connessa alla prescrizione maturerà, dipendendo il suo verificarsi da fattori plurimi ed imprevedibili, ma permette comunque all’imputato o all’indagato di conoscere la durata del tempo di prescrizione del reato da lui commesso e ciò è sufficiente ad impedire l’introduzione di una norma in grado di operare retroattivamente ampliando in peius il tempo della perseguibilità del fatto commesso.

Assume allora rilevanza cruciale, nell’analisi della disciplina sulla prescrizione, l’art. 159 c.p. nella parte in cui àncora la sospensione della prescrizione ad ogni caso in cui rimane sospeso il processo o il procedimento penale.

Ebbene la scelta di collegare la sospensione della prescrizione a quella del procedimento in cui il reato si inserisce non solo è legittima ma, secondo la Corte, corrisponde ad una meritevole esigenza di mantenere e garantire l’equilibrio tra le parti all’interno del processo: “ se un processo ha una stasi, le conseguenze investono tutte le parti: la pubblica accusa, la persona offesa costituita parte civile e l’imputato. Come l’azione penale e la pretesa risarcitoria hanno un temporaneo arresto, così anche per preservare l’equilibrio della tutela dei valori in gioco, è sospeso il termine di prescrizione del reato per l’indagato o l’imputato” (§ 13).

La previsione dell’art. 159 comma 1 c.p. consente dunque all’imputato, ed è questo il punto centrale, di sapere che ogniqualvolta il processo subirà una sospensione in virtù di una disposizione di legge sarà automaticamente sospeso anche il corso della prescrizione.

In questa affermazione si coglie il pieno rispetto del principio di legalità: non c’è nessuna norma che può garantire all’imputato di individuare esattamente il dies a quo in cui maturerà la prescrizione ma vi sono tutte le condizioni per far sì che egli sappia, prima del momento in cui il reato è commesso, quali sono i casi in cui il termine della prescrizione potrebbe subire un arresto e, tra questi, vi è quello in cui, per qualsiasi ragione, il processo o il procedimento penale verrà sospeso. Il legislatore può pertanto sempre intervenire prevedendo ipotesi di sospensione del procedimento penale con conseguente sospensione della prescrizione del reato con il solo limite, che la stessa Corte costituzionale ci tiene a ribadire, della proporzionalità e della ragionevolezza, onde evitare che la discrezionalità del legislatore si traduca nell’introduzione di una disciplina che protragga, di fatto, la prescrizione sine die.

In tal senso il Giudice delle leggi sottolinea come debba escludersi che una violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità si possa ravvisare nel caso di specie, avendo il legislatore introdotto con l’art. 83 comma 4 d.l. 18 del 2020 una sospensione breve – di soli 64 giorni – pienamente giustificata dalla finalità di tutelare il bene della salute collettiva in un eccezionale momento di emergenza sanitaria.

Di conseguenza ciò che determina la sospensione della prescrizione non è la singola disposizione di legge ma la norma generale di cui al primo comma dell’art. 159 c.p., questa sì sicuramente anteriore al fatto di reato, che prevede il collegamento tra la sospensione del procedimento penale e quella della prescrizione.

Tale collegamento, precisa la Corte costituzionale, si attaglia sia alle ipotesi di sospensione delle attività procedimentali e processuali contemplate dal comma 2 sia ai rinvii di udienza presi in considerazione dal comma 1 dell’art. 83, dal momento che sospensione dei termini e rinvio del processo sono, di regola, “inscindibilmente collegati[14]”.

La Corte costituzionale conclude il suo iter argomentativo riconoscendo la piena legittimità costituzionale della nuova causa di sospensione della prescrizione in quanto perfettamente compatibile con il principio di legalità, non solo a livello nazionale ma anche sovranazionale.

Anzi, con riferimento ai parametri sovranazionali invocati da alcuni giudici di merito nelle loro ordinanze di rimessione, la Corte arriva addirittura ad una pronuncia di inammissibilità sottolineando come in relazione all’istituto della prescrizione il paramento nazionale della legalità riceve, in questa particolare prospettiva, un ambito di tutela più elevato di quello convenzionale ed eurounitario[15].

 

  1. Considerazioni conclusive

La sentenza della Corte costituzionale, caratterizzata da una indubbia linearità argomentativa, sembra aver risolto il problema dell’applicazione retroattiva delle norme penali volte ad introdurre nuove ipotesi di sospensione della prescrizione legate alla sospensione del processo o del procedimento penale.

Il tutto senza scalfire la natura sostanziale, così cara al nostro ordinamento, della prescrizione e senza cedere alle tesi, il cui accoglimento avrebbe delineato altri e ben più complessi scenari, volte ad aprire un varco a favore della relativizzazione del principio di legalità ovvero al riconoscimento della natura processuale delle sole norme concernenti l’interruzione o la sospensione della prescrizione.

Nell’affermare che l’art. 83 comma 4 d.l. 18/2020 rientra nell’ambito applicativo dell’art. 159 c.p. i Giudici costituzionali, a ben vedere, non fanno espresso riferimento al meccanismo del rinvio mobile ma parlano solamente di previa conoscenza del tempo necessario a prescrivere garantito dalla previsione codicistica. E’ come se la Corte riconoscesse nell’art. 159 comma 1 c.p., al di là e a prescindere dal contenuto mobile o meno del rinvio, una norma non aperta ma chiusa caratterizzata, come sostenuto da autorevole dottrina, semplicemente dalla presenza di un elemento normativo che, in quanto tale, non concorre ad integrare la fattispecie penale in cui è inserito ma consente di accertare se la fattispecie sospensiva, compiutamente descritta dalla legge, risulta integrata o meno nel caso concreto[16].

Ma si può effettivamente ritenere che il richiamo all’art. 159 comma 1 c.p. sia sufficiente a scongiurare l’applicazione retroattiva di una norma che di fatto aumenta il tempo necessario a prescrivere?

L’interrogativo, nonostante la risposta della Corte costituzionale, rimane sullo sfondo.

Le obiezioni sollevate in tal senso dai giudici rimettenti, nonché da illustre dottrina[17], appaiono difficilmente superabili. La scelta di consentire l’applicazione retroattiva di una disposizione di legge ai sensi dell’art. 159 c.p., per il solo fatto che quest’ultimo prevede il collegamento tra sospensione dei termini processuali e prescrizionali, non scongiura l’effetto pratico dell’allungamento del termine della prescrizione a causa di un’ipotesi di sospensione sicuramente introdotta successivamente al momento in cui il reato è stato commesso. Non sorprende, in quest’ottica, l’approccio critico di fronte all’eventualità, tutt’altro che ipotetica, di andare incontro ad un’opzione interpretativa che rischia di svuotare la reale portata del principio di legalità e, soprattutto, del divieto di applicazione retroattiva delle norme penali sfavorevoli. Rischio che, a ben vedere, dovrebbe essere più che mai scongiurato proprio in relazione alla prescrizione, non solo perché la stessa viene ricondotta nell’ambito del diritto penale sostanziale ma anche perché, come gli stessi giudici di merito sembrano in qualche modo presupporre nelle loro ordinanze di rimessione, la prescrizione andrebbe elevata a prerogativa di rango costituzionale se la si ricollega alla dimensione personalistica del diritto all’oblio dell’imputato e al diritto di difesa all’interno del processo[18]. Tale impostazione ermeneutica, inoltre, consentirebbe al legislatore di intervenire sempre con l’introduzione di singole cause di sospensione che possono anche susseguirsi nel tempo senza che siano tacciate singolarmente di incostituzionalità concorrendo, tuttavia, a determinare l’effetto ultimo della sospensione particolarmente prolungata o addirittura sine die del corso della prescrizione.

Non sembra allora sufficiente, o quantomeno appare strano che lo sia, la mera consapevolezza del legame tra sospensione del processo e quella dei termini prescrizionali quando è in gioco non solo l’interesse collettivo dello Stato ma anche, e soprattutto, il diritto di difesa e il diritto all’oblio dell’imputato.

Un conto, infatti, è dire che l’imputato non possa sapere esattamente quando il reato cadrà in prescrizione in quanto non può conoscere a priori quali fattori, tra quelli astrattamente previsti come in grado di incidere sul corso della prescrizione, si realizzeranno nel caso concreto; altro conto è dire che l’imputato sia esposto al rischio dell’introduzione di ulteriori fattori, non solo non predeterminabili ma neanche individuabili ex ante, che rispondono a diverse e variegate scelte legislative successive al fatto di reato.

Alla luce di tali considerazioni la difficoltà di accettare l’applicazione retroattiva di una nuova causa di sospensione della prescrizione resta e, a dirla tutta, non sembra essere stata completamente scalfita dalle argomentazioni della Corte costituzionale.

Ciò che è certo, invece, è che la complessità della vicenda testimonia, e non per la prima volta, l’esistenza di discutibili scelte politico-criminali effettuate dal legislatore in materia di prescrizione e, al tempo stesso, è sintomatica di un generale mal funzionamento della giustizia di cui il frequente ricorso alla disciplina della prescrizione non è altro che un riflesso.

Con riferimento alle scelte di politica criminale viene da chiedersi se sia realmente condivisibile l’opzione di far ricadere sull’imputato le conseguenze pregiudizievoli derivanti dall’incapacità dello Stato di far fronte ad una situazione di emergenza sanitaria di eccezionale gravità.

Secondo la Corte costituzionale tale scelta sarebbe più che legittima in quanto la sospensione del processo determina degli effetti pregiudizievoli anche per le altre parti, non solo per l’imputato.

Questa impostazione può peraltro sembrare inconciliabile con alcuni principi che governano l’intero sistema penale, quali il principio di non colpevolezza e quello del favor rei, la cui applicazione fa apparire particolarmente ingiusto che il costo dell’incapacità dello Stato di svolgere regolarmente i processi in un periodo emergenziale si scarichi sull’imputato per il solo fatto che l’emergenza esiste[19].

Non sembra quindi azzardato domandarsi se una valutazione di questo tipo, se non del tutto illegittima, appaia quantomeno inopportuna in un contesto, quale quello di un’emergenza sanitaria, che ha colpito il corretto funzionamento di qualsiasi attività, giurisdizionale e non.

In relazione, poi, al mal funzionamento della giustizia è sufficiente analizzare le varie pronunce dei giudici di merito per rendersi conto di come le stesse avessero ad oggetto la commissione di reati che sarebbero stati dichiarati estinti per prescrizione all’esito del giudizio di primo grado se non avessero subito la sospensione introdotta dal decreto legge Cura Italia.

Ed è proprio tale aspetto che dovrebbe far riflettere. Non è un caso che la stessa Corte costituzionale, in via preliminare, ha sottolineato come sia impossibile non notare l’eccesiva durata dei giudizi sottoposti alla sua attenzione che già solo in primo grado hanno quasi esaurito il tempo massimo di prescrizione del reato, così da far dipendere la risposta di giustizia nel merito delle accuse da una sospensione della prescrizione di soli 64 giorni[20].

E’ dunque lecito interrogarsi sull’opportunità che un processo continui a causa (o grazie, a seconda dei punti di vista) di una situazione di straordinaria gravità che non consente lo svolgimento di un processo le cui ‘normali’ lungaggini avrebbero portato alla sua cessazione per intervenuta prescrizione del reato.

Dei molti procedimenti penali definiti per prescrizione, infatti, circa la metà si prescrivono durante la fase delle indagini preliminari, un quarto durante il giudizio di primo grado ed un altro quarto durante quello di appello a causa del sovraccarico degli uffici giudiziari e del proliferare di nuove incriminazioni[21]. Tali fattori impediscono molto spesso, in un contesto di ordinario funzionamento della macchina giudiziaria, di arrivare ad una sentenza di assoluzione o di condanna che, invece, sarebbe possibile raggiungere grazie ad un intervento sospensivo non sistematico ma legato al sopravvenire di un’emergenza sanitaria senza precedenti.

Il risultato potrebbe sembrare paradossale: lo scoppiare della pandemia ha consentito di continuare a perseguire fatti di reato quando ciò non sarebbe stato possibile in una situazione non emergenziale ma di normale svolgimento dell’attività giudiziaria, senza che tale continuazione corrisponda ad un rinnovato interesse dello Stato ad esercitare la propria potestà punitiva.

In realtà, se ben si riflette, non è neanche detto che tale situazione si verifichi. L’introduzione di questa nuova causa di sospensione, invero, non scongiura affatto il rischio che i reati prossimi alla prescrizione vengano dichiarati estinti. E’ chiaro infatti che la previsione di un breve termine di sospensione della prescrizione non consentirà comunque il completo svolgimento dell’attività giudiziaria (in relazione a fatti di reato che magari richiedono la celebrazione di più udienze) durante la quale la causa di estinzione potrà nel frattempo maturare se già prima di marzo era ormai quasi esaurito il tempo massimo di prescrizione del reato.

L’esito della novella potrebbe quindi rivelarsi doppiamente negativo: non solo la sospensione è stata applicata retroattivamente per impedire che certi reati potessero cadere in prescrizione a causa dell’emergenza sanitaria ma tale applicazione potrebbe essere concretamente inutile in quanto la previsione di un termine di sospensione di 64 giorni non impedirà la declaratoria di intervenuta prescrizione di quei reati prossimi alla prescrizione nel momento in cui siffatta causa di sospensione è stata introdotta. L’unico risultato certo, allora, sarebbe quello del sovraccaricamento degli uffici giudiziari per la trattazione di processi che, sia prima che dopo il periodo di sospensione, sono in ogni caso destinati all’estinzione per decorrenza del tempo.

Il tutto a scapito del cittadino sottoposto al procedimento penale ma, forse, a favore di un ripensamento generale della giustizia penale all’interno della quale la prescrizione non dovrebbe operare con regolarità ma dovrebbe recuperare la sua funzione originaria, che è quella di rinuncia da parte dello Stato alla propria potestà punitiva rispetto a fatti che sono, per l’inevitabile decorso del tempo e non per l’incapacità degli organi giudiziari di celebrare i processi, ormai dimenticati dalla coscienza collettiva.

 

[1] D. Pulitanò, Il nodo della prescizione, in Diritto Penale Contemporaneo, 2015, n. 1, pagg. 20 e ss. L’autore paragona la prescrizione ad un estintore: “la prescrizione è (metaforicamente) un estintore, che, non diversamente

dagli estintori previsti da un sistema di protezione dall’incendio, è necessario collocare a presidio di determinate situazioni, ma che il buon funzionamento del sistema dovrebbe mantenere inattivo”.

[2]  Si veda per una ricostruzione della ratio della prescrizione, ex multis, A. Peccioli,  La prescrizione del reato. Un istituto dall’incorreggibile polimorfismo, 2019, Giappichelli, pagg. 13 e ss.

[3] Per una ricostruzione della vicenda v. ex multis: M. Gambardella, Inapplicabile senza eccezioni la “regola Taricco” nel nostro ordinamento: una parola definitiva della Corte costituzionale?, in Cassazione penale, n.9, 2018, pagg. 2786 e ss.; D. Pulitanò, La chiusura della saga Taricco e i problemi della legalità penalistica, in Diritto penale e processo, n. 10, 2018, pagg. 1289 e ss.; C. Cupelli, La Corte costituzionale chiude il caso Taricco e apre a un diritto penale europeo ‘certo’, in Diritto Penale Contemporaneo, n. 6, 2018, pagg. 227 e ss.; V. Manes, La Corte muove e, in tre mosse, dà scacco a “Taricco”. Note minime all’ordinanza della Corte costituzionale n. 24 del 2017, in Diritto Penale Contemporaneo, 2017, pp. 1-14.

[4] Si veda, per questa parte, Corte cost. 278 del 2020, pag. 11.

[5] Senato della Repubblica, XVIII legislatura, Fascicolo Iter DDL S. 1766, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, pag. 41.

[6] Emblematiche, in tal senso, Corte cost. n. 115/2018 e n. 24/2017: la prescrizione “incide sulla punibilità della persona, riconnettendo al decorso del tempo l’effetto di impedire l’applicazione della pena, sicché nel nostro ordinamento giuridico rientra nell’alveo costituzionale del principio di legalità penale enunciato dall’art. 25 comma 2 della Costituzione con formula di particolare ampiezza” nonché Corte cost. 324/2008: “il principio di riserva di legge sancito dall’art. 25 comma 2 Cost. rende inammissibili pronunce il cui effetto possa essere quello di introdurre nuove fattispecie criminose, di estendere quelle esistenti a casi non previsti o, comunque, di incidere in peius sulla risposta punitiva o su aspetti inerenti la punibilità fra i quali, indubbiamente, rientrano quelli inerenti la disciplina della prescrizione e dei relativi atti interruttivi o sospensivi”.

[7] I provvedimenti che, in generale, hanno avuto ad oggetto l’analisi della nuova causa di sospensione introdotta dal d.l. 18/2020 sono i seguenti: ord. Trib. di Siena n. 112 e 113 del 2020;  ord. Trib. di Spoleto n. 117 del 2020; ord. Trib. Roma n. 132 del 2020; ord. Trib. Crotone n. 165 del 2020; Corte di Cass., Sez. V penale, sent. n. 25222 e 30434 del 2020; Sez. III penale, sent. n. 25433, 30437 e 21367 del 2020.

La Corte costituzionale, con sent. n. 278 del 2020, ha deciso le ordinanze del Tribunale di Siena, di Spoleto e di Roma, non anche quella del Tribunale di Crotone. Tale ordinanza merita comunque di essere segnalata in quanto il giudice di merito ha avanzato, in tale occasione, la prospettiva processuale degli istituti della sospensione e dell’interruzione della prescrizione. Più precisamente il Giudice ha sottolineato che la ratio dell’introduzione della nuova causa di sospensione sarebbe stata proprio quella di introdurre una norma destinata ad avere un’applicazione retroattiva per evitare che la stasi giudiziaria dovuta a fattori eccezionali potesse beneficiare solo l’imputato, senza che alla stessa fosse legata una diminuzione dell’interesse dello Stato alla repressione del reato. In questa diversa ottica, allora, il legislatore avrebbe introdotto una norma processuale e non sostanziale sottoposta, in quanto tale, al principio tempus regit actum.

Il Tribunale, nonostante la ritenuta compatibilità dell’art. 83 col principio di legalità, ha deciso comunque di sollevare questione di legittimità costituzionale, rendendosi conto dell’impossibilità di individuare un parametro costituzionale  di riferimento per l’orientamento della “processualizzazione” della sospensione dei termini di prescrizione.

Per un’analisi più approfondita dell’ordinanza v. G. L. Gatta, Covid-19, sospensione della prescrizione e irretroattività, in www.sistemapenale.it.

[8] Trib. Siena, ord. 112 del 2020, pag. 8.

[9] Trib. Spoleto, ord. 117 del 2020, pag. 3.

[10] Il riferimento è, in particolare, a Trib. di Siena, ordd. 112 e 113 del 2020, in cui si legge: tale ricostruzione, implicitamente postulando che ogni rinvio d’ufficio rappresenti, ai sensi dell’art. 159 c.p. un caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale è imposta da una particolare disposizione di legge, finisce con equiparare la nozione di rinvio del giudizio con quella di sospensione del procedimento. Non sempre però le due nozioni coincidono: se certamente è vero che la sospensione del processo automaticamente coinvolge la disciplina della prescrizione, non è parimenti vero che ogni rinvio d’udienza, generando una sospensione del processo, automaticamente coinvolga la disciplina della prescrizione del reato”. In relazione a tale problematica v. infra nota n. 13.

[11] V. Corte di Cass. sent. n. 25433 e 25222 del 2020 in cui si legge: “la riconducibilità della fattispecie in esame alla disciplina di cui all’art. 159, primo comma, cod. pen. esclude che si sia in presenza di un intervento legislativo in contrasto con il principio di irretroattività della norma sostanziale sfavorevole sancito dall’art. 25 comma 2 Cost. … la disciplina legislativa che prevede la sospensione del processo è chiamata solo ad individuare il presupposto – a sua volta collegato a una specifica situazione di fatto o di diritto – che rende applicabile la fattispecie generale prevista dall’art. 159 primo comma cod. pen.

[12] La questione della configurabilità del divieto di irretroattività come diritto tiranno è affrontato, ex multis, da G.L. Gatta, ‘Tolleranza tra principi’ e ‘principi intolleranti’. L’emergenza sanitaria da Covid-19 non legittima deroghe al principio di irretroattività in malam partem: note critiche a una sentenza della Cassazione sulla sospensione della prescrizione del reato ex art. 83 c. 4 d.l. n. 18/2020, in www.sistemapenale.it; R. Bartoli,  Irretroattività e prescrizione: proposta di una soluzione in vista della Corte costituzionale, in www.sistemapenale.it. Entrambi gli autori si pongono in chiave critica rispetto alla possibilità di relativizzazione del divieto di retroattività sfavorevole, trattandosi di un principio assoluto e supremo dell’ordinamento.

[13] Corte di Cass. sent. III penale, n. 21367 del 2020. Per un commento della sentenza v. Aldo Natalini, La prima decisione di legittimità sulla disciplina penale di sfavore, in Guida al diritto, n. 38, 26 Settembre 2020, pagg. 71 e ss.

[14] Per quanto riguarda il dibattito circa il rapporto tra rinvio d’udienza e sospensione del processo v. G. Santalucia,  La sospensione della prescrizione dei reati in tempi di pandemia. La Corte costituzionale promuove la giurisdizione d’emergenza, in www.questionegiustizia.it. In relazione invece alla possibilità di applicare le conclusioni raggiunte dalla Corte anche alle ipotesi in cui, durante il periodo di sospensione, non era previsto lo svolgimento di alcuna attività processuale v. G. L. Gatta, Emergenza Covid e sospensione della prescrizione del reato: la Consulta fa leva sull’art. 159 c.p. per escludere la violazione del principio di irretroattività ribadendo al contempo la natura sostanziale della prescrizione, coperta dalla garanzia dell’art. 25 comma 2 Cost., in www.sistemapenale.it.

[15] Il riferimento è, in particolare, alle ordinanze del Tribunale di Roma e di Spoleto che hanno sollevato questione di legittimità costituzionale perché la norma contrasterebbe non solo con l’art. 25 comma 2 Cost. ma anche con l’art. 7 CEDU e con l’art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

[16] V. G. L. Gatta,  Emergenza Covid e sospensione della prescrizione del reato: la Consulta fa leva sull’art. 159 c.p. per escludere la violazione del principio di irretroattività ribadendo al contempo la natura sostanziale della prescrizione, coperta dalla garanzia dell’art. 25 comma 2 Cost., in www.sistemapenale.it.

[17] V. R. Bartoli, Con una finta la Consulta aggira il problema dell’irretroattività della sospensione della prescrizione connessa al COVID, pag. 8, in www.sistemapenale.it.; L. Stortoni, La legge penale è “ragionevolmente” retroattiva, in Penale Diritto e Procedura, pag. 2. In senso critico si pone anche O. Mazza, La legalità (estinta) per prescrizione e lo squilibrio dei valori costituzionali, in Archivio Penale 2020 n. 3, pag. 3. L’autore critica, tra le altre cose, la stessa scelta interpretativa di applicare l’art. 159 c.p. (che rappresenterebbe “un vecchio trucco normativo”) in relazione all’art. 83 comma 4 d.l. 18/2020 sia perché la sospensione dei termini per il compimento di atti processuali a cui l’art. 159 c.p. si riferisce non equivale alla sospensione dei procedimenti o dei processi (v. pagg. 4 e ss.) sia perché l’art. 83 comma 4 sarebbe una norma speciale rispetto all’art. 159 c.p. e, in quanto tale, esclusa dal suo ambito applicativo.

[18] In realtà va detto che ancora oggi è discusso se la prescrizione riceva o meno una copertura costituzionale. In senso favorevole si pongono: F. Giunta / D. Micheletti, Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzione della pena nello scenario della ragionevole durata del processo, 2003, Giappichelli, p. 44; A. De Caro, Tempo, punizione e processo: le indubbie connessioni tra la ragion d’essere della prescrizione e la durata ragionevole del processo. La prospettiva dell’improcedibilità dell’azione, in www.sistemapenale.it.; F. Viganò, Riflessioni de lege lata e ferenda su prescrizione e tutela della ragionevole durata del processo, in dirittopenalecontemporaneo; E. Dinacci, Prescrizione del reato e principi costituzionali nel sistema del diritto penale, in Rivista trimestrale di diritto penale dell’economia, 2019, pag. 151 e ss.

In senso negativo v., ex multis, D. Pulitanò, Osservazioni sulla proposta di bloccare il corso della prescrizione, in www.sistemapenale.it.

[19] N. Madia, La Corte costituzionale, con la sentenza n. 278 del 2020, salva la disciplina in materia di sospensione della prescrizione prevista dalla legislazione anti Covid-19, in www.giurisprudenzapenaleweb.com, 2020 n. 12. In questo senso si esprime anche L. Stortoni, La legge penale è “ragionevolmente” retroattiva, in Penale Diritto e Procedura, pag. 6.

[20] Corte cost., sent. 278 del 2020, pag. 6.

[21] V. CSM, Parere sul testo del disegno di legge AC 1189, Pratica num. 39/PA/2018, 19 Dicembre 2018, pagg. 9 e ss.

Tags

Condividi su:

Articoli Correlati
Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit, sed do eiusmod tempor incididunt ut labore et dolore
Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit, sed do eiusmod tempor incididunt ut labore et dolore