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I limiti di acquisizione delle dichiarazioni pre-dibattimentali nel rito di appello e nel giudizio di rinvio: la parola alle Sezioni Unite

Cass., sez. V, 4 giugno 2021 (dep. 1 luglio 2021), n. 25283, Palla, Presidente, Caputo, Relatore

1. Il caso.

La vicenda processuale da cui trae origine la pronuncia in esame merita di essere ricostruita dettagliatamente perché appare piuttosto complessa. 

È accaduto precisamente che la decisione della Corte di Assise d’Appello di Bologna – che, in veste di giudice del rinvio, aveva riformato una assoluzione resa in primo grado senza provvedere alla rinnovazione dell’istruttoria, come prescritto dal comma 3-bis dell’art. 603 c.p.p. –, veniva annullata dalla Suprema Corte che onerava il giudice di seconda istanza di emendare il vizio. 

Tuttavia, nel giudizio rescissorio, non poteva procedersi alla nuova assunzione della prova dichiarativa poiché, nelle more, la persona da escutere era deceduta.

Il giudice del rinvio, quindi, disponeva l’acquisizione dei verbali delle dichiarazioni pre-dibattimentali rese in precedenza, ritenendo che l’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. non escludesse l’applicabilità al rito di appello degli artt. 512 e 513 c.p.p.

L’imputato presentava ricorso per cassazione, lamentando – tra l’altro – l’inosservanza delle disposizioni di cui agli artt. 514 e 191 c.p.p. per violazione degli artt. 512 e 513 c.p.p., poichè la circostanza che aveva reso impossibile procedere alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale (ossia il decesso della coimputata) era tutt’altro che imprevedibile, in quanto «già nel corso del giudizio di primo grado la coimputata fu escussa presso la clinica dove era ricoverata […], e, nel corso del primo giudizio d’appello, lo stesso procuratore generale […] aveva chiesto il nuovo esame [della stessa] il cui difensore aveva prodotto, nella medesima udienza, una certificazione attestante le sue gravi condizioni cliniche».

Investita della questione, la V Sezione ha ritenuto necessario richiedere l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite, anche in ossequio al precetto contenuto nell’art. 618, comma 1-bis, c.p.p. e ha formulato il quesito: «[S]e, in caso di riforma in appello del giudizio assolutorio di primo grado, fondata su una diversa valutazione delle dichiarazioni ritenute decisive, l’impossibilità di procedere alla rinnovazione dibattimentale della prova dichiarativa per il decesso del soggetto da esaminare precluda, di per sé sola, il ribaltamento del giudizio assolutorio».

2. La soluzione (provvisoria) della Sezione rimettente.

La quaestio iuris inerisce al rapporto tra il dovere di rinnovare in appello la prova dichiarativa decisiva in caso di reformatio in peius della sentenza di primo grado (art. 603, comma 3-bis, c.p.p.) e la possibilità di acquisire i verbali delle dichiarazioni pre-dibattimentali nel caso in cui sia impossibile formare la prova in contraddittorio per una sopravvenuta impossibilità oggettiva, ai sensi dell’art. 512 c.p.p.

Circoscritti in tal modo i termini del dibattito, può dirsi che la questione si rivela assai spinosa poiché sottende diversi profili problematici. 

Sintetizzando, la soluzione del quesito passa attraverso la verifica della attualità di una regula iuris enunciata dalle Sezioni unite Dasgupta (Sez. Un., 28 aprile 2016, n. 27620, in Cass. pen., 2016, p. 3214, con nota di Aiuti, Poteri d’ufficio della Cassazione e diritto all’equo processo) e finora rimasta nell’ombra. È noto, infatti, che tale arresto stabilì in linea generale che, in caso di riforma in appello di una sentenza di assoluzione, è necessario provvedere alla rinnovazione, ma ai margini di tale statuizione, affermò anche un altro principio di portata diversa, secondo il quale l’obbligatorietà della rinnovazione impedisce un capovolgimento della decisione qualora non sia possibile procedervi per cause di impossibilità di natura oggettiva.

Dunque, è proprio tale ulteriore specificazione del principio che viene sottoposta a serrata critica da parte della Sezione rimettente, alla luce della successione di norme nel tempo e della stessa giurisprudenza convenzionale.

Tale approccio è suffragato da una molteplicità di ragioni.

Intanto, la Corte rileva che il principio di obbligatorietà della rinnovazione in caso di ribaltamento in appello della sentenza assolutoria di primo grado non è delineato dalla giurisprudenza di legittimità in termini di assolutezza, posto che già le Sezioni Unite Dasgupta avevano affidato al giudice procedente la valutazione circa l’insuperabile necessità della reiterazione dell’atto istruttorio. Come si evince in un passaggio della motivazione della sentenza del 2016, «[R]esta fermo il dovere del giudice di accertare sia l’effettiva sussistenza della causa preclusiva della nuova audizione sia che la sottrazione all’esame non dipenda dalla volontà di favorire l’imputato o da condotte lecite possa essere da terzi, essendo in tal caso il giudice legittimato a fondare il proprio convincimento sulle precedenti dichiarazioni». (Sez. Un., 28 aprile 2016, n. 27620, cit., p. 15).

In secondo luogo, i giudici evidenziano come una siffatta impostazione viene sostenuta anche dalla giurisprudenza costituzionale che, valorizzando la disciplina dettata dal quinto comma dell’art. 111 Cost., consente una deroga al principio del contraddittorio nel caso di impossibilità di natura oggettiva di ripetizione della prova orale che potrebbe derivare da morte, irreperibilità, infermità che determina la totale amnesia del testimone (Corte cost., 19 novembre 2001, n. 375, in Giur. cost., 2003, p. 444).

Da ultimo, la Corte sottolinea come tale scelta soddisfi i dettami europei a partire proprio dal noto caso “Dan c. Moldavia” che, pur imponendo la riassunzione delle prove dichiarative tutte le volte in cui l’autorità procedente intende riformare la decisione emessa dal giudice che lo ha preceduto, non manca di riconoscere una deroga al suddetto principio nel caso in cui sia «impossibile udire un testimone personalmente durante il processo perché, per esempio, è deceduto/a» (Corte EDU, Sez. III, 5 luglio 2011, Dan c. Moldavia, § 33. Nello stesso senso anche la giurisprudenza successiva. Cfr. Corte EDU, Sez. II, 10 novembre 2020, Dan c. Moldavia (n. 2); Corte EDU, Sez. I, 29 giugno 2017, Lorefice c. Italia).

3. Note conclusive.

In attesa delle Sezioni Unite, c’è spazio per alcune brevi riflessioni. 

Intanto, appare condivisibile l’impostazione seguita nell’ordinanza di rimessione per cui nel giudizio di appello trovano applicazione le regole generali del rito di prima istanza, nel pieno rispetto dell’art. 598 c.p.p. 

Ne consegue che, in assenza di divieti legislativi espressi, le disposizioni di cui all’art. 512 c.p.p. – declinazione codicistica del comma 5 dell’art. 111 Cost. – possono costituire la regola suppletiva alla quale ricorrere nel caso di impossibilità oggettiva di ripetizione della prova dichiarativa in appello; sempre che tale impossibilità sia sopravvenuta e imprevedibile.

Ciò che invece non si condivide è l’assimilazione del giudizio di appello al giudizio di rinvio. 

Invero, come ha già avuto modo di precisare la giurisprudenza (Sez. V, 24 novembre 2020, n. 6552, in corso di pubblicazione in Dir. pen. proc., con nota di Nocerino, L’obbligatorietà della rinnovazione della prova dichiarativa nel giudizio di rinvio) queste due declinazioni del giudizio di impugnazione non sono sovrapponibili nella prospettiva della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale 

La convinzione è che esista un rapporto di genere a specie tra i due giudizi impugnatori (Galantini, La rinnovazione della prova dichiarativa in appello: note a margine delle Sezioni Unite Troise, in Dir. pen. cont., 17 aprile 2018, 9) e che il segmento rescissorio sia dotato, secondo il chiaro disposto normativo, di una propria autonomia e specialità che lo differenzia dal rito di appello, soprattutto per i meno stringenti presupposti che permettono l’apertura di un’appendice istruttoria. Pertanto, ai fini della soluzione del quesito, dovrebbe essere valorizzata la disciplina contenuta nell’art. 627 c.p.p.

In questo senso, distinguendo l’ampiezza dei “poteri probatori” concessi al giudice in sede di appello e in fase rescissoria, emerge che mentre nel primo caso, la rinnovazione si pone come un automatismo in capo all’organo decidente in caso di riforma peggiorativa, nel secondo essa si pone come un’eventualità rimessa alla richiesta della parti e disposta dal giudice «per l’assunzione di prove rilevanti per la decisione» (art. 627, comma 2, c.p.p.). 

In conclusione, affiora progressivamente la fisionomia di un giudizio rescissorio caratterizzato – quanto a struttura e logiche probatorie – da una impostazione di fondo differente rispetto a quella che anima il procedimento tradizionale d’appello. Infatti, solo nel secondo il ricorso alle prove dichiarative precostituite deve soggiacere a rigorose regole che giustificano la deroga all’automatismo rinnovatorio, nel pieno rispetto del dettato di cui all’art. 603, comma 3-bis c.p.p. Viceversa, nel procedimento di rinvio, non può essere esclusa tout court la possibilità di ricorrere a prove precostituite, posto che il giudice della fase rescissoria deve procedere alla rinnovazione solo se e quando la prova, oltre ad essere indispensabile, ex art. 603, comma 1, c.p.p., è anche rilevante, ai sensi del comma 2 dell’art. 627 c.p.p. (in questo senso, tra le tante, Sez. I, 30 settembre 2014, n. 52208, in C.E.D. Cass., n. 262116; Sez. II, 27 settembre 2007, n. 35616, ivi, n. 237165; Sez. II, 13 luglio 2007, n. 35616, ivi, n. 237165; Sez. IV, 21 giugno 2005, n. 30422, ivi, n. 232020. Da ultimo, Sez. I, 3 dicembre 2019, n. 12690, ivi, n. 278703).

Di qui, la richiesta di intervento delle Sezioni Unite può rappresentare l’occasione utile per approfondire la distinzione di presupposti, condizioni e limiti dei due giudizi nella dimensione probatoria.

L’udienza è fissata per il 30 settembre 2021 e il relatore designato è il Consigliere Fidelbo

Bibliografia essenziale.

Aiuti, Obbligo di rinnovazione e prova dichiarativa, in AA. VV., La riforma della giustizia penale, a cura di Marandola-Bene, Milano, 2017, p. 243;

Beltrani, Il giudizio di rinvio, in AA. VV., Le impugnazioni, a cura di Spangher, in Trattato di procedura penale, diretto da Spangher, Torino, 2009, p. 772;

Bronzo, La nuova ipotesi di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello, in AA. VV., Le recenti riforme in materia penale, a cura di Baccari-Bonzano-La Regina-Mancuso, Milano, 2017, p. 409; 

Caneschi, La rinnovazione istruttoria in appello dopo la riforma Orlando; una non-soluzione ad un problema apparente, in Riv. it. dir. proc. pen., 2018, f. 2, p. 822; 

Giunchedi, Giudizio di rinvio e rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, in Proc. pen. giust., 2018, p. 822;

Spangher, La riforma Orlando della giustizia penale: prime riflessioni, in Dir. pen. cont., 2016, f. 1, p. 95;

Spangher, voce Suprema corte di cassazione (ricorso per), in Dig. disc. pen., XIV, Torino, 1999, p. 123;

Spangher, Appunti per un ripensamento del giudizio di appello, in Dir. pen. proc., 1996, f. 5, p. 623.

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