Cass. Pen. Sez. II, 3 novembre 2021 (dep. 17 gennaio 2022), n. 1712
Confermata la condanna per rapina aggravata, ex art. 628, co. 3 n.1, c.p., per aver commesso il fatto con il volto nascosto dalla mascherina anti-covid 19.
La Corte d’Appello capitolina confermava la penale responsabilità dell’imputato che aveva commesso una rapina con il volto travisato a causa della mascherina per la protezione dal virus Covid-19. Il dispositivo di protezione, infatti, alterava l’aspetto esteriore dell’autore del reato e rendeva difficoltoso il suo riconoscimento.
Il difensore, proponendo ricorso per Cassazione, lamentava la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta aggravante, di cui al co.3 n.1 dell’art. 628 c.p., perché l’utilizzo della mascherina sarebbe stato un comportamento imposto dalla legge e reso obbligatorio dall’attuale emergenza pandemica.
La Cassazione, molto efficacemente, richiamando una sua precedente pronuncia, ritiene che per la contestazione dell’aggravante del travisamento della persona sia sufficiente una lieve alterazione dell’aspetto esteriore dell’agente, conseguita con qualsiasi mezzo purché idoneo a rendere difficoltoso il suo riconoscimento [1].
La presenza di un evidente nesso di necessaria occasionalità -sostengono i Giudici- con il fatto di reato esclude la possibilità di ritenere la condotta di chi utilizzi la mascherina per commettere una fattispecie penalmente rilevante scriminata alla stregua dell’adempimento del dovere tale da escluderne l’antigiuridicità.
Se da una parte, infatti, l’utilizzo dei dispostivi di protezione per contrastare l’epidemia in corso è obbligatoria, dall’altra questo comportamento non può giustificare la commissione di azioni delittuose e per ciò stesso rimproverabili penalmente.
Dalla sentenza qui annotata, si può concludere che la Corte conferma il suo indirizzo giurisprudenziale dominante. [2] Il travisamento, pertanto, viene interpretato nel senso di qualsiasi mutazione, deformazione e falsificazione del corpo o di una sua parte a causa dei quali non sia facilmente agevole il riconoscimento della persona. Non occorre che si tratti di artifizi complessi o ben curati. Basterà, infatti, qualsiasi mezzo anche semplice e rudimentale – come nel caso della mascherina che copriva bocca e naso – idoneo ad alterare l’aspetto fisico.
Le conclusioni appaiono condivisibili. L’obbligo di indossare la mascherina, pertanto, non potrà far venire meno la configurabilità della circostanza aggravante di cui l comma 3 dell’articolo 628 c.p. tutte le volte in cui si ponga in relazione, da punto di vista eziologico, con la consumazione del delitto perpetrato.
[1] Cfr. Cass., Sez. II, 20.11.2017, (dep. 20.12.2017), n. 56937 in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla difesa e ha confermato la sentenza del Giudice di prime cure che riconosceva l’ipotesi di rapina aggravata nei confronti del ricorrente che si era introdotto all’interno di una sala giochi indossando un casco non integrale che non copriva interamente il viso e non impediva del tutto la visualizzazione dei tratti somatici, “l’uso di un casco da motociclista per commettere una rapina (ancorché particolarmente aperto ai lati”) appare sufficiente ad integrare un travisamento dell’aspetto esteriore della persona rendendo la stessa, di fatto, meno riconoscibile” § p. 3.
[2] Cass., Sez. I, 02.04.1979, (dep. 31.05.1979), n. 5053 e Cass., Sez. IV, 03.04.2014, (dep. 28.05.2014), n. 21890 in cui la Suprema Corte ha affermato che nel caso di una rapina posta in essere dall’imputato che indossava una calza di seta al fine di celare i suoi lineamenti “non rileva che la calza, data la sua leggerezza, non impediva del tutto la visualizzazione dei tratti somatici dato che (…) ai fini della circostanza aggravante del travisamento nel delitto di rapina è sufficiente una lieve alterazione dell’aspetto esteriore conseguita con qualsiasi mezzo (…)”§ p. 2.