ABSTRACT
La configurabilità del delitto di epidemia colposa in forma omissiva costituisce il dubbio ermeneutico al centro dell’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite n. 42614/2024.
La questione, trattata dagli Ermellini nel contesto di un consolidato dibattito giurisprudenziale, assume una particolare rilevanza, poiché incide su categorie generali del diritto penale riguardanti la struttura del reato. L’ordinanza, infatti, riprende le posizioni opposte sviluppate in dottrina e in giurisprudenza riguardo alla compatibilità tra i reati a condotta vincolata e la tipicità omissiva. Il tema risulta, inoltre, strettamente correlato al corretto esercizio dell’attività interpretativa, entro un perimetro che garantisca il rispetto dei principi di legalità, tassatività, determinatezza e precisione.
Il contributo si propone di analizzare le motivazioni esposte nell’ordinanza in correlazione alle categorie generali del diritto penale, al fine di offrire spunti di riflessione sui possibili profili giuridici su cui inciderà la pronuncia a Sezioni Unite.
The configurability of the offence of negligent epidemic in an omissive form constitutes the hermeneutical doubt at the heart of the referral order to the Joint Session no. 42614/2024.
The issue, addressed by the judges in the context of an established jurisprudential debate, becomes particularly relevant as it impacts general categories of criminal law related to the structure of the offence. In fact, the order revisits the opposing positions developed in both doctrine and case law regarding the compatibility between crimes with a prescribed conduct and the omission-based typicity. Furthermore, the issue is closely related to the proper exercise of interpretative activity within a framework that ensures compliance with the principles of legality, taxativity, definiteness, and precision.
This contribution aims to analyze the motivations outlined in the order in connection with the general categories of criminal law, in order to provide insights on the possible legal profiles that will be affected by the future ruling of the Joint Session.
- Segnaliamo un’ordinanza della Corte di Cassazione Sezione IV che, in contrasto
all’orientamento giurisprudenziale maggioritario sul tema, e, condividendo le argomentazioni esposte dal Procuratore della Repubblica del Tribunale nel ricorso immediato per Cassazione sulla configurabilità del delitto di epidemia colposa in forma omissiva, ha rimesso al vaglio delle Sezioni Unite la seguente questione giuridica: “Se il reato di cui agli artt. 438, comma 1 e 452, comma 1, n. 2 c.p. possa essere realizzato anche in forma omissiva”[1].
- La vicenda in esame ha tratto origine dall’accusa del reato di cui agli artt. 40, comma
2, 438, comma 1, e 452, comma 1, n.2, c.p., mossa nei confronti dell’imputato poiché, in qualità di sub delegato del datore di lavoro, “per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia ed inosservanza degli obblighi di cui all’art. 77, comma 4, lett. h) D.Lgs. cit.”[2], non fornendo ai lavoratori della struttura sanitaria un’idonea attività di formazione sul rischio biologico da Sars CoV2, né un numero adeguato di dispositivi di protezione individuale ed omettendo l’adozione di misure necessarie a contrastare tale rischio, ha cagionato un’epidemia nell’ospedale.
Nel caso oggetto di giudizio, proprio il capo d’imputazione ha assunto un notevole rilievo poiché descriveva un illecito omissivo e, di conseguenza, ha imposto agli organi giudiziari di analizzare il quesito concernente la configurabilità del reato di epidemia colposa in forma omissiva.
I giudici di prime cure sono giunti ad una soluzione negativa della questione ed hanno assolto l’imputato ritenendo che solo una condotta attiva fosse idonea ad integrare il reato de quo, secondo quanto disposto dalla fattispecie incriminatrice. Quest’interpretazione degli artt. 438, comma 1, e 452, comma 1, n.2, c.p. non è stata condivisa dal Procuratore della Repubblica del Tribunale, il quale ha impugnato la sentenza di primo grado.
Il ricorrente, articolando un unico motivo di censura, ha ritenuto che i giudici del Tribunale avessero commesso un duplice errore: il primo consistito nell’affermare l’inapplicabilità dell’art. 40 cpv c.p. al delitto di epidemia in quanto reato a forma vincolata ed il secondo nel considerare tale reato a forma vincolata.
Secondo il Procuratore, infatti, quest’ultima censura è supportata dal tenore letterale della disposizione incriminatrice, nella quale il legislatore non ha descritto una modalità di commissione del reato ma si è limitato a prendere atto “dell’unica modalità possibile”[3].
Sulla scorta di tale considerazione e sul conflitto ermeneutico registrato sull’applicabilità dell’art. 40 cpv c.p. alle fattispecie di reato a forma vincolata, la quale risulta ammessa in molteplici pronunce della Corte Suprema per delitti diversi da quello di epidemia colposa, il ricorrente ha richiesto la remissione della questione alle Sezioni Unite.
- Il Collegio ha avviato l’esposizione della motivazione nell’ordinanza con una
disamina degli indirizzi interpretativi di legittimità esistenti sull’argomento, evidenziando due sole sentenze della Corte di Cassazione che hanno risolto il dubbio ermeneutico in modo opposto rispetto alla tesi del ricorrente[4].
- Nella prima sentenza[5], sinteticamente riportata nella decisione, emerge che la Corte di
Cassazione ha escluso la configurabilità del delitto di epidemia colposa in forma omissiva sostenendo che l’art. 438 c.p. fosse un reato a forma vincolata, di talché ne è derivata l’inapplicabilità dell’art. 40 cpv c.p. Il caso in oggetto concerneva l’addebito contestato ad un soggetto che, in qualità di dirigente di una società dedita alla gestione dell’acquedotto di un comune, ha cagionato per colpa, la distribuzione di acque pericolose per consumo per uso potabile, determinando l’insorgere di un’epidemia nella popolazione locale. Il Supremo Collegio, intervenuto sulla vicenda, ha condotto un’attenta analisi degli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 438 c.p., evidenziando la differenza sussistente fra il concetto di epidemia nell’ambito medico- scientifico ed in quello del diritto penale, descrivendo quest’ultimo come più ristretto rispetto al primo.
La seconda pronuncia richiamata[6] dai giudici di legittimità, sempre elaborata dalla quarta sezione, si è occupata di un provvedimento cautelare avente ad oggetto il sequestro di una casa di riposo a seguito della diffusione del virus da Covid19 e ha stabilito l’incompatibilità fra il reato ex art. 438 c.p. e la tipicità in forma omissiva a causa della struttura del delitto, il quale richiede una condotta commissiva a forma vincolata.
- Nonostante l’assenza di qualsivoglia pronuncia di legittimità che avesse
esplicitamente accolto la tesi della compatibilità dell’art. 438 c.p. con la tipicità omissiva e, al contrario delle evidenze emerse dalle argomentazioni delle due precedenti sentenze, la quarta sezione, nell’ordinanza in commento, ha sostenuto la possibilità di realizzare il delitto di epidemia colposa anche in forma omissiva.
A sostegno di quest’interpretazione, i giudici di legittimità hanno annoverato in primis un argomento letterale: “il termine “diffondere” è espressione dal significato molto ampio che può ricomprendere le forme più diverse, non necessariamente implicanti un agire naturalistico positivo in quanto si può diffondere anche “lasciando che si diffonda”[7].
Un ulteriore elemento a favore della propria tesi è emerso da un’interpretazione adeguatrice dell’art. 438 c.p. che risulta necessaria al fine di evitare l’entropia della norma. Il legislatore del 1930, infatti, aveva introdotto la disposizione nel Codice Rocco per fronteggiare il pericolo legato alla diffusione di germi patogeni, ormai sempre più facilmente disponibili per i singoli individui e consentire una tutela più incisiva per l’incolumità pubblica attraverso la previsione della relativa sanzione. Al contrario, il nuovo scenario storico e sociale ha imposto una maggiore attenzione verso “la gestione del rischio sanitario che si correla a condotte inosservanti per lo più colpose”[8].
Secondo il Supremo Collegio, un’interpretazione più ampia della norma in questione non contrasta con la tipicità della disposizione, in quanto non si registra alcun mutamento nell’individuazione dell’evento penalmente rilevante. I giudici della quarta sezione sono pervenuti a tale conclusione ritenendo che la norma incriminatrice descrive in modo vincolante solo il mezzo con cui cagionare l’epidemia e non anche la condotta che la determina.
Dunque, come emerge dall’ordinanza, identificando l’art. 438 c.p. un reato a mezzo vincolato, non sussiste alcun ostacolo all’applicazione dell’art. 40 cpv c.p.
Peraltro, pur considerando il reato de quo a condotta vincolata, tale elemento non impedisce di per sé la configurabilità del delitto in forma omissiva poiché, come si evince da alcuni precedenti giurisprudenziali richiamati nella decisione[9], sussiste un granitico indirizzo ermeneutico che ha già ammesso la realizzazione in forma omissiva del reato di truffa qualificato come un reato a forma vincolata.
- La tematica analizzata nell’ordinanza in esame risulta di particolare rilievo in quanto
si riflette su alcune categorie generali dell’illecito penale e, per tale ragione, costituisce un importante punto di partenza per sviluppare ulteriori riflessioni sulle fattispecie di reato a forma vincolata. Considerando anche gli aspetti ai quali l’ordinanza ha dedicato maggiore attenzione nella disamina della questione oggetto di ricorso immediato, dalla stessa emergono due principali profili a cui dedicare un approfondimento: da un lato la possibilità di applicare l’art. 40 cpv c.p. ai reati a forma vincolata; dall’altro la corretta individuazione del perimetro dell’attività interpretativa.
- Con riferimento al primo aspetto, si rileva che la differenza fra reati a forma libera e
reati a forma vincolata deriva dalla scelta del legislatore di accordare solo ad alcuni beni giuridici una tutela piena e, al contrario, di delineare per altri una tutela esclusivamente frammentaria.
La differenziazione consegue al rilievo riconosciuto ai beni oggetto di tutela nelle fattispecie incriminatrici. Nel caso di beni di particolare importanza, il legislatore opta per la configurazione di ipotesi di reato a forma libera poiché tenta di assicurare agli stessi una protezione completa, incriminando qualsivoglia condotta idonea a lederli.
In queste tipologie di reati “tutto il disvalore di incentra sul rapporto di causalità tra condotta ed evento, nel senso che è punita ogni condotta causale rispetto all’evento, a prescindere dalle sue modalità di realizzazione. In questi casi è tipico tutto ciò che è causale”[10].
Al contrario, altri beni giuridici risultano destinatari di una salvaguardia solo nel caso di specifiche condotte criminose, delineate nella norma incriminatrice in quanto adeguate a determinarne una lesione o messa in pericolo dello stesso bene.
Il nesso di collegamento tra il connubio bene giuridico – tutela accordata dal legislatore e i reati a forma libera o vincolata è evidenziato anche dall’ordinanza in esame, a sostegno di un’interpretazione più ampia dell’art. 438 c.p., in cui si legge che “il legislatore costruisce le fattispecie incriminatrici come reati di evento a forma libera allorché intende apprestare una tutela particolarmente intensa al bene giuridico oggetto di protezione, proprio perché sanziona tutte le possibili modalità di aggressione al bene medesimo. Pertanto, considerato che il bene giuridico tutelato dalla norma in questione è la salute pubblica e l’incolumità collettiva, è ragionevole ritenere che il legislatore abbia voluto descrivere l’epidemia come reato causalmente orientato”[11].
Le difficoltà che si riscontrano nel distinguere le fattispecie di reati a forma vincolata da quelle a forma libera incidono su molteplici aspetti, fra cui quello dell’applicabilità dell’art. 40 cpv c.p. Il tema, centrale nella decisione in esame e rimesso all’attenzione delle Sezioni Unite, con riferimento alla specifica ipotesi del reato di epidemia colposa, ha già costituito argomento di un acceso dibattito giurisprudenziale e risulta oggetto di un rilevante contrasto ermeneutico, segnalato anche dalla stessa quarta sezione della Corte di Cassazione.
È nota la delimitazione del perimetro applicativo dell’articolo 40 cpv c.p., il quale non risulta compatibile con i delitti di mera condotta e, al contrario, risulta ammissibile per le fattispecie di reato concepite dal legislatore come reati con evento in senso naturalistico[12].
Rispetto alla possibilità di convertire in forma omissiva le fattispecie di reato a forma vincolata, si registra invece un importante indirizzo dottrinale e giurisprudenziale che si evolve in direzione contraria a quella assunta dall’ordinanza di rimessione.
Autorevole dottrina ritiene, infatti, che nei reati a forma vincolata, in cui la condotta illecita deve essere realizzata nei modi indicati dal legislatore, non è applicabile l’art. 40 cpv c.p. Secondo questi autori, non vi è “equivalenza tra il cagionare e il non impedire un evento richiesto dall’art. 40, comma 2, c.p.”[13].
I contrasti emersi sul punto e la complessità relativa all’individuazione di una chiara interpretazione ed applicazione dell’art. 40 cpv c.p. sono tematiche sottese all’ordinanza di rimessione della quarta sezione e sui quali le Sezioni Unite potrebbero intervenire, determinando importanti conseguenze sui termini del dibattito ermeneutico incentrato sull’art. 40 cpv c.p. e sulla sua applicabilità ai reati a forma vincolata.
- In merito all’attività interpretativa, la stessa ordinanza riporta un passaggio di una
sentenza della Corte di Cassazione SS.UU. civili che ne ha delimitato il perimetro: “l’attività interpretativa giudiziale è segnata, anzitutto, dal limite di tolleranza ed elasticità dell’enunciato, ossia del significante testuale della disposizione che ha posto, previamente, il legislatore e dai cui plurimi significati possibili (e non oltre) muove necessariamente la dinamica dell’inveramento della norma nella concretezza dell’ordinamento ad opera della giurisprudenza stessa”[14].
Nel caso di specie l’ampiezza del potere interpretativo assume un ruolo fondamentale al fine di comprendere se la forma omissiva del reato di epidemia colposa sia ammissibile o, al contrario, configuri una violazione dei principi di tassatività, determinatezza e precisione, contrastando il tenore letterale della disposizione ex art. 438 c.p. e la funzione di selezione degli illeciti propria delle norme penali. Anche su questo aspetto potrebbe incidere, se pur indirettamente, la futura decisione della Corte di Cassazione.
[1] Cfr. sent. in commento, Cass. IV Sez., n. 42614 del 19 settembre 2024 (dep. 21 novembre 2024) p. 7.
[2] Cfr. sent. in commento, Cass. IV Sez., n. 42614 del 19 settembre 2024 (dep. 21 novembre 2024) p. 2.
[3] Cfr. sent. in commento, Cass. IV Sez., n. 42614 del 19 settembre 2024 (dep. 21 novembre 2024) p. 2.
[4]cfr. sent. Cass. IV Sez., n. 9133 del 12 dicembre 2017 (dep. 28 febbraio 2018) e sent. Cass. IV Sez., n. 20416 del 4 marzo 2021 (dep. 24 maggio 2021).
[5]sent. Cass. IV Sez., n. 9133 del 12 dicembre 2017 (dep. 28 febbraio 2018).
[6]sent. Cass. IV Sez., n. 20416 del 4 marzo 2021 (dep. 24 maggio 2021).
[7] Cfr. sent. in commento, Cass. IV Sez., n. 42614 del 19 settembre 2024 (dep. 21 novembre 2024) p. 5.
[8] Cfr. sent. in commento, Cass. IV Sez., n. 42614 del 19 settembre 2024 (dep. 21 novembre 2024) p. 5.
[9]cfr. sent. Cass. II Sez. II, n. 24487 del 18 aprile 2023 (dep. 07 giugno 2023), sent. Cass. VI Sez. n. 13411 del 5 marzo 2019 (dep. 27 marzo 2019), sent. Cass. II Sez., n. 46209 del 3 ottobre 2023 (dep. 16 novembre 2023).
[10] M. Fratini, Manuale sistematico di diritto penale, edizione 2024-2025, Galatina (LE), Neldiritto Editore, 2024, p.p. 343 e 344.
[11] Cfr. sent. in commento, Cass. IV Sez., n. 42614 del 19 settembre 2024 (dep. 21 novembre 2024) p. 5 e 6.
[12] M. Fratini, Manuale sistematico di diritto penale, edizione 2024-2025, Galatina (LE), Neldiritto Editore, 2024, p.p. 364 e seguenti.
[13] M. Fratini, Manuale sistematico di diritto penale, edizione 2024-2025, Galatina (LE), Neldiritto Editore, 2024, p. 365.
[14]Cass. civ. sez. un., n. 38596 del 23 novembre 2021 (dep. 06 dicembre 2021).