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Il punto sulla sospensione della prescrizione nella legislazione di emergenza

Sommario:1. Premessa 2. La sospensione “causa covid” della prescrizione e il“salvataggio” operato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 278 del 18 novembre 2020. 3. La sospensione della prescrizione nei procedimenti dinanzi la Corte di Cassazione ela soluzione delle Sezioni Unite: la sentenza n. 5292 del 26 novembre 2020. 4.Il rinvio dell’udienza per impedimento causa covid del teste, del  consulente  tecnico,  del perito o dell’imputato in procedimento connesso.

 

ABSTRACT

Scopo del presente lavoro è quello di proporre, in sintesi, il quadro completo della normativa di riferimento allo stato attuale (1).

Dell’art. 83 comma 4 del D.L. n. 18/2020, norma principale della novella, si evidenzieranno i profili che hanno determinato dubbi di legittimità costituzionale, per come gli stessi sono stati enucleati dalle ordinanze di remissione alla Corte costituzionale; ricordando, peraltro, come la Consulta,con la sentenza 278 del 18 novembre 2020, li abbia ritenuti non fondati.

Verrà altresì esaminato il quadro normativo relativo alla specifica ipotesi di sospensione della prescrizione nei procedimenti pendenti in Cassazione,introdotta dal comma 3 bis dell’art. 83 D.L. n. 18/2020, conv. in L. 27/2020, alla luce delle indicazioni interpretative fornite dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 5292 del 26 novembre 2020, con la quale si è chiarita la necessaria sussistenza, ai fini della applicabilità della sospensione, dei due requisiti della pendenza e della pervenienza del procedimento.

In ultimo si accennerà all’art. 23 ter, comma 1, D.L. 137/2020, con il quale è stata disposta la sospensione della prescrizione in caso di rinvio per impedimento del teste, del  consulente  tecnico,  del perito o dell’imputato in procedimento connesso.

 

  1. Premessa

Come noto, rilevanti novità sono state introdotte in tema di prescrizione durante il periodo di emergenza sanitaria. Ci si riferisce,in particolare, all’art. 83 del D.L. n. 18/2020, conv. in L. 27/2020 (il c.d. “Cura Italia”), e all’art. 23 ter, D.L. 137/2020 conv. in L. 176/2020 (il c.d.“Ristori”).

Le ragioni legate alla necessità di arginare la diffusione del contagio secondo le indicazioni della comunità scientifica e, cioè, riducendo drasticamente le occasioni di assembramento- e quindi anche il numero di processi penali – hanno portato il legislatore ad un bilanciamento a seguito del quale il diritto alla salute (art. 32 Cost.), legato al più ampio interesse della collettività, ha certamente prevalso anche sul diritto dell’imputato alla ragionevole durata del processo, sancito dall’art. 111 della Costituzione.[1]

 

  1. La sospensione della prescrizione causa “COVID” e il “salvataggio” operato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 278 del 18 novembre 2020[2].

L’art. 83 del D.L. 18/2020 al comma 4, come noto, ha previsto la sospensione del corso della prescrizione in tutti i procedimenti penali per i quali è sospeso, secondo il comma 2 dello stesso articolo, il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto (con l’esclusione di un novero limitato di casi elencati nel successivo comma), dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020. Tale termine è stato poi prorogato, dal D.L. n. 23 del 2020, sino al giorno 11 maggio 2020. Ai commi 7 e 9, inoltre, l’art. 83 ha poi stabilito la possibilità, per i capi degli uffici giudiziari,di disporre il differimento della trattazione dei processi a data successiva al 30 giugno 2020, con l’ulteriore sospensione del corso della prescrizione, comunque non oltre il 30 giugno 2020, per i reati di cui ai processi interessati da tale differimento,.

I dubbi di costituzionalità di tali “nuove ipotesi” di sospensione della prescrizione, in riferimento alla applicabilità ai fatti commessi prima della sua entrata in vigore, hanno rapidamente determinato l’intervento della Corte costituzionale che, con la sentenza n. 278 del 18 novembre 2020[3], ha tuttavia ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate, nello specifico, dai Tribunali di SienaSpoleto e Roma[4].

In particolare, ha ritenuto insussistenti i profili di illegittimità sollevati in relazione all’art. 83 comma 4, D.L. n. 18/2020, nella parte in cui lo stabilito periodo di sospensione della prescrizione debba applicarsi anche ai fatti di reato commessi anteriormente alla sua entrata in vigore.

Pur ribadendo la natura sostanziale delle norme in materia di prescrizione, la Corte- come eloquentemente subito sintetizzato nel comunicato stampa diffuso il 23.12.2021 – ha affermato che “la sospensione della prescrizione disposta dai decreti legge n. 18 e n. 23 del 2020, emanati per contrastare l’emergenza COVID-19, non è costituzionalmente illegittima in quanto è ancorata alla sospensione dei processi dal 9 marzo all’11 maggio 2020, prevista per fronteggiare l’emergenza sanitaria. La cosiddetta “sospensione COVID” rientra infatti nella causa generale di sospensione della prescrizione stabilita dall’articolo 159 del Codice penale”.[5]

Secondo la Consulta il principio di legalità, a differenza di quanto sostenuto nelle ordinanze di rimessione, non risulta violato dalla novella, essendo sufficientemente garantito da fatto che l’imputato abbia comunque “previa consapevolezza della disciplina concernente la dimensione temporale in cui sarà possibile l’accertamento del processo, con carattere di definitività, della sua responsabilità penale (ossia la durata del tempo di prescrizione), anche se ciò non comporta la precisa determinazione del dies ad quem in cui maturerà la prescrizione[6]

Si afferma, in particolare, che l’obbligo di irretroattività della norma sostanziale sfavorevole è garantito dalla esistenza del solo art. 159 c.p.

La norma richiamata, tuttavia, cui viene ancorato il rispetto del principio di legalità, è una di quelle che potremmo definire come “norma penale in bianco” in quanto, di per sé, nulla dispone,limitandosi ad affermare che il corso della prescrizione rimane sospeso “in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale […] è imposta da una particolare disposizione di legge”.

La soluzione adottata dalla Corte Costituzionale, quindi, lascia molti dubbi, anche al confronto con precedenti pronunce mediante le quali si era chiaramente affermato come nell’ordinamento giuridico nazionale il regime legale della prescrizione è soggetto al principio di legalità in materia penale, espresso dall’art. 25, secondo comma, Cost.[7]; e che, “è perciò necessario che esso sia analiticamente descritto, al pari del reato e della pena, da una norma che vige al tempo di commissione del fatto”[8].

La conseguenza non eludibile delle pronunce richiamata è che, per esplicare la propria efficacia sospensiva della prescrizione, la norma cui l’art. 159 c.p. rinvia dovrebbe restare necessariamente soggetta ai limiti stabiliti dagli articoli 2 e 25 della Costituzione, cioè al principio di legalità, cui del resto la stessa sentenza della Consulta fa riferimento: la norma di rinvio, quindi, dovrebbe essere già vigente al momento della commissione del fatto e, quindi, precedere il fatto – reato al quale applicare la sospensione.

Come ha infatti osservato il Tribunale di Spoleto nell’ordinanza del 27 maggio 2020 di rimessione della questione alla Consulta, “in mancanza  di  una  preesistente   normativa   che   le regolamentasse, a differenza di  quelle  disciplinate  dall’art.  159 c.p. la nuova ipotesi di  sospensione  dei  procedimenti  ovvero  dei termini per il compimento di atti  processuali, non  era  prevedibile neppure in astratto; sicché’, non avendo  potuto  l’imputato  tenerne conto –  valutazione  che  sarebbe  stata  potenzialmente  utile  per orientare al meglio la difesa tecnica e l’autodifesa –  ora  non  si può pretendere che essa si ripercuota negativamente sulla  posizione del  soggetto  accusato,  facendo  corrispondere  ad  essa  anche  la sospensione del corso della prescrizione.”[9] A contenere il potere “congelante” dell’art. 83, peraltro, era già intervenuta la quinta sezione della Suprema Corte di Cassazione che, con sentenza del 17 settembre 2020, la n. 26215, ha (almeno) specificato che un procedimento fissato durante la “prima fase” di sospensione della prescrizione previsto dall’art. 83 (9 marzo- 11 maggio 2020) e rinviato a data successiva al 30 giugno, termine della “seconda fase” (quella intercorrente dal 12 maggio al 30 giugno 2020), in cui la possibilità di rinvio è affidata alla discrezione ai capi degli uffici giudiziari,“non può beneficiare, in aggiunta ai 64 giorni, anche della ulteriore sospensione collegata al secondo periodo”.Di tale decisione, più che mai logica, sorprende tuttavia l’utilizzo del termine “beneficiare”, evidentemente inappropriato in relazione agli effetti della sospensione: ritenere che un procedimento penale “tragga beneficio” dalla sospensione della prescrizione, lascia invero trasparire una forma mentis ben precisa, preoccupata più dalla necessità di definizione nel merito del processo che della sua ragionevole durata.[10] 3.     La sospensione della prescrizione nei procedimenti dinanzi la Corte di Cassazione alla luce della soluzione interpretativa offerta della sentenza delle Sezioni Unite n. 5292 del 26 novembre 2020[11].

Ulteriore ipotesi di sospensione della prescrizione per i procedimenti dinanzi la Corte di Cassazione (“ulteriore” in quanto anche ai procedimenti dinanzi la Suprema Corte è applicabile l’art. 83 comma 4 come già sopra riportato) è stata poi introdotta dal legislatore in sede di conversione del D.L. 18/20 (con L. 27/2020), con l’art. 83 comma 3 bis.

La norma prevede che “Nei procedimenti pendenti dinanzi alla Corte di cassazione e pervenuti alla cancelleria della Corte nel periodo dal 9  marzo  al  30  giugno 2020 il decorso del termine di prescrizione è sospeso sino alla data dell’udienza fissata per la trattazione e, in ogni caso, non oltre il 31 dicembre 2020”.

Tale norma è stata introdotta in quanto, in sede di conversione del decreto legge, è stata ritenuta necessaria la previsione di una sospensione della prescrizione non solo per i procedimenti con udienza fissata nell’arco temporale 9 marzo – 30 giugno(e, quindi, già prevista dall’art. 83 c. 4), ma anche per quelli pervenuti presso la Corte in quello stesso arco temporale.

Sul punto, invero, la formulazione letterale della norma, che fa riferimento ai procedimenti “pendenti dinanzi alla Corte di Cassazione e pervenuti alla cancelleria della Corte” nell’arco temporale indicato, non aveva riscontrato problemi interpretativi sul significato della congiunzione in riferimento ai due requisiti “pendenti” e “pervenuti” (nel senso, quindi, della necessaria compresenza di entrambi)[12].

Pur in assenza di qualsivoglia contrasto ermeneutico, tuttavia, la Prima Sezione della Corte di Cassazione, prospettando una interpretazione diversa da quella fino al momento applicata dalla altre sezioni e ritenendo che la prescrizione dovesse essere applicata a tutti i procedimenti, anche solo pendenti nel periodo individuato dalla norma (e, quindi, anche se pervenuti in arco temporale diverso),aveva rimesso alle S.U. il seguente quesito: “se la sospensione della prescrizione di cui all’art. 83, comma 3-bis, D.L. n. 18 del 2020, conv. in L. n. 27 del 2020, operi con riferimento ai soli procedimenti che, tra quelli pendenti dinanzi alla Corte di cassazione, siano pervenuti alla cancelleria della stessa nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020, ovvero, invece, con riferimento a tutti i procedimenti comunque pendenti in detto periodo, anche se non pervenuti alla cancelleria tra le date suddette”[13].

All’udienza del 26 novembre 2020, successiva quindi alla decisione della Consulta sulle questioni sollevate in relazione al comma 4 dell’art. 83, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5292, hanno adottato la seguente soluzione:

La sospensione della prescrizione di cui all’art. 83, comma 3-bis, d.l. n. 18 del 2020, conv. in L. n. 27 del 2020, opera con riferimento ai procedimenti pendenti dinanzi alla Corte di Cassazione che siano pervenuti alla cancelleria della stessa nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020.”

Con tale sentenza, quindi, si è chiarito che i due requisiti della pendenza e pervenienza indicati dalla norma,  come già fatto da precedenti sentenze, vanno “cumulati”, anche al fine di dar significato effettivo al requisito della pervenienza tra il 9 e 30 giugno (altrimenti pleonastico)[14]; e si è altresì specificato che il requisito (aggiunto) della pendenza, inserito da una norma successiva all’inizio del decorso del termine indicato nella stessa norma (9 marzo 2020), si è reso necessario per limitare la sospensione della prescrizione ai procedimenti ancora pendenti alla data di entrata in vigore della norma stessa (30 aprile 2020).

Nella stessa sentenza, inoltre, la Suprema Corte ha aggiunto una importante precisazione: poiché una causa di sospensione non può decorrere da una data antecedente alla legge che la prevede, la sospensione della prescrizione introdotta dal comma 3 bis dell’art. 83 si applica (solo) a far data dal 30 aprile, giorno di entrata in vigore della norma, con riferimento ai procedimenti pervenuti prima di quella data, mentre per gli altri si verifica dal momento in cui sono giunti alla cancelleria della Corte[15].

A differenza di quanto previsto nel comma 4 dello stesso articolo 83, tuttavia, per il quale la prescrizione nei procedimenti di cui al comma 2 art. 2 resta sospesa sino al 30 giugno, l’art. 83 c. 3 bis prevede che nei procedimenti pervenuti presso la Corte di Cassazione dal 9 marzo al 30 giugno e ancora pendenti, la prescrizione è sospesa sino alla data di udienza anche se non oltre il 31 dicembre.

Orbene, tale eccessivo prolungamento del periodo di sospensione della prescrizione (sino alla data di udienza anche se non oltre il 31 dicembre) appare, a parere di chi scrive, non sorretto da idonee giustificazioni e passibile di illegittimità costituzionale laddove (dal 30 giugno in poi) non risulta più in alcun modo ancorato alla sospensione dei processi prevista (ex art. 83 c. 2) per far fronte “all’emergenza sanitaria” che proprio la Corte Costituzionale ha posto alla base per la ritenuta legittimità del comma 4. D’altro canto, le stesse Sezioni Unite hanno sottolineato come la ratio della disciplina emergenziale sia quella di “limitare la moratoria della causa estintiva del reato al tempo in cui il procedimento ha subito una effettiva stasi a causa delle misure adottate per arginare la diffusione dell’epidemia”[16].Non sembra pertanto così assurdo ipotizzare possibili questioni di legittimità costituzionale in merito al periodo di sospensione relativo all’arco temporale dal 30 giugno al 31 dicembre del 2020.

4.     La sospensione in caso di rinvio per impedimento del teste, del consulente  tecnico,  del perito o dell’imputato in procedimento connesso.

Si dica, in ultimo, del singolare disposto dell’art. 23 ter, comma 1, D.L. 137/2020 conv. in L. 176/2020, norma che ha stabilito che per tutta la durata dello stato di emergenza i giudizi penali ed il corso della prescrizione sono sospesi durante il  tempo  in  cui  l’udienza  e’rinviata per l’assenza del testimone,  del  consulente  tecnico,  del perito o dell’imputato in procedimento connesso i quali  siano  stati citati a comparire per esigenze di acquisizione della  prova,  quando l’assenza è giustificata  dalle  restrizioni  ai  movimenti  imposte dall’obbligo  di  quarantena  o  dalla  sottoposizione  a  isolamento fiduciario  in  conseguenza  delle  misure  urgenti  in  materia   di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 sul territorio  nazionale  previste  dalla  legge  o  dalle  disposizioni attuative dettate  con  decreti  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri o del Ministro della salute.”

Tale previsione non sembra trovare appigli di legittimazione nell’ordinamento, prevedendo la possibilità di sospensione del corso della prescrizione in caso di rinvio per cause non riconducibili in alcun modo né all’interesse pubblico né a quello dell’imputato (così come i rinvii su conforme richiesta delle parti o per impedimento dell’imputato o del suo difensore).

L’Ufficio del massimario della Suprema Corte, nella Relazione su novità normativa 1/21 del 7 gennaio 2021 che ha riguardato la norma in parola, dopo avere ricordato come la giurisprudenza di legittimità sia “concorde nell’affermare che il rinvio del dibattimento, riferibile ad esigenze di acquisizione della prova, non determina la sospensione del corso della prescrizione (Sez. 3, n. 26429 del 01/03/2016, Bella., Rv. 267101)”[17], e pur riconoscendo l’esistenza di dubbi di legittimità con riguardo alla violazione dell’art. 3 Cost. “lì dove un fatto astrattamente riconducibile ad una medesima categoria concettuale- l’impossibilità di comparire per compiere un atto istruttorio- viene disciplinato in maniera diversa”[18], conclude però per la ragionevolezza della disposizione:“La scelta di collegare la sospensione della prescrizione all’impedimento allo spostamento derivante dal rispetto della quarantena, infatti– si afferma nella Relazione- risponde chiaramente ad un’esigenza dettata da ragioni di tutela della salute pubblica, che ha i caratteri dell’eccezionalità e della limitazione della durata nel tempo, elementi che giustificano una previsione derogatoria rispetto alla ordinaria disciplina degli effetti collegati all’impedimento a comparire in giudizio.[19]Unica limitazione imposta da una interpretazione della norma costituzionalmente orientata, secondo la Corte, è che l’impedimento di uno dei soggetti indicati “sia l’unica ragione che ha determinato il rinvio del procedimento.”[20]

Il contenuto della Relazione citata non sembra, a parere di chi scrive, del tutto convincente. A parte la conclusione lapalissiana (è del tutto ovvio che l’impedimento deve essere la ragione del rinvio), rimangono ancora una volta dubbi in merito alla compressione del diritto dell’imputato alla ragionevole durata del processo, sancito dall’art. 27 Cost. che ancora una volta soccombe a fronte dell’interesse dello Stato alla persecuzione penale.

Si resta in attesa di valutare i risvolti applicativi della norma, apparendo tuttavia probabile- una volta di più- che l’imputato pagherà alla pandemia un prezzo doppio.

[1] Cfr. Dossier documentazione esame parlamentare “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 D.L. 19/2020 / A.C. 2447-A”, pag. 20.

[2]Sent. Corte cost. n. 278 del 18.11.2020 depositata il 23.12.2020

[3].Ibidem.

[4]Vedi:Tribunale di Spoleto, ord. 117/2020; Trib. Siena, ord. 113/2020; Trib. Roma, ord. 132/2020.

[5] Ufficio Stampa della Corte costituzionale, Comunicato del 23 dicembre 2020.

[6] Corte cost. sent. 278/2020, parte in diritto, punto 9, 4° par.

[7]Si vedano, per esempio,ord. n. 24 del 26 gennaio 2017 e sent. n 143 dell’08.04.2014.

[8] Corte cost. ord. 24/2017, parte in fatto e in diritto, punto 4, 2° par.

[9] Tribunale ordinario di Spoleto ordinanza n. 117 del 27.05.2020, pag. 5

[10] Cass. V, n. 26215 del13.07.2020, dep. 17.09.2020.

[11]Cass. Sez. Un. N. 5292 del 26.11.2020, dep. 10.02.2021.

[12] In tal senso, Cass. V, n. 25222/2020,  Cass. III 25508/2020, Cass. 2615/2020 e Cass. 26217/2020..

[13]Cass. Sez. Un. 5292/2021.

[14]Specifica la Corte: “6.1 Con riguardo al primo profilo è anzitutto da escludersi che il testo della norma si presti a letture diverse da quella fatta propria dalla giurisprudenza citata. Come correttamente osservato nella sentenza Lungaro e nelle altre che ne hanno seguito la scia, la sua formulazione è inequivocabile nel cumulare il requisito della pendenza del procedimento a quello dell’essere lo stesso pervenuto alla cancelleria della Corte tra il 9 marzo ed il 30 giugno 2020, posto che i sintagmi che li esprimono solo collegati dalla congiunzione “e” in evidente funzione copulativa, come agevolmente si desume dal fatto che, altrimenti, il secondo attributo, secondo la forma sintattica dispiegata dal legislatore, risulterebbe sostanzialmente privo di un soggetto. Se ne conclude che il termine “pervenuti” non identifica una diversa classe di procedimenti, autonoma rispetto a quella dei “pendenti”, ma concorre con tale ultimo aggettivo alla selezione dei procedimenti assoggettati alla speciale disciplina del comma 3-bis dell’art. 83. Né risulta decisiva in senso contrario l’obiezione sollevata nel provvedimento di remissione e nella memoria del Procuratore Generale per cui, aderendo pedissequamente al dato testuale, dovrebbe concludersi che lo stesso si risolverebbe in una inutile endiadi, essendo ovvio che i procedimenti pervenuti sono solo per questo anche pendenti. Ed infatti, seguendo tale logica, anche aderendo all’alternativa interpretazione proposta il testo normativo si rivelerebbe allo stesso modo ridondante, posto che, altrettanto ovviamente, il riferimento ai procedimenti pendenti sarebbe stato parimenti esaustivo, comprendendo anche quelli pervenuti nell’intervallo temporale perimetrato dalla disposizione e la cui previsione, per la sua specificità (soprattutto avuto riguardo alla definizione della data iniziale dell’intervallo), è invece ben più complicato imputare ad una mera svista od enfasi del legislatore. A conferma di tali conclusioni, depone poi proprio il fatto che il legislatore ha limitato la sospensione della prescrizione ai soli procedimenti sopravvenuti esclusivamente nel periodo in cui non sarebbe stato in ogni caso possibile trattarli in forza delle disposizioni contenute nei commi 1, 2, 6 e 7 dell’art. 83, evidenziando in tal modo la precisa intenzione di rimanere fedele agli stessi criteri che fin dall’inizio, come si è illustrato, hanno informato gli interventi finalizzati ad arginare l’emergenza pandemica. Ulteriore argomento che conforta la soluzione qui condivisa può essere poi tratto dal confronto con la disposizione contenuta nel primo periodo dello stesso comma 3-bis, la quale utilizza il solo aggettivo «pendenti» per qualificare i 14 Corte di Cassazione – copia non ufficiale procedimenti in carico alla Corte di Cassazione cui si applica, rivelando la piena consapevolezza del carattere esaustivo del termine in questione da parte del legislatore ed ancor più avvalorando la ricostruzione del significato che si è attribuito alla lettera del secondo periodo dello stesso comma. Se, dunque, la formulazione del comma 3 -bis dovesse per forza ritenersi pleonastica, non è dubbio che, alla luce della già chiarita costruzione sintattica della frase normativa, la lettura che ne ha fornito finora la giurisprudenza di legittimità deve ritenersi corretta, mentre quella alternativa proposta dal provvedimento di remissione si traduce in una forzatura del dato testuale e in un sostanziale tradimento della volontà del legislatore. 6.2 In realtà il testo della norma non deve necessariamente essere considerato frutto di una superfetazione. Come già ricordato, il comma 3 -bis è stato introdotto dalla legge di conversione del d.l. n. 18, entrata in vigore il 30 aprile 2020 e, dunque, quando era trascorsa già quasi la metà dell’intervallo temporale che individua i procedimenti a cui si applica la disposizione. Come suggerito dalle sentenze Aloi e G., la precisazione che quelli pervenuti alla Corte di Cassazione tra il 9 marzo ed il 30 giugno 2020 debbano essere anche pendenti si spiega, quindi, con l’intenzione del legislatore di limitare la sospensione del decorso della prescrizione a quelli ancora effettivamente gravanti sul ruolo del giudice di legittimità e non anche a quelli che, seppure pervenuti dopo l’inizio del menzionato intervallo temporale, siano stati già trattati al momento dell’entrata in vigore della legge, rientrando nelle categorie di cui al terzo comma dell’art. 83, e la cui decisione abbia comportato il rinvio per qualunque ragione al merito. 6.3 Le conclusioni raggiunte attraverso l’interpretazione letterale trovano peraltro conferma sul piano sistematico”, Ibidem.

[15] Al riguardo si legge nella sentenza delle Sezioni Unite:“In proposito è poi opportuna una precisazione imposta proprio dalla genesi della disposizione in esame. Non è dubbio che la sospensione della prescrizione da essa configurata riguarda esclusivamente i reati oggetto dei procedimenti pervenuti alla Corte a partire dal 9 marzo e fino al 30 giugno 2020. Il momento in cui il corso della prescrizione rimane sospeso dipende però da quello in cui è entrata in vigore la I. n. 27 del 2020, poiché una causa di sospensione non può decorrere da una data antecedente alla legge che la prevede. Conseguentemente l’effetto sospensivo si produce a partire dal 30 aprile 2020 con riferimento ai procedimenti pervenuti prima di questa data, mentre per gli altri si verifica dal momento in cui sono giunti alla cancelleria della Corte e cioè da quello in cui effettivamente vengono ad identificarsi con il tipo di procedimento individuato dalla norma. A maggior ragione, naturalmente, va escluso che la sospensione di cui si tratta trovi applicazione quando il termine di prescrizione risulti  essersi già definitivamente compiuto al momento in cui procedimento perviene al giudice di legittimità”.

[16]Ibidem.

[17] Corte di cassazione- Ufficio del massimario e del ruolo- Relazione su novità normativa 1/21 del 7 gennaio 2021- pag. 11

[18]Ibidem

[19] Ibidem

[20] Ibidem– pag. 12.

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