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IL RUOLO DELL’OFFESA NELLE FATTISPECIE INCRIMINATRICI E IL DIRITTO VIVENTE

Sommario: 1. Introduzione. La smentita sistematica della concezione realistica. – 2. I reati di pericolo concreto. – 3. I reati di pericolo astratto. – 4. I reati di pericolo presunto. – 5. Le fattispecie incriminatrici del mero comportamento. – 6. Tra pericolo concreto e pericolo astratto. – 7. Il limite alla punibilità dell’assenza di ogni (ragionevole) possibilità di produzione del danno. – 8. Nuove tecniche di tutela e loro critica. – 9. La legittimità dei beni giuridici funzionali. – 10. Conclusioni.

ABSTRACT

Il saggio propone un esame analitico dei modelli di costruzione delle previsioni incriminatrici per verificare il ruolo effettivamente svolto dal principio di offensività alla luce della giurisprudenza ordinaria e della giurisprudenza costituzionale.

The essay proposes an analytical examination of the models of construction of incriminating provisions, in the light of ordinary jurisprudence and constitutional jurisprudence, to verify the role actually played by the principle of offensiveness.

1. Introduzione. La smentita sistematica della tradizionale concezione realistica.

Quale contributo alla critica[1]della c.d. concezione realistica secondo cui l’offesa (o la concreta messa in pericolo) al bene giuridico protetto, anche detta evento giuridico, costituisce un elemento del fatto tipico, propongo l’analisi di una ricca serie di fattispecie incriminatrici diffusesi particolarmente negli ultimi decenni che la smentiscono nella pratica legislativa e giurisprudenziale, con il conforto della giurisprudenza costituzionale [2].

D’altra parte, è necessaria una complessiva, sintetica e aggiornata ricostruzione dei modelli di incriminazione per fare emergere le varie modalità con cui il principio di offensività effettivamente si afferma, con l’obiettivo di porre le basi della collocazione dogmatica degli istituti che ne esprimono il rilievo quando non soddisfatto nel fatto tipico.

In effetti, per smentire la formulazione tradizionale della concezione realistica basterebbe il riferimento alle figure dei reati di pericolo astratto e presunto, la cui legittimità di per sé è pienamente riconosciuta, che per definizione non richiedono l’offesa e nemmeno la concreta messa in pericolo del bene giuridico [3], privi come sono dell’evento naturalistico che le possa esprimere [4] e per la cui integrazione certo non può pretendersi la verificazione dell’evento offensivo, che li snaturerebbe.

Ma per la costruzione di una teoria che dia una adeguata collocazione dogmatica all’offesa e/o alla assenza di offesa nella teoria del reato, a cui è dedicato uno specifico saggio, concepito contestualmente al presente [5], è necessario avere una visione d’insieme di siffatte e consimili figure da cui emerga il ruolo attualmente attribuito all’offesa o messa in pericolo del bene giuridico nelle fattispecie incriminatrici e nel riconoscimento della loro concreta integrazione.

2. I reati di pericolo concreto.

A smentire la tesi dell’offesa quale elemento autonomo di fattispecie in verità, in primo luogo, è la stessa categoria dei reati di c.d. pericolo concreto, in cui deve sussistere l’effettivo, reale pericolo dell’offesa, che il giudice deve accertare secondo il criterio della prognosi postuma [6]. Pericolo concreto che può costituire un elemento costitutivo [7]– normalmente evento, ma anche presupposto della condotta o elemento qualificante la condotta – o una condizione obiettiva di punibilità.

Detti reati se per un verso costituiscono la realizzazione del principio di offensività, in particolare nelle ipotesi in cui la necessità del pericolo concreto viene evinta in via interpretativa, per l’altro, sono la più evidente conferma che l’attuazione del principio non si sostanzia nella necessaria presenza dell’offesa, che riguarda solo alcune fattispecie incriminatrici.

Il dato più significativo dell’attuazione del principio di offensività in questo contesto è il rilievo che assume nella interpretazione della fattispecie incriminatrice, attività che però non va (e, a fronte del tenore letterale della previsione, non può andare) oltre la pretesa di un evento di pericolo concreto, e non dunque di danno, quale elemento implicito di fattispecie [8].

Così è nel caso, di particolare rilievo, dell’istigazione a delinquere(art. 414 c.p.), riguardo a cui la Corte costituzionale n. 108/1974 richiede la attitudine della istigazione a causare un pericolo concreto per il bene giuridico [9]; deve essere, dunque, concretamente idonea, sulla base di un giudizio ex ante, a provocare un delitto agendo sulla psiche dei destinatari, ovvero un comportamento lesivo di beni di rilevanza costituzionale, in linea con l’ispirazione di fondo dell’ordinamento liberal-democratico [10].

Un evento di pericolo concreto [11] è richiesto anche nella falsa testimonianza (art. 372 c.p.), che tutela la corretta formazione delle decisioni giudiziali, dunque non rilevano le dichiarazione aventi ad oggetto circostanze ininfluenti a tal fine [12]; nonché, nel favoreggiamento personale (art. 378 c.p.) e reale(art. 379 c.p.), reati contro l’attività giudiziaria, in cui l’aiuto deve concretamente migliorare la posizione dell’aiutato ancorché non consegua l’obiettivo prefissato (evento di pericolo concreto) [13].

Richiede un pericolo concreto anche la somministrazione di medicinali in specie qualità o quantità non corrispondenti alle ordinazioni mediche (art. 445 c.p.), reato contro la salute pubblica, riguardo a cui è irrilevante la diversa qualità del farmaco non incidente sull’efficacia terapeutica indicata [14].

Di recente le Sezioni Unite 13.7.2023, n. 49686, considerano reato di pericolo concreto a tutela delle risorse destinate all’erogazione del c.d. reddito di cittadinanza e al perseguimento del fine pubblico ad esso sotteso, la fattispecie prevista nell’art. 7, co. 1, d.l. n. 4/2019, che punisce con la reclusione da due a sei anni chi, al fine di ottenere indebitamente il reddito di cittadinanza, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere ovvero omette informazioni dovute. L’argomento letterale utilizzato, in un contesto di valorizzazione del principio di offensività, è la previsione del dolo specifico costituito dal fine di ottenere indebitamente il reddito di cittadinanza, laddove l’avverbio qualifica la condotta come volta ad ottenere qualcosa di non dovuto e, quindi, richiede che dichiarazioni e documenti non veritieri possano concretamente conseguire il risultato, che, peraltro, non è necessario si verifichi [15].

È pacificamente considerata un reato di pericolo concreto per renderla compatibile con il principio della libera manifestazione del pensiero dell’art. 21 Cost. – come confermano di recente le Sezioni Unite 18.1.2024, n. 16153 [16] – la fattispecie prevista dall’art. 5 l. n. 645/1952, che sanziona chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali al disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste [17]. La legittimità costituzionale della previsione è collegata alla pretesa che le condotte concernano manifestazioni che per circostanze di tempo e di luogo, nonché per caratteristiche obiettive, siano «idonee a far sorgere il pericolo di ricostituzione del partito fascista» [18], la cui presenza lede le stesse basi dell’ordinamento costituzionale [19], trovando il bando del detto partito diretto fondamento nelle previsioni della Carta costituzionale e, specificamente, nella XII disp. trans. fin., che ne vieta la «riorganizzazione, sotto qualsiasi forma» [20].

Infine, va evidenziata una peculiare ipotesi di pericolo concreto nella pubblica istigazione all’odio frale classi sociali (art. 415 c.p.), in cui rileva esclusivamente la condotta concretamente pericolosa per la pubblica tranquillità [21], altrimenti trattandosi di libera manifestazione del pensiero. Tuttavia, in questo e consimili casi, si tratta di c.d. pericolo indiretto poiché la pubblica tranquillità o sicurezza sono concetti che rappresentano a loro volta una situazione pericolosa per i beni dei cittadini, in altre parole, si sanziona la realizzazione del concreto pericolo si verifichi una situazione pericolosa [22]. Siffatta anticipazione della tutela può giustificarsi solo quando siano in gioco vita e incolumità fisica di numerose persone – in presenza di nozioni stringenti sia del pericolo per la sicurezza che del suo venir meno, potendosi così comunque affermare che degradano verso i reati di pericolo astratto, altrimenti entrandosi nel campo della sanzione penale del mero comportamento [23].

3. I reati di pericolo astratto.

Ancor più significativa la smentita sistematicadella considerazionedell’offesa quale elemento di fattispeciecostituita dalla legittimazione costituzionale della presenzanel nostro ordinamentodei reati di pericolo astratto, con cui il legislatore – sulla base di comuni regole di esperienza [24]– incrimina condotte normalmente e tipicamente pericolose per beni giuridici di particolare rilievo, in particolare la vita o la integrità fisica, senza tuttavia richiedere per l’integrazione del fatto tipico la concreta realizzazione di siffatto pericolo, che dunque non ne costituisce un elemento costitutivo e, tanto meno, può costituirlo l’offesa.

Alla fine degli anni Sessanta, con l’affermarsi del principio di offensività e alla luce dell’affermazione dei principi costituzionali in ambito penalistico, autorevoli studiosi affermarono il contrasto di siffatte fattispecie, in quanto recanti in sé la possibilità della punizione di un comportamento del tutto carente di attitudine a ledere il bene giuridico protetto, con il principio costituzionale di offensività, identificato con la formula nessun reato senza offesa a un bene giuridico, che indubbiamente preclude l’adozione di modelli di reato che sanzionano la mera violazione di un dovere o di una norma morale, le manifestazioni di pericolosità individuale, etc..

Ne è derivato l’approfondimento della struttura del reato di pericolo astratto e del rapporto con l’offensività sfociato nella esclusione di una generalizzata illegittimità costituzionale e contrarietà al diritto positivo di tali previsioni proposto dalla concezione realistica, con una sempre più consapevole individuazione delle ragioni giustificative della conformità al principio di offensività di tali previsioni, tra l’altro correlate all’esigenza «di salvaguardare l’umanità dagli enormi pericoli legati alla crisi della civilizzazione tecnica» [25], con ciò favorendosene anche la puntuale definizione, l’opportuna collocazione sistematica e, soprattutto, la corretta applicazione.

La valenza attribuita al principio di offensività, in definitiva, non comporta l’espulsione tout court dall’ordinamento dei reati di pericolo astratto, bensì, di norma, una lettura costituzionalmente orientata della condotta illecita, essenzialmente basata sulla comune idoneità del comportamento incriminato a ledere il bene che si intende proteggere, sul riferimento a fenomeni empiricamente verificabili, sulla sussidiarietà della sanzione penale e sulla proporzionalità, vale a dire sulla combinazione tra rilevanza del bene tutelato e anticipazione della tutela, secondo la formula: maggiore l’importanza del bene, maggiore la legittimità della anticipazione della tutela [26].

Si deve trattare di fatti di cui è criminologicamente nota la pericolosità tipica [27], traducibile in chiari connotati legali, mentre non ne è rilevabile la pericolosità concreta neppure ex post per l’ignoranza delle leggi scientifiche necessarie per affermare un collegamento causale anche solo potenziale [28], oppure per la diffusività dei beni aggrediti e degli oggetti che ne incarnano il substrato materiale [29]. La legittimazione del reato di pericolo astratto ha, dunque, alla base una effettiva regola di esperienza, ovvero la esperienza di casi simili deve dimostrare che un determinato tipo di comportamento è normalmente idoneo, eventualmente quando cumulato ad altri, a ledere il bene, o le ricerche scientifiche debbono fare sorgere il dubbio non fugato che una determinata sostanza è fonte di pericolo per un bene giuridico.

La legittimità sul piano costituzionale delle previsioni di tale natura si basa sulla ragionevolezza ai sensi dell’art. 3 Cost. dei giudizi che ne sono il presupposto, poiché al legislatore è riservata l’individuazione delle condotte alle quali collegare una presunzione assoluta di pericolo «purché non sia irrazionale o arbitraria, ciò che si verifica allorquando non sia collegabile all’id quod plerumque accidit». Si tratta di un controllo sui presupposti empirici delle scelte legislative di cui la Corte costituzionale ha fatto un uso molto limitato: il caso forse più clamoroso è la sentenza sulla compatibilità con il regime carcerario dei malati di AIDS [30].

Insomma, di fronte all’impossibilità di inserire (esplicitamente o implicitamente) nelle fattispecie incriminatrici l’evento di pericolo concreto a causa dello stato delle conoscenze scientifiche o della peculiare natura della materia da disciplinare, il ricorso allo schema dei reati di pericolo astratto può essere l’unica forma possibile della irrinunciabile protezione di beni giuridici di importante rilievo ed è conforme al principio costituzionale di offensività; anzi, potremmo financo dire che sia dallo stesso imposto, giacché soddisfa la essenziale funzione di protezione di beni giuridici riconosciuta al diritto penale, con ciò escludendosi che il soggetto agente venga punito per mera disobbedienza o per pericolosità soggettiva.

Anche in tal caso gioca, comunque, un ruolo fondamentale l’interpretazione della fattispecie incriminatrice alla luce del bene giuridico tutelato, poiché l’interpretazione degli elementi di fattispecie deve essere coerente con siffatta valutazione legislativa, in modo che le sanzioni penali si applichino esclusivamente a condotte che, pur non necessariamente dannose o pericolose in concreto per il bene tutelato, lo siano usualmente. In altre parole, l’interpretazione del significato della portata delle espressioni utilizzate per descrivere la condotta incriminata deve essere coerente con la normale, comune causazione di un effettivo pericolo con la sua tenuta. Ad esempio, l’interpretazione della condotta di abbandono di persone minori o incapaci nell’art. 591 c.p. – riguardo alla cui integrazione la giurisprudenza non accoglie la tesi dottrinale della necessità del concreto pericolo per la vita o l’incolumità fisica dell’incapace – deve comunque avere come criterio guida il riferimento al bene giuridico tutelato, cosicché sussiste l’abbandono se il comportamento sia così significativo da porre normalmente in pericolo la vita o l’integrità delle persone. In altre parole, il concetto deve essere interpretato in termini pregnanti ed inteso come lasciare in balia degli eventi il minore o l’incapace, essendo del tutto irrilevante ogni altra situazione di difficoltà o disagio, ancorché non si reputi necessario un evento di pericolo concreto [31].

Con riguardo ai reati di pericolo astratto si pone, peraltro, una questione di proporzionalità delle sanzioni, che debbono essere in linea di principio sensibilmente inferiori rispetto a quelle previste per i reati di danno e di pericolo concreto [32].

4. I reati di pericolo presunto.

Categoria, infine, in frontale contrasto con l’offesa come componente autonoma del reato è quella dei reati di c.d. pericolo presunto [33], espressione che indica le previsioni che, diversamente dai casi già esaminati di pericolo astratto, in presenza di un tipo di pericolo che è possibile accertare con riferimento ad una singola condotta nel caso concreto, ovvero di un pericolo afferrabile-dimostrabile in base al collegamento causale tra condotta e sua possibile conseguenza, formulano la fattispecie incriminatrice, non solo senza pretendere l’evento di pericolo concreto, ma anche senza indicare adeguatamente gli indici di generale pericolosità, ovvero senza la specificazione degli elementi che connotano in termini di pericolosità la condotta nella generalità dei casi, con lo scopo di ottenere un particolare effetto preventivo-repressivo o, semplicemente, per errore nell’uso della tecnica legislativa [34].

Si tratta delle figure maggiormente indiziate di violazione del principio di offensività perché ammettono, in assenza della necessità della tutela in quella forma del bene giuridico, la assenza di qualsiasi reale pericolo e, dunque, la punizione per la mera disubbidienza al precetto.

Ad esempio, sarebbe penalmente rilevante detenere un medicinale solo per essere scaduto il giorno precedente, laddove si consideri di pericolo presunto [35] il delitto previsto dall’art. 452 c.p. (delitti colposi contro la salute pubblica), in relazione all’art. 443 c.p. (commercio o somministrazione di medicinali guasti), essendo i medicinali scaduti di validità imperfetti [36] e non essendo necessaria la sussistenza di un concreto pericolo per la salute pubblica [37], né rilevando l’effettiva durata della detenzione del farmaco scaduto [38] o l’allegazione della destinazione dei medicinali all’utilizzo solo come materiali di laboratorio [39].

In particolare, tra i reati di pericolo presunto sono inquadrati i cd. reati di sospetto che incriminano un comportamento che, quando tenuto da determinati soggetti, prelude verosimilmente alla commissione di un delitto. Si tratta di reati di mero comportamento anche detti ostativi, caratterizzati dal possesso di peculiari oggetti, che sanzionano comportamenti non perché lesivi di un bene giuridico, ma con finalità preventive e di regolamentazione, come ad esempio il possesso ingiustificato di armi.

Tra i reati indiziati di violazione del principio di offensività per sanzionare il mero inadempimento al dovere di obbedienza vi è l’art. 707 c.p., che sanziona il possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli da parte di pregiudicati [40] per delitti determinati da motivi di lucro o per contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio [41], con l’effetto che – secondo la giurisprudenza di legittimità [42]– incombe all’imputato l’obbligo di dare una seria giustificazione della destinazione attuale (ovvero nel momento in cui viene fermato [43]) e lecita degli strumenti posseduti. La fattispecie, però, non solo ha superato il giudizio di costituzionalità, sia in ragione della tipologia degli oggetti detenuti sia del presupposto soggettivo della commissione di fatti specifici[44], ma l’espressione «strumenti atti ad aprire o forzare le serrature» viene interpretata in giurisprudenza nella sua accezione più ampia [45].

Invece, la previsione dell’art. 708 c.p., che sanzionava il possesso ingiustificato di valori da parte degli stessi soggetti, è stata giudicata manifestamente irragionevole a causa della discriminazione nei confronti di una categoria di soggetti (i pregiudicati) ingiustificata, da un lato, per la nuova realtà criminologica in cui i danni alla economia ed alla convivenza civile provengono spesso da soggetti che, svolgendo professioni legate alla circolazione della ricchezza mobiliare, hanno modo di eludere i controlli legali; dall’altro, per essere il precetto privo di tassatività, in quanto tipizzato attraverso la riferibilità di un fatto, di per sé neutro [46], a un pregiudicato per alcune classi di precedenti penali [47].

In tale caso non è identificare la condotta con il possesso a porre problemi peculiari [48], ma è l’oggetto su cui cade a non apparire di per sé significativo nemmeno se riferito a peculiari qualità soggettive dell’agente. Determinante per valutare la proporzionalità dell’incriminazione con riguardo al rispetto del principio di offensività è, essenzialmente, l’oggetto materiale del possesso ovvero il bene posseduto, la cui natura pericolosa per beni giuridici altrui di rilievo (principio del danno agli altri) può determinare la stessa pericolosità della condotta del possedere e renderne ammissibile la sanzione, esemplare il possesso di bombe chimiche, situazione (per quanto falsamente evocata) la cui pericolosità ha persino provocato una guerra [49].

D’altra parte, anche la finalizzazione della detenzione può avere un ruolo significativo nell’anticipazione della tutela [50], ad esempio nella nota materia di farmaci guasti o imperfetti si evidenzia la sanzione nell’art. 443 c.p. della detenzione per il commercio e non della detenzione per la somministrazione, ma esclusivamente della somministrazione [51], peraltro riconoscendo che possa integrare «un’ipotesi di tentativo punibile, ai sensi dell’art. 56 cod. pen., quando costituisca atto idoneo diretto in modo non equivoco alla somministrazione e sia accompagnata dalla consapevolezza del guasto o della imperfezione del prodotto», il che lascia perplessi considerata l’anticipazione della tutela offerta dalla previsione.

Peraltro, quando l’oggetto materiale del possesso possa avere finalizzazioni anche non rilevanti penalmente, di cui è un importante esempio la detenzione di stupefacenti [52], che possono essere destinati o meno all’uso personale [53], occorre evitare presunzioni, poiché nella detenzione al fine di spaccio gli indici rivelatori della finalità illecita possono debordare «in presunzione di reato che può colpire, indifferentemente ed erroneamente, lo spaccio e il consumo personale: lo stile di vita e non il fatto» [54].

La detenzione dello stesso oggetto può avere, inoltre, un differente trattamento a seconda della sua origine, ad esempio il possesso di materiale pedopornografico (art. 600quater c.p.) autoprodotto raffigurante atti sessuali tra soggetti o di soggetti consenzienti (all’atto e alla detenzione) tra cui almeno un minore ultraquattordicenne (non utilizzato, ovvero piegato ai propri fini come fosse uno strumento), perciò oggettivamente costituente pornografia minorile, può essere espressione della libertà sessuale riconosciuta dall’ordinamento giuridico ai protagonisti ed è di per sé estraneo ad una prospettiva di pericolo per il bene giuridico ed anzi direttamente ricollegabile ad un comportamento lecito [55]. Opposte considerazioni vanno fatte, invece, nel caso di possesso di materiale frutto di “utilizzazione” dei minori. Non pare, dunque, idonea a risolvere la questione di ciò che può essere punito la formula suggestiva proposta che si tratta di fatto indiziario di un diverso, futuro evento.

5. Le fattispecie incriminatrici del mero comportamento.

In questo contesto assumono rilievo alcune tematiche emerse negli ultimi decenni del Novecento relative alla costruzione di fattispecie incriminatrici capaci di fronteggiare i nuovi fenomeni criminali dell’età postindustriale o postmoderna che dir si voglia che mettono in pericolo beni fondamentali.

Una posizione estrema propone, nei fatti, un nuovo diritto penale che supera la stessa costruzione tradizionale dei reati di pericolo astratto-presunto, legati comunque a effettivi beni giuridici, con l’adozione di una ulteriore tipologia di fattispecie incriminatrici cc. dd. del mero comportamento [56], caratterizzate da condotte che violano regole ‘precauzionali’ di cui non è evidente il legame con la offesa ai beni tutelati e, soprattutto, la cui efficacia causale in tal senso non pare significativamente superiore a quella di condotte non sanzionate.

In sostanza si tratta di previsioni penali fondate sul c.d. principio di precauzione e, dunque, che prescindono dalla evidenza scientifica della pericolosità della condotta [57], ma vietano comportamenti sulla base della insufficienza della conoscenza scientifica dei loro effetti [58]. Si vuole assicurare una efficace tutela delle vittime del futuro attraverso norme penali che vietano comportamenti che, per una esclusiva valutazione legislativa, compromettono le generali condizioni di sicurezza e recano turbativa alla certezza dell’esistenza; comportamenti, sganciati dal danno o dal pericolo di danno e del genere del superamento dei limiti soglia [59], che disciplinano settori sempre più specifici della vita in comune con la proposizione di regole di condotta, difficilmente interiorizzate dalla maggioranza dei consociati, la cui osservanza pare potersi ottenere con il solo strumento della sanzione criminale, a cui viene financo attribuita la capacità di contribuire alla formazione di una coscienza morale collettiva meno arretrata [60].

Tale tipologia di fattispecie sembra violare il principio di offensività e, comunque, deve essere valutata con estremo rigore e avere un ruolo straordinario, poiché si sanziona la mera disobbedienza a regole di comportamento che dovrebbe costituire materia propria del diritto sanzionatorio amministrativo [61]. In particolare, occorre evitare che ai nuovi bisogni di tutela si affianchi l’affermazione di nuove morali che abbiano la pretesa di educare con il mezzo del diritto penale.

La legittimazione della criminalizzazione di condotte lontane dalla offesa, infatti, farebbe cadere del tutto la funzione principale del bene giuridico, cioè la limitazione dell’intervento penale, «dal momento che la criminalizzazione di qualsiasi condotta, anche la più innocua, sul piano della dannosità sociale, può essere ricollegata alla tutela di fondamentali, pur se remoti, beni giuridici» [62]. Senza una attenta specificazione dei beni giuridici di riferimento e dei limiti di utilizzo siffatte previsioni costituiscono l’anticamera alla creazione di un diritto di polizia assolutistico[63], conformemente al modello dei totalitarismi del Novecento che fondarono la loro affermazione sulla enfatizzazione dei bisogni di sicurezza. Né rende accettabili tali figure il collegamento con ideologie o scopi ritenuti di grande rilievo per l’umanità perché, se, da un lato, storicamente sono sempre state in tal modo giustificate le politiche criminali dei regimi più oppressivi, dall’altro, non può esservi ragione superiore ai diritti di libertà tale da consentirne la compressione in modo intollerabile, principio che permea le comunità politiche liberali.

Alle ragioni di principio, si aggiunga che la condanna per fatti concretamente non pericolosi o, comunque, inidonei ad esserlo, finisce per incidere negativamente sulla credibilità dell’ordinamento penale.

6. Tra pericolo concreto e pericolo astratto.

Per avere un quadro della pur necessaria varietà delle fattispecie incriminatrici, cogliere la complessità dell’inquadramento nelle varie categorie delineate e comprendere la compatibilità delle varie costruzioni con il principio di offensività, nonché per avere contezza delle tecniche elusive dei limiti all’anticipazione della tutela, con l’individuazione dei casi problematici, è utile proporre qualche esemplificazione delle difficoltà di inquadramento delle differenti fattispecie tra i reati di pericolo concreto e quelli di pericolo astratto.

In tale opera la stessa distinzione tra reati di pericolo concreto e reati di pericolo astratto evidenzia tutti i suoi limiti, poiché non è sufficiente a rappresentare tutte le diverse forme che il pericolo dell’offesa può assumere nelle fattispecie incriminatrici e, oltre a rendere forse opportuna una maggiore articolazione categoriale, sottolinea soprattutto la necessità di una penetrante analisi di ciascuna fattispecie nella sua specificità e originalità.

Da un lato, vi sono fattispecie collocabili per sommi capi nell’ambito dei reati di pericolo concreto che, però, degradano verso quelle di pericolo astratto per la presenza di fattori di astrazione: emblematici i reati che abbiamo definito di pericolo indiretto, in cui ad esempio la condotta causa un pericolo di disastro, cioè di un evento a sua volta solo concretamente pericoloso (e non necessariamente lesivo) per l’integrità fisica delle persone, cosicché si ha una significativa anticipazione della tutela [64].

Non necessariamente tutte assimilabili a queste ultime sono però le previsioni in cui si richiede la messa in pericolo dell’incolumità pubblica o della salute pubblica, poiché l’uso del verbo mettere in pericolo invece che ledere pare spesso una imprecisione terminologica, dovuta alla scarsa consapevolezza del significato dell’espressione incolumità pubblica, causata dall’implicito riferimento ai beni vita e integrità fisica, i quali sono in effetti messi in pericolo dalla lesione della situazione di sicurezza descritta con le espressioni incolumità pubblica o salute pubblica [65], cosicché in tali casi in via interpretativa può richiedersi una concreta messa in pericolo non della sicurezza o incolumità pubblica (in verità lesa) ma dei beni che le stesse garantiscono, cioè vita e integrità fisica, con l’effetto che non può dunque prescindersi per l’integrazione degli illeciti in questione dalla presenza delle vittime nel raggio di azione della fonte del pericolo e non reputarsi sufficiente la probabilità che una pluralità indeterminata di persone possa trovarsi nel luogo e nel tempo del fatto [66], costituente il più significativo elemento di differenziazione tra le ipotesi di pericolo concreto e di pericolo astratto/presunto presenti nel titolo dei reati contro l’incolumità pubblica.

Dall’altro, come già detto, le fattispecie di pericolo astratto debbono essere applicate solo in presenza di comportamenti di norma pericolosi con l’ausilio di unainterpretazione in cui l’offesa diviene un criterio guida per l’accertamento del significato e della portata delle fattispecie: in primo luogo nel caso di uso di termini di significato pregnante o, comunque, per la presenza di fattori di concretizzazione[67].

Effetto di una siffatta interpretazione sono le figure che possono dirsi ascendenti dal pericolo astratto a quello concreto, dette reati di pericolo astratto-concreto [68] o reale [69], di cui è un esempio l’avvelenamento di acque destinate all’alimentazione umana ex art. 439 c.p., il quale, pur tradizionalmente considerato reato di pericolo astratto/presunto, richiede comunque l’accertamento della effettiva idoneità delle sostanze avvelenate ad arrecare pregiudizio [70], pur non essendo necessario un concreto pericolo per la salute pubblica. Altro esempio è il già citato caso dell’art. 443 c.p. (commercio o somministrazione di medicinali guasti), laddove si concluda – come è preferibile – che è necessario verificare la concreta condizione del medicinale e non è sufficiente il mero fatto che sia scaduto [71].

Analoghe considerazioni possono effettuarsi per il reato omissivo di pericolo previsto dall’art. 189 co. 6, codice della strada, che sanziona, in caso di incidente con danno alle persone, chi non ottempera all’obbligo di fermarsi, riguardo a cui la giurisprudenza non richiede l’esistenza di un effettivo danno alle persone, peraltro non accertabile immediatamente nella sua sussistenza e consistenza, considerandolo un reato di pericolo astratto [72], ma per la cui integrazione non si può prescindere dalla natura di incidente di rilievo tale da implicare siffatta possibilità. Al che segue, sul piano dell’accertamento del dolo, che le circostanze concretamente rappresentate e percepite dall’agente al momento della condotta debbono essere univocamente indicative della sua consapevolezza di aver causato un incidente idoneo ad arrecare danno alle persone, rilevando solo in un successivo momento il definitivo accertamento delle effettive conseguenze del sinistro [73].

Un caso controverso è la bancarotta semplice documentale, che secondo una lettura è integrata quando l’irregolare tenuta delle scritture contabili ne impedisca la tipica funzione di accertamento [74]; altra la vede come reato di pericolo presunto [75].

Una fattispecie particolarmente significativa e recentemente assoggettata alla interpretazione uniformatrice delle Sezioni Unite 18.1.2024, n. 16153, è il delitto – comunemente inquadrato dei reati di pericolo astratto-presunto [76]– previsto nell’art. 2, co. 1, d.l. n. 122/1993, conv. con mod. in l. 205/1993 (c.d. legge Mancino), che sanziona chiunque in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni movimenti o gruppi di cui all’art. 3 l. 654/1975 [77], ovvero «aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi …». Le Sezioni Unite, individuando la tutela di beni fondamentali, costituzionalmente protetti dagli artt. 2 e 3 Cost., della dignità ed eguaglianza delle persone, reputano la previsione un reato di pericolo presunto, diversamente da quella dell’art. 5, l. 645/1952 [78], per «il diverso contenuto evocativo di dette manifestazioni e per il collegamento dello stesso con le “organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi” di cui all’art. 3 legge n. 654 del 1975», ravvisando proprio nel collegamento con l’esistenza attuale di detti agglomerati, il fondamento della valutazione di pericolosità del comportamento, effettuata dallo stesso legislatore e che si esaurisce all’interno della fattispecie astratta, competendo al giudice esclusivamente di valutare la sussistenza di detto collegamento, eventualmente dando rilievo, secondo la giurisprudenza costituzionale [79], esclusivamente alla assenza di ogni ragionevole possibilità di produzione del danno. In realtà, al di là del richiamo alla giurisprudenza costituzionale in tema di offensività in concreto, va valorizzata la presenza di un fattore di concretizzazione del pericolo costituito da collegamento della condotta con una organizzazione esistente, a cui consegue la «capacità di contagio o diffusione delle idee contrastanti con i valori sanciti dagli artt. 2 e 3 Cost.». Dunque, in definitiva, se l’art. 5 cit., è di pericolo concreto rispetto alla costituzione del partito fascista, nell’art. 2 in esame le organizzazioni proibite sono esistenti; pertanto, il pericolo di lesione dei beni finali di dignità e eguaglianza delle persone per mezzo dei comportamenti sanzionati ad esse ricollegabili è più prossimo e concreto [80], per quanto non se ne richieda la prova, rispetto ai comportamenti sanzionati dall’art. 5 cit., pur giustificato dal divieto costituzionale di cui all’art. XII disp. trans. fin. Cost. [81], che in realtà tutela un bene c.d. intermedio: l’ordine pubblico democratico o costituzionale [82], al più accreditabile come bene istituzionale-funzionale, mentre i beni sostanziali restano sullo sfondo.

7. Il limite dell’assenza di ogni (ragionevole) possibilità di produzione del danno.

L’ampia indagine evidenzia come l’anticipazione della tutela penale si sia ampiamente affermata, il rispetto del principio di offensività sollecita, dunque, che in tali casi sia consentita, quanto meno, la prova liberatoria dell’assenza di qualsivoglia possibilità di realizzazione del danno nel caso concreto.

In effetti, in tal senso si esprime la consolidata giurisprudenza costituzionale che richiede nei reati di pericolo astratto/presunto che il giudice, pur non dovendo accertare la pericolosità concreta della condotta, escluda «la punibilità di fatti pure corrispondenti alla formulazione della norma incriminatrice, quando alla luce delle circostanze concrete manchi ogni (ragionevole) possibilità di produzione del danno» (c.d. offensività in concreto) [83].

In particolare, trattando di recente di porto di armi improprie, la cui disciplina è delineata dall’art. 4, co. 1, l. n. 110/1975 [84], la Corte costituzionale n. 139/2023 afferma che il giudice può «escludere la punibilità, in primo luogo, alla luce delle caratteristiche dell’oggetto, anche se di per sé rispondente alla definizione legislativa» [85], ma anche con riferimento alle «condizioni spazio-temporali del porto, qualora esse dimostrino l’inesistenza di qualsiasi (apprezzabile) pericolo di tale utilizzazione».

 Questa prospettiva interpretativa è stata seguita anche nella emblematica, travagliata evoluzione giurisprudenziale in materia di coltivazione di sostanze stupefacenti, di per sé penalmente sanzionata anche quando realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale, non essendo letteralmente applicabile l’art. 75 t.u. stupefacenti [86]. In un primo tempo, si è riconosciuta in termini estremamente limitati il rilievo della inoffensività in concreto riferita alla idoneità della coltivazione a produrre la sostanza per il consumo [87], non dunque alla quantità di principio attivo ricavabile al momento della eventuale scoperta, ma alla conformità della pianta al tipo botanico previsto e alla sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre la sostanza stupefacente [88].

Assunto essenzialmente basato sullo scopo dell’incriminazione finalizzata a combattere il mercato della droga, ma si tratta di un ragionamento non condivisibile, perché a fronte dell’assenza di un qualsivoglia pericolo per il bene della salute, non possono evocarsi rationes di tutela che beni giuridici non sono, quale la teoria della contrazione del mercato in questione, che in definitiva costituisce un escamotage retorico per costruire una fattispecie che sanziona il mero comportamento o la mera disubbidienza, del tutto estranea alla tutela di beni giuridici.

Per contro, altro indirizzo attribuisce rilievo alla capacità effettiva e attuale della sostanza ricavabile a determinare un effetto drogante, ovvero a produrre nell’assuntore alterazioni [89], oppure alla assenza del pericolo di diffusione nel mercato nonostante il raggiungimento della soglia drogante [90].

Le Sezioni Unite 19.12.2019, n. 12348/2020, decidendo sul contrasto, distinguono il piano della tipicità da quello della offensività del reato, e nell’ambito di quest’ultima, tra offensività in astratto e offensività in concreto. Alla tipicità ascrivono «il duplice requisito della conformità della pianta al tipo botanico vietato e della sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente», in particolare evidenziando a tal fine la necessità dell’adozione di strumentazione e pratiche agricole tecnicamente adeguate. Reputano, inoltre, con una interpretazione restrittiva imposta dal trattarsi di fattispecie di pericolo presunto, che non sia conforme al concetto di coltivazione penalmente sanzionato la coltivazione che non presenti natura “tecnico-agraria”, alla luce dei requisiti richiesti per l’autorizzazione, dunque con l’esclusione delle attività domestiche di minime dimensioni intraprese con l’intento di soddisfare esigenze di consumo personale e, dunque, con produttività prevedibile come modestissima [91].

Reputando altrimenti giustificata la previsione di un reato di pericolo presunto con riferimento alla coltivazione per la sua spiccata pericolosità con riferimento al bene salute individuale o collettivo, essendo peraltro irrilevanti o di dubbia configurabilità gli ulteriori beni richiamati in tema: sicurezza, ordine pubblico, salvaguardia delle giovani generazioni.

Quanto alla offensività in concreto, estranea dunque alla tipicità, le Sezioni Unite non sono esattamente fedeli al precetto costituzionale secondo la lettura della Consulta, la escludono infatti quando ad una verifica ex post risulti che la coltivazione non abbia effettivamente prodotto una sostanza idonea a determinare un effetto stupefacente in concreto rilevabile [92]. Per l’effetto distinguendo il grado di sviluppo della coltivazione: laddove il ciclo delle piante sia completato si richiede l’accertamento della presenza di una quantità di principio attivo necessario a produrre effetto drogante, in sostanza richiedendo un evento di danno. Mentre, con riferimento agli stadi precedenti di coltivazione della pianta che corrisponda al tipo botanico è sufficiente che si svolga in condizioni tali da potersene prefigurare il positivo sviluppo. In conclusione, può escludere la punibilità un risultato finale della coltivazione non conforme al normale tipo botanico ovvero il cui principio attivo sia insufficiente per l’utile destinazione all’uso quale droga [93], nonché una inadeguata modalità di coltivazione, o analoga condizione, da cui possa evincersi che la pianta non potrà realizzare il prodotto finale.

Indubbiamente, la riduzione della questione alla tipicità e al suo difetto, in qualche misura analogamente alla teoria realistica, non pare soddisfare, come hanno colto anche le Sezioni Unite 19.12.2019, n. 12348/2020, perché una simile operazione ermeneutica deve fermarsi, ancorché gli effetti siano in bonam partem, alla lettera della legge e alla sua interpretazione pur alla luce del principio di offensività [94].

Tuttavia, occorre comprendere come correttamente inquadrare (e applicare) [95] gli interventi della Corte costituzionale che fanno valere il principio di oggettiva inoffensivitàcon riguardo ai reati di pericolo astratto e presunto, che in realtà per la stessa storia e i richiami operati non sono identificabili con l’assenza di tipicità, ma nemmeno – come invece in definitiva affermato dalle Sezioni Unite 19.12.2019 – con l’assenza della punibilità quando tout court non sussista, secondo una valutazione ex post, l’offesa.

8. Nuove tecniche di tutela e loro critica.

Al centro della teoria del bene giuridico vi è la necessità ai fini della incriminazione della effettiva sussistenza di un bene giuridico meritevole di tutela [96], che ne garantisce la essenziale finalità di limite al legislatore, poiché facile sarebbe eludere il principio di offensività individuando beni giuridici rappresentativi delle più o meno significative e fondate rationes di tutela individuate dal legislatore, come accade in diversi casi nel codice Rocco, per il quale il bene giuridico esprime essenzialmente un concetto di sintesi delle finalità perseguite.

L’ampia e complessa problematica trova un peculiare banco di prova nell’approfondimento delle fattispecie incriminatrici poste a tutela di beni giuridici cc. dd. funzionali [97], il cui riconoscimento quali beni meritevoli di tutela produce l’effetto dell’inquadramento dei reati che ne sanzionano la lesione tra i reati di offesa invece che di pericolo astratto o, addirittura, di mero comportamento, che ne metterebbe in crisi l’inquadramento in ambito penalistico, per sollecitarne quello in ambito amministrativo.

Si tratta di un tema ormai classico della dogmatica penalistica, nell’ambito del dibattito su come fronteggiare i pericoli della contemporaneità, in particolare nei settori dell’incolumità pubblica, del lavoro, dell’economia e dell’ambiente, e che si ripropone, ad esempio, anche nel nuovo interrogativo su come fronteggiare i pericoli della c.d. intelligenza artificiale.

A fronte, infatti, della crisi [98] del diritto penale costruito su reati di danno a beni cd. sostanziali, quali i classici vita, libertà e proprietà, a fronteggiare i pericoli della contemporaneità, non si sono affermate solo le figure già esaminate di pericolo astrattoo presunto. Ma sono emersi prepotentemente nella prassi legislativa degli ultimi decenni, pur non essendo sconosciuti a quelle più antiche, anche reati in cui il danno ai beni sostanziali personali rimane sullo sfondo, mentre la tutela si focalizza su beni cd. istituzionali e funzionali, vale a dire sulle funzioni di regolamentazione e controllo di settori della vita collettiva – attività produttiva e commerciale, mercati finanziari, urbanistica, etc. – in mano ad agenzie pubbliche [99] o a enti pubblici anche territoriali. Va infatti riconosciuto che i danni alla vita, all’integrità fisica e agli interessi economici di ampi settori della popolazione, evocati dalle nozioni di incolumità, salute e economia pubblica e consimili, che possono essere causati dai molteplici fenomeni propri della contemporaneità (dalla industrializzazione, alla società consumistica), si possono fronteggiare e prevenire, più efficacemente che con la minaccia penale tradizionalmente rivolta alla loro lesione, attraverso un sistema di puntuale regolamentazione e di controlli amministrativi preventivi la cui presenza può neutralizzare o, comunque, ridurre all’origine la commissione di fatti lesivi, relegando il diritto penale al ruolo di extrema ratio che gli è proprio [100].

In sostanza, poiché i danni ai beni giuridici tradizionali citati, intesi come eventi singoli, non sembrano contrastabili in termini penalistici tradizionali, si richiede che la legge li controlli in termini globali con una specifica regolamentazione che condizioni e aiuti il comportamento individuale, con l’utilizzazione, tra l’altro, di provvedimenti autorizzatori, interdittivi o prescrittivi finalizzati alla prevenzione di detti danni, posti in un momento in cui il pericolo può essere ancora sufficientemente controllato. Al rispetto di tali regole e controlli può ricollegarsi un apparato sanzionatorio, di norma amministrativo e penale solo per le violazioni più gravi, collocato in un momento antecedente alla causazione di gravi eventi dannosi per l’integrità fisica della collettività o l’economia pubblica.

In tali casi il diritto penale tutela beni giuridici istituzionali-funzionali quali le pubbliche istituzioni e le funzioni di governo e controllo svolte dalle stesse (ad es. Consob e Banca d’Italia). Una tutela non rivolta, dunque, ai beni dei singoli o comunque a beni sostanziali, ma all’interesse collettivo a che determinate attività vengano assoggettate ad un controllo preventivo [101], a che vengano osservate determinate prescrizioni [102], a che non vengano ostacolati i controlli demandati agli enti di vigilanza, così garantendo quanto meno il principio di tassatività-determinatezza e colpevolezza se non quello di offensività inteso in senso tradizionale, essendo però evidentemente sullo sfondo beni significativi: ambiente, territorio, economia, etc..

Ampi settori della dottrina assoggettano a criticala tutela delle funzioni, accomunata ai reati che sanzionano il mero comportamento, a cui si imputa non solo di non sanzionare penalmente la lesione di beni materiali e, in particolare, di beni individuali, quanto meno chiaramente afferrabili [103], ma anche di non avere la capacità di differenziare la risposta sanzionatoria, distinguendo la variegata tipologia di aggressioni (principio di extrema ratio), con l’effetto in particolare dello straripamento del diritto penale fuori dai suoi confini e la perdita di effettività [104].

Inoltre, viene rilevata l’attribuzione spesso improduttiva al diritto penale di una funzione promozionale, in contrapposizione alla diffusa sfiducia nella potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione, nonché il pericolo del ribaltamento dei rapporti tra l’intervento sanzionatorio extra-penale e quello penale, reso evidente dalla presenza di un sistema ripristinatorio e sanzionatorio amministrativo dotato di armi temibili, spesso ben più incisive della ammenda e della stessa sanzione detentiva breve[105].

Si evidenzia, infine, opportunamente, il pericolo per le libertà individuali costituito da modelli statuali dirigistici e verticistici volti alla iper-regolamentazione di ogni momento della vita individuale, personale, lavorativa, etc., e collettiva, con la conseguente sanzione di ogni infrazione delle regole dettate. La reazione alle sfide della società del rischio può condurre, infatti, alla sostituzione dello stato di diritto con uno stato di prevenzione e di sicurezza prossimo allo stato di polizia, cioè all’attribuzione al diritto penale del compito preventivo di controllo di massa realizzato attraverso la sanzione penale di tutti i comportamenti ex ante pericolosi o idonei a provocare un danno [106], con evidenti pericoli per le libertà individuali e con la trasformazione radicale delle democrazie occidentali. Modelli di cui un abbozzo di concretizzazione si è avuta con le modalità con cui è stata talvolta affrontata la pandemia da Covid-19.

Pertanto, si nega legittimazione alla tutela dei beni funzionali [107], cui si imputa di non perseguire una prospettiva di tutela dei beni giuridici, per la distanza che li separa dall’effettivo pericolo per la vita e la persona.

9. La legittimità dei beni giuridici funzionali.

Le giustificate critiche all’indiscriminato uso della sanzione penale del mero comportamento inosservante non conducono, tuttavia, alla negazione della legittimità dei beni funzionali, i quali, inquadrati nell’ambito della categoria dei beni collettivi, costituiscono beni autonomi tutelabili penalmente in quanto strumenti e condizioni per la sopravvivenza di uno o più beni ulteriori, i cc. dd. beni finali, i quali, tuttavia, restano sullo sfondo, nel senso che la loro lesione o messa in pericolo è irrilevante. Occorre riconoscere, infatti, che, in particolare, gli interessi cd. universali, tra cui si annovera la conservazione degli ecosistemi, non solo mancano spesso della concretizzazione e definitezza necessaria per essere oggetto di diretta tutela penale, ma necessitano per la loro tutela della intermediazione delle cc. dd. funzioni di regolamentazione e controlloesercitate da enti pubblici, data la compresenza di molteplici altri contro interessi, come il diritto alla casa rispetto allatutela del territorio, o la libertà individuale rispetto alla salute collettiva, il cui conflitto deve trovare una soluzione in una sede diversa da quella penale.

Può, in definitiva, affermarsi che sono proprio i principi penalistici a richiedere il filtro degli enti preposti ad esprimere le scelte della collettività al riguardo, specialmente affinché sia chiaro e accettato da tutti i consociati il precetto posto dalla norma, è infatti ben più concretamente percepibile ed anche interiorizzabile dai consociati la necessità di assoggettare al controllo della pubblica amministrazione (o, se si preferisce, delle agenzie regolamentatici) le attività finanziarie, produttive e le più rilevanti opere edilizie [108], rispetto ad una generica salvaguardia dell’economia e dell’ambiente o del territorio suscettibile delle più varie e financo arbitrarie letture soggettive che fattispecie incriminatici poste a diretta tutela di tali beni inevitabilmente metterebbero in campo.

Non si tratta di reati senza vittima [109], ma al contrario di reati caratterizzati da vittimizzazione di massa. Il bene giuridico tutelato si presenta come specifico ed è facilmente concretizzabile in distinti procedimenti di controllo delle attività da realizzarsi, costituenti il vero oggetto capace di tutela, perché solo nei loro confronti possono sensatamente dirigersi aggressioni tipiche, capaci di offenderli, sia realizzando l’attività senza sottoporla al controllo preventivo della autorità preposta sia impedendo, ostacolando o turbando l’esercizio delle funzioni di vigilanza. Si tratta, dunque, secondo la più classica definizione del bene giuridico, di situazioni di fatto permeate di valore, offendibili e perciò tutelabili [110].

Anche le concezioni liberal-democratiche, che basano la legittimazione delle norme penali sul mantenimento delle condizioni essenziali per lo sviluppo della libertà e del benessere del cittadino nella società, non riguardano solo i beni strettamente personali (vita, integrità fisica o proprietà) ma si estendono anche a beni di titolarità collettiva, come le istituzioni pubbliche, tra cui quelle preposte all’amministrazione della giustizia o della finanza pubblica [111], fondate sul contratto sociale, le quali offrono al cittadino una cornice sociale di libertà e benessere così importante da meritare la tutela penale [112].

La materia in esame riflette, d’altra parte, la svolta epocale – che, ancor prima della sfera penale, riguarda la società – costituita dal passaggio dalla rimessione alla sfera privatistica della costruzione di una abitazione, dell’esercizio dell’attività industriale e degli eventuali conflitti conseguenti con altri privati, non più consentita dalle stesse esigenze di sopravvivenza delle presenti e future generazioni e non solo della qualità della vita, all’assoggettamento di tali attività alle regole e ai controlli delle istituzioni collettive.

Le condivisibili censure, in particolare, a un diritto penale accessorio al diritto amministrativo che in prevalenza finisca per criminalizzare ipotesi bagatellari non possono insomma giustificare l’abbandono da parte del diritto penale di importanti settori della vita collettiva quali la finanza, l’ambiente e la salute [113], ma impongono la elaborazione di adeguati e proporzionati strumenti che gli consentano di assolvere il compito fondamentale di prevenire i danni sociali più gravi [114], fermi i valori di libertà alla base del diritto penale classico, tradizionalmente legati alla tutela penale di beni delle persone viventi [115].

In conclusione, i beni istituzionali e, in particolare, quelli funzionali, sono effettivi beni essenziali per lo sviluppo sociale, espressione del contratto sociale e del patto di solidarietà che ne deriva, nelle sue linee essenziali ben presente nei valori acquisiti dalla generalità dei consociati. A poter porre problemi è la eventuale ampiezza della loro tutela, cosicché al loro riconoscimento deve accompagnarsi uno sforzo definitorio dei settori regolamentati in cui vanno ricomprese esclusivamente materie correlate con evidenza alla tutela, seppure sullo sfondo, dell’integrità fisica, della libertà, del benessere economico-patrimoniale o della salvaguardia dell’ecosistema, insomma dei beni essenziali delle persone, come accade nei settori posti a tutela della salute collettiva, del territorio e dell’ambiente, nonché dell’economia pubblica, ambiti in cui è ben percepibile, pur con le peculiarità di ciascuno, la presenza di concreti interessi di ciascun individuo.

Così ricostruito il bene giuridico funzionale, le fattispecie concernenti il mancato assoggettamento o l’elusione di un controllo preventivo, l’inosservanza di determinate prescrizioni, l’ostacolo ai controlli demandati agli enti di vigilanza,si presentano come reati di danno e non di pericolo, e non richiedono affatto la verifica del concreto pericolo e del danno ai beni sostanziali che restano sullo sfondo (ambiente, territorio, finanza, etc.) [116]. Semmai, può essere valutata sotto il profilo della costituzionalità la irragionevolezza, sotto lo specifico profilo della criminalizzazione ed in particolare della sua ampiezza, del sistema pubblico di controllo preventivo.

10. Conclusioni.

La tutela penale dei beni giuridici individuali quali vita, integrità fisica e patrimonio deve oggi considerare l’enorme aumento della complessità dell’intreccio causale dovuto in particolare alla sostituzione delle relazioni individuali con le concatenazioni di azioni collettive [117], cosicché la tecnica incriminatrice può legittimamente anticipare la tutela e, soprattutto, ricercare nuove forme di tutela.

Nella nuova situazione, la tutela dell’integrità fisica richiede il collocamento dell’intervento penale, tra l’altro, al livello della produzione e della commercializzazione dei beni atti alla lesione della salute [118]. Egualmente, con riguardo agli investimenti nel mercato dei capitali, l’intervento penale concerne la veridicità delle informazioni fornite sul prodotto finanziario all’investitore. Nella previsione del falso in prospetto ex art. 173bis, d. lgs. n. 58/1998 (testo unico finanza) [119], il prospetto sostituisce la fiducia personale e da esso dipende in modo decisivo la volontà di rischio dell’investitore correttamente informato, il quale può avvalersi anche delle valutazioni di terzi competenti fornite sulla base delle informazioni ivi fornite, di conseguenza la leva penale è fissata nella diffusione di informazioni errate nei prospetti di emissione indirizzati al pubblico [120]. Analogamente, più in generale, di quel che avviene nei delitti di falso documentale, che costituiscono reati di pericolo astratto [121] posti a tutela di differenti concreti beni giuridici, quali il patrimonio, la pubblica amministrazione, etc., aggrediti per mezzo del falso.

L’esempio più significativo viene dalla pandemia da Covid-19, che ha sollecitato l’adozione di strumenti normativi idonei a prevenire e reprimere la diffusione del virus – capace di uccidere o comunque di produrre gravi malattie a decine di migliaia di persone nel solo territorio nazionale – contro cui la tradizionale figura della epidemia (artt. 438 e 452 c.p.) appariva destinata all’ineffettività per la difficoltà di prova del nesso causale [122] di condotte individuali rispetto ad un evento di tale portata.

In questa prospettiva, la questione è quella dell’uso corretto delle tecniche di incriminazione in esame, che richiede in primo luogo l’individuazione, con l’ausilio delle scienze e comunque di consolidate massime di esperienza, del punto nevralgico in cui far intervenire il diritto penale per garantire una efficace tutela dei beni giuridici, verificando peraltro che le modalità di condotta individuate non siano manifestazione dei diritti di libertà dell’individuo che le legittimino [123]. Va, inoltre, garantita la determinatezza della fattispecie, in particolare, va rifiutata la copertura onnicomprensiva con la sanzione penale della disciplina amministrativa di interi settori, ma vanno punite le violazioni delle regole più rilevanti puntualmente individuate dalla fattispecie incriminatrice, affinché non si attribuisca al diritto penale una funzione meramente sanzionatoria.

D’altra parte, in un siffatto contesto indubbiamente si impone l’adozione di istituti che escludano il rilievo penale di condotte prive di qualsivoglia potenzialità offensiva.

Insomma, i reati di danno restano il più significativo riscontro della offensività della condotta contro le tentazioni di un diritto penale che sanzioni la mera inosservanza di regole ed è giustificato porli al centro della dogmatica penalistica [124]. Ma, tali modelli non debbono impedire la modernizzazione del diritto penale quando necessaria per assolvere il compito di tutela dei beni giuridici anche in tema di distruzione delle risorse della terra e nei settori dell’incolumità e della salute pubblica, del lavoro e dell’economia, nei quali vi è la necessità di interventi anticipati rispetto alla lesione diffusa di beni fondamentali.

Sullo sfondo di tali previsioni appare, in ultima analisi, la sicurezza, affermata come diritto naturale ed imprescindibile dell’uomo da una risalente tradizione storico-intellettuale, che fonda le sue moderne radici nell’art. 2 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789:«Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali ed imprescrittibili dell’uomo. Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione» [125].

Tema particolarmente attuale in epoca di disastri e pandemie, di crisi finanziarie internazionali, nonché, tra gli altri, dei pericoli della c.d. intelligenza artificiale, per fronteggiare i quali il riferimento ai tradizionali reati di danno pare inadeguato e possono avere legittimazione i reati che vietano di compromettere le condizioni di sicurezza in settori specifici della vita in comune [126].

Un aprioristico rifiuto delle nuove tipologie di fattispecie, oltretutto, impedirebbe il necessario contributo della scienza penalistica al loro studio, in termini tanto costruttivi quanto critici, onde evitare che si riducano a costituire un simbolico strumento di creazione di illusori sentimenti di sicurezza.


[1] V., per tutti, STELLA, La teoria del bene giuridico e i c.d. fatti inoffensivi conformi al tipo, in Riv. it. dir. proc. pen., 1973, 14; ROMANO M., Commentario sistematico al codice penale, vol. I, artt. 1- 84, Milano, 3a ed., 2004, 317. Per la concezione realistica, per tutti GALLO M. [a], voce Dolo, in Enc. dir., XIII, Milano, 1964, 786.

[2] Il tema è proposto di recente, pur nella peculiare prospettiva del principio di proporzionalità, anche da DEMURO, Il pericolo e la sua pena. Tra proporzionalità e ne bis in idem, in Riv. it. dir. proc. pen., 3/2023, 901 ss.; sul contemporaneo sviluppo dei reati di pericolo (spesso astratto) rispetto al modello (anche codicistico) dei reati di danno DONINI, Perché il codice penale. La riforma del codice oltre i progetti di pura consolidazione, in Sist. pen., 21.9.2020.

[3] V., infra, §§ 3 e 4.

[4] La previsione nella fattispecie incriminatrice del verificarsi, quale effetto o conseguenza della condotta umana ovvero dalla stessa causato – dunque prodotto dall’azione o non impedito dall’omissione anti doverosa – di un risultato materialecostituente modificazione fenome­nica del mondo esterno, di norma, ma non necessariamente, spazialmente e temporalmente separato dalla condotta, risponde perfettamente al modello del diritto penale del fatto, incentrato sulla offesa o sulla concreta messa in pericolo di un bene giuridico, con ciò corrispondendo al massimo livello anche al principio di offensività.

[5] Il riferimento è, specificamente, alla c.d. offensività in concreto elaborata dalla giurisprudenza costituzionale, la cui collocazione dogmatica verrà approfondita in un saggio dal titolo provvisorio Studio sul ruolo del principio di offensività nella teoria del reato.

[6] Si tratta del giudizio di previsione – con il ricorso a consolidate regole di esperienza e/o leggi scientifiche sul probabile verificarsi di un accadimento dannoso futuro, che si effettua ex ante, cioè con riferimento al momento della condotta o dell’evento (di pericolo) e tenendo conto di tutte le circostanze in quel momento oggettivamente esistenti (cd. giudizio a base totale), quindi prescindendo da tutto ciò che si verifica dopo la realizzazione dell’ultimo dato oggettivo che la norma consente di valutare (per tutti v. ANGIONI, II pericolo concreto come elemento della fattispecie penale. La struttura oggettiva, Milano, 2a ed., 1994, 97 s.; CORBETTA, Delitti contro l’incolumità pubblica,I, I delitti di comune pericolo mediante violenza,Padova, 2003, 43; Cass. IV, 20.2.2007, n. 19342, in Riv. pen., 2007, 10, 995; Cass. I, 6.5.2015, n. 45347, in tema manipolazione di mercato ex art. 185, d. lgs. n. 58/1998). La prognosi si effettua in termini di probabilità di lesione o di danno (per tutti v. ANGIONI [b], II pericolo concreto, cit., 19; CANESTRARI, voce Reati di pericolo, in Enc. giur. Treccani, XXVI, Roma, 1991, 2; CORBETTA, I delitti di comune pericolo mediante violenza,cit., 29; PARODI GIUSINO, I reati di pericolo tra dogmatica e politica criminale,Milano, 1990, 205; apprezzabile grado di possibilità per GALLO E., Reati di pericolo, in Foro pen., 1969, 2) e si basa sulla presenza di una quantità sufficiente (preferibilmente elevata) di fattori favorevoli alla produzione dell’evento dannoso, mentre le sono estranee le percezioni meramente soggettive.

[7] Esempi codicistici si trovano in particolare nei reati contro l’incolumità pubblica, ad es.: l’art. 422 co. 2 c.p. (anche detto pericolo di strage), in genere l’incendio e i disastri (artt. 423, 426, 428 e 430 c.p.; Cass. I, 23.2.2017, n. 14263, ced rv. 269842; Cass. IV, 14.12.2021, n. 46402), nonché l’art. 433 c.p. (attentato alla sicurezza degli impianti); anche l’art. 434 c.p. (crollo di costruzioni o altri disastri dolosi: MARINUCCI, voce Crollo di costruzioni, in Enc. dir. XI, Milano, 1962, 418; ARDIZZONE, voce Crollo di costruzioni e altri disastri dolosi, in Dig. disc. pen., III, Torino, 1989, 275; CORBETTA, I delitti di comune pericolo mediante violenza,cit., 586; GARGANI, Il rischio nella dinamica dei reati contro l’incolumità pubblica e nei reati di pericolo astratto, in Cass. pen. 2017, 3879; Cass. I, 5.7.2018, n. 48027) e l’art. 423 co. 2 c.p. (incendio di cosa propria: Cass. IV, 29.10.2008, n. 43126, ced rv. 242460), sebbene negli artt. 433 e 434 c.p. il pericolo concreto sia tradizionalmente considerato una condizione obiettiva di punibilità e, dunque, evento estraneo alla colpevolezza.

[8] Un approfondimento può effettuarsi in tema di disastri (Cass. IV, 29.10.2008, n. 43126, ced rv. 242460; Cass. IV, 18.9.2008, n. 40799) quali il disastro ferroviario (art. 430 c.p.) e l’incendio doloso di cosa altrui (art. 423 c.p.), che indicano un accadimento caratterizzato da una complessità e gravità di effetti materiali tali da costituire un veicolo di effettivo pericolo per la vita e la integrità fisica di numerose persone; in altre parole, si tratta di eventi concretamente pericolosi per la vita e l’integrità fisica delle persone (cfr. Corte cost. 16.7.1979, n. 71, la quale pretende che l’incendio di cosa altrui sia di tale entità e la cosa sia collocata in modo tale da essere idonei a porre in pericolo la incolumità pubblica; Cass. I, 23.2.2017, n. 14263; Cass. I, 2.12.2005, n. 6393, in tema di art. 437; A. L’Aquila 3.10.1970, in RG ENEL, 1971, 78: caso del Vajont). Per contro si sostiene che tali fattispecie, pur caratterizzandosi quali eventi normalmente pericolosi non possano essere arricchite con l’ulteriore elemento del concreto pericolo (FIANDACA, MUSCO, Diritto penale, Parte speciale, v. I, Bologna, 6a ed., 2021, 506 ss.; Cass. I, 24.9.2018, n. 2123, con rif. a Corte cost. n. 286/1974; contra, condivisibilmente, CORBETTA [a], I delitti di comune pericolo mediante violenza,cit., 34 s.), in quanto incompatibile con la previsione espressa di tale evento soltanto in alcune fattispecie, in cui il disastro è preceduto dal pericolo per l’incolumità pubblica (art. 434 co. 2 c.p.) (MARINUCCI, voce Crollo di costruzioni, cit., 417) o ne è seguito (artt. 423 co. 2 c.p., 428 co. 2 c.p.). Tuttavia, tale ragionamento non è affatto convincente perché, al contrario, proprio queste ultime previsioni sottolineano la natura di eventi di pericolo concreto di incendio e disastri, infatti nel caso di cui all’art. 434 co. 2 c.p. è proprio perché non si è ancora verificato il disastro (che lo implicherebbe) che richiede un pericolo per la pubblica incolumità. D’altra parte, nei casi in cui l’oggetto materiale sia la cosa propria le nozioni di incendio e disastro ne risultano modificate presupponendo eventi controllati dall’agente, cosicché pare corretta la espressa pretesa in fattispecie di un evento di pericolo per l’incolumità pubblica, al pari delle altre figure di disastro di cui tale evento è una componente. Conferma tale soluzione la nuova nozione di disastro ambientale, fissata nell’art. 452quater c.p.(introdotto da l. n. 68/2015) che unitamente all’ipotesi di pericolo concreto per l’integrità fisica di numerose persone e alla lesione della stessa, propone una nozione di disastro limitata agli effetti sull’equilibrio dell’ecosistema, estensiva della nozione tradizionale di disastro ambientale accolta con riferimento al cd. disastro innominato ex art. 434 c.p., che richiedeva un pericolo concreto per la vita e l’incolumità fisica delle persone (Cass. III, 16.1.2008, n. 9418, in Resp. civ. prev., 2008, 1332, ced rv. 239160; Cass. III, 14.7.2011, n. 46189, ced rv. 251592; COCCO, Il disastro ambientale (art. 434 c.p.), in Resp. civ. prev., 2008, 1332).

[9] Conf. Cass. I, 9.1.2024, n. 17567; Cass. V, 12.9.2019, n. 48247, ced rv. 277428.

[10] Per tutti v. De VERO, Istigazione, libertà di espressione e tutela dell’ordine pubblico, in Arch. pen., 1976, 2, 3; VISCONTI, Art. 414 Istigazione a delinquere, in Cadoppi, Canestrari, Manna, Papa (cur.), Trattato di diritto penale. I delitti contro l’ordine pubblico, Torino, 2008, in part. 1029; cfr. anche VISCONTI, Aspetti penalistici del discorso pubblico, Milano, 2008, 91 ss.

[11] Cass. VI, 29.1.2013, n. 4299, ced rv. 254433; conf. Cass. VI, 9.4.2024, n. 21074.

[12] Cass. VI, 4.5.2018, n. 38529; Cass. VI, 6.7.2010, n. 29258, in Cass. pen., 2011, 3459.

[13] Cass. VI, 1.3.2022, n. 13143; Cass. VI, 9.3.2015, n. 9989. PADOVANI, voce Favoreggiamento, in Enc. giur. Treccani, XIV, 1989, 6; PIFFER, I delitti contro l’amministrazione della giustizia, Padova, 2005, 762; PULITANÒ, Il favoreggiamento personale fra diritto e processo penale, Milano, 1984, 99.

[14] Già MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, v. VI, 5a ed., agg. Nuvolone, Pisapia, Torino, 1983, 474.

[15] Si legge in sentenza: «il dolo specifico, nel caso di specie, non si limita a tipizzare il movente dell’azione ma assolve anche allo scopo di qualificare la condotta, costituendo, sul piano oggettivo, un elemento della fattispecie rivelatore dell’offesa che si intende prevenire (e punire)».

[16] Da ult. Cass. S.U. 18.1.2024, n. 16153, che esamina la previsione in parallelo a quella dell’art. 2, l. n. 654/1975 (su cui v., infra, § 6).

[17] Come modificata dall’art. 11, l. 152/1975.

[18] Così Corte cost. n. 15/1973. In precedenza, Corte cost. n. 74/1958 ricollega la legittimità costituzionale della previsione, che sanziona condotte prodromiche alla ricostituzione del disciolto partito fascista, alla sussistenza di elementi modali e spaziali, quale lo svolgimento in pubbliche riunioni, tali da renderle idonee a «a provocare adesioni e consensi ed a concorrere alla diffusione di concezioni favorevoli alla ricostituzione di organizzazioni fasciste».

[19] Cass. S.U. 18.1.2024, n. 16153, identifica il bene giuridico tutelato dalla previsione nell’ordine pubblico democratico o costituzionale.

[20] Afferma Corte cost. n. 254/1974 che la previsione «ha conferito in modo tassativo al legislatore non solo la potestà-dovere di fissare sanzioni penali in caso di violazione del divieto costituzionale di ricostituzione del disciolto partito fascista ma anche di ricercare il modo e le forme più idonei e incisivi per la realizzazione della pretesa punitiva pur nella salvaguardia dei diritti fondamentali che la Costituzione riconosce a tutti i cittadini al fine di combattere, più efficacemente e sollecitamente possibile, quel pericolo che la citata disposizione, in accordo con l’ispirazione antifascista della nostra Costituzione, ha inteso direttamente e imperativamente prevenire».

[21] Corte cost. n. 108/1974.

[22] Altre ipotesi di reati di pericolo indiretto sono la causazione di pericolo di disastri(427, 429 e 431 c.p.) e alla sicurezza dei trasporti (art. 432 co. 1 c.p.), in cui è elemento esplicito del fatto tipico il pericolo concreto della verificazione di un evento come il disastro e il venir meno della sicurezza, i quali però non ledono di per sé beni giuridici ma si limitano a metterli in pericolo. In particolare, la sicurezza è la condizione oggettiva esente da pericoli (anche) per la integrità fisica delle persone, pertanto il suo venir meno si identifica con una situazione di pericolo per l’integrità fisica. In tali casi, dunque, la tutela è anticipata alla mera messa in pericolo della sicurezza – e, dunque, in ambedue i casi è sanzionata la causazione di un evento di pericolo rispetto una situazione pericolosa,ovvero il pericolo di pericolo. V. anche, infra, §§ 4 e 6.

[23] Sulla cui critica v., infra, § 5.

[24] Regole di esperienza basate anche sulla «concreta esperienza nella quale quei fatti si sono verificati e dei particolari inconvenienti provocati, in precedenza, dai fatti stessi, in relazione ai beni che intende tutelare» quindi, quando si tratti di singoli strumenti, non solo della loro astratta capacità di offesa «ma anche dell’uso concreto che di essi viene fatto in base all’esperienza» (in tema di armi, di recente, v. Corte cost. n. 139/2023; in prec., tra le altre, Corte cost. n. 132/1986; in tema di stupefacenti v. Corte cost. n. 333/1991). Spesso, proprio per i fatti che l’esperienza insegna essere tra i più pericolosi, la fattispecie incriminatrice non prevede l’evento di pericolo concreto, cosicché il giudice deve limitarsi ad accertare se si sia verificato o meno il comportamento sanzionato.

[25] Così, tra i più recenti studi in tema, D’ALESSANDRO, Pericolo astratto e limiti soglia. Le promesse non mantenute del diritto penale, Milano 2012. Si veda anche la dottrina citata, infra, nei §§ 8 e seg.

[26] Per tutti, cfr. ANGIONI, Contenuto e funzioni del concetto di bene giuridico, Milano, 1983, 163 s.; DOLCINI, Sanzione penale o sanzione amministrativa: problemi di scienza della legislazione,in Marinucci, Dolcini (cur.), Diritto penale in trasformazione, Milano, 1985, 386 s.; FIANDACA, II ‘bene giuridico’ come problema teorico e come criterio di politica criminale, in Marinucci, Dolcini (cur.), Diritto penale in trasformazione, cit., 170 s.; GARGANI, Delitti di pericolo personale e individuale. Osservazioni in prospettiva di riforma, in Leg. pen. online, 9.9.2020; GRASSO, L’anticipazione della tutela penale: i reati di pericolo e i reati di attentato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1986, 718 s.; v. anche D’ALESSANDRO, Pericolo astratto e limiti soglia, cit., 149 ss..

[27] Si afferma che il giudizio di pericolo cristallizzato nella norma non dovrà apparire né irrazionale né arbitrario, ma frutto di apprezzamenti rigorosi basati sull’esperienza (FORTI, L’immane concretezza. Metamorfosi del crimine e controllo penale, Milano, 2000, 143 ss.).

[28] In tale caso le conoscenze scientifiche fanno sospettare della generale pericolosità di una classe di condotte ma non consentono di affermare né di negare che la singola condotta sia concretamente pericolosa, ad esempio il commercio di medicinali o di alimenti sulla cui nocività vi siano sospetti avvalorati da esperimenti su cavie animali ma di cui la scienza non possa affermare la cancerogenicità o in quali concrete circostanze lo siano; tuttavia, di fronte a un bene giuridico di rilievo quale la salute collettiva, ovvero la vita e la integrità fisica di ciascuno di noi, il diritto penale può ben sanzionare un pericolo anche solo ipotetico.

[29] Si tratta di beni giuridici che per le loro peculiarità (si pensi all’ambiente e al territorio) non possono essere lesi o messi concretamente in pericolo da una singola condotta se non in casi eccezionali, ma la cuilesione è frutto del cumularsi di unamolteplicità di condotte, ad esempio l’inquinamento dell’acqua di un grande fiume. Cosicché per evitare l’evento il legislatore può ricorrere allo schema dei reati di pericolo astratto e impedire le condotte la cui normale pericolosità derivi, in base a consolidate regole di esperienza, dal possibile cumularsi con altre condotte dello stesso tipo; oppure può ricorrere alla creazione di sistemi di controllo delle attività inquinanti e alla tutela di beni giuridici funzionali (v., infra, §§ 8 e seg.). (in tema, per tutti, MARINUCCI, Problemi della riforma del diritto penale in Italia,in Marinucci, Dolcini (cur.), Diritto penale in trasformazione,Milano, 1985, 365; GARGANI, Delitti di pericolo personale e individuale, loc. cit.).

[30] Corte cost. n. 438/1985.

[31] Così Cass. V, 12.10.2023, n. 4557; Cass. V, 26.10.2021, n. 1780, ced rv. 282471; Cass. V, 15.6.2018, n. 27705, ced rv. 273479.

[32] V. DEMURO, Il pericolo e la sua pena, cit., 901 ss.; GARGANI, Delitti di pericolo personale e individuale, cit., 8. Il tema della proporzionalità è affrontato più diffusamente nello Studio sul ruolo del principio di offensività nella teoria del reato.

[33] Benché in dottrina (per tutti ROMANO M., Commentario, cit., 338) e giurisprudenza, spesso si identifichino le espressioni reati di pericolo astratto e reati di pericolo presunto, conviene mantenere la distinzione, non solo per ragioni di chiarezza espositiva, ma anche per i caratteri peculiari che caratterizzano i reati definiti di pericolo presunto.

[34] Una ipotesi di reato di omissione propria di pericolo presunto è costituita dalla violazione dell’obbligo di nomina del medico competente da parte del datore di lavoro (art. 55 co. 1 lett. d) d. lgs. n. 89/2008) che non richiede un pericolo concreto (così in giur. Cass. III, 11.5.2018, n. 30918).

[35] Legge il delitto in termini di pericolo concreto o, meglio, di pericolo astratto-concreto, Cass. I, 13.6.2019, n. 30377, anche con riferimento alla differenza tra detenzione per il commercio, sanzionata dall’art. 443 c.p., e detenzione per la somministrazione (v. anche, infra, in questo § n. 51, nonché § 6, n. 71). D’altra parte, vi è stato in materia anche un intervento legislativo (art. 12 n. 4, l. n. 3/2018) che opportunamente trasforma in illecito amministrativo la detenzione di medicinali scaduti, guasti o imperfetti nelle farmacie: «se risulta che, per la modesta quantità di farmaci, le modalità di conservazione e l’ammontare complessivo delle riserve, si può concretamente escludere la loro destinazione al commercio».

[36] Recentemente in tal senso Cass. IV, 6.10.2020, n. 30271, secondo la quale «il reato di commercio o somministrazione di medicinali guasti o imperfetti integra una fattispecie di pericolo presunto, in quanto mira ad impedirne l’impiego a scopo terapeutico, sanzionando ogni condotta che renda probabile o anche solo possibile la loro concreta utilizzazione (v. anche Sez. F, n. 39187 del 29/08/2013 Ud. – dep. 23/09/2013- Rv. 256910). A ciò deve aggiungersi che il delitto colposo di cui all’art. 452 cod. pen. in relazione all’art. 443 cod. pen. (commercio o somministrazione di medicinali guasti) si configura in caso di detenzione di medicinali scaduti, in quanto da un lato sussiste una presunzione assoluta di pericolosità del medicinale scaduto basata sulla previsione di perdita di efficacia dello stesso e dall’altro per la integrazione di tale reato è richiesta la semplice imperfezione del farmaco, sussistente dopo la sua scadenza (cfr. Sez. 3, n. 29661 del 13/05/2004 Ud. – dep. 08/07/2004- Rv. 229357; nell’occasione la Corte ha pure precisato che la natura di reato di pericolo e non di danno attiene all’adozione di cautele per impedire il verificarsi anche della mera possibilità di somministrazione di un farmaco scaduto, attesa la rilevanza del bene salute)».

[37] Cass. IV, 6.10.2020, n. 30271; Cass. I, 30.11.1988, n. 1707, ced rv. 180392.

[38] Cass. I, 15.5.1992, n. 6926, in Giur. it., 1993, II, 188.

[39] Cass. 8.10.1999, in Riv. pen., 2000, 152.

[40] Non rientrano nella nozione il soggetto che abbia ottenuto la riabilitazione e il soggetto nei confronti del quale sia stata emessa una sentenza di patteggiamento nel caso di estinzione del reato ai sensi dell’art. 445 co. 2 c.p.p. (rec. Cass. II, 27.3.2024, n. 19544).

[41] Corte cost. n. 14/1971, peraltro, esclude dal novero dei soggetti attivi le persone condannate per mendicità, ammonite o sottoposte a misure di sicurezza personale o a cauzione di buona condotta.

[42] Cass. I, 16.4.2024, n. 25451; Cass. II, 3.11.2016, n. 52523, ced rv. 268410-01.

[43] Si precisa che il semplice fatto di svolgere un’attività lavorativa che, in astratto, può giustificare l’uso di un determinato strumento non ne rende lecito il porto al di fuori dei casi di immediata utilizzazione dello stesso in detta attività (Cass. II, 30.11.2023, n. 3742/2024, ced rv. 285802 – 01; Cass. II, 3.11.2016, n. 52523 ced rv. 268410 – 01).

[44] Corte cost. nn. 225/2008 e 265/2005.

[45] V. Cass. I, 13.3.2024, n. 28372; e Cass. II, 28.9.2012, n. 48172, ced rv. 253900, che vi fanno rientrare tutti gli arnesi idonei di per sé ad aprire le serrature e altri analoghi congegni dotati di attitudine potenziale ad operare sulle medesime. Pertanto, non solo gli strumenti atti a forzare serrature poste all’esterno delle abitazioni, ma anche quelli idonei a scardinare congegni di protezione che possono trovarsi all’interno, a tutela dei beni ivi contenuti o custoditi (Cass. II, 10.6.2022, n. 29344, ced rv. 283662).

[46] Parimenti, si afferma che a rendere punibile un comportamento altrimenti irrilevante quale lo stato di manifesta ubriachezza in luogo pubblico o aperto al pubblico non è sufficiente la qualità dell’agente di condannato per delitto non colposo contro la vita o l’incolumità individuale (Corte cost. n. 354/2002: illegittimità costituzionale dell’art. 688, co. 2 c.p.; cfr. Corte cost. n. 48/1994).

[47] Corte cost. n. 370/1996. Quale corollario, con riferimento all’illegittimità della confisca di somma di denaro sequestrata nell’occasione di rinvenimento di sostanza stupefacente riguardo a cui vi è assoluzione in quanto destinata a uso personale, pur in presenza di condanne per cessione di stupefacenti relative a diverse epoche, recente Cassazione afferma «che tali elementi sono certamente idonei a ingenerare il fondato sospetto che tale somma potesse essere provento di attività illecita ma che, in assenza di riconoscimento di responsabilità penale per una condotta correlata alla detenzione e cessione di sostanza stupefacente, la confisca verrebbe ricondotta ad una sorta di ipotesi di “possesso ingiustificato di denaro”, la cui fattispecie, contemplata nell’art. 708 c.p. è stata, come è noto, dichiarata incostituzionale nel 1996» (Cass. VI, 18.10.2022, n. 47154). Peraltro, si precisa, con riferimento ad una ipotesi di ricettazione, che «alla declaratoria di incostituzionalità dell’art. 708 cod. pen. non può affatto ricondursi l’affermazione di un’ontologica indifferenza da parte dell’ordinamento nei confronti di colui che disponga di somme di denaro che, sulla scorta della concreta situazione di fatto, siano al contrario espressive di forme di arricchimento personale ottenuto mediante vie illecite e occulte eludendo i controlli legali ovvero si abbia motivo di ritenere che provengano da delitto. Anzi sono proprio le nuove forme con cui si atteggia il dinamismo criminale e la circolazione illecita del denaro che rendono irragionevole farvi fronte con una disposizione che si è rivelata del tutto marginale a contrastare le nuove dimensioni della criminalità, non più rapportabile, necessariamente, a uno “stato” o a una “condizione personale”, certamente irragionevole nella sua riferibilità a coloro che sono pregiudicati “per delitti determinati da motivi di lucro e per contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio”» (Cass. II, 23.4.2024, n. 23954). Sulla ammissibilità di una nuova fattispecie incriminatrice che sanzioni gli illeciti arricchimenti, ma non tanto il possesso di un patrimonio ingiustificato, quanto la omissione delle informazioni dovute al riguardo da determinate figure di agenti pubblici, in presenza di un sistema di specifici obblighi di informazione circa entità, origine e formazione del proprio patrimonio, giustificati in forza del principio di trasparenza, v. COCCO, Le recenti riforme in materia di corruzione e la necessità di un deciso mutamento di prospettiva nell’alveo dei principi liberali, in Resp. civ. prev., n. 2/2018, 374 ss., in part. 401.

[48] Si tratta di reati di mera condotta, in cui ha un ruolo essenziale l’oggetto materiale, che, per quanto utile oggetto di specifico studio, non richiedono una ulteriore categoria che li raccolga (diversamente MARINUCCI, DOLCINI, GATTA, Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano, 13a ed., 2024, 258; MANTOVANI M., La struttura dei reati di possesso, in Dir. pen. cont., 2012; SALVADORI, I reati di possesso. Un’indagine dogmatica e politico-criminale in prospettiva storica e comparata, Napoli, 2016). Infatti, anche in tal caso le condotte sono rilevanti per il mondo esterno e nient’affatto estranee al principio di materialità poiché il riferimento al possesso o alla detenzione (concetti di tipo naturalistico-normativo) descrive una situazione di fatto che richiama un complesso di attività che la sostanziano, ovvero l’azione di trattenere il controllo del bene nella propria sfera (SALVADORI, I reati di possesso, cit., 366), non dunque quelle che potrebbero seguire, né quelle che le precedono come acquistare, produrre, etc.. Attività (di possesso) che possono essere proibite e sanzionate penalmente con riguardo a determinati oggetti materiali, basti far riferimento alle monete false (in part. art. 455 c.p.) il cui possesso e produzione sono tradizionalmente sanzionati. I reati di mera condotta sono tutti, peraltro, meritevoli di una attenta valutazione di proporzionalità-ragionevolezza con specifico riferimento al principio di offensività, con risultati che possono essere differenti a seconda dei beni in gioco e non solo della prossimità alla verificazione dell’offesa.

[49] Nel codice penale, ad es., sono sanzionati dall’art. 435 c.p. fabbricazione, acquisto odetenzione di dinamite o altre materie esplodenti, asfissianti, accecanti, tossiche o infiammabili al fine di attentare alla pubblica incolumità, che può correttamente rientrare nell’ambito delle condotte penalmente rilevanti in uno stato liberal-democratico. In tale prospettiva si colloca la previsione dell’art. 452 sexies c.p. (introdotto da l. n. 68/2015), che sanziona la detenzione (oltre ad acquisto, cessione, etc.) abusiva di materiale ad alta radioattività.

[50] Nell’ordinamento italiano si arricchiscono le fattispecie di possesso di materiali pericolosi con la necessità di finalità specifiche (ad es. di terrorismo: nuovo art. 280 ter c.p., o di attentareall’incolumità pubblica: artt. 435 c.p. cit.), per giustificare l’entità della sanzione, ma anche il mero possesso non autorizzato di beni pericolosi può meritare la sanzione (si veda la disciplina sulle armi).

[51] Cass. I, 12.3.2024, n. 24756; conf. Cass. I, 22.2.2022, n. 18002; Cass. I, 26.2.2015, n. 24704, ced rv. 263923-01; Cass. IV, 30.6.2000, n. 9359, ced rv. 216931-01; contra, per l’equivalenza detenzione per il commercio e detenzione per la somministrazione, Cass. I, 21.12.2015, n. 7311/2016; Cass. F, 28.8.2008, n. 39051, ced rv. 241154 – 01; Cass. I, 19.5.2004, n. 27923, ced rv. 228803 – 01).

[52] È punita la detenzione al fine di spaccio dall’art. 73, d.P.R. n. 309/1990.

[53] In materia è discussa, in effetti, la stessa legittimità dell’intervento penale volto ad impedirne la circolazione in quanto sostanze certamente dannose per la salute di chi le consuma, ma la cui proibizione penale non rispetta il canone del danno agli altri (v. COCCO, La voce e i contenuti della legge penale liberale. Elementi teorici e spunti applicativi, in Pen. dir. proc., 1/2023, § 10; SALVADORI, I reati di possesso, cit., 390 s.).

[54] SERENI, L’azione, in Cadoppi, Canestrari, Manna, Papa (cur.), Trattato di diritto penale – Parte generale, Vol. II:Il reato, Torino, 2013, 12 ss. in part. 20.

[55] COCCO, Può costituire reato la detenzione di pornografia minorile,in Riv. it. dir. proc. pen., 2006, 863;COCCO, La lotta senza esclusione di colpi contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile. Le questioni dell’error aetatis e del concetto di pornografia minorile, in Resp. civ. prev., 2013, 1802; Cass. S.U. n. 4616/2022; Cass. S.U. n. 51815/2018, che richiedono non vi siano condizionamenti del minore derivanti dalla posizione dell’autore; art. 8, § 3, Direttiva 2011/93/EU; art. 20, § 3, Convenzione di Lanzarote 25.10.2007.

[56] Critico, per tutti, STELLA, Giustizia e modernità. La protezione dell’innocente e la tutela delle vittime, Milano, 3a ed., 2003, 523.

[57] Contra CGUE X, 28.3.2019, C-487/17 e C. 489/17.

[58] FORZATI, Dal pericolo concreto al rischio tecnologico. Fra asimmetrie ontologiche e nuovi modelli preventivi, in Scritti in onore di A.M. Stile, Napoli, 2013, 635; CASTRONUOVO, Principio di precauzione e beni legati alla sicurezza, in Dir. pen. cont. 2011; D’ALESSANDRO, Pericolo astratto e limiti soglia, cit.; FORTI, Accesso alle informazioni sul rischio e responsabilità: una lettura del principio di precauzione, in Crim. 2006, 186; FORTI, La luce chiara della verità e l’ignoranza del pericolo. Riflessioni penalistiche sul principio di precauzione, in Scritti per F. Stella, Napoli, 2007, I, 573; GIUNTA, Il diritto penale e le suggestioni del principio di precauzione, in Crim., 2006, 228; RUGA RIVA, Principio di precauzione e diritto penale, in Studi in onore di G. Marinucci, Milano, 2006, II, 1743.

[59] Ovviamente non tutti contestabili, occorre valutare se effettivamente fondati su regole di esperienza che ne enuncino la normale pericolosità (in senso favorevole in materia di scarico di acque reflue industriali MARINUCCI, DOLCINI, GATTA, Manuale di diritto penale, cit., 288).

[60] STRATENWERTH, Zukunftssicherung mit den Mitteln des Strafrecbts?, in ZStW, 1993, 679 s., 693 s.; sul c.d. ruolo pedagogico del diritto penale, PALIERO, Minima non curat praetor. Ipertrofia del diritto penale e decriminalizzazione dei reati bagatellari, Padova, 1985, 68 s., in part. n. 220; anche C. cost. 31.3.1988, n. 369.

[61] Per tutti, così HASSEMER, Grundlinien einer personalen Rechtsgutlehre,in Philipps, Scholler (cur.), Jenseits des Funktionalismus, Heidelberg, 1989, 93; HASSEMER, Kennzeichen und Krisen des modernen Strafrechts, in ZRP, 1992, 378, 383; HASSEMER, Produktverantwortung im modernen Strafrecht,Heidelberg, 2a ed., 1996, 22 s.; HERZOG, Gesellschaftliche Unsicherheit und strafrechtliche Daseinsvorsorge, Heidelberg, 1991, 141 s.; HOHMANN, Dos Rechtsgut der Umweltdelikte, Frankfurt a. M., 1991, 188 s.; HOHMANN, Von den Konsequenzen einer personalen Rechtsgutsbestimmung im Umweltstrafrecht, in GA, 1992, 76 s.; NAUCKE, Die Wechselwirkung zwischen Strafziel und Verbrechensbegriff,Stuttgart, 1985, 38 s.

[62] MOCCIA, Dalla tutela di beni alla tutela di funzioni: tra illusioni postmoderne e riflussi illiberali, in Riv. it. dir. proc. pen., 1995, 343 s.; SGUBBI, Il reato come rischio sociale, Bologna, 1990, 16 s.

[63] PRITTWITZ, Strafrecht und Risiko, Untersuchungen zur Krise von Strafrecht und Kriminalpolitik in der Risikogesellschaft, Frankfurt a.M., 1993, 349 s.

[64] V., supra, fine § 2.

[65] La incolumità pubblicae, più specificamente, la sicurezza del trafficoo simili, sono definiti beni giuridici cc. dd. intermedi, ovvero privi del carattere proprio di bene giuridico, ma esprimenti la condizione di fatto che assicura la protezione dei beni personali, i quali sono ibeni giuridici effettivamente tutelatidalle previsioniche si riferiscono alla sicurezza come oggetto di tutela. Tecnica che anticipa opportunamente la tutela dei beni sostanziali quando ad essere posti in pericolo sono i beni non di una o più persone individuate ma di una pluralità indeterminata (cioè, non individuata) o comunque ampia di persone (cfr., per tutti, PARODI GIUSINO, I reati di pericolo, cit.,270).

[66] Cfr. CORBETTA, I delitti di comune pericolo mediante violenza,cit., 45 s.; contra ANGIONI, II pericolo concreto, cit., 219; PARODI GIUSINO, I reati di pericolo,cit., 264; GRASSO, L’anticipazione della tutela penale, cit., 699; GARGANI, Dal ‘corpus delicti’ al ‘Tatbestand’. Le origini della tipicità penale, Milano, 1997.

[67] Esempi sono costituiti dal già esaminato (v. § 3, in fine) abbandono di persone minori o incapaci (art. 591 c.p.); nonché dalla calunnia (art. 368 c.p.), reato contro l’attività giudiziaria, riconosciuto come reato di pericolo astratto, nel cui perimetro non rientrano tuttavia le incolpazioni inverosimili, ovvero palesemente assurde, grossolane o paradossali, per i modi e le circostanze in cui sono state effettuate, per l’assoluta inattendibilità del contenuto o perché in contrasto con i più elementari principi della logica e del buon senso, tali da impedire in radice la stessa astratta possibilità di inizio di un procedimento penale a carico del soggetto falsamente incolpato (Cass. VI, 3.4.2024, n. 20064; Cass. II, 19.12.2017, n. 14761, ced rv. 272754; Cass. VI, 22.1.2014, n. 10282, ced rv. 259268), sebbene la previsione non richieda (diversamente dall’art. 367 c.p.: simulazione di reato) l’idoneità della condotta a far iniziare un procedimento penale.

[68] V. SCHRÖDER, Die Gefährdungsdelikte im Strafrecht, in ZRtR, 1969, 7 ss., che definisce così i reati in cui l’area di indagine sul pericolo concreto è limitata ad alcuni elementi.

[69] Per tutti, STELLA, Giustizia e modernità. La protezione dell’innocente e la tutela delle vittime, Milano, 3a ed., 2003, 523.

[70] Il che necessita dell’immissione di sostanze inquinanti di qualità e in quantità tali da determinare il pericolo, scientificamente accertato, di effetti tossico-nocivi per la salute (Cass. IV, 13.2.2007, n. 15216, ced rv. 236168, in FI, 2007, II, 476; conf. Cass. IV, 10.5.2018, n. 25547, ced rv. 272964; Cass. IV, 19.1.2021, n. 12323).

[71] In tal senso Cass. I, 13.6.2019, n. 30377; per la giurisprudenza contraria v., supra, § 4, nn. 35 e seg..

[72] Cass. IV, 11.1.2024, n. 1974; Cass. IV, 10.10.2014, n. 3783, ced rv. 261945; Cass. VI, 16.2.2010, n. 21414, ced rv. 247369.

[73] Cass. IV, 4.10.2023, n. 49487; Cass. IV, 12.12.2012, ced rv. 254667.

[74] Cass. V, 22.3.2023, n. 18482, ced rv. 234514.

[75] Ex plurimis, Cass. V, 22.1.2019, n. 20514, ced rv. 275261.

[76] Cass. S.U. 18.1.2024, n. 16153; Cass. I, 12.10.2021, n. 7904/2022, ced rv 282914-02; contra Cass. I, 19.11.2021, n. 3806/2022, ced rv 275894-02: reato di pericolo concreto di diffusione delle idee fasciste e perciò discriminatorie e razziste

[77] Novellato dal d.lgs. n. 122/1993. Attualmente il richiamo è, ex art. 8, co. 1, d. lgs. n. 21/2018, all’art. 604-bis, co. 2, primo periodo c.p., che vieta «ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi» e sanziona coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, nonché chi partecipa ad esse.

[78] Su cui, supra, § 2, n. 16 e seg.

[79] È, in particolare richiamata Corte cost. n. 139/2023.

[80] Reputa il reato di pericolo concreto Cass. I, 19.11.2021, n. 3806/2022, che richiede «la idoneità della condotta a determinare il pericolo di diffusione delle idee fasciste e perciò discriminatorie e razziste».

[81] V. Corte cost. n. 254/1974.

[82] Così Cass. S.U. 18.1.2024, n. 16153.

[83] Rec. Corte cost. n. 139/2023; inoltre, Corte cost. n. 141/2019; Corte cost. n. 109/2016; Corte cost. n. 225/2008; Corte cost. n. 265/2005; Corte cost. n. 354/2002; Corte cost. n. 519/2000; Corte cost. n. 263/2000; in tema di esiguità quantitativacome indice di inoffensività del fatto, in materia di cessione di sostanze stupefacenti v. Corte cost. n. 360/1995.

[84] La cui prima parte vieta di portare fuori della propria abitazione e delle appartenenze di essa una serie di specifici oggetti (bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, etc.), in assenza di un giustificato motivo.

[85] Così Corte cost. n. 139/2023, dopo averne attestato la ragionevolezza anche per quanto riguarda la differenza con la previsione residuale e di chiusura concernente qualsiasi altro strumento chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona; conf. Corte cost. n. 62/1986.

[86] Corte cost. n. 360/1995 (conf. Corte cost. n. 296/1996; Corte cost. n. 109/2016) afferma la non assimilabilità delle condotte sanzionate dall’art. 73 t.u. stupefacenti (coltivazione) a quelle di acquisto, detenzione e importazione di sostanze stupefacenti ad uso personale; d’altra parte, reputa compatibile con il principio di offensività la configurazione della previsione come reato di pericolo presunto poiché nella specie non pare irragionevole la valutazione prognostica della potenziale aggressione al bene giuridico protetto della salute dei singoli causata dal solo fatto di arricchire la provvista esistente di materia prima e, quindi, di creare maggiori occasioni di spaccio. Peraltro, la decisione evidenzia che «[d]iverso profilo è quello dell’offensività specifica della singola condotta in concreto accertata; ove questa sia assolutamente inidonea a porre a repentaglio il bene giuridico tutelato (come nel caso prospettato dal giudice rimettente – della coltivazione in atto, e senza previsione di ulteriori sviluppi, di un’unica pianta da cui possa estrarsi il principio attivo della sostanza stupefacente in misura talmente esigua da essere insufficiente, ove assunto, a determinare un apprezzabile stato stupefacente), viene meno la riconducibilità della fattispecie concreta a quella astratta, proprio perché la indispensabile connotazione di offensività in generale di quest’ultima implica di riflesso la necessità che anche in concreto la offensività sia ravvisabile almeno in grado minimo, nella singola condotta dell’agente, in difetto di ciò venendo la fattispecie a rifluire nella figura del reato impossibile (art. 49 cod. pen.). La mancanza dell’offensività in concreto della condotta dell’agente non radica però alcuna questione di costituzionalità, ma implica soltanto un giudizio di merito devoluto al giudice ordinario». Anche Corte cost. n. 109/2016 respinge la questione di illegittimità costituzionale e ribadisce «la spettanza al giudice comune del compito di allineare la figura criminosa in questione al canone dell’offensività “in concreto”, nel momento interpretativo ed applicativo. Si tratta, del resto, di una indicazione ampiamente recepita – nei suoi termini generali – dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale compete al giudice verificare se la singola condotta di coltivazione non autorizzata, contestata all’agente, risulti assolutamente inidonea a porre a repentaglio il bene giuridico protetto e, dunque, in concreto inoffensiva, escludendone in tal caso la punibilità (Corte di cassazione, sezioni unite, sentenze 24 aprile-10 luglio 2008, n. 28605 e n. 28606). Risultato, questo, conseguibile sia – secondo l’impostazione della sentenza n. 360 del 1995 – facendo leva sulla figura del reato impossibile (art. 49 del codice penale); sia – secondo altra prospettiva – tramite il riconoscimento del difetto di tipicità del comportamento oggetto di giudizio».

[87] Cass. VI, 15.3.2013, n. 22459, ced rv. 255732; Cass. III, 31.1.2013, n. 21120, ced rv. 255427; Cass. VI, 9.1.2014, n. 6573, ced rv. 258998; più recentemente Cass. VI, 22.11.2016, n. 52547, ced rv. 268938; Cass. VI, 28.4.2017, ced rv. 270544; Cass. IV, 21.5.2019, n. 27213, ced rv. 275877.

[88] Si evince dalla natura di reato di pericolo astratto-presunto che la condotta possa ritenersi inoffensiva solo quando sia assolutamente e radicalmente inidonea, anche solo potenzialmente, dunque già al momento della messa a dimora dei semi, a porre a repentaglio il bene giuridico protetto, in altre parole solo quando la sostanza ricavabile dalla piantagione (immediatamente, ovvero all’esito della maturazione) non sia idonea a produrre un effetto stupefacente in concreto rilevabile (Cass. S.U., 24.4.2008, n. 28605, ced rv. 239921). In sostanziale continuità con il precedente indirizzo secondo cui in materia di coltivazione non autorizzata di piante da cui sono estraibili sostanze stupefacenti non rilevano le quantità di sostanza drogante da esse estraibile, anche in situazioni di comprovata non pericolosità o esiguità, finendo per configurare un reato di mera disubbidienza (Cass. S.U. 24.6.1998, n. 9973, ced rv. 211073; conf. Cass. IV, 15.5.2003, ced rv. 225127; Cass. IV, 13.6.2001, ced rv. 219778), argomentando dallo scopo dell’incriminazione, individuato nel «combattere il mercato della droga espellendolo dal circuito nazionale», nonché dal fatto che «avendo, nel nostro ordinamento, la nozione di stupefacente natura legale – nel senso che sono soggette alla normativa che ne vieta la circolazione tutte e soltanto le sostanze stupefacenti indicate negli elenchi appositamente predisposti – la circostanza che il principio attivo contenuto nella singola sostanza oggetto di spaccio possa non superare la cosiddetta soglia drogante, in mancanza di ogni riferimento parametrico previsto per legge o per decreto, non ha rilevanza ai fini della punibilità del fatto».

[89] Così Cass. IV, 28.10.2008, n. 1222, ced rv. 242371, in contrasto con Cass. S.U., 24.4.2008, n. 28605. La concreta offensività è ad esempio esclusa nella coltivazione di una pianta di canapa indiana da cui è ricavabile principio attivo pari a 16 mg. (Cass. 17.2.2011, in Foro it., 2011, II, 613, che invoca il reato impossibile); e principio attivo pari a 18,44 mg. (Cass. III, 16.1.2013, n. 13017).

[90] Cass. VI, 10.11.2015, n. 5254, ced rv. 265641, che distingue l’assenza di offensività dall’istituto dell’art. 131 bis c.p.; conf. Cass. VI, 17.2.2016, n. 8058, ced rv. 266168.

[91] In presenza dei necessari presupposti oggettivi, di cui si richiede la necessaria compresenza: minima dimensione della coltivazione, svolgimento in forma domestica e non in forma industriale, rudimentalità delle tecniche utilizzate, scarso numero di piante, mancanza di indici di inserimento dell’attività nell’ambito del mercato degli stupefacenti, oggettiva destinazione di quanto prodotto all’uso personale esclusivo del coltivatore.

[92] Secondo una lettura in tali casi a difettare è la tipicità, poiché nelle fattispecie di pericolosità astratta e presunta, in definitiva, si deve sempre riscontrare quel carattere di pericolosità generale, ricavato da alcune delle caratteristiche del fatto, cosicché non potrà considerarsi tipico un fatto completamente privo di ogni attitudine a determinare un danno (PARODI GIUSINO, I reati di pericolo,cit., passim).

[93] Cass. VI, 15.3.2013, n. 22459, ced rv. 255732.

[94] Ho ampiamente sottolineato i rischi anche delle operazioni interpretative in bonam partem, quando confliggenti con la lettera e la volontà legislativa (COCCO, Alcuni caposaldi dell’interpretazione liberale. Insegnamenti e differenze con l’esperienza statunitense, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 4/2023, 1339 ss.), in quanto in violazione del principio di legalità, non potendosi in uno stato di diritto ridurre arbitrariamente le tutele offerte dalla legge penale, in assunto a garanzia di beni fondamentali della comunità politica.

[95] Opera, come già detto, cui è destinato lo studio dal titolo provvisorio Studio sul ruolo del principio di offensività nella teoria del reato.

[96] A cui non si può qui nemmeno cennare, ma che ho ampiamente trattato in due recenti saggi: COCCO, Introduzione a un concetto sostanziale di reato, in Studi economico-giuridici, 1/2023, 31 ss.; COCCO, La voce e i contenuti della legge penale liberale. Elementi teorici e spunti applicativi, in Pen. dir. proc., 1/2023, 7 ss..

[97] Amplius COCCO, Beni giuridici funzionali versus bene giuridico personalistico, in Studi in onore di G. Marinucci, I, Milano, 2006, 167 s.

[98] Espressione della domanda di sicurezza propria della cd. società del rischio (su cui i classici studi di STELLA, Giustizia e modernità, cit.; BARATTA, Jenseits der Strafe. Recbtsguterscbutz in der Risikogesellschaft, in FS-Kaufmann, Heidelberg, 1993, 391 s., 400 s.; KUHLEN, Zum Strafrecht der Risikogesellschaft, in GA, 1994, 347; PALIERO, Minima non curat praetor, cit., 34 s.; PRITTWITZ, Strafrecht und Risiko, cit., passim; SILVA SANCHEZ, La expansión del derecho penal. Aspectos de la politica criminal en las sociedades postindustriales,Madrid, 2a ed. 2001, trad. 1a ed., cur. Militello, L’espansione del diritto penale, Milano, 2004).

[99] In particolare, l’obiettivo di minimizzare ex ante gli spazi disponibili per la commissione utile di fatti illeciti segue il modello delle agenzie pubbliche, presenti anche nell’ordinamento italiano, come la Consob, la Banca d’Italia e le varie autorità (della concorrenza, del mercato, per la privacy, etc.) o gli enti anche territoriali, che dettano le linee-guida generali e impartiscono specifiche disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro, di tutela della salute pubblica, dell’ambiente, del territorio, del consumatore, societaria ed in particolare delle società quotate, finanziaria, etc., alle quali si ricollegano adeguati meccanismi informativi e di controllo. Le agenzie possono, ad esempio, individuare valori o limiti soglia il cui superamento non si ritiene tollerabile nelle emissioni dell’industria di sostanze inquinanti nell’aria, nell’acqua e nel suolo, o nella presenza di sostanze tossiche negli alimenti (per tutti v. STELLA, Criminalità d’impresa: nuovi modelli di intervento, in Riv. it. dir. proc. pen., 1999, 1266; STELLA, Scienza e norma nella pratica dell’igiene industriale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1999, 391; STELLA, Giustizia e modernità, cit., 555 s.).

[100] Per tutti v. ROXIN, I compiti futuri della scienza penalistica, in Riv. it. dir. proc. pen., 2000, 8; MARINUCCI, Il sistema sanzionatorio tra collasso e prospettive di riforma, inRiv. it. dir. proc. pen., 2000, 176; VOLK, Criminalità economica: problemi criminologia, politico-criminali e dommatici, in Sistema penale e criminalità economica, Napoli, 1998 35 s.; KRATSCH, Verhaltenssteuerung und Organisation im Strafrecbt, Berlin, 1985, 269, 294 ss..

[101] Tali modelli normativi sono, in particolare, rappresentati dalla penalizzazione di attività realizzate in assenza di un provvedimento autorizzatorio o nonostante il diniego o la revoca dello stesso, tra le più diffuse nell’ambito del diritto penale accessorio, in cui il ricorso all’elemento normativo costruito negativamente (assenza di autorizzazione o simili) rimette alla disciplina extra-penale l’individuazione dell’area operativa del controllo penale (tutte le ipotesi per cui è richiesta la autorizzazione) (in tema v. COCCO, L’atto amministrativo invalido elemento delle fattispecie penali,Cagliari, 1996, 327; COCCO, Dalla disapplicazione dell’atto amministrativo alla disapplicazione della fattispecie incriminatrice, in Resp. civ. prev, 2021, fasc. 2 e 3; MANTOVANI M., L’esercizio di un’attività non autorizzata. Profili penali,Torino, 2003). Si tratta di una tecnica che porta ad orientare la legge penale secondo i contenuti della legge extra-penale e, dunque, risponde ad una esigenza di tutela di un determinato assetto di disciplina, senza che sia necessaria la concreta pericolosità per i beni tutelati di natura sostanziale.

[102] Nell’ambito delle tecniche di tutela in esame si colloca anche quella cd. ingiunzionale, in cui la sanzione penale colpisce chi non osserva l’ordine o la prescrizione dell’autorità amministrativa, di cui costituisce un modello nel nostro ordinamento l’art. 650 c.p..

[103] Per tutti v. HASSEMER, Produktverantwortung, cit., 11; ALBRECHT, Das Strafrecht auf dem Weg vom liberalen Rechtsstaat zum sozialem Interventionsstaat, in KritV 1988, 182 194. Per superare tale crisi si propone un diritto penale essenziale (Kernstrafrecbt), che riconosca come beni giuridici tutelabili penalmente esclusivamente gli interessi individuali, tra i quali il patrimonio e la libertà individuale (HASSEMER [d], Theorie und Soziologie des Verbrechens, Frankfurt a.M., 1973, 233 s.), mentre i beni giuridici universali debbono ottenere tutela solo per mezzo dei primi (HASSEMER [m], Kennzeichen und Krisen des modernen Strafrechts, cit., 378 s; HASSEMER [f], Grundlinien einer personalen Rechtsgutlehre,cit., 90 s.; PALAZZO [d], I confini della tutela penale: selezione dei beni e criteri di criminalizzazione, inRiv. it. dir. proc. pen., 1992, 457, 472; DE VITA, I reati a soggetto passivo indeterminato. Oggetto dell’offesa e tutela processuale, Napoli, 1999, 84 s.). Si reputa, infatti, che solo la concezione personalistica consenta al bene giuridico di svolgere appieno la sua funzione di limite per il legislatore e l’interprete, rispettivamente, nella costruzione enella interpretazione dei fatti penalmente rilevanti (HASSEMER, Symbolisches Strafrecht und Rechtsgüterschutz, in NStZ, 1989, 553 s.; HERZOG, Gesellschaftliche Unsicherheit, cit., 59 s., 68 s., 74 s., 142 s.; PRITTWITZ, Strafrecht und Risiko, cit., 257, 365).

[104] Anche NAUCKE, in Hassemer (cur.), Strafrechtpolitik. Bedingungen der Strafrechtsreform, Frankfurt a. M., 1987, 25 s.; NAUCKE, Schwerpunktverlagerungen im Strafrecht,in KritV, 1993, 135, 154 s.; HOHMANN, Das Rechtsgut der Umweltdelikte, cit., 205. Nella dottrina italiana classica: BRICOLA, Tecniche di tutela penale e tecniche alternative di tutela,in De Acutis, Palombarini (cur.), Funzioni e limiti del diritto penale (alternative di tutela), Padova, 1984, 63; FIORE C., Prospettive della riforma penale: il ruolo della legislazione speciale,DD 1977, 686; FIORE C., Il principio di offensività,in IP, 1994, 275, 280 s.; PULITANÒ, voce Politica criminale,in Enc. dir. XXXV, 1985, 36 s.

[105] Per tutti v. STELLA, Giustizia e modernità, cit., passim; STELLA, Criminalità d’impresa, cit., 1269.

[106] HASSEMER, Symbolisches Strafrecht, cit., 553; ALBRECHT P-A, Exekutiviscbe Recht, in Albrecht (cur.), Informalisierung des Rechts. Empirische Untersuchungen zur Handhabung und zu den Grenzen der Opportunität im Jugendstrafrecht, Berlin, 1990, 1 s.; ALBRECHT P-A, Das Strafrecht im Zugriff populistischer Politik, in NJ, 1994, 193 s.; HERZOG, Gesellschaftliche Unsicherheit, cit., 40 ss. e passim;KINDHAUSER, Gefährdung als Straftat,Frankfurt a.M., 1989344 s.; KINDHAUSER, in Schünemann, Suárez Gonzalez (cur.), Bausteine des europäischen Wirtschaftsstrafrechts,Köln, 1995, 113 s.; PRITTWITZ, Strafrecht und Risiko, cit., passim;ZAZCYK, in Lüderssen, Nestler-Tremel, Weigend E. (cur.), Modernes Strafrecht und ultima-ratio-Prinzjp,Frankfurt a. M., 1990, 113 s..

[107] I quali vengono distinti dagli interessi diffusi, collettivi, generali ed universali, acui si riconosce pieno diritto di cittadinanza tra i beni giuridici tutelabili penalmente (PALAZZO, I confini della tutela penale, cit., 470 s.). Per quanto si riconosca la legittimità della incriminazione dell’esercizio di attività senza autorizzazione laddove il controllo pubblico sia finalizzato all’accertamento dell’esistenza di presupposti e requisiti fattuali di idoneità, in assenza dei quali l’attività controllata presenti un pericolo altissimo ovvero un pericolo largamente diffuso, in particolare quando gli interessi finali in gioco abbiano carattere personalistico.

[108] In particolare, la scelta legislativa in materia di tutela del territorio, manifestata sanzionando le condotte tenute senza il previo permesso di costruire e concedendo la non punibilità nel caso di rilascio in sanatoria del permesso, attesta la tutela penale sul piano del bene giuridico funzionale della riserva in mano pubblica del governo del territorio(COCCO, Dalla disapplicazione dell’atto amministrativo, loc. cit.).

[109] Come già rilevato da tempo nella dottrina italiana, per tutti v. MAZZACUVA, La legislazione penale in materia economica: normativa vigente e prospettive di riforma, in Riv. it. dir. proc. pen., 1987, 509; MOCCIA, Dalla tutela di beni alla tutela di funzioni: tra illusioni postmoderne e riflussi illiberali, in Riv. it. dir. proc. pen., 1995, 348; PADOVANI, Tutela dei beni e tutela di funzioni nella scelta fra delitto, contravvenzione e illecito amministrativo, in Cass. pen., 1987, 670; PALAZZO, I confini della tutela penale, cit., 468 s.; FORNASARI, Il concetto di economia pubblica nel diritto penale,Milano, 1994, 142; inoltre HASSEMER, Spunti per una discussione sul tema ‘Bene giuridico e riforma della parte speciale’,in Stile (cur.), Bene giuridico e riforma della parte speciale,Napoli, 1983, 367 s.; HASSEMER, Il bene giuridico nel rapporto di tensione tra Costituzione e diritto naturale, in Dei delitti e delle pene, 1984, 109 s.

[110] Secondo la classica definizione di Birnbaum ribadita da MARINUCCI, DOLCINI, Corso di diritto penale, 1, Le norme penali: fonti e limiti di applicabilità. Il reato: nozione, struttura e sistematica, Milano, 3a ed., 2001,434.

[111] Beni che non presentano, sotto il profilo della offendibilità e della specificità, significative differenze rispetto alle tradizionali attività proprie delle funzioni dello stato penalmente protette, né rispetto ai beni giuridici incarnati in entità fisico­-materiali (MARINUCCI, DOLCINI, Corso, cit., 546; inoltre DOLCINI, Principi costituzionali e Diritto penale alle soglie del nuovo millennio, inRiv. it. dir. proc. pen., 1999, 10 s.; contra CATENACCI, ‘Beni’ e ‘funzioni’ oggetto di tutela nella legge ‘Merli’ sull’inquinamento delle acque,in RTDPE, 1996, 1225 ss.; CATENACCI, La tutela penale dell’ambiente, Padova, 1996, 92 s.; SILVA SANCHEZ, La expansión del derecho penal. cit., 141.

[112] Così lo stesso HASSEMER, Grundlinien einer personalen Rechtsgutlehre,cit., 92; ALCÁCER GUIRAO, La protección del futuro y los daños cumulativos, in RECPC, 04-08 (2002), 21, 25; DONINI, Il principio di offensività. Dalla penalistica italiana ai programmi europei, in RTDPC, 4/2013, 43; KINDHÄUSER, Personalität, Schuld und Verletzung,in GA, 1989, 496.

[113] Non sono i beni giuridici quali il governo o l’amministrazione del territorio o dell’ambiente da espellere dal novero dei beni penalmente tutelabili ma proprio i beni cc. dd. sostanziali quali l’ambiente, di difficile definizione e la cui lesione per ciò stesso non è riconoscibile, con problemi di determinatezza della previsione incriminatrice (cfr. per tutti MOCCIA, Dalla tutela di beni alla tutela di funzioni: tra illusioni postmoderne e riflussi illiberali, in Riv. it. dir. proc. pen., 1995, 366).

[114] ROXIN, I compiti futuri della scienza penalistica, in Riv. it. dir. proc. pen., 2000, 5.

[115] STRATENWERTH, Zukunftssicherung mit den Mitteln des Strafrechts?, in ZStW, 1993, 689 s.

[116] Se, ad esempio, è tutelata la riserva in mano pubblica del controllo preventivo di una attività, la effettuazione di quest’ultima senza autorizzazione lede tale bene, senza dipendere dalla lesione di beni giuridici individuali (RODRÍGUEZ MONTAÑÉS, Delitos de peligro, dolo e imprudencia, Madrid, 1994, 301; PARODI GIUSINO, I reati di pericolo tra dogmatica e politica criminale,cit., 313; SCHÜNEMANN, Vom Unterschichts- zum Oberschichtsstrafrecht, in Kühne, Miyazawa (cur.), Alte Strafrechtsstrukturen und neue gesellschaftliche Herausforderung in Japan und Deutschland,Berlin, 2000, 25, nega in tal caso la stessa distinzione tra pericolo e danno).

[117] Esemplari due rapporti di distribuzione che caratterizzano l’epoca attuale: la vendita di generi alimentari e quella di prodotti finanziari. Nel primo si è passati da una relazione personale e di prossimità costante e riconosciuta tra autore e vittima, in cui la vendita di alimenti nocivi per la salute poteva essere combattuta senza problemi con le fattispecie di omicidio colposo e di lesioni personali, alla vendita – con l’avvento delle grandi catene di distribuzione e la globalizzazione dei mercati – da un anonimo produttore ad un altrettanto anonimo acquirente, cosicché le catene causali si perdono nell’anonimato della società di massa (cfr. SCHÜNEMANN, Kritische Anmerkungen zur geistigen Situation der deutschen Strafrechtswissenschaft, in GA, 1995, 211; COCCO, Beni giuridici funzionali versus bene giuridico personalistico, loc. cit.).

[118] Come accade da tempo in materia di sicurezza alimentare nelle figure contravvenzionali previste nella legge n. 283/1962, riformate dal d. lgs. 10.10.2022, n. 150, che introduce una nuova causa di non punibilità (in tema DONINI, Reati di pericolo e salute pubblica. Gli illeciti di prevenzione alimentare al crocevia della riforma penale, in RTDPE, 2013, 45; DONINI, La riforma dei reati alimentari dalla precauzione ai disastri. Per una modellistica pentapartita degli illeciti in materia di salute e sicurezza alimentare, in Biscotti, Lamarque (cur.), Cibo e acqua. Sfide per il diritto contemporaneo. Verso e oltre Expo 2015, Torino, 2015, 25; DONINI, Modelli di illecito minore. Un contributo alla riforma die reati di pericolo contro la salute pubblica, in Donini, Castronuovo (cur.), La riforma dei reati contro la salute pubblica. Sicurezza del lavoro, sicurezza alimentare, sicurezza dei prodotti, Padova, 2007, 258; inoltre GARGANI, Reati contro l’incolumità pubblica. Reati di comune pericolo mediante violenza, Milano, 2008, 296 s.; specificamente sulla causa di non punibilità: AMARELLI, La nuova procedura estintiva delle contravvenzioni in materia di sicurezza alimentare, in Dir. pen. proc., 2023, 70; BERNASCONI, Deflazione processuale mediante istituti di diritto penale sostanziale, in DisCrimen 16.2.2023; DIAMANTI, Estinzione delle contravvenzioni per adempimento di prescrizioni, in Castronuovo, Donini, Mancuso, Varraso (cur.) Riforma Cartabia. La nuova giustizia penale, Padova, 2023, 143; MARTUFI, La definizione anticipata delle contravvenzioni alimentari all’indomani della riforma Cartabia: tra compliance e logiche punitive, in Sist. pen., 14.6.2023; RUGANI, L’estinzione delle contravvenzioni ‘alimentari’ nella fase delle indagini preliminari: commento delle disposizioni introdotte dall’art. 70 d.lgs. 150/2022 («modifiche alla legge 30 aprile 1962 n. 283»), in Leg. pen, 6.2.2023). Inoltre, nella legge tedesca sugli alimenti (SCHÜNEMANN, Kritische Anmerkungen, cit., 212).

[119] Che sanziona con la reclusione da 1 a 5 anni chiunque, allo scopo di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei prospetti richiesti per la sollecitazione all’investimento o l’ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio, con l’intenzione di ingannare i destinatari del prospetto, espone false informazioni od occulta dati o notizie in modo idoneo a indurre in errore i suddetti destinatari.

[120] Sulla omologa truffa nell’investimento di capitali ex § 264a StGB v. SCHÜNEMANN, Bietet die Reform des deutschen Wirtschaftsstrafrecbts ein Vorbild oder ein abschreckendes Beispiel?,in Jornadas sobre la ‘Reforma del Derecho Penal en Alemania’,Madrid, 1992, 31 s.; DREHER, TRÖNDLE, Strafgesetzbuch und Nebengesetze, München, 47a ed., 1995, sub § 264a, nm 2 s.; OTTO,Rechtsgutsbegriff und Deliktstatbestand, inMüller-Dietz (cur.), Strafrechtsdogmatik und Kriminalpolitik, 1971, 1; 290 s.; crit. KINDHÄUSER, in Schünemann, Suárez Gonzalez (cur.), Bausteine des europäischen Wirtschaftsstrafrechts,Köln, 1995, 113, 121; ZAZCYK, in Lüderssen, Nestler-Tremel, Weigend E. (cur.), Modernes Strafrecht und ultima-ratio-Prinzjp,Frankfurt a. M., 1990, 116 s.

[121] E non di lesione della fede pubblica che non è un bene giuridico: amplius COCCO, Il falso bene giuridico della fede pubblica, in Riv. it. dir. proc. pen., 2010, 68 ss.

[122] DE FRANCESCO GA, Emergenza sanitaria e categorie penalistiche: un’indagine nel segno del ‘principio di realtà’, in RIML, 2020; GARGANI, Delitti di pericolo personale e individuale. Osservazioni in prospettiva di riforma, in Leg. pen. online, 9.9.2020.

[123] SCHÜNEMANN, Kritische Anmerkungen, cit., 213.

[124] ZIELINSKI, Handlungs-und Erfolgsunwert im Unrechtsbegriff, Berlin, 1973, 143; KAUFMANN Art.,Schuld und Strafe, Köln, 1966, 393, 403; DORNSEIFER, Unrechtsqualifizierung durch den Erfolg – ein Relikt der Verdachtsstrafe?, in GD Kaufmann, Berlin, 1989, 434.

[125] Cfr., per tutti, KINDHÄUSER, Gefährdung als Straftat,Frankfurt a.M., 1989, 235,276 s.

[126] Cfr. GARGANI, Delitti di pericolo personale e individuale, cit..

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