La Consulta ha dichiarato infondata la questione legittimità costituzionale – sollevata dai Tribunali di Spoleto e Palermo – dell’art. 34, comma 2, c.p.p., nella parte in cui non prevede che il giudice del dibattimento che ha rigettato la richiesta dell’imputato di sospensione del procedimento con messa alla prova non possa partecipare al giudizio che prosegue nelle forme ordinarie.
I rimettenti ritengono che il giudice del dibattimento che abbia rigettato la richiesta dell’imputato di sospensione del procedimento con messa alla prova, divenga incompatibile a trattare il giudizio che prosegue nelle forme ordinarie. Infatti, il rigetto della richiesta di messa alla prova implicherebbe, sotto un complesso di profili, una approfondita valutazione sul merito della res iudicanda.
A conclusioni difforme giunge la Consulta che ritiene che il provvedimento cui intenderebbero annettere efficacia pregiudicante si colloca, non già in una fase processuale precedente e distinta, ma nella stessa fase – quella dibattimentale – rispetto alla quale l’invocato effetto pregiudicante dovrebbe dispiegarsi; il che esclude in radice, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte, la configurabilità di una situazione di incompatibilità costituzionalmente necessaria. Infatti, del principio di non configurabilità di una incompatibilità “endofasica” la Corte ha già fatto disparate applicazioni, anche rispetto a ipotesi del tutto analoghe a quella in esame: concernenti, cioè, decisioni negative su richieste di ammissione a riti speciali, o a forme alternative di definizione del procedimento, assunte dal giudice del dibattimento in sede di atti introduttivi.
Le questioni sono così dichiarate non fondate.