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Inidoneità del domicilio eletto o dichiarato e consegna dell’atto al difensore ex art. 161 co. 4 c.p.p.: nuovo contrasto all’orizzonte

Commento a Cass. sez. IV, 12 gennaio 2021 (dep. 2 febbraio 2021), n. 3930

 

Abstract: L’Autore commenta la sentenza della Corte di cassazione n. 3930/2021, con la quale il giudice di legittimità statuisce che, nel caso in cui in sede di notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari l’indagato dovesse risultare definitivamente assente dal domicilio dichiarato o eletto, sia il medesimo avviso ex art. 415 bis c.p.p. sia il successivo decreto di citazione a giudizio possono essere notificati direttamente al difensore ex art. 161 co. 4 c.p.p. Il commento evidenzia il contrasto della pronunzia rispetto agli obiter dicta forniti dalle Sezioni unite penali con la sentenza 23948/2020, la quale esclude la stessa suscettibilità di impiego dello strumento comunicativo ex art. 161 co. 4 c.p.p. per la notifica dell’atto introduttivo del giudizio.

Abstract: The Author comments the judgment n° 3930/2021, by which the Court of cassation states that, when the notification of the end of investigations is impossible because the enquired is definitively absent in the declared or elected address, that notification and the following communication of the process decree can be communicated to his lawyer ex Art. 161 co. 4 c.p.p. The essay will highlight the contraposition to the obiter dicta included in the judgment n° 23948/2020 by the Joined Sections of the Court of cassation, which leaves out the notification ex Art. 161 co. 4 c.p.p. from the means of communicating the act that introduces the process.

 

SOMMARIO

  1. Una pronuncia di legittimità contro il depotenziamento dell’art. 161 co. 4 c.p.p.; 2. Il contrasto con le Sezioni unite n. 23948/2020; 3. La notifica al domicilio eletto o dichiarato secondo le Sezioni unite n. 23948/2020 e l’esclusione dell’art. 161 co. 4 c.p.p. dagli strumenti comunicativi utili alla dichiarazione di assenza; 4. Brevi note operative in materia di assenza dopo le Sezioni unite 2020; 5. È necessario un nuovo intervento risolutore delle Sezioni unite?

 

  1. Una pronuncia di legittimità contro il depotenziamento dell’art. 161 co. 4 c.p.p.

Prende forma una nuova disputa giurisprudenziale sulla notifica al difensore ex art. 161 co. 4 c.p.p. nel caso di inidoneità del domicilio dichiarato o eletto; un recentissimo filone giurisprudenziale ha infatti preso le distanze dal dictum delle Sezioni unite 28 novembre 2019 (dep. 17 agosto 2020), n. 23948, assumendo una posizione conservatrice e consentendo che la notifica dell’atto introduttivo del giudizio possa essere effettuata in favore del difensore nel caso in cui non abbia avuto esito positivo il previo tentativo di notifica all’imputato al domicilio da costui eletto o dichiarato.

Nel caso di specie, l’indagato aveva eletto domicilio presso un terzo ma la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari nel luogo prescelto non aveva dato esiti positivi risultando il soggetto definitivamente “trasferito”; pertanto la notifica veniva effettuata con consegna al difensore ex art. 161 co. 4 c.p.p.; successivamente, in sede di notifica della citazione a giudizio, la comunicazione veniva effettuata de plano al difensore ai sensi della medesima norma senza previo esperimento di un ulteriore tentativo di notifica al domicilio eletto.

La Corte, con la sentenza 12 gennaio 2021, dep. 2 febbraio 2021, n. 3930, chiamata a pronunziarsi sul ricorso del difensore, evidenzia due argomenti qui di rilievo.

In primo luogo, l’art. 161 co. 4 c.p.p. resta una modalità di notifica valida per la comunicazione all’imputato (per il tramite del difensore) dell’atto introduttivo del giudizio; in secondo luogo, nel momento in cui – già nel corso delle indagini e prima della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari – il domicilio eletto o dichiarato dovesse rendersi inidoneo alla consegna dell’atto in quel luogo, i successivi atti andranno notificati al difensore ex art. 161 co. 4 c.p.p. risultando inutile il previo espletamento di nuove ricerche presso il luogo indicato.

Secondo il giudice di legittimità, infatti, non sussiste «alcun onere per l’Autorità Giudiziaria – per ogni fase del procedimento – di reiterare il tentativo di notifica presso un domicilio divenuto definitivamente “inidoneo” per una causa (trasferimento) che rende impossibile la notifica in quel luogo: nessuna norma di legge lo impone ed anzi, il meccanismo previsto dal combinato disposto dei commi 1 e 4 dell’art. 161 cod. proc. pen impone al giudice di non effettuare tentativi di notifica “inutili” per l’accertata inidoneità “definitiva” del domicilio eletto dall’imputato, avuto riguardo agli oneri imposti dalla legge al medesimo – ove avvisato della pendenza di un procedimento a suo carico – e segnatamente l’obbligo di comunicare ogni variazione intervenuta successivamente alla dichiarazione o elezione di domicilio, resa all’avvio della vicenda processuale» (pp. 2-3 della sentenza in commento)

Il Collegio giudicante aderisce implicitamente all’insegnamento tradizionale secondo cui l’art. 161 c.p.p. è norma processuale in grado al contempo di valorizzare la volontà dell’imputato (A. Lazzoni – A. Trinci, Notifiche: difendersi con le eccezioni, Giuffrè, 2017, p. 67 ss.), il quale è chiamato a indicare un luogo (ed eventualmente una persona) ove ricevere le notifiche del procedimento penale, e di ascrivergli un onere di leale collaborazione con l’autorità, rendendo concretamente possibile la comunicazione nel luogo prescelto o comunicando all’autorità stessa le successive variazioni del domicilio.

In questo senso l’art. 161 co. 4 c.p.p., che consente la notifica al difensore nel caso di esito infruttuoso della comunicazione al domicilio eletto o dichiarato (o di omessa indicazione dei medesimi a fronte dell’invito dell’autorità), nel prendere atto del mancato adempimento, da parte dell’imputato (o indagato), dei succitati oneri comportamentali, rende dunque omaggio alle esigenze di speditezza del procedimento (A. Nappi, Le notificazioni senza certezze e le sezioni unite senza ruolo, in Cass. pen., 2017, 3, p. 1259B), al contempo confidando nella interazione tra difensore e suo assistito che appaghi il regolare svolgimento del diritto di difesa e del diritto alla conoscenza della vicenda giudiziaria.

 

  1. Il contrasto con le Sezioni unite n. 23948/2020.

La pronunzia, sebbene restituisca all’interprete agili strumenti di comunicazione degli atti del procedimento, in grado di alleggerire notevolmente la macchina burocratica degli uffici giudiziari, si pone in palese contrasto con le statuizioni formulate in epoca recentissima dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, con la sentenza 28 novembre 2019, dep. 17 agosto 2020, n. 23948, le quali hanno analizzato la questione «Se, ai fini della pronuncia della dichiarazione di assenza di cui all’art. 420-bis cod. proc. pen., integri di per sé presupposto idoneo l’intervenuta elezione da parte dell’indagato di domicilio presso il difensore di ufficio nominatogli o, laddove non lo sia, possa comunque diventarlo nel concorso di altri elementi indicativi con certezza della conoscenza del procedimento o della volontaria sottrazione alla predetta conoscenza del procedimento o di suoi atti»; nell’incedere motivazionale, di cui si rende inevitabile un sunto schematico nel prosieguo, esse hanno più audacemente fornito una lettura della normativa in materia di assenza in linea con gli impulsi di matrice eurocentrica, secondo cui la celebrazione del processo può avere luogo quando vi sia certezza che l’imputato conosca l’accusa formulata nei suoi riguardi e l’imminente inizio del giudizio.

In disparte il caso in cui l’imputato abbia ricevuto personalmente la notifica dell’atto introduttivo del giudizio e l’ipotesi in cui egli si sia volontariamente sottratto alla conoscenza, l’art. 420 bis cit., che costituisce il perno della riforma in materia di processo in absentia, fornisce all’interprete una chiave esegetica intuibile, anche a dispetto del difetto di coordinamento tra la normativa in materia di assenza e la disciplina delle notificazioni (A. Mangiaracina, La sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non è presupposto idoneo per la dichiarazione di assenza ai sensi dell’art. 420-bis, comma 1, c.p.p., in Proc. pen. e giust., 2021, 2, p. 371): la prassi giudiziaria si è infatti orientata nel senso che si procede in assenza dell’imputato quando la notifica della citazione in giudizio sia stata effettuata nel rispetto delle regole in materia di notificazioni (artt. 157 ss. c.p.p.), nelle mani di un soggetto anche diverso dall’imputato, e ciò si coniughi con l’esistenza di un indice sintomatico della conoscenza del “procedimento” (nomina del difensore, elezione o dichiarazione di domicilio, sottoposizione a misure cautelari o precautelari; altri indici che assicurino che l’imputato abbia conoscenza del procedimento o si sia sottratto alla stessa).

Secondo la pronuncia delle Sezioni unite, la normativa in materia di processo in assenza deve essere interpretata nel senso che l’imputato ha diritto alla conoscenza della vocatio in ius, comprensiva dell’informazione sull’accusa mossa, nonché sulla data e sul luogo del processo (conf. Cass., sez. un. 8 febbraio 2019, dep. 3 luglio 2019, n. 28912; più di recente, Cass., sez. V, 12 ottobre 2020, dep. 2 dicembre 2020, n. 34327; Cass. sez. III, 17 novembre 2020, n. 10225), non potendo reputarsi sufficiente che egli abbia notizia di un “procedimento” a suo carico (nozione che renderebbe sufficiente la conoscenza delle indagini, senza alcuna notizia certa sul loro sbocco processuale); laddove non si abbia la certezza della conoscenza del processo in senso tecnico, dopo un ulteriore vano tentativo di notifica all’imputato personalmente, la vicenda giudiziaria va incontro alla sospensione.

Il Supremo Consesso riunito ha analizzato inoltre la locuzione più controversa della norma che, come noto, è costituita dai particolari “indici di conoscenza” del processo, escludendo che essi siano forme surrettizie di presunzioni, e ne ha valutato la corretta interpretazione (S. Quattrocolo, La corte di cassazione svela il vero volto della rescissione del giudicato? Due recenti pronunce segnano una svolta interpretativa nel sistema del processo in absentia e dei relativi rimedi, in Sist. pen., 2021, 3, pp. 10 ss.).

Secondo la Corte, tali indici facilitano la valutazione giudiziale ai fini della dichiarazione di assenza, tipizzando casi in cui la stessa è ammissibile sebbene la notifica non sia stata fatta a mani proprie dell’imputato. La norma permette quindi di equiparare la notifica regolare, ma non a mani proprie, alla effettiva conoscenza del processo o, in altri termini, di “ritenere che l’imputato abbia effettivamente conosciuto l’atto regolarmente notificato secondo le date modalità” (p. 26 della sentenza delle Sezioni unite).

Tuttavia, secondo l’impalcatura argomentativa, una simile equiparazione transita per la ricerca di connotati di effettività, che, a ben vedere, la Corte richiede sia con riferimento agli indici sintomatici della conoscenza, sia a monte per l’espletamento delle modalità basiche di notifica (ad esempio escludendo la notifica ex art. 157 co. 8 c.p.p. dal novero delle misure propedeutiche alla dichiarazione di assenza), essendo indispensabile evitare che alla regolarità formale della notifica non si accompagni la reale consapevolezza dell’inizio del processo; lo scopo è prevenire, insomma, che la notifica nel suo complesso si risolva in una fictio normativa di conoscenza.

 

  1. La notifica al domicilio eletto o dichiarato secondo le Sezioni unite n. 23948/2020 e l’esclusione dell’art. 161 co. 4 c.p.p. dagli strumenti comunicativi utili alla dichiarazione di assenza.

Riflessioni non dissimili vengono dedicate alla dichiarazione o elezione di domicilio, tematica su cui verte la stessa rimessione alle Sezioni unite e che presenta evidenti peculiarità, trattandosi di una speciale forma di notificazione che riveste al contempo la condizione di indice di conoscenza.

La notifica presso il domicilio eletto o dichiarato può dirsi effettiva quando sia “apprezzabile un rapporto tra il soggetto e il luogo (o la persona, ndr) presso il quale dovrebbero essere indirizzati gli atti” (pag. 22 della sentenza delle Sezioni unite).

Dunque, nulla quaestio se la notifica venga effettuata a mani dell’imputato presso il domicilio dichiarato; così come nessun dubbio sovviene se la notifica venga effettuata a mani di un convivente nel domicilio dichiarato. In entrambi i casi la notifica è già ossequiosa della norma cardine in materia di notificazioni e l’assenza dell’imputato trova quale indice di conoscenza del processo la reale connessione tra luogo e destinatario della vocatio.

Nel caso di domicilio eletto, ipotesi che implica l’esistenza di un domiciliatario in un luogo non abitato dall’imputato, la dichiarazione di assenza poggia sulla effettività del rapporto tra imputato e domiciliatario. Anche in questo caso, non sussistono interrogativi di sorta, e dunque potrà validamente essere pronunciata l’assenza dell’imputato in dibattimento, laddove l’atto sia stato correttamente ricevuto e accettato dal domiciliatario (dovendo presumersi che un domiciliatario estraneo all’imputato rifiuti l’atto), affiancandosi in questo caso il corretto espletamento della notifica al domicilio eletto all’indice di conoscenza connotato da effettività.

Laddove il domiciliatario sia il difensore nominato d’ufficio, appare necessario – in coerenza con quanto superiormente argomentato – che si sia instaurato tra i due un concreto rapporto professionale; il requisito, attualmente inserito nell’art. 162 co. 4 bis c.p.p., non era invece previsto dall’impianto codicistico per il periodo antecedente alla novella legislativa del 2017; le Sezioni unite infatti, regolando il periodo ante-riforma, esprimono il principio di diritto secondo cui «ai fini della dichiarazione di assenza non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa» (massima in C.E.D. Cass., n. 279420).

Occorre allora chiedersi cosa accada laddove la notifica non risulti possibile presso il domicilio dichiarato o eletto, ove per aversi “impossibilità” – in ossequio alle Sezioni unite n. 58120/2017 e 28451/2011 – è sufficiente che l’imputato, altro soggetto idoneo o il domiciliatario, non sia presente nel luogo (c.d. assenza precaria) o non possa o non voglia ricevere l’atto, secondo i canoni del 157 co. 7 c.p.p., non occorrendo altra indagine che attesti l’irreperibilità dell’imputato, “doverosa solo qualora non sia stato possibile eseguire la notificazione nei modi previsti dall’art. 157” (cfr. pagg. 27, 28 della sentenza delle Sezioni unite). A maggior ragione, si verserà in una sostanziale ipotesi di impossibilità laddove l’assenza di un soggetto idoneo alla ricezione sia definitiva, ad esempio nel caso di mutamento nella titolarità dell’immobile o abitazione ormai disabitata.

Orbene, stando al recente approdo delle Sezioni unite, se la notifica riguarda l’atto introduttivo del giudizio, non potrà trovare attuazione la notifica ex art. 161 co. 4 c.p.p., in quanto essa configura una fictio insufficiente a far ritenere l’imputato effettivamente edotto della vocatio.

In altri termini, la notifica di cui all’art. 161 co. 4 c.p.p. è ritenuta dalla Corte di legittimità notifica formalmente valida ma sostanzialmente inidonea ai fini della dichiarazione di assenza.

Precisa infatti la Corte che risultare sloggiato al domicilio eletto non consente di procedere in assenza sulla scorta della notifica quale soggetto irreperibile o presso la casa comunale; inoltre risultare irreperibile non consente che la pur valida notifica ai sensi dell’art. 161 comma 4 c.p.p. prevalga sul dato sostanziale della non conoscenza (pag. 26 della sentenza delle Sezioni unite).

 

  1. Brevi note operative in materia di assenza dopo le Sezioni unite 2020.

Volendo approntare un sintetico schema ai fini operativi, la dichiarazione di assenza, alla luce della sentenza n. 23948/2020 delle Sezioni unite, potrà dichiararsi: a) se la notifica dell’atto introduttivo è avvenuta a mani proprie dell’imputato; b) se la notifica dell’atto introduttivo è avvenuta a mani di persona convivente con l’imputato (o comunque addetta alla ricezione) e sussiste uno degli indici sintomatici della conoscenza (domicilio dichiarato in quel luogo; difensore di fiducia stabile ed effettivo; applicazione di misure cautelari o precautelari nei confronti dell’imputato), essendo in questo caso parificabile la notifica a mani di persona convivente alla notifica a mani proprie; c) se la notifica dell’atto introduttivo è effettuata al domiciliatario cui l’imputato è avvinto da rapporto effettivo (o comunque non ictu oculi implausibile), con l’ovvia considerazione che, laddove l’imputato abbia eletto domicilio, non potrà dichiararsi l’assenza ove la notifica sia stata fatta al familiare convivente sebbene sussistano indici sintomatici della conoscenza, in quanto a difettare a monte è il rispetto delle regole in materia di notificazioni (la fattispecie in questione dà origine, per giurisprudenza consolidata, ad una nullità a regime intermedio, esposta a sanatoria, v. Cass. sez. un., 27 ottobre 2004, dep. 7 gennaio 2005, in CED Cass., n. 229540; più di recente, Cass., sez. V, 1 ottobre 2018, dep. 25 ottobre 2018, n. 48916, in CED Cass., n. 274183).

La dichiarazione di assenza non potrà essere effettuata (salvo sanatorie), dovendo nuovamente tentarsi la notifica ai sensi dell’art. 420 quater co. 1 c.p.p., e successivamente dichiararsi sospeso il processo laddove anch’essa dovesse rivelarsi infruttuosa: a.1) se la notifica è effettuata a mani di soggetto convivente e ciò non sia supportato da ulteriori indici sintomatici ex art. 420 bis c.p.p.; b.1) se la notifica è effettuata in ossequio all’art. 157 co. 8 c.p.p.; c.1.) se la notifica è effettuata a soggetto diverso dall’imputato in luogo diverso dal domicilio dichiarato o eletto; d.1.) se la notifica è stata tentata dapprima infruttuosamente al domicilio dichiarato o eletto, per non essere stata ricevuta da soggetto idoneo (essendo questi assente, temporaneamente o definitivamente, anche a seguito di cambio domicilio non comunicato, o avendo costui rifiutato l’atto), e successivamente svolta ai sensi dell’art. 161 co. 4 c.p.p. al difensore; il principio dovrebbe essere ribadito nei medesimi termini con riferimento alla notifica fallita presso il domicilio determinato.

A parere di chi scrive, la ritrosia ad ammettere, ai fini della dichiarazione di assenza, una notifica effettuata ex art. 161 co. 4 c.p.p. dovrebbe essere ripensata nei seguenti casi: 1) se l’imputato ha dichiarato quale domicilio un recapito fantasioso, inesistente, non veritiero e tale circostanza si disveli durante il tentativo di notificazione; 2) se l’imputato ha eletto domicilio nominando un domiciliatario con cui non ha alcun tipo di rapporto (v. sul punto Cass. sez. VI, 22 ottobre 2020, n. 30636, dep. 03 novembre 2020, in CED Cass., n. 279847); 3) quando egli stesso abbia rifiutato l’atto al domicilio dichiarato senza averne preso visione (nel caso contrario, cioè quando il rifiuto sia preceduto dalla presa visione, dovrebbe ritenersi la notifica correttamente effettuata, v. Cass. sez. un., 29 settembre 2011, n. 155, dep. 10 gennaio 2012, in CED Cass., n. 251501).

In questi casi, infatti, potrebbe plausibilmente concludersi nel senso che il soggetto si sia maliziosamente sottratto alla conoscenza del procedimento.

Le stesse Sezioni unite invece ammettono che l’agile strumento di notifica ex art. 161 co. 4 c.p.p. possa essere utilizzato per gli atti successivi alla vocatio in iudicium.

Si immaginino ad esempio il rinvio dell’udienza per legittimo impedimento o disposto d’ufficio fuori contraddittorio quando l’imputato era già presente alla precedente udienza, il rinvio dell’udienza di prima comparizione disposto d’ufficio fuori contraddittorio (va evidenziato che l’eventuale notifica effettuata ex art. 157 co. 8 bis c.p.p. a fronte di un domicilio dichiarato o eletto dà origine a nullità intermedia sanabile, cfr. Cass. sez. II, 9 gennaio 2019, dep. 15/03/2019, n. 11632, in CED Cass., n. 276747); la notifica ex art. 520 co. 1 c.p.p.

 

  1. È necessario un nuovo intervento risolutore delle Sezioni unite?

Il pregio, e al contempo il difetto, della pronunzia delle Sezioni unite consiste nell’avere offerto riflessioni di ampio respiro in materia di effettiva conoscenza del processo, al fine di statuire su una questione procedurale dal perimetro più ristretto, poi risolta dal legislatore con la riforma dell’art. 162 c.p.p. (mediante inserimento in esso del co. 4 bis) avvenuta con legge 23 giugno 2017, n. 103, che si applicherà ai fatti successivi alla sua entrata in vigore.

Secondo alcuni, infatti, la pronuncia delle Sezioni unite dovrebbe essere valorizzata solo in parte qua, vale a dire con specifico riferimento alla soluzione del quesito. Altra linea di pensiero volge invece nel senso della rilevanza dell’intera impalcatura motivazionale che connota la decisione, sicché essa integralmente dovrebbe orientare l’interprete nelle determinazioni predibattimentali, all’atto della verifica sulla integrità del contraddittorio.

L’ultima opzione è stata sposata da alcune recenti pronunce di legittimità che si sono sin da subito collocate nel solco autorevolmente tracciato dalle Sezioni unite, ritenendo che «la notifica della vocatio in iudicium, effettuata ai sensi dell’art.161, comma 4, cod. proc. pen., in quanto eseguita in luogo diverso dal domicilio indicato, non consente di ritenere la sicura conoscenza del procedimento da parte dell’imputato» (in termini Cass. sez. VI, 18 giugno 2020, dep. 22 luglio 2020, n. 21997, in CED Cass., n. 279680).

Al contrario, la sentenza n. 3930 del 2021, da cui traggono le mosse queste brevi note, predilige un orientamento conservatore, statuendo che «nel caso in cui la notifica all’imputato nel domicilio da questi dichiarato o eletto abbia avuto esito negativo per una ragione “definitiva” (ad es. per trasferimento dell’imputato o inesistenza del suo nominativo nel luogo indicato) che renda impossibile l’esecuzione della notifica, tale situazione deve considerarsi acquisita e valida per ogni fase e grado del procedimento, per evidenti ragioni riconducibili alla unitarietà del procedimento penale nonché ad esigenze di economia e di speditezza processuale; con la conseguenza che, qualora l’imputato non ottemperi all’obbligo – imposto dall’ art. 161, comma 1, cod. proc. pen. – di comunicare il mutamento del domicilio, le successive notificazioni nel corso dell’intero procedimento potranno essere eseguite al difensore ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen.»

Il contrasto giurisprudenziale sulle condizioni operative della notifica al difensore susseguente al fallimento del tentativo di comunicazione dell’atto introduttivo al domicilio dichiarato o eletto è sotto gli occhi di tutti e plausibilmente, specie ove altre decisioni dovessero avallare questo filone giurisprudenziale, richiederà un ulteriore intervento del giudice della nomofilachia nella sua più ampia composizione, il quale, risolvendo il quesito, faccia al contempo luce sulla reale portata delle Sezioni unite 23948/2020 e delinei con chiarezza lo statuto dell’assenza dell’imputato a beneficio degli interpreti e degli operatori giuridici.

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