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Inoppugnabile il provvedimento di trasmissione al giudice civile ex art. 573 comma 1 bis c.p.p.

Com’è noto, la Riforma Cartabia ha significativamente innovato la disciplina dell’impugnazione per i soli interessi civili. In particolare con l’art. 573 comma 1 bis c.p.p. si è previsto che “Quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d’Appello e la Corte di Cassazione, se l’impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civile utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile”. La previsione ha trovato concreta estrinsecazione nell’art. 578 comma 1 bis c.p.p. con il quale si prevede che “Quando nei confronti dell’imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, e in ogni caso di impugnazione della sentenza anche per gli interessi civili, il giudice di appello e la Corte di cassazione, se l’impugnazione non è inammissibile, nel dichiarare improcedibile l’azione penale per il superamento dei termini di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 344 bis, rinviano per la prosecuzione al giudice o alla sezione civile competente nello stesso grado, che decidono sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile”.

Con la sentenza n. 30752 del 14.07.2023 la Cassazione è stata chiamata a valutare l’impugnabilità della decisione del giudice d’appello di trasmissione del procedimento al giudice civile. L’imputato, assolto in prima istanza, si doleva del fatto che l’appello della parte civile fosse, per svariate ragioni inammissibile. Invero, l’imputato aveva concreto interesse al gravame perché, essendo stato assolto, un’eventuale declaratoria di inammissibilità avrebbe determinato l’operatività dell’art. 652 c.p.p. e conseguentemente la preclusione di un’eventuale azione civile in sede civile, anche considerando la diversa regola di giudizio in sede civile rispetto a quella penale.

Il Supremo Collegio dopo aver considerato le varie eccezioni della difesa (abnormità del provvedimento; inoperatività nel caso di specie dell’art. 573 comma1 bis c.p.p.) ha ritenuto che il provvedimento non fosse impugnabile anche in relazione a quanto previsto dall’art. 111 Cost. e dall’art. 568 c.p.p. ritenendo che non si tratti di un atto a contenuto decisorio in quanto, come espressamente stabilito, ci si trova in presenza di un atto con cui il giudice dispone “la prosecuzione del giudizio”. Secondo la Corte, infatti, l’imputato potrà far valere le sue eccezioni davanti al giudice civile che dovrà pronunciarsi al riguardo. Il punto solleva non poche perplessità: quali poteri debbono essere conferiti al giudice civile in punto di ammissibilità ex art. 591 c.p.p.; e quali effetti potrà avere la sua decisione che sarà o non sarà impugnabile ed eventualmente davanti a quale giudice.

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