Corte di giustizia dell’Unione europea, 16 febbraio 2023 (Causa C-349 /21)
La Corte di giustizia della U.E. ammette che un provvedimento di autorizzazione all’intercettazione di comunicazioni, emesso dal presidente di un tribunale bulgaro, sia privo di motivazione, sostenendo che essa sarebbe però ricavabile dalla richiesta.
The Court of Justice of the E.U. admits that a provision authorizing the interception of communications, issued by the president of a Bulgarian Court, lacks reasons, arguing that it could however be derived from the request.
Sommario: 1. Il caso. –2. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.- 3. L’assetto normativo europeo e bulgaro.- 4. Conclusioni.
1.Il caso. –
La Corte di giustizia della U.E. ammette che un provvedimento di autorizzazione all’intercettazione di comunicazioni, emesso dal presidente di un tribunale bulgaro, sia privo di motivazione, sostenendo che essa sarebbe però ricavabile dalla richiesta. Si badi che l’ autorizzazione non richiama nemmeno il contenuto della richiesta, per cui non può neppure parlarsi di motivazione per relationem.
Era capitato che il pubblico ministero avesse avanzato al presidente del Tribunale penale specializzato ben sette richieste di autorizzazione all’intercettazione telefonica. L’imputazione riguardava l’accusa a cinque persone di partecipazione ad una associazione a delinquere, costituita a fini di lucro, volta a far transitare clandestinamente cittadini di paesi terzi attraverso le frontiere bulgare, ad aiutarle a entrare illegalmente nel territorio bulgaro nonché a ricevere o a versare tangenti in relazione a tali attività. Tra gli imputati figuravano anche tre agenti della polizia di frontiera dell’aeroporto di Sofia.
Ciascuna di tali richieste descriveva in maniera circostanziata, dettagliata e motivata l’oggetto della richiesta, il nome e il numero di telefono della persona interessata, il collegamento esistente tra tale numero e detta persona, gli elementi di prova raccolti fino a quel momento e il presunto ruolo svolto dalla persona interessata negli atti criminosi. Anche la necessità di procedere alle intercettazioni telefoniche richieste per raccogliere elementi di prova relativi all’attività criminale oggetto dell’indagine nonché le ragioni e le condizioni che giustificavano l’impossibilità di raccogliere tali informazioni con altri mezzi erano motivate in modo specifico.
L’autorizzazione alle intercettazioni era accolta dal presidente del Tribunale penale specializzato, per tutte le sette richieste il giorno stesso della loro presentazione, con sette distinti ma identici provvedimenti. Le autorizzazioni erano contenute in un prestampato destinato a coprire tutti i possibili casi di autorizzazione, senza alcun riferimento alle circostanze di fatto e di diritto, ad eccezione della durata delle intercettazioni. In particolare, tali autorizzazioni si limitavano a menzionare soltanto il rispetto delle disposizioni di legge da esse citate, senza identificare l’autorità all’origine delle richieste di intercettazioni telefoniche e senza indicare il nome e il numero di telefono di ciascuna persona interessata, il reato o i reati per cui si procedeva, gli indizi che consentivano di sospettare la commissione di uno – o più – dei reati summenzionati o, ancora, le categorie di persone e di locali, per i quali era stato autorizzato l’impiego di tecniche investigative speciali. Inoltre, dette autorizzazioni non esponevano gli argomenti del pubblico ministero che dimostrassero l’impossibilità di raccogliere le informazioni richieste con un mezzo diverso dalle intercettazioni telefoniche, né precisavano se il termine indicato per l’utilizzo di tali tecniche era stato fissato per la prima volta o se si trattasse di una proroga del termine, nonché in base a quale ipotesi e a quali argomenti era stato deciso tale termine.
Di fronte ad un provvedimento di autorizzazione così generico, la Corte di Lussemburgo osserva che, poiché la richiesta della polizia di autorizzazione all’intercettazione era motivata e specifica “si deve ritenere che, firmando un testo prestabilito secondo un modello che indica il rispetto dei requisiti di legge, tale giudice ha convalidato i motivi della richiesta, garantendo al contempo il rispetto dei requisiti di legge”.
Ma si tratta di una presunzione davvero irragionevole che non può essere condivisa perché oblitera l’obbligo di motivazione e si pone in contrasto con il diritto della U.E. soprattutto perché impedisce sia l’impugnazione sia il diritto di difesa
2. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.-
La sentenza annotata si pone in contrasto con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che riconosce implicitamente che l’art. 6, § 1, C.E.D.U. impone l’obbligo per il giudice di motivare le proprie decisioni. Di conseguenza, la Corte e.d.u. ha ravvisato una violazione dell’art. 8 C.e.d.u. nel provvedimento del giudice nazionale che aveva autorizzato l’intercettazione dell’utenza telefonica del ricorrente poiché “non vi era altro modo per condurre le indagini”, senza “alcun riferimento a fatti specifici emergenti dal fascicolo che facessero ritenere la commissione del fatto di reato da parte dell’imputato e che l’indagine potesse essere condotta con l’ausilio di strumenti meno invasivi” (Corte e.d.u., sez. I, 15.1.2015, Dragojevic, c./Croazia, in Dir. pen. e proc., 2015, 363). In un caso slovacco la Corte e.d.u. ha ritenuto che viola l’art. 8 CEDU il decreto, privo di motivazione, che autorizza le intercettazioni (Corte e.d.u., sez. I, 12.1.2023, A.P. e B.A. c. Slovacchia).
La Corte di Strasburgo ha ribadito che l’organo competente per autorizzare le intercettazioni deve essere indipendente, e deve essere previsto un controllo giudiziario (o comunque di un organo indipendente) sull’attività di autorizzazione (Corte e.d.u. , sez.IV, 10.2.2009, Iordachi e altri c. Moldavia,inCass. pen., 2009, 4021).
La Corte e.d.u. ha nuovamente censurato l’impiego delle intercettazioni senza controllo giudiziale, autorizzate solo dal pubblico ministero rumeno, che non gode dei requisiti di indipendenza e imparzialità dall’esecutivo, senza un successivo controllo da parte di un tribunale indipendente. La sentenza afferma pure la necessità della audizione diretta dei testimoni da parte delle Corti che giudicano non solo il diritto, ma anche il fatto, a nulla rilevando che la pronuncia promani dal giudice di ultima istanza ovvero l’High Court of Cassation and Justice della Romania, la quale ha rivalutato sia le dichiarazioni sia le intercettazioni, ma nel solo contenuto cartolare e non orale (Corte e.d.u., sez. III, 22.9.2015, Nitulescu c/Romania).
In riferimento alla disciplina italiana, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto che l’art. 267 c.p.p. è in linea con i principi dell’”equo processo” in quanto fornisce adeguate garanzie circa il controllo giurisdizionale e l’obbligo di motivazione, fissando nei dettagli le modalità di ricorso alle intercettazioni, escludendo così ingerenze arbitrarie delle autorità statali (Corte e.d.u., sez. II, 10.4.2007, Panarisi c. Italia, in Cass. pen., 2007, 3941, nonché in Dir. pen. e proc., 2007, 831).
3. L’assetto normativo europeo e bulgaro.-
Nel diritto della U.E. è posta una regola ben precisa dall’art. 5, § 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche). La regola dispone che «Gli Stati membri assicurano, mediante disposizioni di legge nazionali, la riservatezza delle comunicazioni effettuate tramite la rete pubblica di comunicazione e i servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, nonché dei relativi dati sul traffico. In particolare essi vietano l’ascolto, la captazione, la memorizzazione e altre forme di intercettazione o di sorveglianza delle comunicazioni, e dei relativi dati sul traffico, ad opera di persone diverse dagli utenti, senza consenso di questi ultimi».
L’eccezione è stabilita dall’art. 15, § 1, della stessa direttiva, secondo cui «Gli Stati membri possono adottare disposizioni legislative volte a limitare i diritti e gli obblighi di cui agli articoli 5 e 6, all’articolo 8, paragrafi da 1 a 4, e all’articolo 9 della presente direttiva, qualora tale restrizione costituisca, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 95/46/CE, una misura necessaria, opportuna e proporzionata all’interno di una società democratica per la salvaguardia della sicurezza nazionale (cioè della sicurezza dello Stato), della difesa, della sicurezza pubblica; e la prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento dei reati, ovvero dell’uso non autorizzato del sistema di comunicazione elettronica. A tal fine gli Stati membri possono tra l’altro adottare misure legislative le quali prevedano che i dati siano conservati per un periodo di tempo limitato per i motivi enunciati nel presente paragrafo. Tutte le misure di cui al presente paragrafo sono conformi ai principi generali del diritto comunitario, compresi quelli di cui all’articolo 6, paragrafi 1 e 2, del [TUE]».
Anche il diritto bulgaro prescrive l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giudiziari. Infatti, l’art. 121, § 4, della Costituzione dispone che «gli atti giudiziari sono motivati».
Pure l’art. 34 del codice di procedura penale stabilisce, in generale, che «tutti gli atti giudiziari devono contenere (…) una motivazione (…)».
In materia di intercettazioni, l’art. 173 del codice di procedura penale bulgaro prescrive che la richiesta scritta motivata del pubblico ministero incaricato della direzione delle indagini deve contenere: «1. informazioni relative al reato la cui indagine richiede l’uso di tecniche investigative speciali; 2. una descrizione delle azioni intraprese e del loro esito; 3. informazioni relative alle persone o ai locali in relazione ai quali si applicheranno le tecniche investigative speciali; 4. le modalità operative da applicare; 5. la durata dell’utilizzo richiesto e i motivi per cui tale durata è richiesta; 6. le ragioni per le quali i dati necessari non possono essere raccolti altrimenti o possono essere raccolti solo con estrema difficoltà».
Ovviamente, l’art. 174, § 4, dello stesso codice di procedura penale, prevede che il presidente del Tribunale penale specializzato «statuisce con ordinanza motivata (…)».
Di fronte ad un dettato normativo così esplicito e stringente, non sembra possibile ammettere provvedimenti immotivati.
4. Conclusioni.-
Com’è noto, in Italia l’art. 111, comma 6, Cost. prescrive che “tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati” e l’art. 125, comma 3, c.p.p. esige, in generale, la motivazione, “a pena di nullità”. In particolare per le intercettazioni, l’art. 267 c.p.p. richiede un decreto motivato sia per l’autorizzazione sia per la proroga.
La giurisprudenza italiana afferma che la mancanza di motivazione “in senso fisico-testuale ma anche quando la motivazione sia apparente, semplicemente ripetitiva della formula normativa, del tutto incongrua rispetto al provvedimento che deve giustificare (motiva su un sequestro, o su esigenze di cautela personale, e similmente)” dà luogo ad inutilizzabilità, mentre nel caso di difetto della motivazione (“nel senso di incompletezza o insufficienza o non perfetta adeguatezza, ovvero di sovrabbondanza con ben probabili, in simili eccessi, slabbrature logiche; in una parola, di vizi che non negano e neppure compromettono la giustificazione, ma la rendono non puntuale”) si sostiene che il “vizio va emendato dal giudice cui la doglianza venga prospettata, sia esso il giudice del merito, che deve utilizzare i risultati delle intercettazioni, sia da quello dell’impugnazione nella fase di merito o in quella di legittimità”, trattandosi di mera irregolarità o tutt’al più di nullità relativa(Cass., Sez. un., 21.6.2000, Primavera ed altri, in Dir. pen. e proc., 2001, 621, nonché in Guida dir.,2000, 40, 59).
Infatti, è posto prima dalla logica che dal diritto che il giudicante debba render conto delle ragioni della sua decisione. Le affermazioni della parte, pubblica o privata, contenute nella richiesta, devono essere comunque esaminate, valutate e condivise dal giudice, il quale deve, con la motivazione, dimostrare di aver esaminato l’istanza e deve altresì spiegare le ragioni che, in tema di intercettazioni, giustificano la limitazione della segretezza delle comunicazioni e l’iter logico che lo ha portato a tale conclusione. Tra l’altro, il provvedimento autorizzatorio, per essere rispettoso dell’art. 15, § 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, deve pure dimostrare che la misura che applica è «necessaria, opportuna e proporzionata all’interno di una società democratica per la salvaguardia della sicurezza nazionale, della difesa, della sicurezza pubblica» oppure della «prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento dei reati, ovvero dell’uso non autorizzato del sistema di comunicazione elettronica».
Si tratta quindi di una sentenza della Corte di Lussemburgo assolutamente non condivisibile e che sostanzialmente rinuncia alla garanzia della riserva di giurisdizione per un atto che limita il diritto inviolabile alla segretezza delle comunicazioni, precludendo qualsiasi impugnazione e qualsiasi difesa.
Non resta che auspicare che si tratti di una pronuncia isolata e che la giurisprudenza della Corte di Lussemburgo torni ad essere la garante delle libertà fondamentali dell’uomo.
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
16 febbraio 2023 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Settore delle telecomunicazioni – Trattamento dei dati personali e tutela della vita privata – Direttiva 2002/58 – Articolo 15, paragrafo 1 – Restrizione alla riservatezza delle comunicazioni elettroniche – Decisione giudiziaria che autorizza l’ascolto, la captazione e la memorizzazione delle conversazioni telefoniche di persone sospettate di aver commesso un reato doloso grave – Prassi in base alla quale la decisione è redatta secondo un modello di testo prestabilito e privo di motivazione specifica – Articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Obbligo di motivazione»
Nella causa C‑349/21,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato, Bulgaria), con decisione del 3 giugno 2021, pervenuta in cancelleria il 4 giugno 2021, nel procedimento
HYA,
IP,
DD,
ZI,
SS,
con l’intervento di:
Spetsializirana prokuratura
LA CORTE (Terza Sezione),
composta da K. Jürimäe, presidente di sezione, M. Safjan (relatore), N. Piçarra, N. Jääskinen e M. Gavalec, giudici,
avvocato generale: A.M. Collins
cancelliere: R. Stefanova-Kamisheva, amministratrice
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 luglio 2022,
considerate le osservazioni presentate:
per IP, da H. Georgiev, advokat;
per DD, da V. Vasilev, advokat;
per il governo ceco, da O. Serdula, M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;
per il governo irlandese, da M. Browne, D. Fennelly, Barrister-at-Law, A. Joyce e M. Lane, in qualità di agenti;
per la Commissione europea, da C. Georgieva, H. Kranenborg, P.‑J. Loewenthal e F. Wilman, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 ottobre 2022,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU 2002, L 201, pag. 37).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale a carico di HYA, IP, DD, ZI e SS per partecipazione a un’organizzazione criminale.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
Direttiva 2002/58
3 Il considerando 11 della direttiva 2002/58 enuncia quanto segue:
«La presente direttiva, analogamente alla direttiva 95/46/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU 1995, L 281, pag. 31)], non affronta le questioni relative alla tutela dei diritti e delle libertà fondamentali inerenti ad attività che non sono disciplinate dal diritto comunitario. Lascia pertanto inalterato l’equilibrio esistente tra il diritto dei cittadini alla vita privata e la possibilità per gli Stati membri di prendere i provvedimenti di cui all’articolo 15, paragrafo 1, della presente direttiva, necessari per tutelare la sicurezza pubblica, la difesa, la sicurezza dello Stato (compreso il benessere economico dello Stato ove le attività siano connesse a questioni di sicurezza dello Stato) e l’applicazione della legge penale. Di conseguenza la presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di effettuare intercettazioni legali di comunicazioni elettroniche o di prendere altre misure, se necessario, per ciascuno di tali scopi e conformemente alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali[, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la “CEDU”)], come interpretata dalle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo. Tali misure devono essere appropriate, strettamente proporzionate allo scopo perseguito, necessarie in una società democratica ed essere soggette ad idonee garanzie conformemente alla [CEDU]».
4 L’articolo 2, primo comma, di detta direttiva così prevede:
«Salvo diversa disposizione, ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni di cui alla direttiva 95/46/CE e alla direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) [(GU 2002, L 108, pag. 33)]».
5 L’articolo 5, paragrafo 1, della suddetta direttiva dispone quanto segue:
«Gli Stati membri assicurano, mediante disposizioni di legge nazionali, la riservatezza delle comunicazioni effettuate tramite la rete pubblica di comunicazione e i servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, nonché dei relativi dati sul traffico. In particolare essi vietano l’ascolto, la captazione, la memorizzazione e altre forme di intercettazione o di sorveglianza delle comunicazioni, e dei relativi dati sul traffico, ad opera di persone diverse dagli utenti, senza consenso di questi ultimi, eccetto quando sia autorizzato legalmente a norma dell’articolo 15, paragrafo 1. Questo paragrafo non impedisce la memorizzazione tecnica necessaria alla trasmissione della comunicazione fatto salvo il principio della riservatezza».
6 L’articolo 15, paragrafo 1, della medesima direttiva è così formulato:
«Gli Stati membri possono adottare disposizioni legislative volte a limitare i diritti e gli obblighi di cui agli articoli 5 e 6, all’articolo 8, paragrafi da 1 a 4, e all’articolo 9 della presente direttiva, qualora tale restrizione costituisca, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 95/46/CE, una misura necessaria, opportuna e proporzionata all’interno di una società democratica per la salvaguardia della sicurezza nazionale (cioè della sicurezza dello Stato), della difesa, della sicurezza pubblica; e la prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento dei reati, ovvero dell’uso non autorizzato del sistema di comunicazione elettronica. A tal fine gli Stati membri possono tra l’altro adottare misure legislative le quali prevedano che i dati siano conservati per un periodo di tempo limitato per i motivi enunciati nel presente paragrafo. Tutte le misure di cui al presente paragrafo sono conformi ai principi generali del diritto comunitario, compresi quelli di cui all’articolo 6, paragrafi 1 e 2, del [TUE]».
Regolamento (UE) 2016/679
7 Ai sensi dell’articolo 4, punto 2, del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (GU 2016, L 119, pag. 1):
«Ai fini del presente regolamento s’intende per:
(…)
2) “trattamento”: qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali o insiemi di dati personali, come la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la strutturazione, la conservazione, l’adattamento o la modifica, l’estrazione, la consultazione, l’uso, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l’interconnessione, la limitazione, la cancellazione o la distruzione;
(…)».
8 L’articolo 94, paragrafo 2, di detto regolamento così prevede:
«I riferimenti alla direttiva [95/46/CE] abrogata si intendono fatti al presente regolamento. I riferimenti al gruppo per la tutela delle persone con riguardo al trattamento dei dati personali istituito dall’articolo 29 della direttiva 95/46/CE si intendono fatti al comitato europeo per la protezione dei dati istituito dal presente regolamento».
Diritto bulgaro
9 L’articolo 121, paragrafo 4, della Costituzione bulgara dispone che «gli atti giudiziari sono motivati».
10 L’articolo 34 del Nakazatelno protsesualen kodeks (codice di procedura penale), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: l’«NPK»), stabilisce che «tutti gli atti giudiziari devono contenere (…) una motivazione (…)».
11 L’articolo 172 dell’NPK è così formulato:
«(1). Le autorità incaricate della fase predibattimentale del procedimento possono ricorrere a tecniche investigative speciali (…) per documentare le attività delle persone oggetto di sorveglianza (…).
(2). Possono essere impiegate tecniche investigative speciali quando ciò è necessario ai fini dell’indagine su reati dolosi gravi di cui al capo primo, al capo secondo, sezioni I, II, IV, V, VIII e IX, al capo terzo, sezione III, al capo quinto, sezioni da I a VII, al capo sesto, sezioni da II a IV, al capo ottavo, al capo ottavo “a”, al capo nono “a”, al capo undicesimo, sezioni da I a IV, al capo dodicesimo, al capo tredicesimo e al capo quattordicesimo, nonché per i reati di cui all’articolo 219, paragrafo 4, seconda ipotesi, all’articolo 220, paragrafo 2, all’articolo 253, all’articolo 308, paragrafi 2, 3 e 5, seconda frase, all’articolo 321, all’articolo 321 bis, all’articolo 356k e all’articolo 393 della parte speciale del Nakazatelen kodeks [codice penale], qualora l’accertamento delle circostanze di cui trattasi sia altrimenti impossibile o caratterizzato da difficoltà eccezionali».
12 Ai sensi dell’articolo 173 dell’NPK:
«(1). L’impiego di tecniche investigative speciali durante la fase predibattimentale è subordinato al deposito in tribunale di una richiesta scritta motivata del pubblico ministero incaricato della direzione delle indagini. Prima del deposito della richiesta, quest’ultimo ne informa il responsabile amministrativo del pubblico ministero interessato.
(2). La richiesta contiene:
1. informazioni relative al reato la cui indagine richiede l’uso di tecniche investigative speciali;
2. una descrizione delle azioni intraprese e del loro esito;
3. informazioni relative alle persone o ai locali in relazione ai quali si applicheranno le tecniche investigative speciali;
4. le modalità operative da applicare;
5. la durata dell’utilizzo richiesto e i motivi per cui tale durata è richiesta;
6. le ragioni per le quali i dati necessari non possono essere raccolti altrimenti o possono essere raccolti solo con estrema difficoltà».
13 L’articolo 174, paragrafi 3 e 4, dell’NPK, prevede quanto segue:
«(3). L’autorizzazione al ricorso a tecniche investigative speciali nell’ambito di un procedimento di competenza dello Spetsializiran nakazatelen sad [(Tribunale penale specializzato, Bulgaria)] è previamente concessa dal suo presidente (…).
(4). L’autorità di cui ai paragrafi da 1 e 3 statuisce con ordinanza motivata (…)».
14 L’articolo 175 dell’NPK è redatto nel seguente modo:
«(…)
(3). Il termine per l’applicazione di tecniche investigative speciali non può essere superiore a:
1. venti giorni nei casi di cui all’articolo 12, paragrafo 1, punto 4, dello zakon za spetsialnite razuznavatelni sredstva (legge in materia di tecniche investigative speciali);
2. due mesi negli altri casi.
(4). In caso di necessità, il termine di cui al paragrafo 1 può essere prorogato conformemente all’articolo 174:
1. di venti giorni, senza poter superare complessivamente sessanta giorni, nei casi di cui al paragrafo 3, punto 1;
2. non superiore a un totale di sei mesi nei casi di cui al paragrafo 3, punto 2».
15 L’articolo 3, paragrafo 1, dello zakon za spetsialnite razuznavatelni sredstva (legge in materia di tecniche investigative speciali), dell’8 ottobre 1997 (DV n. 95, del 21 ottobre 1997, pag. 2), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: lo «ZSRS»), dispone quanto segue:
«Sono impiegate tecniche investigative speciali quando ciò è necessario ai fini della prevenzione e dell’accertamento di reati dolosi gravi di cui al capo primo, al capo secondo, sezioni I, II, IV, V, VIII e IX, al capo terzo, sezione III, al capo quinto, sezioni da I a VII, al capo sesto, sezioni da II a IV, al capo ottavo, al capo ottavo “a”, al capo nono “a”, al capo undicesimo, sezioni da I a IV, al capo dodicesimo, al capo tredicesimo e al capo quattordicesimo, nonché per i reati di cui all’articolo 219, paragrafo 4, seconda ipotesi, all’articolo 220, paragrafo 2, all’articolo 253, all’articolo 308, paragrafi 2, 3 e 5, seconda frase, all’articolo 321, all’articolo 321 bis, all’articolo 356k e all’articolo 393 della parte speciale del [codice penale], qualora la raccolta delle informazioni necessarie sia altrimenti impossibile o caratterizzata da difficoltà eccezionali».
16 L’articolo 6 dello ZSRS così prevede:
«In caso di ascolto, mediante l’utilizzo di mezzi tecnici, in modo uditivo o altrimenti, le comunicazioni (…) telefoniche (…) delle persone controllate sono intercettate».
17 L’articolo 11 dello ZSRS è così formulato:
«Al momento dell’attuazione delle modalità operative, una prova è costituita dall’intermediazione (…) di una registrazione sonora (…) su un supporto fisico».
18 L’articolo 12, paragrafo 1, punto 1, dello ZSRS enuncia quanto segue:
«Sono impiegate tecniche investigative speciali nei confronti di persone in relazione alle quali vi sono informazioni e ragionevoli motivi per ritenere che stiano preparando o commettendo un reato doloso grave di cui all’articolo 3, paragrafo 1 o che lo abbiano commesso».
19 L’articolo 13, paragrafo 1, dello ZSRS è così redatto:
«Il diritto di chiedere l’uso di tecniche investigative speciali e di utilizzare le informazioni raccolte per mezzo di queste ultime, nonché i mezzi di prova materiali, spettano, nel rispetto delle loro competenze:
1. alla direzione generale “polizia nazionale”, alla direzione generale “lotta contro la criminalità organizzata”, alla direzione generale “polizie di frontiera”, alla direzione “sicurezza interna”, alle direzioni regionali del Ministero dell’Interno, alle direzioni specializzate (ad esclusione della direzione “operazioni tecniche”), alle direzioni territoriali e alle unità territoriali indipendenti dall’agenzia statale “sicurezza nazionale”;
2. ai servizi di “intelligence militare” e alla “polizia militare” (presso il Ministro della Difesa);
3. all’agenzia statale “intelligence”».
20 Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, punto 7, dello ZSRS:
«Ai fini del ricorso a tecniche investigative speciali è necessaria una richiesta scritta motivata del dirigente amministrativo competente delle autorità di cui all’articolo 13, paragrafo 1, o del pubblico ministero a capo delle indagini, oppure, se del caso, dell’autorità di cui all’articolo 13, paragrafo 3, e, nel caso della direzione di cui all’articolo 13, paragrafo 1, punto 7, del suo direttore, nella quale sono indicati (…) i motivi per i quali la raccolta delle informazioni necessarie sarebbe altrimenti impossibile o in cui è contenuta una descrizione delle difficoltà eccezionali che caratterizzano la loro raccolta».
21 L’articolo 15, paragrafo 1, dello ZSRS stabilisce quanto segue:
«I dirigenti delle autorità di cui all’articolo 13, paragrafo 1, o il pubblico ministero a capo delle indagini e, nel caso della direzione di cui all’articolo 13, paragrafo 1, punto 7, il presidente della Commissione per la lotta contro la corruzione e la confisca dei beni ottenuti illegalmente presentano la richiesta ai presidenti del Sofiyski gradski sad [Tribunale di Sofia, Bulgaria], dei tribunali regionali o militari competenti, dello Spetsializiran nakazatelen sad [Tribunale penale specializzato], o al vicepresidente da essi autorizzato, i quali, entro 48 ore, autorizzano o negano per iscritto il ricorso a tecniche investigative speciali, motivando la decisione».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
22 Tra il 10 aprile e il 15 maggio 2017, lo Spetsializirana prokuratura (pubblico ministero specializzato, Bulgaria) ha presentato dinanzi al presidente dello Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato) sette richieste di autorizzazione per l’impiego di tecniche investigative speciali al fine di intercettare e registrare, se non sorvegliare e tracciare, le conversazioni telefoniche di IP, di DD, di ZI e di SS, quattro persone sospettate di aver commesso reati gravi (in prosieguo: le «richieste di intercettazioni telefoniche»).
23 Dalla decisione di rinvio si evince che ciascuna di tali richieste di intercettazioni telefoniche descriveva in maniera circostanziata, dettagliata e motivata l’oggetto della richiesta, il nome e il numero di telefono della persona interessata, il collegamento esistente tra tale numero e detta persona, gli elementi di prova raccolti fino a quel momento e il presunto ruolo svolto dalla persona interessata negli atti criminosi. La necessità di procedere alle intercettazioni telefoniche richieste per raccogliere elementi di prova relativi all’attività criminale oggetto dell’indagine nonché le ragioni e le condizioni che giustificavano l’impossibilità di raccogliere tali informazioni con altri mezzi erano anch’esse motivate in modo specifico.
24 Il presidente dello Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato) ha accolto ciascuna di tali richieste il giorno stesso della loro presentazione e ha quindi emesso sette decisioni di autorizzazione di intercettazioni telefoniche (in prosieguo: le «autorizzazioni delle intercettazioni telefoniche»).
25 Secondo lo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato), giudice del rinvio, le autorizzazioni delle intercettazioni telefoniche corrispondono a un modello prestabilito destinato a coprire tutti i possibili casi di autorizzazione, senza alcun riferimento alle circostanze di fatto e di diritto, ad eccezione del periodo in cui viene autorizzato l’uso delle tecniche investigative speciali.
26 In particolare, tali autorizzazioni si limitano a menzionare soltanto il rispetto delle disposizioni di legge da esse citate, senza identificare l’autorità all’origine delle richieste di intercettazioni telefoniche e senza indicare il nome e il numero di telefono di ciascuna persona interessata, il reato o i reati di cui all’articolo 172, paragrafo 2, dell’NPK e all’articolo 3, paragrafo 1, dello ZSRS, gli indizi che consentono di sospettare la commissione di uno – o più – dei reati summenzionati o, ancora, le categorie di persone e di locali, di cui all’articolo 12 dello ZSRS, per le quali è stato autorizzato l’impiego di tecniche investigative speciali. Inoltre, il giudice del rinvio afferma che dette autorizzazioni non espongono gli argomenti del pubblico ministero specializzato che dimostrano, sulla base dell’articolo 172 dell’NPK e dell’articolo 14 dello ZSRS, l’impossibilità di raccogliere le informazioni richieste con un mezzo diverso dalle intercettazioni telefoniche, né precisano, alla luce dell’articolo 175 dell’NPK, se il termine indicato per l’utilizzo di tali tecniche sia stato fissato per la prima volta o se si tratti di una proroga del termine, nonché in base a quale ipotesi e a quali argomenti sia stato deciso tale termine.
27 Sul fondamento di dette autorizzazioni, alcune delle conversazioni condotte da IP, DD, ZI e SS sono state registrate e memorizzate conformemente all’articolo 11 dello ZSRS.
28 Il 19 giugno 2020, il pubblico ministero specializzato ha accusato queste quattro persone e una quinta, HYA, di partecipare a un’organizzazione criminale, costituita a fini di lucro, volta a far passare clandestinamente cittadini di paesi terzi attraverso le frontiere bulgare, ad aiutarle a entrare illegalmente nel territorio bulgaro nonché a ricevere o a versare tangenti in relazione a tali attività. Tra gli imputati figurano tre agenti della polizia di frontiera dell’aeroporto di Sofia.
29 Investito del merito della causa, il giudice del rinvio indica che il contenuto delle conversazioni registrate riveste un’importanza diretta per accertare la fondatezza degli atti di imputazione di IP, di DD, di ZI e di SS.
30 Il giudice del rinvio spiega che spetta ad esso, in via preliminare, controllare la validità del procedimento che ha condotto alle autorizzazioni delle intercettazioni telefoniche. In tale contesto, si potrebbe ritenere che il fatto che tali autorizzazioni siano state redatte conformemente a un modello di testo prestabilito e privo di motivazione specifica non gli consenta di verificare i motivi concretamente accolti dal giudice che ha concesso le suddette autorizzazioni. Viceversa, si potrebbe anche ritenere che, accogliendo la richiesta del pubblico ministero specializzato, il giudice che ha rilasciato le autorizzazioni delle intercettazioni telefoniche abbia integralmente accolto i motivi alla base di tali richieste e li abbia fatti propri.
31 Senza mettere in dubbio la conformità della normativa nazionale in materia di intercettazioni telefoniche, quale risulta in particolare dalle disposizioni dell’NPK e dello ZSRS, con l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, il giudice del rinvio si chiede se una prassi nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale – secondo cui l’obbligo di motivare la decisione giudiziaria che autorizza l’utilizzo di tecniche investigative speciali a seguito di una richiesta motivata delle autorità penali è soddisfatto qualora tale decisione, redatta secondo un modello prestabilito e privo di motivazione specifica, si limiti ad affermare il rispetto dei requisiti da essa menzionati, previsti da tale normativa – sia conforme all’articolo 15, paragrafo 1, ultima frase, di tale direttiva, letto alla luce del suo considerando 11.
32 In particolare, detto giudice sottolinea che decisioni giudiziarie come le autorizzazioni delle intercettazioni telefoniche limitano, nei confronti delle persone fisiche interessate, i diritti e le libertà garantiti dagli articoli 7, 8 e 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Esso nutre altresì dubbi quanto alla conformità di una simile prassi con il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, sancito all’articolo 47 della Carta, e con il principio di proporzionalità in quanto principio generale del diritto dell’Unione.
33 In caso di risposta negativa, il giudice del rinvio si chiede se il diritto dell’Unione osti a una normativa nazionale interpretata nel senso che le registrazioni di conversazioni telefoniche autorizzate da una decisione giudiziaria non motivata possono tuttavia essere utilizzate come prova nell’ambito del procedimento penale.
34 Stanti tali circostanze, lo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se sia compatibile con l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58 in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 1, e con il considerando 11 della stessa, una prassi seguita dai giudici nazionali nei procedimenti penali in forza della quale il giudice autorizza l’intercettazione, la registrazione e la memorizzazione di conversazioni telefoniche dei sospettati servendosi di un testo standard generico precedentemente predisposto in cui, senza alcun riferimento al caso specifico, viene semplicemente affermato il rispetto delle disposizioni di legge.
2) In caso di risposta negativa: se integri una violazione del diritto dell’Unione l’interpretazione della legge nazionale nel senso che le informazioni ottenute a seguito di una siffatta autorizzazione vengono utilizzate quale prova del reato contestato».
35 Con lettera del 5 agosto 2022, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) ha comunicato alla Corte che, a seguito di una modifica legislativa entrata in vigore il 27 luglio 2022, lo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato) è stato sciolto e che alcuni procedimenti penali pendenti dinanzi a quest’ultimo, tra cui il procedimento principale, sono stati trasferiti a partire da tale data al Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia).
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
36 In via preliminare, occorre ricordare che, quando gli Stati membri attuano, sul fondamento dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, misure legislative che derogano al principio di riservatezza delle comunicazioni elettroniche sancito all’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva, la protezione dei dati delle persone interessate rientra nell’ambito di applicazione di detta direttiva solo a condizione che le misure di cui trattasi impongano obblighi di trattamento ai fornitori di servizi di siffatte comunicazioni, ai sensi dell’articolo 4, punto 2, del regolamento 2016/679, reso applicabile dall’articolo 2 della direttiva 2002/58, in combinato disposto con l’articolo 94, paragrafo 2, di tale regolamento (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2020, La Quadrature du Net e a., C‑511/18, C‑512/18 e C‑520/18, EU:C:2020:791, punti 96 e 104 nonché giurisprudenza ivi citata).
37 In forza di queste ultime disposizioni, la nozione di trattamento include segnatamente il fatto che detti fornitori concedano l’accesso alle comunicazioni e ai dati o trasmettano questi ultimi alle autorità competenti (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 6 ottobre 2020, Privacy International, C‑623/17, EU:C:2020:790, punti da 39 a 41 e giurisprudenza ivi citata).
38 Nel caso di specie, spetta al giudice del rinvio verificare se le tecniche investigative speciali utilizzate nel procedimento principale e, segnatamente, l’intercettazione di cui all’articolo 6 dello ZSRS hanno avuto l’effetto di imporre simili obblighi di trattamento ai fornitori interessati e, se, quindi, il procedimento principale rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2002/58. Occorre quindi precisare che la Corte risponderà alla prima questione soltanto nei limiti in cui il procedimento principale rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva, segnatamente del suo articolo 15, paragrafo 1.
39 Tenuto conto di tali precisazioni preliminari, si deve ritenere che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, letto alla luce dell’articolo 47, secondo comma, della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una prassi nazionale in forza della quale le decisioni giudiziarie che autorizzano l’impiego di tecniche investigative speciali in seguito a una richiesta motivata delle autorità penali sono redatte mediante un testo prestabilito e privo di motivazione specifica, ma che si limita a indicare, oltre alla durata di validità di tali autorizzazioni, che i requisiti ivi menzionati previsti da tale normativa sono stati rispettati.
40 L’articolo 5, paragrafo 1, di detta direttiva sancisce il principio della riservatezza delle comunicazioni effettuate tramite una rete pubblica di comunicazione e di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico nonché della riservatezza dei relativi dati sul traffico. Tale principio si traduce nel vietare l’ascolto, la captazione, la memorizzazione e altre forme di intercettazione o di sorveglianza delle comunicazioni, e dei relativi dati sul traffico, senza il consenso degli utenti interessati, salvo nelle ipotesi previste dall’articolo 15, paragrafo 1, di detta direttiva.
41 Quest’ultimo articolo prevede infatti che gli Stati membri possano adottare disposizioni legislative volte a limitare la portata dei diritti e degli obblighi di cui all’articolo 5 della medesima direttiva, in particolare, qualora una tale restrizione costituisca una misura necessaria, opportuna e proporzionata, all’interno di una società democratica, per garantire la prevenzione, la ricerca, l’accertamento e il perseguimento dei reati. Esso precisa inoltre che tutte dette misure legislative devono essere adottate nel rispetto dei principi generali del diritto dell’Unione, compresi i diritti, le libertà e i principi sanciti dalla Carta.
42 Al riguardo, le misure legislative che disciplinano l’accesso delle autorità competenti ai dati di cui all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2002/58 non possono limitarsi a esigere che tale accesso risponda alla finalità perseguita dalle medesime misure legislative, ma esse devono altresì prevedere le condizioni sostanziali e procedurali che disciplinano tale trattamento [v., in tal senso, sentenza del 2 marzo 2021, Prokuratuur (Condizioni di accesso ai dati relativi alle comunicazioni elettroniche), C‑746/18, EU:C:2021:152, punto 49 e giurisprudenza ivi citata].
43 Misure e condizioni del genere devono essere adottate nel rispetto dei principi generali del diritto dell’Unione – tra i quali figura il principio di proporzionalità – e dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta, come risulta dall’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, il quale fa riferimento all’articolo 6, paragrafi 1 e 2, TUE (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2020, La Quadrature du Net e a., C‑511/18, C‑512/18 e C‑520/18, EU:C:2020:791, punto 113 nonché giurisprudenza ivi citata).
44 In particolare, le condizioni procedurali di cui al punto 42 della presente sentenza devono essere adottate nel rispetto del diritto a un equo processo, sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, che corrisponde, come emerge dalle spiegazioni relative a tale articolo, all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU. Tale diritto richiede che le decisioni giudiziarie siano motivate (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2012, Trade Agency, C‑619/10, EU:C:2012:531, punti 52 e 53 nonché giurisprudenza ivi citata).
45 Pertanto, qualora una misura legislativa adottata ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58 preveda che possano essere adottate restrizioni al principio di riservatezza delle comunicazioni elettroniche, sancito all’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva, mediante decisioni giudiziarie, tale articolo 15, paragrafo 1 – letto in combinato disposto con l’articolo 47, secondo comma, della Carta – impone agli Stati membri di prevedere che siffatte decisioni debbano essere motivate.
46 Infatti, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 38 delle sue conclusioni, il diritto a un controllo giurisdizionale effettivo garantito dall’articolo 47 della Carta presuppone che l’interessato possa conoscere la motivazione della decisione adottata nei suoi confronti, vuoi in base alla lettura della decisione stessa, vuoi a seguito di comunicazione della motivazione, al fine di consentire all’interessato di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se adire o meno il giudice competente a esercitare il controllo sulla legittimità di tale decisione (v., per analogia, sentenza del 24 novembre 2020, Minister van Buitenlandse Zaken, C‑225/19 e C‑226/19, EU:C:2020:951, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).
47 Nel caso di specie, dalle spiegazioni del giudice del rinvio risulta che, in forza delle misure legislative nazionali adottate ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, in particolare dell’articolo 34 e dell’articolo 174, paragrafo 4, dell’NPK nonché dell’articolo 15, paragrafo 1, dello ZSRS, in combinato disposto con l’articolo 121, paragrafo 4, della Costituzione, le decisioni giudiziarie volte ad autorizzare l’utilizzo di tecniche investigative speciali devono essere motivate.
48 Ciò premesso, la prima questione è posta in considerazione non delle disposizioni legislative dell’NPK e dello ZSRS adottate ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, bensì di una prassi giudiziaria nazionale che attua tali disposizioni legislative, in forza della quale le decisioni volte ad autorizzare l’impiego di tecniche investigative speciali sono motivate mediante un modello di testo prestabilito, destinato a coprire tutti i possibili casi di autorizzazione, e privo di motivazione specifica. Siffatte decisioni sono adottate in un contesto procedurale specifico.
49 Occorre infatti rilevare che, nel diritto bulgaro, la decisione che autorizza l’impiego di tecniche investigative speciali è adottata al termine di un procedimento volto a consentire, nei confronti di una persona in relazione alla quale vi sono ragionevoli motivi per ritenere che stia preparando o commettendo un reato doloso grave o che lo abbia commesso, una raccolta efficace e rapida di dati che non potrebbero essere raccolti con mezzi diversi dalle tecniche investigative speciali richieste o che potrebbero esserlo solo con estrema difficoltà.
50 Nell’ambito di detto procedimento, le autorità autorizzate a richiedere l’impiego di siffatte tecniche, ai sensi dell’articolo 173, paragrafi 1 e 2, dell’NPK e dell’articolo 13, paragrafo 1, dello ZSRS, devono, conformemente all’articolo 173, paragrafo 2, dell’NPK e dell’articolo 14, paragrafo 1, punto 7, dello ZSRS, presentare per iscritto al giudice competente una richiesta motivata e circostanziata che esponga il reato in relazione al quale si svolgono le indagini, le misure adottate nell’ambito di tale indagine e i loro risultati, i dati identificativi della persona o del locale interessati dalla domanda, le modalità operative che devono applicarsi, la durata prevista della sorveglianza e i motivi per i quali la durata viene richiesta nonché le ragioni per cui l’impiego di dette tecniche sia indispensabile per l’indagine.
51 Dal regime giuridico di tale procedimento risulta che il giudice che rilascia l’autorizzazione per l’impiego di tecniche investigative speciali adotta la sua decisione sulla base di una richiesta motivata e circostanziata il cui contenuto, previsto dalla legge, deve consentirgli di verificare se siano soddisfatte le condizioni per la concessione di una siffatta autorizzazione.
52 Pertanto, tale prassi si inserisce nell’ambito di misure legislative, adottate ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, che prevedono la possibilità di adottare decisioni giudiziarie motivate aventi l’effetto di limitare il principio di riservatezza delle comunicazioni elettroniche e dei relativi dati sul traffico, sancito all’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva. In tale prospettiva, essa dovrebbe attuare l’obbligo di motivazione previsto da tali misure legislative conformemente alle prescrizioni dell’articolo 47, secondo comma, della Carta a cui fa riferimento l’ultima frase dell’articolo 15, paragrafo 1, di detta direttiva mediante il rinvio all’articolo 6, paragrafi 1 e 2, TUE.
53 A tal riguardo, dal momento che, nell’ambito di detto procedimento, il giudice competente ha esaminato i motivi di una richiesta circostanziata, come quella di cui al punto 50 della presente sentenza, e al termine del suo esame ha considerato giustificata tale richiesta, si deve ritenere che, firmando un testo prestabilito secondo un modello che indica il rispetto dei requisiti di legge, tale giudice ha convalidato i motivi della richiesta, garantendo al contempo il rispetto dei requisiti di legge.
54 Come affermato dalla Commissione europea nelle sue osservazioni scritte, sarebbe infatti artificioso esigere che l’autorizzazione all’utilizzo di tecniche investigative speciali contenga una motivazione specifica e dettagliata, laddove la richiesta in relazione alla quale tale autorizzazione è concessa contiene già, in forza della normativa nazionale, una siffatta motivazione.
55 Per contro, una volta che l’interessato sia stato informato dell’applicazione nei suoi confronti di tecniche investigative speciali, l’obbligo di motivazione di cui all’articolo 47, secondo comma, della Carta impone che tale persona sia, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 46 della presente sentenza, in grado di comprendere i motivi per i quali l’utilizzo di tali tecniche è stato autorizzato, al fine di poter, eventualmente, contestare utilmente ed effettivamente detta autorizzazione. Tale esigenza si impone altresì ad ogni giudice – quale in particolare il giudice penale di merito – che, in funzione delle sue attribuzioni, deve verificare, d’ufficio o su richiesta della persona interessata, la legittimità di tale autorizzazione.
56 Spetterà dunque al giudice del rinvio verificare se, nell’ambito della prassi di cui al punto 39 della presente sentenza, sia garantito il rispetto della suddetta disposizione della Carta e della direttiva 2002/58. A tal fine, spetterà ad esso verificare se sia la persona alla quale sono state applicate tecniche investigative speciali che il giudice incaricato di verificare la legittimità dell’autorizzazione all’utilizzo di tali tecniche siano in grado di comprendere i motivi di tale autorizzazione.
57 Benché tale verifica incomba esclusivamente al giudice del rinvio, la Corte può, nondimeno, statuendo su un rinvio pregiudiziale, fornire, se del caso, talune precisazioni intese a guidare il giudice nazionale nella propria decisione (sentenza del 5 maggio 2022, Victorinox, C‑179/21, EU:C:2022:353, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).
58 A tal riguardo, occorre verificare – dal momento che l’autorizzazione all’impiego di tecniche investigative speciali è adottata sulla base di una richiesta motivata e circostanziata delle autorità nazionali competenti – che le persone di cui al punto 56 della presente sentenza possano avere accesso non solo alla decisione di autorizzazione, ma anche alla richiesta dell’autorità che ha sollecitato tale autorizzazione.
59 Inoltre, affinché l’obbligo di motivazione risultante dall’articolo 47, secondo comma, della Carta sia rispettato, occorre, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 41 delle sue conclusioni, che queste stesse persone possano comprendere agevolmente e senza ambiguità, attraverso una lettura incrociata dell’autorizzazione all’utilizzo di tecniche investigative speciali e della richiesta motivata che l’accompagna, le ragioni precise per le quali tale autorizzazione è stata concessa in considerazione degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano il singolo caso sotteso alla richiesta, come anche deve risultare da una siffatta lettura incrociata la durata di validità di tale autorizzazione.
60 Quando la decisione di autorizzazione si limita, come nel caso di specie, a indicare la durata di validità dell’autorizzazione e a dichiarare che le disposizioni di legge, in essa citate, sono rispettate, è essenziale che la richiesta menzioni chiaramente tutte le informazioni necessarie affinché sia l’interessato che il giudice incaricato di verificare la legittimità dell’autorizzazione concessa siano in grado di comprendere che, sulla sola base di tali informazioni, il giudice che ha rilasciato l’autorizzazione – facendo propria la motivazione contenuta nella richiesta – è giunto alla conclusione che l’insieme dei requisiti di legge erano soddisfatti.
61 Se una lettura incrociata della richiesta e della conseguente autorizzazione non consente di comprendere, in modo agevole e univoco, i motivi di tale autorizzazione, si dovrebbe necessariamente constatare che l’obbligo di motivazione risultante dall’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, letto alla luce dell’articolo 47, secondo comma, della Carta, non è stato rispettato.
62 Occorre inoltre aggiungere che, conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, i diritti contenuti nella Carta hanno lo stesso significato e la stessa portata dei corrispondenti diritti garantiti dalla CEDU, il che non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa.
63 A tale titolo, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo risulta che l’indicazione, anche succinta, dei motivi costituisce una garanzia essenziale contro la sorveglianza abusiva in quanto solo una siffatta indicazione consente di garantire che il giudice abbia correttamente esaminato la richiesta di autorizzazione e gli elementi di prova forniti e abbia realmente verificato se la sorveglianza richiesta costituisca un’ingerenza giustificata e proporzionata nell’esercizio del diritto al rispetto della vita privata e familiare garantito dall’articolo 8 della CEDU. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha nondimeno riconosciuto, in relazione a due sentenze dello Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato), che l’assenza di motivazione specifica non può automaticamente portare alla conclusione che il giudice che ha rilasciato l’autorizzazione non ha correttamente esaminato tale richiesta (v., in tal senso, Corte EDU, 11 gennaio 2022, Ekimdzhiev e a. c. Bulgaria, CE:ECHR:2022:0111JUD007007812, §§ 313 e 314 nonché giurisprudenza ivi citata).
64 Occorre inoltre precisare che la sentenza della Corte EDU del 15 gennaio 2015, Dragojević c. Croazia (CE:ECHR:2015:0115JUD006895511), richiamata dal giudice del rinvio, non può rimettere in discussione le considerazioni esposte ai punti da 58 a 61 della presente sentenza. Infatti, per giungere alla conclusione che l’articolo 8 della CEDU era stato violato, la Corte europea dei diritti dell’uomo, in tale sentenza del 15 gennaio 2015, ha esaminato non la questione se la persona interessata potesse, attraverso una lettura incrociata delle decisioni di autorizzazione e della richiesta di sorveglianza, comprendere i motivi accolti dal giudice istruttore, bensì la questione, distinta, della possibilità di rimediare a posteriori all’assenza o all’insufficienza di motivazione delle decisioni di autorizzazione.
65 Alla luce dei suesposti motivi, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, letto alla luce dell’articolo 47, secondo comma, della Carta, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una prassi nazionale in forza della quale le decisioni giudiziarie che autorizzano l’utilizzo di tecniche investigative speciali in seguito a una richiesta motivata e circostanziata delle autorità penali sono redatte mediante un testo prestabilito e privo di motivazione specifica, ma che si limita a indicare, oltre alla durata di validità dell’autorizzazione, che i requisiti previsti dalla normativa e menzionati da tali decisioni sono stati rispettati, a condizione che le ragioni precise per le quali il giudice competente ha ritenuto che i requisiti di legge fossero rispettati alla luce degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano il caso oggetto di esame possano essere inferiti agevolmente e senza ambiguità da una lettura incrociata della decisione e della richiesta di autorizzazione, che deve essere resa accessibile, posteriormente all’autorizzazione concessa, alla persona contro cui è stato autorizzato l’utilizzo delle tecniche investigative speciali.
Sulla seconda questione
66 Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda questione.
Sulle spese
67 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
L’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche), letto alla luce dell’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
deve essere interpretato nel senso che:
esso non osta a una prassi nazionale in forza della quale le decisioni giudiziarie che autorizzano l’utilizzo di tecniche investigative speciali in seguito a una richiesta motivata e circostanziata delle autorità penali sono redatte mediante un testo prestabilito e privo di motivazione specifica, ma che si limita a indicare, oltre alla durata di validità dell’autorizzazione, che i requisiti previsti dalla normativa e menzionati da tali decisioni sono stati rispettati, a condizione che le ragioni precise per le quali il giudice competente ha ritenuto che i requisiti di legge fossero rispettati alla luce degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano il caso oggetto di esame possano essere inferiti agevolmente e senza ambiguità da una lettura incrociata della decisione e della richiesta di autorizzazione, che deve essere resa accessibile, posteriormente all’autorizzazione concessa, alla persona contro cui è stato autorizzato l’utilizzo delle tecniche investigative speciali.