Cass., Sez. II, 3 dicembre 2020 (dep. 2 febbraio 2021), n. 4039 Cammino Presidente – Filippini Relatore
Il professionista che con l’inganno fa credere al cliente di dover eseguire dei lavori (in realtà non occorrenti), inducendolo a sottoscrivere un preventivo ed a erogare un acconto senza poi eseguire quanto concordato né restituire il denaro ricevuto, risponde del delitto di truffa contrattuale, ciò in quanto la vittima si è determinato a contrarre nell’erronea convinzione della necessità delle opere, a nulla rilevando l’eventuale mancanza di diligenza da parte sua, risolvendosi in una mera deficienza di attenzione causata dalla fiducia ottenuta con artifizi e raggiri (nel caso di specie, il titolare di un’impresa idraulica aveva indotto un suo cliente a sottoscrivere un contratto e ad erogarli un acconto per la sostituzione della caldaia facendogli credere che la stessa non fosse più idonea all’uso).
Nella sentenza in commento la Corte di cassazione, confermando la statuizione della Corte di Appello territoriale, ha ritenuto integrato il delitto di truffa ai sensi dell’art. 640 c.p. nella forma c.d. contrattuale per il caso dell’idraulico che, affermando contrariamente al vero un malfunzionamento della caldaia, ha ingannato il cliente inducendolo a sottoscrivere un preventivo e a pagarli un acconto per i lavori di sostituzione.
Ricorre questa particolare forma di truffa ogni qual volta uno dei contraenti adotta comportamenti ingannatori, artifizi o raggiri, tali da determinare l’altro a cadere in errore nella contrattazione, ponendo in essere un atto di disposizione patrimoniale che si rivela, da un lato, profitto per il soggetto attivo o per terzi e, dall’altro, danno a sé o ad altri (v. Cass., Sez. II, 25.3.2014, n. 18778 in C.E.D. Cass., 2014; Cass., Sez. II, 19.6.2012, n. 32859 in C.E.D. Cass., 2012).
Tradizionalmente si definisce artifizio la trasfigurazione della realtà esterna, camuffandola mediante la simulazione di circostanze inesistenti o la dissimulazione di situazioni esistenti.
Il termine raggiro, invece, viene comunemente interpretato come avvolgimento subdolo e ingegnoso di parole destinate a convincere, orientando in modo fuorviante le rappresentazioni e decisioni altrui.
Nell’ipotesi della truffa contrattuale, il danno del soggetto passivo consiste, oltre che nella stipulazione del contratto, anche nella lesione della libertà contrattuale, indipendentemente dallo squilibrio oggettivo delle rispettive prestazioni (sul punto v., Cass., Sez. II, 8.11.2013 – 6.2.2014, n. 580 in C.E.D. Cass., 2014, secondo cui «sussiste il reato anche nell’ipotesi in cui venga pagato un giusto corrispettivo a fronte della prestazione truffaldinamente conseguita, posto che l’illecito si realizza per il solo fatto che la parte sia addivenuta alla stipulazione del contratto, che altrimenti non avrebbe stipulato, in ragione degli artifici e dei raggiri posti in essere dall’agente»; in senso conforme Cass., Sez. fer., 3.9.2013, n. 51760 in C.E.D. Cass., 2013).
La condotta ingannatoria, nel caso di specie, è stata ravvisata nelle falsità declamate dall’imputato, le quali hanno determinato una immutatio veri, facendo apparire come effettiva una realtà non esistente. Il mendacio così messo in atto dall’idraulico si è rivelato idoneo a produrre l’effetto di induzione in errore del cliente, che in caso contrario non avrebbe mai acconsentito alla sostituzione della caldaia, e a convincerlo a porre in essere un atto di disposizione patrimoniale (€ 900,00 di acconto).
Sulla consumazione del delitto si sono pronunciate le Sezioni Unite, chiarendo che la truffa contrattuale è un reato istantaneo e di danno, dunque si consuma con l’effettivo conseguimento del bene economico da parte dell’agente e con la definitiva perdita dello stessa in capo al soggetto passivo (Cass., S.U., 21.6.2000, n. 18 in D&G, 2000, 33, 21; in senso conforme, C., Sez. II, 13.4.2011, n. 20025 in Fisco on line, 2011, 674 nota di Altare; Cass., Sez. II, 11.12.2012, n. 49932 in C.E.D. Cass, 2012; Cass., Sez. II, 14.2.2017, n. 11102 in C.E.D. Cass, 2017).
Per quanto riguarda il profilo soggettivo, il reato di truffa richiede il dolo generico, ovvero la rappresentazione e volizione di tutti gli elementi del fatto tipico. Sul punto la Corte, richiamandosi ad un consolidato orientamento, ha ritenuto necessario il dolo c.d. iniziale, che, influendo sulla volontà negoziale di uno dei due contraenti – determinandolo alla stipulazione del contratto in virtù di artifici e raggiri e falsandone il processo volitivo – rivela nel contratto la sua intima natura di finalità ingannatoria. (così, Cass., Sez. II, 8.11.2013-6.2.2014, n. 5801 in C.E.D. Cass., 2014; Cass., Sez. II, 13.9-27.9.2019, n. 39698 in C.E.D. Cass., 2019 e da ultimo, Cass. Sez. II, 20.12.2019, n. 7812 in C.E.D. Cass., 2020).
Da ultimo la Corte rileva che, affinché sia integrata la fattispecie della truffa contrattuale, non è dato alcun rilievo all’eventuale colpa del soggetto passivo o alla scarsa diligenza adoperata nella contrattazione. Al riguardo, anche nelle più recenti pronunce è ribadito il principio, già costantemente affermato, secondo il quale «ai fini della sussistenza del reato di truffa, l’idoneità dell’artificio e del raggiro non è esclusa dalla mancanza di diligenza della persona offesa» (Cass., Sez. II, 7.6.2011, n. 32555 in C.E.D. Cass, 2011; Cass., Sez. II, 3.7.2009, n. 34056 in C.E.D. Cass, 2009), posto che tale mancanza trova spesso giustificazione proprio nel modo fraudolento con il quale la fiducia della persona offesa sia stata conquistata (Cass., Sez. II, 21.2.2008 n. 10085 in C.E.D. Cass., 2008; Cass., Sez. II, 17.3.1993 n. 4011 in Giust. Pen., 1994, II, 42). In tal senso, si ritiene «inconferente la circostanza che la vittima potesse verificare o meno la falsità» delle indicazioni fornitele dal soggetto attivo, in quanto ai fini della sussistenza del reato di truffa l’idoneità dell’artificio e del raggiro non è esclusa dalla scarsa diligenza della persona offesa non essendo tenuta ad effettuare controlli nel caso in cui esista un artificio o un raggiro e si accerti un preciso nesso di causalità tra di esso e l’errore in cui la parte offesa è caduta. (Cass., Sez. II, 12.2.2008, n. 22192 in C.E.D. Cass., 2008.; Cass., Sez. V, 27.3.1999, n. 11441 in C.E.D. Cass., 2000).
In conclusione, la Corte nella sentenza in esame ha ritenuto responsabile il professionista che, inducendo in errore il cliente circa il malfunzionamento della caldaia, ha ottenuto un ingiusto profitto con altrui danno insito nella percezione dell’acconto senza dare seguito ai lavori pattuiti, rilevando altresì che la mancanza di diligenza della vittima non svaluta l’idoneità del comportamento ingannatorio.
In dottrina, sulla truffa contrattuale, si veda G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale, Parte speciale, Delitti contro il patrimonio, Bologna, 2009, 10; G. Marra, Truffa, in S. Fiore (a cura di), I reati contro il patrimonio, Torino, 2010, 477 ss.; E. Mezzetti, Truffa e frode (delitti di), in Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. Cassese, VI, Milano, 2006, 6048.