Corte e.d.u., Grande Camera, 25 giugno 2020, S.M. c. Croazia
Si segnala la recente sentenza (25 giugno 2020) pronunciata dalla Grande Camera della CEDU, che ha deciso la causa S.M. c. Croazia in tema di tratta interna a fini di prostituzione.
Uno dei profili di maggiore interesse riguarda la possibilità di configurare il reato di tratta anche nel caso in cui la condotta criminale non sia transnazionale.
In base a questa pronuncia si delinea una forma di tratta interna (nella vicenda giudicata la condotta criminale ha avuto luogo interamente in Croazia e croati erano l’autore del reato e la vittima).
Una precisazione interpretativa piuttosto rilevante, perché consente di pensare ad un contrasto allo sfruttamento lavorativo e della prostituzione, anche in ambito italiano, con un rafforzamento della protezione delle vittime di questi reati.
Inoltre, la decisione afferma che la prostituzione configura una violazione dell’art. 4 solo quando è forzata.
In tal caso è considerata lavoro forzato e rientra in quanto tale (quindi anche attraverso l’abuso della situazione di vulnerabilità, § 329) nella tratta.
È ragionevole ritenere che la Corte abbia voluto sostenere che l’uso degli strumenti di coartazione della volontà, previsti dalle convenzioni ONU e dal Consiglio d’Europa nonché dalla Direttiva Comunitaria sulla tratta, possano configurare lavoro forzato (come afferma l’associazione “L’altro diritto”, che aveva presentato un intervento di terza parte, poi sostanzialmente accolto).
Infine, ma in modo non meno rilevante, la Grande Camera ha chiarito che la protezione delle potenziali vittime deve intervenire in una fase anticipata rispetto al tempo di accertamento del reato.
Il trattamento speciale, che viene disposto a favore di una potenziale vittima di tratta, non presuppone necessariamente l’accertamento del reato e può essere indipendente dal dovere delle autorità di indagare (§ 322. Si veda il caso J. e a. contro Austria, in questa Rivista).
Seguirà commento approfondito