Abstract – Il contributo focalizza l’attenzione sui rischi di una riforma, quella Cartabia, ancora troppo “timida” in termini di riconoscimento dei poteri attribuiti alla persona offesa nell’ambito del processo penale. L’esercizio dell’azione civile è stato fortemente innovato, con particolare riguardo al profilo temporale della costituzione in giudizio dell’offeso dal reato. La scelta del legislatore di anticipare la costituzione di parte civile ad un momento antecedente al vaglio (rafforzato) sulla tenuta dell’imputazione, da parte del giudice dell’udienza preliminare e della nuova udienza predibattimentale, appare in distonia con l’ottica efficentista tanto cara alla riforma. Lungi dal consegnare una valutazione definitiva dell’impianto riformatore, ancora prematura, l’obiettivo del presente contributo è, piuttosto, quello di riflettere sui suoi primi risultati applicativi rispetto alle finalità annunciate e di stimolare un auspicabile ripensamento di alcune delle sue disposizioni.
The paper focuses on the risks of a reform Cartabia which is still too “shy” in terms of recognizing the powers given to the offended person in the criminal process. The exercise of civil action has been strongly innovated, with particular regard to the time profile of the appearance in court of the victim offended by the crime. The legislator’s choice to bring forward the constitution of a civil party to a moment prior to the (strengthened) scrutiny of the validity of the accusation by the judge of the preliminary hearing and the new pre-trial hearing appears to be in discord with the efficiency-oriented perspective so dear to the reform. Far from delivering a definitive evaluation of the reform system, which is still premature, the objective of this contribution is, rather, to reflect on its first application results with respect to the announced purposes and to stimulate a desirable rethinking of some of its provisions.
Sommario: 1. L’azione civile nel processo penale: le principali innovazioni della Riforma Cartabia – 2. L’anticipazione dei termini di costituzione di parte civile – 3. Riflessioni critiche – Segue: …e prospettive de iure condendo
Parole chiave: parte civile, riforma Cartabia
1. L’azione civile nel processo penale: le principali innovazioni della Riforma Cartabia
Non vi è – o quasi – istituto della procedura penale che non sia stato, almeno marginalmente, lambito dalla cd. Riforma Cartabia, dal nome dell’allora Ministra della giustizia del governo presieduto da Mario Draghi, sotto il cui mandato la riforma è stata concepita ed attuata, in ultima battuta col decreto legislativo 150 del 2022[1].
“Una riforma ampia, organica e di sistema”, come definita dalla sua stessa Relazione illustrativa[2], il cui filo conduttore è rappresentato, per stessa ammissione del legislatore, dalla necessità di garantire [l’] “efficienza del processo e della giustizia penale”[3].
Com’è noto, gli interventi attuativi della legge delega hanno attraversato l’intero processo penale, mirando a modificare, significativamente, la dinamica del processo penale nelle sue diverse fasi e variabili: dalle indagini preliminari, al dibattimento, ai riti alternativi, al processo in absentia, ai giudizi di impugnazione, fino all’esecuzione penale.
Le innovazioni apportate, fin dalle prime battute, hanno fatto emergere risvolti applicativi che non sempre corrispondono alle aspettative iniziali.
Con specifico riguardo alle modifiche intervenute sul tema dell’esercizio dell’azione civile “per le restituzioni e il risarcimento del danno di cui all’art. 185 c.p.”[4] nel processo penale può, senz’altro, dirsi che non si è assistito ad uno stravolgimento dell’azione civile.
Come è noto, il nostro sistema processuale non consente la costituzione di parte civile in forma orale: il danneggiato è chiamato ad esprimere la volontà di agire dinnanzi al giudice penale con atto scritto, rispettoso dei requisiti stabiliti, a pena di inammissibilità, dall’art. 78 c.p.p. La dichiarazione di costituzione di parte civile deve contenere le generalità del soggetto che si costituisce e dell’imputato nei cui confronti l’azione viene esercitata, le ragioni che giustificano la domanda[5], l’indicazione del difensore, munito di procura ad litem, che dovrà anche sottoscrivere l’atto.
Sotto il profilo delle formalità inerenti alla costituzione di parte civile, le due principali innovazioni apportate dalla riforma hanno condotto ad effetti che appaiono decisamente contrapposti[6].
La prima. Il legislatore è intervenuto sull’art. 78 del codice di rito, conferendo al difensore, a mezzo della procura rilasciata ai sensi dell’art. 122 c.p.p., la legittimazione all’esercizio dell’azione civile, con facoltà di trasferire ad altri il potere di sottoscrivere e depositare l’atto di costituzione, salva contraria volontà espressa della parte rappresentata.
Con il piglio “non già di uno studioso esegeta, ma di un operatore attivo del diritto, che ne comprende inefficienza e necessità”[7], la facilitazione[8] introdotta dal comma 1-bis[9]dell’art.78 c.p.p. – in un’ottica di semplificazione delle forme e degli adempimenti processuali – risolve, in radice, una problematica che, per le sue pratiche ripercussioni, incombeva in maniera, pressoché, giornaliera nelle aule di giustizia.
Affidare il compito concorrente della costituzione in udienza al proprio sostituto era un’opzione negata dalle Sezioni unite della Corte di cassazione[10]; la suddetta pronuncia, non a caso, é citata nella Relazione illustrativa e rappresenta proprio il presupposto dell’intervento riformatore[11]. L’interpretazione restrittiva del giudice di legittimità discendeva dalla necessità di tenere distinti i concetti civilistici della legittimatio ad causam (la titolarità del diritto) da quella ad processum (la capacità di stare in giudizio), mantenuti dal codice di rito penale nel caso di “innesto” dell’azione civile del danneggiato all’interno del processo penale. La giurisprudenza, recependo la prassi, aveva, peraltro, ammesso la legittimità del cumulo delle due procure in un unico atto, pur non escludendone l’autonomia sostanziale[12].
L’intervento di riforma ha inteso ovviare alle frequenti ipotesi d’invalidità della costituzione di parte civile, dovute alla sottoscrizione e al deposito, ovvero alla presenza in udienza, del sostituto processuale, delegato ai sensi dell’art. 102 c.p.p., senza le richieste formalità. Anteriormente alla novella legislativa appariva indispensabile la manifestazione di volontà della parte, rappresentata attraverso l’inserimento della sua specifica volontà nella procura speciale, come detto cumulabile uno actu o con la presenza personale del soggetto titolare del diritto risarcitorio, al momento della costituzione in udienza.
Secondo alcuni commentatori, tale innovazione rappresenterebbe l’unica “modifica favorevole” introdotta dalla riforma, in un quadro di “complessiva ostilità per la parte civile” [13].
L’altra innovazione che ha interessato le “formalità” connesse alla costituzione di parte civile, infatti, incide sul contenuto stesso della dichiarazione di costituzione, che ne esce sensibilmente ampliato. Entra a far parte dei requisiti previsti, a pena di inammissibilità, anche l’esposizione delle ragioni che giustificano la domanda “agli effetti civili”[14].
Quella che era apparsa come una specificazione solo “pleonastica” della disposizione[15], sembra aver causato, come definitivamente chiarito dalla Sezioni unite[16], un clamoroso “ribaltamento” rispetto alla situazione precedente.
Di fronte alla posizione altalenante di dottrina e giurisprudenza sul grado di specificazione della domanda del danneggiato dal reato, il legislatore, in sintonia con le “forme prescritte per la domanda proposta nel giudizio civile”, pone come necessaria una precisa determinazione del titolo che legittimi la pretesa ma, soprattutto, della causa petendi che specifichi le conseguenze pregiudizievoli[17].
Le ragioni della domanda dovranno essere illustrate secondo gli stilemi dell’atto di citazione nel processo civile ex art. 163, co. 3, n. 4, c.p.c. , con “l’esposizione in modo chiaro e specifico” delle stesse[18].
Non un mero “aggiustamento cosmetico”, dunque. La specificazione inserita nell’art. 78 c.p.p. si pone come la necessaria proiezione, sul piano della domanda di parte civile, della mutata regolamentazione della impugnazione della sentenza agli effetti civili[19]. La riforma ha, infatti, previsto la generalizzata devoluzione dell’impugnazione al giudice civile, ove la stessa afferisca alle sole questioni civili[20].
In particolare , con l’introduzione del comma 1-bis all’art. 573 c.p.p.[21], quando la sentenza è oggetto di impugnazione per i soli interessi civili – e l’impugnazione supera il vaglio dell’ammissibilità del giudice d’appello e/o della Corte di cassazione – questi ultimi trasferiscono il processo, rispettivamente, innanzi al giudice civile competente o alla sezione civile della Corte, i quali decidono sulle questioni civili, utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle, eventualmente, introdotte in sede civile[22].
2. L’anticipazione dei termini di costituzione di parte civile
Un altro nucleo di novità che la riforma Cartabia ha introdotto, in merito all’esercizio dell’azione civile, ha ad oggetto, come noto, i limiti temporali per la sua introduzione del processo[23].
È su questo specifico aspetto che si intende dedicare una riflessione più approfondita.
Con l’art. 5, comma 1, lett. c del D.lgs. n. 150/2022, il legislatore è intervenuto sull’art. 79 c.p.p., anticipando i termini della costituzione di parte civile.
La nuova azione civile deve esercitarsi “per l’udienza preliminare prima che siano ultimati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, o, quando manca l’udienza preliminare, fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall’art. 484 cod. proc. pen. o dall’art. 554-bis, comma 2, c.p.p.”, laddove la precedente formulazione stabiliva, invece, che la costituzione potesse avvenire “per l’udienza preliminare prima che siano ultimati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti e, successivamente, fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall’art. 484 cod. proc. pen”.
Il raffronto fra le due versioni permette di chiarire l’esatta portata dell’innovazione legislativa, che si pone in perfetta aderenza coi criteri direttivi espressi nella legge delega[24], ripresi, a loro volta, dalle posizioni espresse dalla cd. Commissione di studio Lattanzi[25].
In sostanza, nella versione pre-Cartabia, la costituzione scontava, in concreto, la possibilità di un doppio termine. Mentre nei procedimenti con udienza preliminare, la persona danneggiata dal reato poteva scegliere di costituirsi in udienza fino all’apertura della discussione[26], il termine unico ultimativo per la costituzione di parte civile nei processi con citazione diretta a giudizio[27]era rappresentato dal completamento degli adempimenti circa la regolare costituzione della parti ex art. 484 c.p.p..
Le modifiche introdotte, invece, anticipano, nei procedimenti con udienza preliminare, il termine ultimo per la costituzione di parte civile dei legittimati “prima che siano stati ultimati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti”; con espressa esclusione, quindi, della possibilità di perfezionare la richiesta in una fase successiva, purché antecedentemente alla discussione[28].
Per i processi che, invece, seguono il rito di cui all’art. 550 c.p.p., il legislatore ha collocato il termine decadenziale nella nuova udienza predibattimentale, concentrando, così, tutte le attività precedenti l’acquisizione probatoria in un momento prodromico a quello della fase dibattimentale vera e propria. Anche per l’udienza predibattimentale, come per quella preliminare, la costituzione può avvenire “fino a che non siano compiuti gli adempimenti di cui all’art. 554 bis, comma 2”.
In entrambi i casi, dunque, si individua come barriera preclusiva un momento antecedente alla discussione sull’eventuale rinvio a dibattimento.
Nella diversificazione dei termini per la costituzione, ora introdotti, la norma, come in passato, stabilisce la sanzione della decadenza al mancato rispetto della tempistica.
Non appare neppure percorribile la strada di una possibile rimessione in termini: il danneggiato non è ancora parte del processo, ma, appunto, lo deve diventare, grazie alla tempestiva costituzione di parte civile.
Unica eccezione al rispetto necessario di tale termine è rappresentato dalle ipotesi di modifica dell’imputazione, di cui agli articoli 516, 517 e 518 c.p.p.
Resta, per vero, la possibilità, espressamente richiamata, di costituirsi “fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall’art. 484 cod. proc. pen”.
Sul punto, tuttavia, si ritiene di aderire a quanto già evidenziato dalla citata Relazione n. 2/2023, laddove si osservava che “a dispetto di una formulazione letterale non priva di ambiguità, stante l’uso di un’asettica disgiuntiva tra le due ipotesi, tra le quali non vi è alcuna graduazione di priorità, deporrebbe in senso contrario alla tesi della loro sostanziale equivalenza la funzione ontologicamente riconosciuta dal legislatore alla udienza predibattimentale, quale sedes naturale per la risoluzione di tutte le questioni che abbiano carattere prodromico, diverse da quelle propriamente istruttorie e decisorie”[29].
Un argomento che suffraga tale ipotesi ricostruttiva si evince dal terzo comma dell’art. 554-bis c.p.p., lì dove prescrive che le questioni indicate dall’art. 491, commi 1 e 2 c.p.p. (tra le quali figurano, appunto, quelle inerenti alla costituzione di parte civile) sono precluse se non sono proposte subito dopo l’accertamento della regolare costituzione delle parti; vengono decise immediatamente e non possono essere riproposte nella successiva udienza dibattimentale.
Allo stato parrebbe, pertanto, che, nei procedimenti per reati per cui è prevista la citazione diretta, la sede utile per la costituzione della parte civile potrà continuare ad essere quella introduttiva del giudizio dibattimentale, solo in caso di giudizio immediato, dove l’udienza predibattimentale è espressamente esclusa ex art. 558-bis, ovvero di accesso con il rito direttissimo[30].
3. Riflessioni critiche
La ratio dell’intervento è quello di realizzare uno “sbarramento temporale”[31] che, di fatto, accelera, anticipandola, la cristallizzazione della costituzione delle parti[32].
Già prima dell’approvazione della legge delega, non erano mancate voci fortemente critiche di tale “appesantimento” dell’udienza preliminare, per la sua natura di camera di compensazione e di snellimento rispetto al dibattimento. Sarebbe stata maggiormente gradita una posticipazione del termine per l’ingresso della pretesa risarcitoria“allo stadio processuale in cui si tratta di statuire sul tema della responsabilità̀ penale, anziché́ arretrarlo ad una sede ove ancora è possibile l’esito liberatorio anticipato con la sentenza di non luogo a procedere“[33].
La novella legislativa in esame è stata tacciata di irragionevolezza e di rappresentare “un adempimento potenzialmente inutile” [34], giacché l’azione penale potrebbe non superare il vaglio del giudice dell’udienza preliminare; giudizio, peraltro, rafforzato dalla stessa riforma Cartabia.
La riforma, infatti, ha innalzato il livello preclusivo sia della sentenza di non luogo a procedere che di quella predibattimentale di nuovo conio, prediligendo l’idea d’un filtro allo stato degli atti. Come è noto, la nuova e più severa regola di giudizio della “ragionevole previsione di condanna”[35], apre ad un giudizio prognostico di risultato, la condanna, appunto, con la finalità, non troppo celata, di ridurre l’alto numero di assoluzioni in primo grado. Un criterio decisorio che si fa ancora più stringente in caso di udienza predibattimentale, dove vi è una radicale (e irragionevole) assenza di qualsiasi potere integrativo del giudice, che impedisce un suo “soccorso” in caso di azione costruita su basi zoppicanti dal pubblico ministero[36].
Il nuovo, più rigoroso, termine di costituzione, inoltre, sembra aggravare la posizione del danneggiato dal reato che non rivesta anche la posizione di persona offesa. Non essendo destinatario dell’avviso di udienza preliminare ex art. 419 comma 1 c.p.p. – di cui, pertanto, può avere notizia solo casualmente – il rischio è che il danneggiato possa essere, di fatto, privato della possibilità di agire per il risarcimento del danno nel processo penale[37]. Neppure potrebbe configurarsi, nei suoi riguardi, lo strumento della restituzione nel termine, a rigore riservato dalla legge (art. 175 c.p.p.), come sottolineato, alle sole parti processuali.
Allo stesso modo, l’introduzione della preclusione prima della fase dibattimentale, sembra non garantire adeguatamente il diritto della stessa persona offesa alla prova e la costringe ad una scelta di costituzione “prematura”. A ben guardare, l’interesse all’introduzione dell’azione civile nel processo penale potrebbe sussistere solo dopo un primo vaglio dell’ipotesi accusatoria nella sede dell’udienza preliminare o predibattimentale che sia[38].
Sgravare l’udienza preliminare dalla costituzione di parte civile, per rinviarla in sede dibattimentale, sarebbe stata una scelta più in linea con l’ottica efficentista tanto cara alla riforma.
È opportuno evidenziare, tuttavia, le regioni delle voci che, invece, hanno sostenuto la bontà dell’anticipazione, sulla scorta del principio di auto-responsabilità del danneggiato. In particolare, l’Unione delle Camere penali: “la scelta del danneggiato di far valere le sue pretese nel processo penale deve manifestarsi alle soglie del processo. Senza perdita di chance, la parte civile dovrà valutare la sostanza dell’accusa fin dal momento dell’udienza preliminare, e privilegiare l’esercizio dell’azione penale nella sede propria quando la fondatezza dell’accusa penale le appaia dubbia. Simile previsione andrebbe integrata con una preclusione di qualche tipo legata alla sentenza di non luogo a procedere”[39].
Non persuadono, invece, le ragioni che riconnettono tale intervento alla necessità di consentire a tutte le parti “un più effettivo diritto alla prova”[40].
Al contrario. La modifica in parola produce, inevitabilmente, un precipitato molto rilevante soprattutto in tema di ammissione della prova orale.
Prima dell’intervento riformatore, la giurisprudenza di legittimità si era, infatti, attestata nel riconoscere alla persona offesa, che si costituiva parte civile fuori udienza, la facoltà di depositare la lista testimoniale prima della notificazione della dichiarazione di costituzione, col conseguente diritto, una volta promossa l’azione civile nel processo, all’ammissione delle prove testimoniali ivi indicate[41].
Anche in caso di costituzione avvenuta in udienza, la Suprema Corte[42] aveva ritenuto che, nel rito a citazione a diretta, la persona offesa, non ancora costituitasi parte civile, poteva validamente assolvere l’onere di presentazione della lista testimoniale mediante il deposito, prima del termine di sette giorni antecedenti l’udienza, di una memoria ai sensi dell’art. 90 c.p.p. oppure, ancora, mediante il meccanismo dell’indicazione di testimoni ex art. 493, comma 2, c.p.p. laddove non indicabili tempestivamente[43]. Non più ora. Lo sbarramento operativo previsto per la costituzione di parte civile travolge anche quello concernente il deposito della lista testimoniale ex art. 468 c.p.p., dal momento che, in presenza di udienza preliminare o di udienza predibattimentale, la persona danneggiata è già necessariamente stata ammessa come parte civile prima della fissazione dell’udienza di dibattimento[44], con conseguente necessità di indicare i propri testi nei termini di cui all’art. 468 c.p.p.
Per espressa previsione dell’art. 79, comma 3 c.p.p. – anch’esso oggetto di modifica dall’art. 5, comma 1, lett. c, d.lgs. n. 150/2022 – se la costituzione è successiva al termine ex art. 468 c.p.p., la parte civile non può avvalersi della facoltà di presentare le liste dei testimoni, periti e consulenti.
Residua solo l’eventualità che la persona danneggiata debba costituirsi parte civile in sede di giudizio, come nel caso, ad esempio, di rito immediato, entro gli adempimenti ex art. 484 c.p.p. o possa esercitare le facoltà riconosciute in sede di modifica dell’imputazione.
Segue: …e prospettive de iure condendo
Nel ridefinire le scansioni cronologiche della costituzione, si cela la chiara volontà del legislatore di restringere, il più possibile, la moltiplicazione delle parti processuali; obiettivo comprovato già dai nuovi parametri di ammissibilità della costituzione di parte civile[45], così come dalla innovativa regola del trasferimento della decisione impugnata, ai soli fini civili, innanzi al giudice civile, dopo la verifica imprescindibile sulla non inammissibilità dell’atto svolta dal giudice penale[46]. Ciò, certamente, anche nell’ottica della riduzione dei tempi processuali; ragione portante di tutto l’intervento riformatore[47].
Ed è proprio in questa ottica che l’impostazione adottata sconta un evidente paradosso: la ricercata razionalizzazione dei tempi del processo, anche attraverso una riduzione delle parti, ha condotto ad un ingiustificato appesantimento del filtro dell’azione penale, costringendo la vittima del reato ad una costituzione prima ancora che il giudice abbia potuto saggiare la tenuta dell’imputazione formulata dalla pubblica accusa.
Come già evidenziato, tale scelta sembra disallinearsi con la nuova regola decisoria post -riforma Cartabia della “ragionevole previsione di condanna”, non più orientata ad un favor actionis, come previsto con la regola dell’utilità del dibattimento, quanto, piuttosto, ad una riduzione dei rinvii a giudizio[48].
Di fonte alle modifiche apportate dalla riforma al “parametro-filtro”, sarebbe apparsa maggiormente ragionevole una costituzione già “consapevole” dell’esito della fase, successiva all’istaurazione di un giudizio in grado di statuire anche sull’azione civile di risarcimento contestualmente (e consapevolmente), dispiegata nel processo penale.
Al di là della scelta paventata da una certa dottrina[49], e forse eccessivamente ardita, di conferire alla persona offesa il ruolo di parte eventuale[50] del processo, sarebbe stato, comunque, auspicabile un ampliamento dei poteri che le competono, anziché una sua prematura e forzata costituzione.
In termini di diritto alla prova, ad esempio, la riforma avrebbe potuto rappresentare la giusta occasione per recepire, definitivamente, il già menzionato indirizzo giurisprudenziale che conferisce alla persona offesa, costituenda parte civile, il diritto di presentazione della lista testimoniale mediante il deposito, prima della notificazione della dichiarazione di costituzione, nel consueto termine di sette giorni liberi antecedenti l’udienza; col conseguente diritto, una volta promossa l’azione civile nel processo, dell’ammissione delle prove testimoniali ivi indicate[51]. Ciò, peraltro, legiferando definitivamente quella che è stata definitiva l’interpretazione estensiva dell’art 90 c.p.p., comma 1, che riconosce alla persona offesa un potere di “indicare elementi di prova”, senza necessità di costituirsi parte civile, e in modo distinto dal deposito delle memorie scritte[52].
Il riconoscimento di maggiori poteri in capo alla persona offesa si porrebbe in linea con il lungo e graduale processo di potenziamento del ruolo della vittima[53], innescato in ambito sovranazionale[54], che ha trovato la sua massima espressione, con l’introduzione della disciplina organica della giustizia riparativa[55], sempre ad opera della riforma Cartabia.
Alla vittima del reato – volendo utilizzare un termine poco gradito e poco utilizzato nel nostro ordinamento[56], ma che circola, da tempo, nella legislazione europea[57] – viene garantito, sin dal primo contatto con l’autorità procedente, di essere informata, in una lingua a lei comprensibile, della facoltà di svolgere un programma di giustizia riparativa[58]; ciò nell’ottica di una composizione stragiudiziale del conflitto che ha dato origine al reato, nell’ambito della valorizzazione e del potenziamento dei percorsi direstorative justice[59]. Un riconoscimento che si arresta quando si scende nell’agone del processo, dove la persona offesa continua ad essere, nonostante i riconoscimenti ottenuti nel tempo, quello che veniva definito, nel vecchio sistema, un “postulante senza diritti”[60]. È di tutta evidenza come la tutela della persona offesa dal reato rappresenti un interesse ulteriore, e non contemplato, rispetto a quello della persona accusata e dello Stato ad esercitare la propria potestà punitiva[61]. Ad essere centrale nel progetto costituzionale, infatti, accanto alla finalità della pena (volta alla rieducazione ma anche alla difesa sociale e alla prevenzione), vi è la garanzia della persona indagata, imputata, reclusa, durante il rapporto con l’apparato giurisdizionale e, più in generale, con l’autorità; un rapporto che vede la persona privata della libertà in una situazione di «minorata difesa»[62] e, pertanto, di fragilità.
Eppure, la sempre accresciuta sensibilità mostrata nei confronti della vittima di reato, anche dalla giurisprudenza di legittimità, avrebbe potuto, e dovuto, sfociare – senza scardinare l’impianto costituzionale – in un potenziamento del suo ruolo in grado di andare oltre il percorso riparativo, intrapreso fuori dalle aule dei tribunali; strumento, peraltro, al quale l’imputato accede solo riconoscendo la propria responsabilità, senza alcuna attività cognitiva del fatto di reato[63].
Infine, preme sottolineare come, sebbene il legislatore sia libero di non riservare alcuno spazio in sede penale alle richieste di risarcimento del danno derivante da reato – non trovando la costituzione di parte civile una specifica garanzia costituzionale[64] – consentire l’esercizio dell’azione civile nel processo penale rimette al danneggiato, e solo a lui, l’opportunità di avvalersi degli strumenti di indagine e dei mezzi di acquisizione delle prove propri di questo processo, quali, ad esempio, la sua possibile escussione in qualità di teste, opzione esclusa in sede civile. Anche tale riflessione si innesta nell’alveo del più ampio discorso sulla tutela (oggi rafforzata) della vittima del reato, che trova una sua compiuta attuazione solo lasciando, in capo alla vittima-danneggiata, il diritto di scelta tra i due giudizi.
Ecco, allora, che un eventuale ripensamento – che consenta al danneggiato dal reato di esperire l’azione civile, in sede penale, in tempi maturi – lungi dal costituire un segno di “schizofrenia normativa”, rappresenterebbe la prova di un legislatore responsabile ed attento valutatore (e critico) delle proprie mosse, anche, e soprattutto, quando l’obiettivo sperato non appare concretamente raggiunto e le finalità ricercate non sono state adeguatamente implementate dalle soluzioni adottate.
[1] D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150: Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, in Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Si consideri, peraltro, che l’originario decreto delegato n. 150/2022 (pubblicato negli ultimi giorni del precedente governo Draghi) è stato oggetto dei correttivi promossi dal neo insediato governo Meloni e dal nuovo Ministro della giustizia Carlo Nordio, all’immediata vigilia della sua entrata in vigore, per effetto delle modifiche introdotte dal decreto legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, nella legge 30 dicembre 2022, n. 199.
[2] Cfr. Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del massimario – Servizio penale, Relazione n.2/2023, 5 gennaio 2023, www.cortedicassazione.it.
[3] La Relazione Illustrativa, a p. 182, specifica: “…in vista della piena attuazione dei principi costituzionali, convenzionali e dell’U.E. nonché del raggiungimento degli obiettivi del P.N.R.R., che prevedono entro il 2026 la riduzione del 25% della durata media del processo penale nei tre gradi di giudizio”. Per una visione d’insieme si consiglia: AA. VV, Riforma Cartabia. La nuova giustizia penale, (a cura di) D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO, Cedam, Milano, 2023; AA.VV., “Riforma Cartabia” e rito penale. La legge delega tra impegni europei e scelte valoriali, a cura di A. MARANDOLA, Cedam, Milano, 2022.
[4] Art 74 c.p.p.
[5] In tema di causa petendi la giurisprudenza aveva sottolineato la sufficienza del mero richiamo al capo di imputazione descrittivo del fatto, allorquando il nesso tra il reato contestato e la pretesa risarcitoria azionata risulti con immediatezza cfr. Cass. Pen., Sez. II, 15 luglio 2020, n. 23940; Cass. Pen., Sez. VI, 22 giugno 2017, n. 41768, consultabili in CED Cassazione.
[6] In dottrina, tra i commenti alla riforma, con riferimento alle modifiche dell’art. 78 del codice di rito, cfr. S. BELLINO, Nuove regole per la costituzione di parte civile durante l’udienza preliminare, in AA.VV. La riforma Cartabia, ( a cura di) G. SPANGHER, Pacini editore, Pisa, 2022, 333 ss.; R. CREPALDI, L’udienza preliminare, in AA.VV., Le indagini preliminari, l’udienza preliminare e la nuova udienza preliminare, Giappichelli, Torino, 2023, p.221 e ss.; F. D’ARCANGELO, L’udienza preliminare, in A. BASSI, C. PARODI, La riforma del sistema penale, Giuffré, Milano, 2022, p. 142 ss.; Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del massimario – Servizio penale, Relazione su novità normativa “La riforma Cartabia”, 2023.
[7] S. BELLINO, Nuove regole per la costituzione di parte civile durante l’udienza preliminare, cit., p.333 ss.
[8] Così la Relazione Illustrativa che, a pag. 90 e 91, riconduce la ratio dell’intervento riformatore alla necessità di “agevolare” l’avvocato – normalmente penalista – e quindi “meno pratico” delle dinamiche civilistiche dell’azione.
[9] Art. 1, comma 9, lett. o, L. n. 134/2021: “… prevedere che, salva contraria volontà espressa della parte rappresentata e fuori dei casi di mancanza di procura alle liti ai sensi dell’articolo 100 del codice di procedura penale, la procura per l’esercizio dell’azione civile in sede penale, rilasciata ai sensi dell’articolo 122 del predetto codice, conferisca al difensore la legittimazione all’esercizio dell’azione civile con facoltà di trasferire ad altri il potere di sottoscrivere l’atto di costituzione per garantire il potere di costituirsi parte civile”.
[10] Cass. Pen., Sez. U., 21 dicembre 2017, n. 12213 in CED Cassazione.
[11] La questione rimessa all’esame delle Sezioni Unite era relativa ad una dichiarazione di costituzione di parte civile non sottoscritta dal difensore titolare, in un caso di assenza di coincidenza delle facoltà di subdelega nelle due procure: la facoltà di subdelega era relativa solo alla procura alle liti e non alla procura all’esercizio dell’azione civile, con conseguente esclusione del potere del sostituto processuale di sottoscrivere la costituzione di parte civile. Sulla legittimità della sostituzione in sede di costituzione, si è, quindi, chiarito che perché “tale potere sia legittimamente conferito appare necessario e sufficiente che il danneggiato preveda una tale possibilità in capo al difensore-procuratore speciale all’interno della procura di cui agli artt. 76 e 122 cod. proc. pen.”. Peraltro, con una successiva pronuncia (Cass. Pen, Sez. VI, 21 novembre 2019, n. 1228 in CED Cassazione) la Suprema Corte aveva, ulteriormente, puntualizzato come “la presentazione in udienza della dichiarazione di costituzione di parte civile, ove ritualmente sottoscritta dal difensore, munito di procura speciale alle liti, possa essere delegata al sostituto processuale, non assumendo tale atto la natura di atto dispositivo del diritto conteso, ma costituendo mera esplicazione dello stesso mandato alle liti, ove conferito con l’espressa facoltà di avvalersi di sostituti processuali”. Solo in capo al difensore, titolare della procura alle liti di cui all’art. 100 c.p.p. e anche della procura per l’esercizio della azione civile in sede penale, ai sensi dell’art. 122 c.p.p.., era attribuito il potere di delegare ad altri la sottoscrizione dell’atto di costituzione; sempre che tale facoltà non si ponesse in contrasto con la volontà della parte rappresentata “che abbia escluso la facoltà di nominare altro difensore diverso da quello incaricato”.
[12] A partire dalla pronuncia delle Sez. U., 27 ottobre 2004, n. 44712 in CED Cassazione. A commento della stessa si rinvia A. GUALAZZI, Il mandato ad litem in sede di appello per il difensore della parte civile, in Giurisprudenza. Italiana, 2005, 11, p.2153 ss.
[13] B. ROMANELLI, La vittima del reato e l’azione civile nel processo penale, in Riforma Cartabia, La nuova giustizia penale, (a cura di) D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO, cit., 555.
[14] Art. 78, comma 1, lett. d, c.p.p. L’aggiunta è stata operata dall’art. 5, comma 1, lett. b, del D.lgs. n. 150/2022.
[15] B. ROMANELLI, La vittima del reato e l’azione civile nel processo penale, in Riforma Cartabia, La nuova giustizia penale, (a cura di) D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO, p.556.
[16] Cass. pen., Sez. U., 21 settembre 2023, n. 38481 in CED Cassazione.
[17] Per un approfondimento cfr. F. CAGNOLA, G. PAPA, Requisiti dell’atto di costituzione di parte civile a seguito della riforma Cartabia: l’atto di citazione fa il suo ingresso nel processo penale, in Questa rivista, 31 ottobre 2023.
[18] Testo risultante a seguito delle modifiche apportate dall’art. 3, comma 12, lett. a, n. 2, D.lgs. n. 10 ottobre 2022 n. 149, decorrenti dal 28 febbraio 2023 ed applicabili ai procedimenti instaurati successivamente alla data del 29 dicembre 2022, per effetto dell’art. 35, comma 1, di detto decreto, come modificato dall’art. 1, comma 380, lett. a), legge 29 dicembre 2022, n. 197, con le quali si è inserito appunto l’inciso “in modo chiaro e specifico”.
[19] Cass. Pen., Sez. U., 21 settembre 2023, n. 38481 in CED Cassazione. .
[20] In termini, la Relazione del Massimario parla evocativamente di “fil rouge” delle modifiche introdotte in tema di impugnazione agli effetti civili, 159.
[21] Art. 33, comma 1, lett. a) del D.lgs. n. 150/2022.
[22] M. TORIELLO, Riforma “Cartabia” ed impugnazioni per i soli interessi civili: le Sezioni Unite sulla non immediata applicabilità dell’art.573, comma 1-bis, c.p.p. in Questa rivista, 12 ottobre 2023.
[23] Per una panoramica generale cfr. S. BELLINO, Nuove regole per la costituzione di parte civile durante l’udienza preliminare, in A.A. V.V. La riforma Cartabia, (a cura di) G. SPANGHER, cit., 333 ss.; R. CREPALDI, L’udienza preliminare, cit., 221 ss.; F. D’ARCANGELO, L’udienza preliminare, cit., p.142.
[24] Cfr. art. 1, comma 9, lett. o) della legge n. 134/2021: «prevedere che, nei processi con udienza preliminare, l’eventuale costituzione di parte civile debba avvenire, a pena di decadenza, per le imputazioni contestate, entro il compimento degli accertamenti relativi alla regolare costituzione delle parti, a norma dell’articolo 420 del codice di procedura penale».
[25] Infatti, già nella Relazione finale e proposte di emendamenti al d.d.l. A.C. 235, 24 maggio 2021, a cura della Commissione di Studio, presieduta da Giorgio Lattanzi, per la riforma della giustizia penale si osservava, a p.21, che “nei procedimenti con udienza preliminare, questa rappresenterà il termine ultimo per la costituzione di parte civile dei legittimati, in modo da consentire a tutte le parti un più effettivo esercizio del diritto alla prova”. Sul punto anche S. BELLINO, Nuove regole per la costituzione di parte civile durante l’udienza preliminare, cit.
[26] Cfr. sul punto Cass. Pen. Sez. III, 17 aprile 2002, n. 21408 in CED Cassazione.
[27] Ben rappresentativa della situazione ante Cartabia è la decisione Cass. Pen. Sez. III, 19 novembre 2021, n. 42436, secondo cui la parte civile, ove non si sia costituita nell’udienza preliminare o sia stata esclusa dal giudice ai sensi dell’art. 81 c.p.p., può costituirsi, nel corso degli atti introduttivi al dibattimento, prima che si concludano gli accertamenti relativi alla regolare costituzione delle parti prevista dall’art. 484 c.p.p. e non successivamente, quando sia iniziata la fase della discussione delle questioni preliminari di cui all’art. 491, comma 1, c.p.p., la quale, facendo riferimento anche a quelle concernenti la costituzione di parte civile, presuppone che, in tale momento processuale, detta costituzione sia già avvenuta.
[28] Come ricordato, la giurisprudenza di legittimità individuava il termine finale stabilito dalla legge, a pena di decadenza per la costituzione di parte civile in sede di udienza preliminare, nel momento in cui il giudice dichiarava aperta la discussione ai sensi dell’art. 421, comma 1, c.p.p. (ex pluris cfr. Cass. Pen. Sez. III, 17 aprile 2002, n. 21408, cit.). La Suprema Corte aveva altresì rilevato come fosse “manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3 e 111 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 441, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non esclude per la parte civile la possibilità di costituirsi nel giudizio abbreviato in un momento successivo alla ordinanza ammissiva del rito speciale, atteso che solo in tale fase la parte offesa può valutare se far valere le proprie pretese di natura civilistica in sede penale, e considerato che l’imputato con la formulazione della richiesta di rito speciale è consapevole della possibile presenza, nel giudizio penale, anche della parte civile.” Cfr. Cass. Pen. Sez. II, 29 gennaio 2020, n. 3819 in CED Cassazione (Fattispecie in cui la Corte ha nuovamente evidenziato che la costituzione di parte civile deve intervenire, a pena di decadenza, entro la “dichiarazione di apertura della discussione“).
[29] Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del massimario – Servizio penale, Relazione su novità normativa “La riforma Cartabia”, 2023, p.144.
[30] Per il procedimento davanti al giudice di pace, stante l’inapplicabilità al rito de quo dell’udienza preliminare e della nuova udienza predibattimentale, la novella legislativa non ha prodotto effetti, per cui deve ritenersi ancora valido il riferimento all’art. 484 c.p.p. Sul punto cfr. Cass. Pen. Sez. V, 19 aprile 2007, n. 15780: “in tema di costituzione di parte civile nel procedimento dinanzi al giudice di pace, la norma di cui all’art. 23 d.lgs. n. 274 del 2000, secondo cui la costituzione deve avvenire, a pena di decadenza, con la presentazione del ricorso, opera nel solo caso in cui il processo sia stato introdotto con tale modalità. Negli altri casi, mancando una specifica disciplina, trova applicazione l’art. 79 cod. proc. pen. il quale consente la costituzione di parte civile fino alla fase introduttiva del dibattimento”. Più di recente anche Cass. Pen. Sez. IV, 3 dicembre 2018. n. 54015 in CED Cassazione.
[31] Parla espressamente di “sbarramento” anche la Relazione Illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, in Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, n. 245 del 19 ottobre 2022, supplemento straordinario n. 5, p. 270.
In dottrina, anche B. ROMANELLI, La vittima del reato e l’azione civile nel processo penale, cit., p.555, riconnette le modifiche all’art. 79 c.p.p. alla “surrettizia contrarietà alla introduzione di pretese civilistiche nel processo penale”.
[32] S. LONATI, L’udienza preliminare, in Riforma Cartabia, La nuova giustizia penale, (a cura di) D. CASTRONUOVO, M. DONINI, E.M. MANCUSO, G. VARRASO,cit., p. 698.
[33] In questi termini D. Negri, L’avvenire nel processo penale. Tre voci a confronto, in Legislazione Penale., 10 aprile 2021, p.17.
[34] B. ROMANELLI, La vittima del reato e l’azione civile nel processo penale, cit., 559. Sull’opportunità di posticipare l’esercizio dell’azione civile alla fase successiva al rinvio a giudizio si era espresso anche il Consiglio Superiore della Magistratura con parere del 21 settembre 2022.
[35] Per un approfondimento sulla nuova regola di giudizio cfr. G. DELLA MONICA, Il filtro della ragionevole previsione di condanna, in Archivio Penale, fasc.2, 6 giugno 2023.
[36] E. BUSETTO, Nuova regola di giudizio e integrazioni conoscitive del giudice dell’udienza preliminare: qualche spunto di riflessione, in Archivio penale, 27 marzo 2023, p. 4.
[37] B. ROMANELLI, La vittima del reato e l’azione civile nel processo penale, cit., p.559.
[38] In particolare, secondo S. LONATI, L’udienza preliminare, cit., 699 “l’ingresso della pretesa risarcitoria andava differito allo stadio processuale in cui si tratta di statuire sul tema della responsabilità penale, anziché arretrarlo definitivamente ad una sede ove è ancora possibile l’esito liberatorio anticipato con la sentenza di non luogo a procedere”. In proposito si era espresso in precedenza anche D. NEGRI, L’avvenire del processo penale. Tre voci a confronto, cit., p.17.
[39] Cfr. Unione delle Camere penali Italiane. Proposte di riforma del processo penale: la posizione dell’Unione, 1-2 marzo 2019, All. 2, in www.camerepenali.it, p.3-4.
[40] In tal senso si era espressa la già citata Relazione della Commissione di studio Lattanzi, p.21.
[41] Cass. Pen., Sez. IV, 14 gennaio 2011, n. 4372 in CED Cassazione.
[42] Cfr. ex multis Cass. Pen., Sez. VI, 26 novembre 2010, n. 43211 in CED Cassazione.
[43] Cass. Pen., Sez. IV, 9 ottobre 2019, n.44672 in CED Cassazione.
[44] Resta per vero l’eventualità che la persona che si ritiene danneggiata dal reato, a fronte di una prima esclusione disposta dal giudice in udienza preliminare, insista nel richiedere l’ammissione come parte civile ai sensi dell’art. 80, comma 5, c.p.p., entro il compimento degli adempimenti previsti dall’art. 484 c.p.p.. Va evidenziato, peraltro, come l’art. 80, comma 5 c.p.p. non sia stato toccato dalla riforma, per cui la disposizione continua a fare rifermento al solo caso di esclusione come parte civile disposta in udienza preliminare, mentre sarebbe risultata utile la specifica di una possibile richiesta di “successiva costituzione”, anche all’esito di diniego da parte del giudice dell’udienza predibattimentale. Pur nel silenzio della norma, parrebbe necessario pervenire a tale interpretazione (“estensiva”) dell’articolo; in caso contrario si può legittimamente dubitare della tenuta costituzionale della previsione normativa, alla stregua del principio di parità di trattamento e di ragionevolezza (art. 3 Cost.).
[45] Come risultanti all’esito delle modifiche apportate all’articolo 78, comma 1, lett. d), c.p.p. dall’art. 5, comma 1, lett. b), n. 1) del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
[46] Comma 1 bis, art. 573 c.p.p. M. TORIELLO, Riforma “Cartabia” ed impugnazioni per i soli interessi civili: le Sezioni Unite sulla non immediata applicabilità dell’art. 573, comma 1-bis, c.p.p., in Sistema Penale, 12 ottobre 2023; G. BIONDI, La riforma Cartabia e le impugnazioni: le prime questioni di diritto intertemporale sull’applicabilità dell’art. 573, comma 1-bis, c.p.p. ai giudizi in corso, in Sistema Penale, 10 febbraio 2023.
[47] Sul punto il legislatore sembra aver fatto proprio il suggerimento dell’Unione delle camere penali, le quali avevano richiamato la necessità di “alleggerire i processi dal tema civile, di per sé estraneo in un processo penale di ispirazione accusatoria”; cfr. Unione delle Camere penali Italiane. Proposte di riforma del processo penale: la posizione dell’Unione, 1-2 marzo 2019, All. 2,in www.camerepenali.it, 3-4.
[48] M. ARCARO, Dalla sostenibilità dell’accusa in giudizio alla ragionevole previsione di condanna: cambia la regola di giudizio per l’archiviazione e il non luogo a procedere, in Penale, Diritto e Procedura, 21 luglio 2022, p.21.
[49] S. RECCHIONE, La vittima cambia il volto del processo penale: le tre parti “eventuali”, la testimonianza dell’offeso vulnerabile, la mutazione del principio di oralità, cit., p.90. Sul pericolo, invece, di una destabilizzazione del tradizionale “assetto triadico fondato sulla dialettica pubblico ministero-imputato-giudice” cfr. A. ZAMPAGLIONE, Alcune rilevanti innovazioni del D.lgs. n. 150 del 2022 sull’imputato, sulla parte civile e sulla persona offesa, in Questa rivista, 14 febbraio 2024.
[50] Per un approfondimento del concetto di parte processuale, come soggetto avanti al quale sia possibile formulare la richiesta di una decisione giurisdizionale cfr. G. TRANCHINA, G. DI CHIARA, Le “persone” nella struttura del processo penale, in Diritto processuale penale, (a cura di) F. SIRACUSANO, A. GALATI, G. TRANCHINA, V. ZAPPALÀ, Giuffré, Milano, 2023, p. 30.
[51] Del resto la Corte EDU ha ritenuto che, nell’ordinamento italiano, la posizione della persona offesa in attesa di costituirsi parte civile, proprio in ragione dei poteri che le sono riconosciuti, non differisca nella sostanza, ai fini dell’applicabilità dell’art. 6 CEDU, da quella della parte civile. Cfr. Corte EDU, Arnoldi c. Italia, sentenza 7 dicembre 2017 (ric. n. 35637/2004). Critico sul punto G. DE MARZO, La tutela della parte offesa non costituita parte civile, in Questione Giustizia, 2019.
[52] La struttura della norma, oggi, non permette di calarla, sine glossa, nella compagine del processo, riconoscendo un autonomo ius ad loquendum (oltre le memorie), sia perché il termine “ procedimento “ (e non processo) potrebbe essere inteso come limitato alla fase delle indagini preliminari, sia perché tale potere, in assenza di una sicura base codicistica, potrebbe non godere di una stabilità, variando da giudice a giudice, in corrispondenza della interpretazione adottata, caso per caso appunto. Così, fra molti, P. TONINI, Lineamenti di diritto processuale penale, Milano, 2017, p. 83.
[53] Rispetto all’assetto originario del codice, la persona offesa, nella fase delle indagini preliminari, ha visto consolidare, in maniera sempre più incisiva, il proprio ruolo all’interno della dinamica procedimentale. Da un residuale potere di iniziativa e di contributo alle indagini, come era nella formulazione originaria del codice 1988, le sono stati via via attribuiti maggiori poteri partecipativi, oltre ad una più incisiva funzione di stimolo e controllo sull’attività del pubblico ministero e su quella del giudice delle indagini preliminare. Sia con l’intervento legislativo del 2015 (D.lgs. n. 212/ 2015) che con la L. n. 103/2017, l’offeso dal reato è diventato un interlocutore dell’accusa e del giudice cfr. L. SAPONARO, L’offeso dal reato, con le rafforzate garanzie, verso una nuova identità, in Diritto Penale e Processo, 2021, 11, p. 1542 e ss.
[54] Si pensi, per citare i tre atti più importanti, la Risoluzione ONU 12/2002, la Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 2018 e la Direttiva vittime UE 29/2012 attuata nell’ordinamento interno con il D.lgs. 15 dicembre 2015, n. 212; queste due ultime richiamate nella stessa legge delega. Per un approfondimento sul tema L. LUPARIA, Lo statuto europeo delle vittime di reato. Modelli di tutela tra diritto dell’Unione e buone pratiche nazionali, Cedam, Milano, 2015.
[55] D.lgs. n. 150/2022. Per un inquadramento della disciplina sulla riforma “riparativa”, fra gli altri, cfr. M. BOUCHARD, Commento al Titolo IV del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 sulla disciplina organica della giustizia riparativa, in Questione giustizia, 7 febbraio 2023; E. VENAFRO, Giustizia riparativa e sistema penale alla luce della riforma Cartabia, in La legislazione penale, 21 dicembre 2023, fasc. 4/2023, p.205 e ss.; G.A. DE FRANCESCO, Uno sguardo d’insieme sulla giustizia riparativa, in La legislazione penale, 2 febbraio 2023.
[56] Nel codice penale e in quello di rito il termine “vittima” è riportato solo nell’art. 498, 4° ter comma, c.p.p. e nell’art. 90-bis 1 c.p.p., quest’ultimo introdotto dalla legge Cartabia. Sui profili semantici della Riforma Cartabia cfr. A. LORENZETTI, La riforma Cartabia, fra ottimismo della volontà e pessimismo della ragione, in Ambiente e Diritto, p.18-21. Sul nuovo linguaggio del paradigma riparativo, v. anche P. MAGGIO, Giustizia riparativa e sistema penale nel decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150. Parte II. «Disciplina organica» e aspetti di diritto processuale, in Sistema penale, 27 febbraio 2023, p. 7 ss.
[57] La nozione di vittima non coincide esattamente con le figure note al nostro ordinamento di persona offesa e di persona danneggiata o di parte civile. Sembrerebbe riferirsi soprattutto alla persona danneggiata ma poi, all’ultimo comma, si opera una estensione di campo, prevedendo che “i diritti e le facoltà attribuite alla vittima del reato sono riconosciuti anche al soggetto giuridico offeso dal reato”. La riforma Cartabia in tema di restorative justice, col D.lgs. n. 150/2022, introduce, inoltre, i concetti di vittima indiretta e vittima “aspecifica”. Per una visione aggiornata del concetto di vittima, cfr. ex plurimis M. BOUCHARD, F. FIORENTIN, La giustizia riparativa, Milano, 2024, p. 37 e ss; C. VALENTINI, La vittima del reato sotto la lente della riforma Cartabia, in Giurisprudenza italiana, 2022, p. 984; L. MAGLIARO, La vittima del reato nel processo penale, in Questione Giustizia, 9 febbraio 2019. Sulla vittima aspecifica e sulle criticità rispetto alla sua introduzione, cfr. M. BOUCHARD, Commento al Titolo IV del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 sulla disciplina organica della giustizia riparativa, in Questione giustizia, 7 febbraio 2023, p.16 ss; P. MAGGIO e F. PARISI, Giustizia riparativa con vittima “surrogata” o “aspecifica”: il caso Maltesi-Fontana continua a far discutere, in Sistema penale, 19 ottobre 2023.
[58] Art. 90-bis.1 c.p.p. rubricato “Informazioni alla vittima di cui all’articolo 42, comma 1, lettera b), del decreto legislativo attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134”.
[59] C. ARDIGÒ, Verso un “liberalizzazione” dell’incidente probatorio, tra tutela della vittima vulnerabile e salvaguardia delle garanzie difensive, nota a Cass. Pen., Sez. III, 10 ottobre 2019, n. 47572.
[60] F. CORDERO, Procedura penale, Milano, Giuffré, 2012, p.276.
[61] A tal proposito, è opportuno ricordare alcuni progetti di legge volti a riconoscere una “costituzionalizzazione” della vittima, con l’inserimento, all’interno dell’articolo 111 cost, di un nuovo comma così formulato: «La legge garantisce i diritti e le facoltà delle vittime del reato». Si tratta dei D.d.L. cost. A.C. n.1241, Boato e A.S. n.742, Casson e altri della XV Legislatura, nonché del D.d.L. cost. A.C. n. 1312, Zanella e D.d.L. A.S. n. 888 – XIX, Parrini e altri della XIX Legislatura.
[62] A. LORENZETTI, Giustizia riparativa e dinamiche costituzionali. Alla ricerca di una soluzione costituzionalmente preferibile, Milano, 2018, p.132.
[63] Cfr. P. MAGGIO, Giustizia riparativa e sistema penale nel decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150. Parte II. «Disciplina organica» e aspetti di diritto processuale, in Sistema penale, 27 febbraio 2023, p. 17; V. BONINI, Evoluzioni della giustizia riparativa nel sistema penale, in Processo penale e giustizia, 2022, p. 116; E. VENAFRO, Giustizia riparativa e sistema penale alla luce della riforma Cartabia, in Legislazione Penale, 4/2023, p.219. Si consenta anche S. GRIECO, Giustizia riparativa, vaglio giudiziale e vulnerabilità. Una convivenza difficile in Studium Juris, fasc. 6/2024.
[64] Il diritto di “agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi” (art. 24 Cost.) può senza dubbio essere esercitato nel “giusto processo regolato dalla legge” (art. 111 Cost.) civile o amministrativo; non necessariamente in quello penale. Così Corte cost., sentenza del 3 aprile 1996, n. 98, con nota di D. POTETTI, Modifica dell’imputazione e costituzione di parte civile in Cassazione penale, 1996, p.2481. L’affermazione è ribadita in Corte cost., ordinanza del 16 aprile 1999, n. 124. Cfr. anche Corte cost., sentenza del 28 febbraio 1996, n. 60 con nota di P. RIVELLO, Dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale l’art. 270 c.p.m.p., in Cassazione penale, 1996, p. 1742, che impediva la costituzione di parte civile nel processo penale militare.