Corte cost., 23 settembre 2020 (dep. 20.10.2020), n. 218
La Corte costituzionale ha affrontato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 512 c.p.p., nella parte in cui non prevede la possibilità di disporre la lettura delle dichiarazioni, rese in sede di interrogatorio di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari, di cui non sia possibile la ripetizione per impossibilità di misura oggettiva, di imputato di un reato collegato a norma dell’art. 371, comma 2, lett. b), c.p.p., da escutersi quale testimone assistito, nell’ipotesi di cui all’art. 64, comma 3, lett. c), c.p.p., per violazione degli artt. 3 e 111 Cost.
In sede di interrogatorio di garanzia, l’imputato rendeva dichiarazioni nei confronti dei pubblici ufficiali che avevano proceduto al suo arresto, i quali risultavano conseguentemente indagati nel processo separato.
Ammesso all’udienza dibattimentale l’esame testimoniale di questo soggetto, ai sensi dell’art. 197 bis c.p.p., lo stesso risultava, alla luce delle vane ricerche, irreperibile. Alla richiesta del p.m. di acquisizione delle suddette dichiarazioni si opponevano i difensori degli imputati e i giudici del dibattimento sollevavano la indicata questione di legittimazione costituzionale.
Invero, le dichiarazioni accusatorie rese dal testimone assistito di cui all’art. 197 bis c.p.p., non risultano inquadrabili, né nell’art. 513, comma 1, c.p.p., né nell’art. 513, comma 2, c.p.p. e neppure risultano riconducibili a quanto tassativamente stabilito dall’art. 512 c.p.p., ove è prevista, in caso di impossibilità di ripetizione la lettura soltanto degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal p.m., dai difensori delle parti private e dal giudice nel corso dell’udienza preliminare.
La questione era già stata oggetto di una questione di legittimità costituzionale. Con l’ordinanza n. 112 del 2006 la Corte aveva dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 512 c.p.p., in relazione agli artt. 3 e 111 Cost., nella parte in cui non consente la lettura, per impossibilità sopravvenuta, delle dichiarazioni rese al giudice nel corso delle indagini preliminari da soggetto che ha assunto successivamente la veste di testimone assistito ex art. 197 bis c.p.p.
La conclusione della Corte, in quella situazione, era negativamente condizionata sotto due profili; per un verso, si riteneva che l’art. 512 c.p.p. riguardasse dichiarazioni di sicura matrice testimoniale; per un altro, ritenendosi che la questione doveva prospettarsi nel momento in cui le dichiarazioni dovevano essere assunte, il problema non si poneva in quanto il dichiarante era rivisto.
I giudici delle leggi muovendo, questa volta, dalla diversa premessa per la quale la valutazione della condizione del dichiarante va valutata in relazione alla posizione assunta al momento in cui, avvertito delle implicazioni delle sue dichiarazioni, assume in relazione ad esse la veste di testimone assistito, ritiene ingiustificata la preclusione al possibile recupero che il sistema fa rispetto a queste dichiarazioni.
In altri termini, secondo la Corte “ai fini della disciplina della lettura delle dichiarazioni predibattimentali, per l’assunzione della qualità di testimone – “puro” o “assistito” che sia – non rileva soltanto l’atto della deposizione dibattimentale, ma già l’attribuzione dei relativi obblighi, che discendono dalla citazione o dalla ammissione del giudice e, prima ancora, dall’avvertimento di cui all’art. 64, comma 3, lettera c), c.p.p. formulato all’imputato di reato connesso o collegato a norma dell’art. 371, comma 2, lettera b), c.p.p. prima delle sue dichiarazioni sulla responsabilità di altri.
Vista da questa prospettiva, la Corte ritiene che alla modifica normativa determinata dall’introduzione della figura del testimone assistito (l. n. 63 del 2001) non abbia corrisposto un adeguamento del regime delle letture in dibattimento delle dichiarazioni per le quali sia divenuta impossibile la ripetizione.
In particolare, la considerazione che i soggetti di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 197 bis c.p.p. possano essere sentiti come testimoni (seppur con i limiti e le garanzie previste relativamente alla loro particolare condizione), per un verso, rende inapplicabili le prescritte previsioni di cui all’art. 513, comma 2, c.p.p., per un altro fa emergere una lacuna nella disciplina di cui all’art. 512 c.p.p.
Sotto quest’ultimo profilo, la conclusione nel senso dell’incostituzionalità è rafforzata dalla considerazione che la previsione non consente il recupero delle dichiarazioni rese al giudice delle indagini preliminari in sede di interrogatorio di garanzia, mentre consente la lettura degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero, dai difensori delle parti private e dal giudice nell’udienza preliminare quando per circostanze imprevedibili ne è divenuta impossibile la ripetizione.
Tale vulnus è stato opportunamente colmato dai giudici delle leggi, con una decisione che merita accoglimento, che assicura alle dichiarazioni de quibus -di cui è “garantito” il confezionamento – di rientrare, a pieno titolo, all’interno dell’eccezionale regime processuale che ne consente il recupero dibattimentale, alle condizioni indicate agli artt. 512 e ss. c.p.p.
Lettura per sopravvenuta impossibilità di ripetizione delle dichiarazioni del testimone assistito rese ex art. 294 c.p.p.
Corte cost., 23 settembre 2020 (dep. 20.10.2020), n. 218
La Corte costituzionale ha affrontato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 512 c.p.p., nella parte in cui non prevede la possibilità di disporre la lettura delle dichiarazioni, rese in sede di interrogatorio di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari, di cui non sia possibile la ripetizione per impossibilità di misura oggettiva, di imputato di un reato collegato a norma dell’art. 371, comma 2, lett. b), c.p.p., da escutersi quale testimone assistito, nell’ipotesi di cui all’art. 64, comma 3, lett. c), c.p.p., per violazione degli artt. 3 e 111 Cost.
In sede di interrogatorio di garanzia, l’imputato rendeva dichiarazioni nei confronti dei pubblici ufficiali che avevano proceduto al suo arresto, i quali risultavano conseguentemente indagati nel processo separato.
Ammesso all’udienza dibattimentale l’esame testimoniale di questo soggetto, ai sensi dell’art. 197 bis c.p.p., lo stesso risultava, alla luce delle vane ricerche, irreperibile. Alla richiesta del p.m. di acquisizione delle suddette dichiarazioni si opponevano i difensori degli imputati e i giudici del dibattimento sollevavano la indicata questione di legittimazione costituzionale.
Invero, le dichiarazioni accusatorie rese dal testimone assistito di cui all’art. 197 bis c.p.p., non risultano inquadrabili, né nell’art. 513, comma 1, c.p.p., né nell’art. 513, comma 2, c.p.p. e neppure risultano riconducibili a quanto tassativamente stabilito dall’art. 512 c.p.p., ove è prevista, in caso di impossibilità di ripetizione la lettura soltanto degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal p.m., dai difensori delle parti private e dal giudice nel corso dell’udienza preliminare.
La questione era già stata oggetto di una questione di legittimità costituzionale. Con l’ordinanza n. 112 del 2006 la Corte aveva dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 512 c.p.p., in relazione agli artt. 3 e 111 Cost., nella parte in cui non consente la lettura, per impossibilità sopravvenuta, delle dichiarazioni rese al giudice nel corso delle indagini preliminari da soggetto che ha assunto successivamente la veste di testimone assistito ex art. 197 bis c.p.p.
La conclusione della Corte, in quella situazione, era negativamente condizionata sotto due profili; per un verso, si riteneva che l’art. 512 c.p.p. riguardasse dichiarazioni di sicura matrice testimoniale; per un altro, ritenendosi che la questione doveva prospettarsi nel momento in cui le dichiarazioni dovevano essere assunte, il problema non si poneva in quanto il dichiarante era rivisto.
I giudici delle leggi muovendo, questa volta, dalla diversa premessa per la quale la valutazione della condizione del dichiarante va valutata in relazione alla posizione assunta al momento in cui, avvertito delle implicazioni delle sue dichiarazioni, assume in relazione ad esse la veste di testimone assistito, ritiene ingiustificata la preclusione al possibile recupero che il sistema fa rispetto a queste dichiarazioni.
In altri termini, secondo la Corte “ai fini della disciplina della lettura delle dichiarazioni predibattimentali, per l’assunzione della qualità di testimone – “puro” o “assistito” che sia – non rileva soltanto l’atto della deposizione dibattimentale, ma già l’attribuzione dei relativi obblighi, che discendono dalla citazione o dalla ammissione del giudice e, prima ancora, dall’avvertimento di cui all’art. 64, comma 3, lettera c), c.p.p. formulato all’imputato di reato connesso o collegato a norma dell’art. 371, comma 2, lettera b), c.p.p. prima delle sue dichiarazioni sulla responsabilità di altri.
Vista da questa prospettiva, la Corte ritiene che alla modifica normativa determinata dall’introduzione della figura del testimone assistito (l. n. 63 del 2001) non abbia corrisposto un adeguamento del regime delle letture in dibattimento delle dichiarazioni per le quali sia divenuta impossibile la ripetizione.
In particolare, la considerazione che i soggetti di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 197 bis c.p.p. possano essere sentiti come testimoni (seppur con i limiti e le garanzie previste relativamente alla loro particolare condizione), per un verso, rende inapplicabili le prescritte previsioni di cui all’art. 513, comma 2, c.p.p., per un altro fa emergere una lacuna nella disciplina di cui all’art. 512 c.p.p.
Sotto quest’ultimo profilo, la conclusione nel senso dell’incostituzionalità è rafforzata dalla considerazione che la previsione non consente il recupero delle dichiarazioni rese al giudice delle indagini preliminari in sede di interrogatorio di garanzia, mentre consente la lettura degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero, dai difensori delle parti private e dal giudice nell’udienza preliminare quando per circostanze imprevedibili ne è divenuta impossibile la ripetizione.
Tale vulnus è stato opportunamente colmato dai giudici delle leggi, con una decisione che merita accoglimento, che assicura alle dichiarazioni de quibus -di cui è “garantito” il confezionamento – di rientrare, a pieno titolo, all’interno dell’eccezionale regime processuale che ne consente il recupero dibattimentale, alle condizioni indicate agli artt. 512 e ss. c.p.p.
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