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L’omesso deposito degli atti di indagine in un’ordinanza del Tribunale di Spoleto

Trib. Spoleto, 7 ottobre 2021, Cercola, Giudice.

L’ordinanza del Tribunale di Spoleto affronta due questioni in materia di atti di indagine: la prima riguarda il rapporto tra digitalizzazione del fascicolo e deposito degli atti investigativi; la seconda, strettamente collegata alla soluzione della prima, riguarda invece le conseguenze di carattere patologico che possono verificarsi nell’ipotesi in cui l’atto, pur depositato nel fascicolo del pubblico ministero in formato analogico, non sia stato scannerizzato e reso accessibile a chi consulti il fascicolo in formato elettronico.

Il caso di specie dunque desta particolare interesse poiché costituisce una delle prime analisi del rapporto tra deposito dell’atto nel fascicolo cartaceo e omessa digitalizzazione del medesimo.

Su questo aspetto, l’ordinanza chiarisce che una simile carenza – anche in considerazione del fatto che la consultazione del fascicolo telematico, negli uffici che hanno adottato il cosiddetto TIAP, è la sola modalità di accesso – deve essere trattata alla stregua di un omesso deposito dell’atto e che, come tale, merita di essere sanzionata.

A sostegno di tale affermazione, il Giudice richiama una decisione della Corte costituzionale che, nella prospettiva delle patologie processuali, ha equiparato la grave violazione delle regole che governano la formazione del fascicolo proprio all’omesso deposito degli atti (C. cost., 8 maggio 2009, n. 142, in Giur. cost., con nota di Bronzo, Il deposito degli atti di indagine: patologie e sanzioni) e i principi enunciati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di giusto processo (C. eur. dir. uomo, 12 maggio 2021, in Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, 2007, p. 976) e dalla Corte costituzionale in tema di lealtà processuale (C. cost., 16 aprile 2010, n. 140, in Giur. cost., 2010, p. 1666), precisando, in questo senso, che per la soluzione del caso non è sufficiente arrestarsi a un mero ossequio formale delle prescrizioni legislative.

Dunque, posto che un simile evento riverbera conseguenze negative sulla validità degli atti compiuti, il Giudice inquadra la patologia nella categoria della nullità, seguendo l’insegnamento, invero minoritario, di Cass., sez. II, 10 aprile 2018, n. 20125, in Cass. pen., 2019, p. 4016, con nota di Maraldi, Intempestiva Discovery di un atto investigativo regolarmente compiuto: il problema della corretta qualificazione giuridica del vizio e discostandosi dall’indirizzo enunciato, da ultimo, da Cass., sez. II, 20 ottobre 2020, n. 5408, secondo il quale, invece, si configurerebbe una inutilizzabilità dell’atto investigativo, che non produrrebbe effetti sugli atti atti del procedimento e, in particolare, sulla richiesta di rinvio a giudizio.

Trib. Spoleto 7.10.2021

 

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