Cass., Sez. Un. 26 ottobre 2021, n. 38402
Abstract: Il contributo, muovendo da un’analisi della sentenza della Cass. pen., Sez. Unite, Sent., (data ud. 15/07/2021) 26/10/2021, n. 38402, ricostruisce la genesi dell’art. 576 c.p., comma 1, n. 5.1 come introdotto dalla L. 23/04/2009 n. 38 e quella del reato complesso ex art. 84 c.p., che per la Suprema Corte assorbe il delitto di cui all’art. 612-bis c.p., escludendo il concorso fra i reati di omicidio e atti persecutori.
Abstract: The contribution, starting from an analysis of the sentence of the Cass. pen., Section Unite, Sent., (Hearing date 07/15/2021) 10/26/2021, n. 38402, reconstructs the genesis of art. 576 of the Criminal Code, paragraph 1, n. 5.1 as introduced by Law 23/04/2009 n. 38 and that of the complex crime pursuant to art. 84 of the Criminal Code, which for the Supreme Court absorbs the crime referred to in art. 612-bis of the Criminal Code, excluding the concurrence between the crimes of murder and persecutory acts.
A seguito delle modifiche introdotte con la L. 23/04/2009 n. 38, l’art. 576 c.p., comma 1, n. 5.1 prevede la sanzione edittale dell’ergastolo se l’omicidio è commesso dall’autore del delitto previsto dall’articolo 612-bis nei confronti della persona offesa.
Nel caso di specie, la Corte di assise di appello di Roma pronunciandosi in sede rescissoria[1], riteneva l’imputata responsabile del reato continuato di atti persecutori ed omicidio volontario aggravato dalla commissione del fatto ad opera di persona responsabile del reato di atti persecutori in danno della stessa vittima dell’omicidio.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’imputata la cui difesa, per quanto qui di interesse, lamentava tra i vari motivi prospettati una violazione di legge con riferimento al ritenuto concorso del reato di atti persecutori con il reato di omicidio volontario, ritenendo che la fattispecie aggravata di quest’ultimo delitto, prevista dall’art. 576 c.p., comma 1, n. 5.1, realizza un’ipotesi di reato complesso ai sensi dell’art. 84 c.p.
Secondo l’assunto difensivo, la decisione del giudice del gravame e della giurisprudenza richiamata partiva da presupposti erronei trattandosi, nel caso di specie, non del rapporto intercorrente fra più reati, ma fra il reato di atti persecutori e la contestata aggravante del reato di omicidio rispetto alla quale non vi sarebbe una diversità strutturale delle fattispecie incriminatrici tale da escludere l’assorbimento del reato di atti persecutori in quello di omicidio aggravato. In quest’ottica, del tutto inconferente sarebbe pure il richiamo alla disciplina di cui all’art. 15 c.p., applicabile, invece, ai casi nei quali un unico reato è riferibile a più disposizioni in rapporto di specialità.
La Quinta Sezione penale della Corte di Cassazione rilevava, con riguardo alla questione sul concorso fra i reati di atti persecutori e di omicidio aggravato ai sensi dell’art. 576 c.p., comma 1, n. 5.1, l’esistenza di due contrastanti orientamenti giurisprudenziali:
- l’uno, riferibile a Sez. 1, n. 20786 del 12/04/2019, richiamato nella sentenza impugnata, secondo cui sussiste un concorso tra le norme incriminatrici e non un rapporto di specialità ex art. 15 c.p.. Inoltre, ponendo in rilievo l’identità dell’autore dei due reati, considera la natura soggettiva dell’aggravante di cui all’art. 576 c.p., comma 1, n. 5.1 che escluderebbe l’art. 84 c.p. 1 comma che presuppone l’interferenza fra le norme incriminatrici su un fatto oggettivo, comune agli ambiti applicativi delle stesse;
- l’altro, riconducibile a Sez. 3, n. 30931 del 13/10/2020, secondo cui nell’omicidio aggravato ai sensi dell’art. 576 c.p., comma 1, n. 5.1 ricorrerebbe invece una figura di reato complesso ex art. 84 c.p., che assorbe il delitto di cui all’art. 612-bis c.p., escludendo il concorso fra i reati di omicidio e atti persecutori sulla indubitabile circostanza che trattasi di una condotta persecutoria da parte dello stesso autore nei confronti della medesima vittima.
La questione rimessa alle Sezioni Unite veniva quindi proposta sulla base del seguente quesito:
“Se, in caso di omicidio commesso dopo l’esecuzione di condotte persecutorie poste in essere dall’agente nei confronti della medesima persona offesa, i reati di atti persecutori e di omicidio aggravato ai sensi dell’art. 576 c.p., comma 1, n. 5.1 concorrano tra loro o sia invece ravvisabile un reato complesso, ai sensi dell’art. 84 c.p., comma 1”.
Le Sezioni Unite aderiscono al secondo indirizzo interpretativo escludendo in primo limine l’applicabilità del concorso apparente di norme tra gli artt. 575 e 612 bis c.p., a mente dei precedenti giurisprudenziali richiamati [2] non presentando le norme elementi tra loro comuni né con riguardo alle condotte né agli eventi. In buona sostanza si fondono due fatti illeciti penalmente, sia pure nell’ambito di un reato dominante che assorbe l’altro.
Ciò posto, il Supremo Collegio procede con la disamina della fattispecie del reato complesso concludendo, a seguito di un articolato e condivisibile ragionamento, che i reati di atti persecutori e di omicidio aggravato ai sensi dell’art. 576 c.p., comma 1, n. 5.1 non concorrano tra loro ma siano riconducibili nell’alveo dell’ipotesi dell’art. 84 c.p., comma 1.
Ed invero, l’art. 84 c.p. costituisce norma di chiusura del capo III dedicato al concorso di reati [3] laddove il reato complesso può manifestarsi sotto una duplice accezione:
- quella i cui elementi costitutivi sono rappresentati da singoli reati che danno vita ad un’autonoma figura criminosa[4]
- quella in cui i singoli illeciti, che vengono a comporre il reato complesso, assumono rispettivamente natura di elemento costitutivo e di circostanza aggravante dove il titolo del c.d. reato-base resta perciò inalterato[5].
Il caso sottoposto viene peraltro ricondotto dalle Sezioni Unite all’ipotesi del cd. “reato complesso circostanziato”.
In tale categoria rientrano le ipotesi in cui un reato compare come eventuale elemento costitutivo o eventuale circostanza aggravante di un altro reato per cui ad una fattispecie-base, distintamente prevista come reato, si aggiunge quale circostanza aggravante un fatto autonomamente incriminato da altra disposizione di legge.
Nella verifica se l’art. 84 1° comma c.p. sia applicabile nei reati di atti persecutori e di omicidio aggravato ai sensi dell’art. 576 c.p., comma 1, n. 5.1, vengono fissati alcuni punti fermi ritenendo le S.U. necessario che per l’applicabilità del reato complesso:
- l’elemento costitutivo o la circostanza aggravante del reato complesso abbiano ad oggetto un fatto oggettivamente identificabile come tale, non ricorrendo la fattispecie in esame qualora la norma incriminatrice consideri solo una mera qualificazione soggettiva del soggetto agente;
- il fatto sia inserito nella struttura del reato complesso nella completa configurazione tipica con la quale è previsto quale reato da altra norma incriminatrice;
- il fatto deve essere previsto dalla norma incriminatrice, che si assume configurare un reato complesso, quale componente necessaria della relativa fattispecie astratta, non essendone rilevante l’eventuale ricorrenza nel caso concreto quale occasionale modalità esecutiva della condotta.
I tratti strutturali della fattispecie normativa del reato complesso, delineati all’art. 84 c.p., richiedono del resto la previsione testuale di più fatti di per sé costituenti autonomi e diversi reati, puntualmente riconducibili a distinte fattispecie incriminatrici.
Nel caso dell’omicidio aggravato da atti persecutori, il legislatore ha chiaramente voluto punire con maggiore severità la condotta persecutoria il cui esito finale è il delitto di cui all’art. 575 c.p., per cui le pene stabilite per i singoli reati sono assorbite in quella prevista dal reato complesso laddove i fatti sono ricondotti ad un contesto criminoso unitario, hanno una comune matrice ideologica e sono protesi verso un unico risultato finale.
In particolare, l’unitarietà del fatto ad avviso delle Sezioni Unte, costituisce un ulteriore e determinate elemento sostanziale che connota il reato complesso che la giurisprudenza ha arricchito attraverso l’invocata contestualità spaziale e temporale fra i singoli fatti criminosi e la loro comune prospettiva finalistica non meramente occasionale.
Le S.U., aderendo come detto al secondo degli orientamenti giurisprudenziali richiamati, ritengono quindi che l’omicidio volontario aggravato ai sensi dell’576, comma 1, n. 5.1, c.p. debba ricondursi all’ipotesi di cui all’art. 84 c.p., presentando le caratteristiche strutturali del reato complesso circostanziato che include il reato di atti persecutori in una specifica forma aggravata del reato di omicidio, anche alla luce del fatto che:
- il reato di atti persecutori è richiamato nella stessa previsione circostanziale mediante la citazione della relativa norma incriminatrice (“dell’autore del delitto previsto dall’art. 612-bis nei confronti della stessa persona offesa”);
- l’espressione della norma attribuisce valore ulteriore al solo titolo di reato richiamato ponendo in analogo risalto l’essere i due reati diretti contro la medesima persona, e quindi all’identità della vittima dei reati;
- dal contenuto dei lavori preparatori al D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni dalla L. 23 aprile 2009, n. 38, introduttivo della circostanza aggravante in esame dai quali appare evidente l’intenzione di punire con il massimo della pena fatti omicidiari in danno di vittime di atti persecutori da parte degli stessi autori di tali atti.
Attesa la chiara scelta legislativa, si può sgombrare il campo dalle obiezioni giurisprudenziali di segno contrario [6], in quanto affinché si possa operare l’assorbimento del reato di atti persecutori in quello di omicidio, oltre alla contestualità dei fatti criminosi è necessaria la prospettiva finalistica nella quale i fatti sono realizzati, dove fra le caratteristiche del reato complesso vi è proprio la presenza dell’unitarietà del fatto in termini finalistici oltre che contestuali.
Tale prospettiva finalistica, se da un lato esclude l’assorbimento degli atti persecutori nell’omicidio laddove quest’ultimo venga commesso a distanza di tempo dal primo, dall’altro esclude la riconducibilità nell’alveo dell’art. 84 c.p. nelle lesioni aggravate ex art. 585 c.p. cagionate dallo stalker, nonostante il richiamo all’art. 576 c.p., che nell’esperienza giudiziaria si presentano come collaterali all’azione criminosa dell’agente.
Sullo stesso crinale non osta alla applicazione del reato complesso la natura di reato istantaneo dell’omicidio con quella abituale degli atti persecutori né la supposta eliminazione o riduzione degli effetti sanzionatori di cui all’art. 612 bis c.p. attesa la pena massima stabilità dall’autore dell’omicidio aggravato, appunto, dalla condotta persecutoria.
Alla luce di quanto sopra esposto le Sezioni Unite in risposta al quesito sopra riportato, affermano il seguente principio di diritto: “La fattispecie del delitto di omicidio, realizzata a seguito di quella di atti persecutori da parte dell’agente nei confronti della medesima vittima, contestata e ritenuta nella forma del delitto aggravato ai sensi dell’art. 575 c.p. e art. 576 c.p., comma 1, n. 5.1 – punito con la pena edittale dell’ergastolo – integra un reato complesso, ai sensi dell’art. 84 c.p., comma 1, in ragione della unitarietà del fatto”.
[1] L’imputata veniva giudicata con giudizio abbreviato dinanzi al Tribunale di Latina che, riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, la condannava alla pena di sedici anni di reclusione per la continuazione fra il reato di cui all’art. 612-bisc.p. e quello di cui all’art. 575 c.p., quest’ultimo aggravato dai futili motivi e dalla commissione del fatto ad opera di persona responsabile del reato di atti persecutori in danno della stessa vittima dell’omicidio. La Corte di assise di appello di Roma assolveva peraltro l’imputata dall’imputazione di atti persecutori per insussistenza del fatto e riqualificava il reato di omicidio volontario come preterintenzionale escludendo altresì le aggravanti e rideterminando la pena in 6 anni di reclusione. A seguito di ricorso per Cassazione la Iª Sezione della Corte di Cassazione annullava con rinvio la sentenza impugnata.
[2] Cfr. Sez. U, n. 20664 del 23/02/2017, Stalla; Sez. U, n. 1963 del 28/10/2010, dep. 2011, Di Lorenzo; Sez. U, n. 1235 del 28/10/2010, dep. 2011, Giordano.
[3] Nel codice penale la figura del reato complesso è espressamente richiamata nell’ art. 131 dove è previsto che “nei casi preveduti dall’art. 84, per il reato complesso si procede sempre d’ufficio, se per taluno dei reati, che ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti, si deve procedere di uffici”; nell’ art. 170, 2° co., ove si precisa che “la causa estintiva di un reato, che è elemento costitutivo o circostanza aggravante di un reato complesso, non si estende al reato complesso”; nell’art. 301, ult. co. ove, nell’ambito dei delitti contro la personalità dello Stato, si prevede che “quando l’offesa alla vita, all’incolumità, alla libertà o all’onore è considerata dalla legge come elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro reato, questo cessa dal costituire un reato complesso, e il colpevole soggiace a pene distinte, secondo le norme sul concorso dei reati, applicandosi, per le dette offese, le disposizioni contenute nei capi precedenti”.
[4] Ad esempio la rapina, la quale è composta dal furto e dalla violenza privata, il sequestro di persona a scopo di estorsione nel quale confluiscono le fattispecie di cui agli artt. 605 e 629 c.p..
[5] È il caso del furto aggravato dalla violazione di domicilio ex art. 625, n. 1 c.p..
[6] Si veda in questa rivista, commento a Cass., sez. V, 1 marzo 2021, n. 14916, Mattia Di Florio “Lo stalker uccide la sua vittima: concorso di reati o reato complesso?”